prologo
AUTORE: Unsub/Ronnie89
TITOLO: We’ll bring you back
RATING: Arancione
GENERE: sentimentale, azione, introspettivo.
AVVERTIMENTI: LongFic, what if?
PERSONAGGI: squadra BAU, Sarah Collins, Cameron Leane.
DISCLAIMER: I personaggi non ci appartengono(tranne quelli da noi
inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS.
Questa storia non è a scopo di lucro.
NOTE: si colloca fra l’episodio 18 della sesta stagione e
l’inizio della settima… E' ambientata prima di
“Skeleton” di Ronnie89 e quindi Sarah e Robin sono ancora
acerrime nemiche.
Prologo
Washington,D.C.
Era stato Spencer a comunicarle la notizia per telefono e lei ne era
rimasta annichilita. Riusciva soltanto a continuare a guardare il
telefono e a dirsi che c’erano un errore, che era tutto uno
sbaglio. No, non lei, non la sua adorata Emily. Aveva intuito che
c’era qualcosa che non andava quando aveva visto JJ
nell’atrio dell’Accademia, ma non aveva fermato
l’ex-collega per chiederle spiegazioni. Fra loro non c’era
mai stato un rapporto caloroso e dubitava che avrebbe risposto alle sue
domande.
Si era detta che avrebbe avuto tutto il tempo di chiedere spiegazioni a
suo marito, una volta tornati a casa, ma la squadra era partita in
fretta e furia per Boston senza metterla al corrente delle defezione
della sua migliore amica. Quando Spencer l’aveva chiamata in
lacrime, aveva sentito quella stretta alla bocca dello stomaco che le
prendeva sempre quando i suoi colleghi erano fuori in missione, sapeva
che era successo qualcosa di brutto.
Di tutto quello che poteva pensare, il fatto che Emily avesse
abbandonato la sua famiglia per inseguire un pericoloso trafficante
d’armi, di cui era stata addirittura l’amante, era la cosa
più inverosimile dell’universo. Poteva aspettarsi un
comportamento del genere da quella testa calda della sua ex allieva, ma
non da un’agente come quella che per lei era una sorella.
Ora era ferma tra Spencer e Derek, mentre il prete continuava a dire
cose senza senso per lei. Si sentiva svuotata di ogni sentimento, come
se fosse morta anche lei in quel magazzino abbandonato. Quello che la
preoccupava di più era la reazione di Derek, lui doveva
trattenersi come se avesse perso una collega e non la donna che amava.
Allungò una mano ad afferrare quella del suo amico, guardando
Leane che era al lato sinistro di Morgan, appena dietro a Garcia.
Nessuno di loro sapeva la verità, anche se qualcuno sicuramente
l’aveva intuita. Hotch non era uno stupido e sicuramente sapeva
che Prentiss e Morgan erano molto più che due colleghi, come
aveva capito molto tempo prima quello che la legava a Spencer. Persa in
quella riflessione si girò verso il suo ex superiore e vide
qualcosa che allertò tutti i suoi sensi.
Aaron aveva fatto un passo avanti e, prima di prendere la parola per
l’elogio funebre, si era scambiato uno sguardo d’intesa con
JJ. Corrugò la fronte, quei due non presentavano i classici
segni del dolore, sembravano sconcertati e addolorati, ma non distrutti
come il resto di loro. Poi Hotch cominciò a parlare, ma
stranamente ogni volta che parlava di Emily al passato… qualcosa
passava sul suo viso.
Fu come folgorata, quell’idea che le era appena venuta non poteva
corrispondere alla verità. Non poteva essere, non era
concepibile che facessero una cosa del genere al team. Poi vide
l’uomo alzare impercettibilmente la spalla sinistra mentre diceva
come Prentiss “fosse morta mentre assolveva il suo dovere”
e tutto le fu chiaro. L’unica cosa che non capiva era il
perché.
Staccò la mano da quella di Derek, mentre gli altri si
concentravano sulla bara che veniva calata nella fossa, lei osservava
JJ piena di astio. Non erano mai state amiche e i loro rapporti erano
sempre stati tesi, ma una volta era affezionata a quella donna che ora
non credeva più di conoscere. La bionda si rese conto di come
veniva guardata e sbatté le palpebre più volte,
incredula. Sicuramente pensava di aver recitato alla perfezione il suo
ruolo.
Sarah si chiuse in un ostinato silenzio fino alla fine della veglia
funebre e una volta tornati a casa, non parlò neanche con suo
marito, preferendo chiudersi nello studio al piano terra. Aveva bisogno
di riflettere da sola, Spencer avrebbe pensato che fosse sopraffatta
dal dolore per la perdita della sua più cara amica e
finché non fosse venuta a capo della cosa era meglio così.
Parigi, Francia
Non era stato facile seguire JJ in Europa senza farsi accorgere.
Fortunatamente in quei giorni si teneva un congresso a Lione e non
aveva dovuto inventarsi storie assurde con Spencer e suo padre. Era
normale che partecipasse a quel genere di iniziative, soprattutto
quando erano promosse dal sezione di Criminologia dell’Interpol,
visto che una volta ne aveva fatto parte e che le avevano addirittura
proposto di dirigerla.
Aveva fatto scalo a Parigi e avrebbe dovuto prendere la coincidenza
poche ore dopo, sorrise pensando che quella tratta del biglietto aereo
non sarebbe stata utilizzata. Era partita con un trolley abbastanza
piccolo da poter essere imbarcato come bagaglio a mano e quindi non
aveva dovuto preoccuparsi di valigie lasciate in aeroporto. Aveva
predisposto tutto per poter pedinare JJ senza che nessuno ne fosse a
conoscenza.
La bionda agente camminava davanti a lei e sembrava non essersi resa
conto di essere seguita da vicino. La vide sedersi al tavolo di un
caffè all’aperto e si fermò ad osservare una
vetrina in modo da poterla osservare attraverso il riflesso. Riconobbe
subito la donna mora seduta al tavolo, anche se ora portava i capelli a
caschetto ed indossava lunghi stivali appena sopra al ginocchio.
Sorrise pensando che quel genere di abbigliamento non faceva per Emily,
ma ci si abitua a molte cose quando si è sotto protezione.
Con circospezione le scattò una foto con il cellulare, giusto
per avere una prova tangibile che era ancora viva. Aspettò che
la mora si alzasse e si incamminasse da sola, poi prese a seguirla
discretamente per le vie della ville lumiere. Dopo un paio di isolati
fece in modo di accorciare le distanza fino a raggiungere una strada
relativamente deserta, a quel punto era così vicina che le
sarebbe bastato allungare una mano per sfiorare la spalla di Prentiss.
La sua amica doveva essersi accorta che qualcuno la seguiva
perché si voltò di scatto impugnando una pistola. Sarah
si limitò a fissarla con uno sguardo di fuoco, mentre Emily
lasciava ricadere la mano osservandola stupita.
- Non dovresti essere qui – era visibilmente sbigottita – Mi stai mettendo in pericolo.
- Sei già in pericolo – fu la risposta laconica di Collins.
- Andiamo in un posto sicuro – Prentiss la prese sotto braccio e la portò attraverso i vicoli.
Giunsero ad uno stabile fatiscente ed entrarono. L’appartamento
era al primo piano, arredato in modo spartano, come si addiceva ad un
alloggio transitorio. Lo sguardo di Sarah non era mutato, occhi freddi
e determinati come quando interrogava un S.I., quel modo di fare
prometteva tempesta.
- Lui come sta? – chiese la rediviva profiler, combattendo con un nodo alla gola.
- Osi anche chiederlo? Come vuoi che stia dopo aver
tenuto tra le braccia la sua donna mentre stava morendo? – non
aveva alzato la voce, ma il tono era tagliente.
- Non potevo fare altro, Doyle è ancora vivo ed è fuggito.
- Potevi rivolgerti a noi, alla tua famiglia.
- Era troppo pericoloso.
- Un atteggiamento del genere me lo potevo aspettare
da quella testa calda di Leane, non da te – si mise a sedere sul
divano e si prese la testa fra le mani – Emily, come hai potuto
farci una cosa del genere.
- Non avevo altra scelta – le lacrime avevano
vinto – Lui vi avrebbe uccisi solo per far soffrire me, non
potevo permetterlo.
Sarah si rialzò e la strinse forte. Sapeva i motivi che
c’erano dietro quella decisione, ma lei non era il tipo che si
arrendeva così facilmente. C’era un’unica soluzione
al problema: doveva trovare Ian Doyle e renderlo inoffensivo una volta
per tutte. Anche lei non aveva altra scelta.
- Ti giuro che ti riporterò indietro, fosse anche l’ultima cosa che faccio.
Chiama il mio nome e salvami dalle tenebre (Bring me to life, Evanescence)
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