Sospesi nel vuoto a vivere vite parallele

di pucia
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Inaspettate Magie

Era ormai noto a tutto l'orfanotrofio che il padre non si sarebbe mai presentato alla porta, ma l'umore del giovane bambino non era cambiato. Aveva ancora fiducia in quell'uomo che non aveva mai conosciuto.
Non era il suo destino stare li per sempre. Era nato per qualcosa di più grande, lo sentiva dentro che non avrebbe avuto una vita comune. La mattina si presentava fredda e cupa, come del resto era stato per quasi undici anni.
«Oggi sarà una bella giornata!», aveva esordito il ragazzetto sul suo letto.
Solo lui e la vecchia Arabella, la donna che gli faceva da balia da tanti anni e che l'aveva visto nascere, sapevano che giorno era quello.
Vestito di tutta fretta scese nella sala da pranzo, pronto per le faccende in cucina. Si mise il grembiule ma la donna lo bloccò subito.
«Non oggi … » disse strizzando l'occhio destro, e in quel movimento sul suo viso si notò tutta la vita trascorsa, «forse hai dimenticato che giorno è oggi Tom?»
«Come potrei» rispose subito il ragazzo «è il mio compleanno!»
Sorridendo uscì dalla cucina e si sedette al suo posto nella grande sala da pranzo, circondato in breve tempo da molti giovani di varia età. Nessuno aveva ancora cantato “Tanti auguri” e nessuno aveva augurato buon compleanno al giovane Tom Riddle.
Neanche un bambino lo avrebbe mai fatto. Nonostante tutto era ancora allegro e felice, anche se quella data aveva portato via sua madre, morta pochi istanti dopo averlo dato alla luce. Il padre era ancora un mistero, l'unico indizio era il nome, lo stesso suo.
«Hey Riddle! Come mai quel sorriso sul viso?» domandò un ragazzo biondo troppo grande per avere ancora la speranza in un adozione.
«Stai per caso aspettando la mammina?» intervenne uno dei suoi due seguaci. Poco più basso del primo, ma più scuro di capelli. Erano troppo idioti per capire che tutti erano sulla stessa barca. Sarebbero rimasti insieme fino all'età adulta, non c'era speranza di trovare una famiglia.
Tom era davvero furioso, ma non rispose alle provocazioni e senza pensarci si alzò dal tavolo e gli voltò le spalle.
«Non finisce qui Riddle!»
Voltò il suo viso verso il ragazzaccio e gli sorrise, un sorriso beffardo e le sue mani si chiusero in due pugni. La rabbia dentro di se lo stava per controllare. Stava sudando freddo e sulla sua fronte si sparsero goccioline calde. I pugni iniziarono a vibrare e il fiatò si fece più corto.
«Ti sei arrabbiato moccioso o stai cercando una delle tue risposte intelligenti... magari ora si metterà a piangere come una femminuccia... »
Inspiegabilmente il lembo del vestito del ragazzo prese fuoco, interrompendo le parole che stava dicendo a vanvera, e in pochi secondi tutta la giacca blu matita era in fiamme.
«Aiuto! Aiuto! ... Aiutatemi! ... Idioti spegnetemi!»
Le urla ormai si stavano propagando in tutta la sala, tutti gli occhi erano posati su quella scena oscura, ciononostante senza farsi notare Tom si avviò verso la sua camera, illuminata da una leggera luce bianca.
Non si sarebbe fatto rovinare la giornata da quell'idiota di Billy e da quel stupido incidente, anche se non aveva mai provato tanta rabbia come in quel momento, avrebbe persino... ucciso.
Nella camera c'era soltanto il suo respiro affannato. Si sedette sul letto, curato ben poco, e con le mani sul petto iniziò a rallentare quel respiro, che lo faceva sentire come se avesse un macigno sul corpo.
«Cosa hai combinato Tom?» risuonò una voce maschile.
«Non sono stato io... io non ho fatto niente»
«Sei sicuro?»
«Chi sei?», per la prima volta aveva alzato la testa dal pavimento, in cerca del suo interlocutore, ma non aveva trovato nessuno a parte lui nella stanza.
«Io sono te!»
Scrutando in giro Tom si accorse di una figura di fronte a lui. Aveva i suoi stessi piccoli occhi scuri, i suoi stessi capelli color della pece, soltanto pettinati meglio, e la pelle era ugualmente pallida come la sua.
«Chi sei?» ripeté a quell'immagine riflessa.
Si avvicinò al suo sosia. Stava sogghignando mostrando i denti bianchissimi e piuttosto aguzzi. Portò la mano a mezz'aria e cercò di toccare l'altra che si stava parando davanti a se...
«Tom»
Quella voce lo riportò sulla terra. Era la voce della sua migliore amica, nonché unica donna che si prendeva cura di lui.
«Tom caro, cosa stai facendo?»
«Stavo... stavo... »
«Cosa è capitato in sala da pranzo?»
«Io non lo so... stavo andando via quando... non volevo fare del male a nessuno», invano cercò una spiegazione.
«Lo so caro. Non si è fatto male nessuno tranquillo»
«Il fuoco è apparso dal nulla, l'unica cosa che pensavo era di fermare le parole di Billy»
La donna mise le sue braccia intorno alle spalle del ragazzo.
«Non preoccuparti»
Ma sapeva bene cosa era accaduto, era già venuta a conoscenza della vera natura del giovane Riddle. L'aveva accolto lei tra le sue braccia non appena fu nato, ed era stata lei stessa ad accudire la madre morente.
Era stata una sciocca a credere di poter tenere con sé Tom come se fosse suo figlio. Ormai da tempo avrebbe dovuto sapere la verità su se e sulla sua famiglia.
Del resto in passato aveva fatto una promessa e ora non l'aveva mantenuta.
«Arabella?»
«Si»
«Secondo te... la persone possono avere una doppia vita?»
«Cosa intendi dire?»
«Cioè io posso esser buono e allo stesso tempo... cattivo?»
La domanda non la stupì più di tanto, ma non aveva ancora una risposta adatta. Quel momento era arrivato troppo presto, l'aveva colta impreparata. O meglio non era stata imprevista, ma in qualche modo non avrebbe mai voluto sentirla.
Tom non seppe mai la risposta di riamando, e quella domanda lo accompagnò per tutta la sua esistenza. Intanto la donna sapeva benissimo cosa doveva fare in quel momento, chiamare l'unico uomo che aveva le risposte adatte.
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