I won’t believe in Love: It’s just a lie.
*Prostitution*is*revolution*
*I album: While the City Sleeps we
Rule the Beaches*
First track *Wake up, try
on your new disguise*
*2oo6*July
Era piena estate a Los
Angeles.
Le grosse foglie delle palme si
muovevano spostate dal vento dell’Oceano Pacifico, mente il Sole cocente
illuminava tutt’intorno a loro. Non c’era ombra su questa lunga strada dritta…
Miglia e miglia di asfalto chiaro e bollente, su cui le macchine sfrecciavano
nel traffico cittadino. Passò un pullman con sedili sopra il tetto, dove i
turisti si guardavano attorno meravigliati e scattavano foto qua e là. Giusto
per ricordarsi quel posto in cui di certo non sarebbero mai più tornati.
Qualcuno si sporse appena facendo urlare la guida attraverso il megafono. Era
un bambino dai capelli di un biondo chiarissimo… Scattò una foto alle persone
per strada. Scattò una foto proprio a lui…
Lui che camminava su Colorado
Avenue con gli occhiali da sole con la montatura viola calati sul naso ed il
cappellino con la visiera in testa. Sorrise a quel bambino ed alzò il braccio
per salutarlo, mentre la madre lo trascinava di nuovo al suo posto.
Le auto continuavano a passare
accanto al marciapiede, ma nessuno degnava più d’attenzione il moro. Lui
continuava dritto per la sua strada, fermandosi solo al segnale rosso del
semaforo.
Un gabbiano sfrecciò veloce sulla
sua testa, gracchiando in modo stridulo forse per attirare attenzione. Decise
che lo avrebbe seguito, tanto alla fine stavano andando tutti e due nello
stesso posto. Sì, la fine di Colorado Avenue e della vecchia Route 66. Là,
sotto quelle giostre colorate a poca distanza dalla palestra a cielo aperto…
Là, su quella spiaggia che lo chiamava a gran voce. Che anche tuttora continua
a chiamarlo come a quel tempo…
Era da un po’ che non andava a
Los Angeles, l’ultima volta era stato in città per un concerto dei Midtown.
Quel giorno ci era tornato per proporre a Pete una nuova idea… Un nuovo inizio
da cui riprendere a guardare avanti in quella vita che ormai non era più la
stessa.
Il viaggio nel deserto lo aveva
cambiato. Forse fumare Peyote era stata l’idea migliore che aveva mai avuto
nella sua esistenza. Il Cobra… Aveva
visto il Cobra parlargli dalle stelle per mostrargli la via da percorrere. E
quella via portava dritto ad una pista da ballo nel nightclub migliore di LA.
Sì, perché il Cobra gli aveva insegnato come ballare in pista e come
comportarsi nella vita seguendo quel beat. Sì, la vita era come una pista su
cui sapersi muovere e lui ora era convinto di essere il migliore lì in mezzo.
Dannazione, lui era Gabe Saporta!
Immerso nei suo pensieri si
ritrovò improvvisamente sul molo ad osservare l’immensità dell’Oceano davanti a
lui. Non si era nemmeno reso conto di essere già arrivato sulle assi di legno
massiccio. Si avvicinò alla balaustra e ci si appoggiò guardando in direzione
di Malibù. Fece scorrere lo sguardo lungo le colline verdi della costa e
sospirò davanti a tutta quella bellezza. Certo, a Montevideo la visuale non era
poi tanto peggio e Manhattan non
mancava di fascino… Il fatto era che quella costa della California lo attirava
più di qualsiasi altra. Magari perché lì c’era Pete ad aspettarlo o, che ne
sapeva, forse solamente gli piaceva il posto. Capita, no, che ci sia un luogo
totalmente lontano dalla tua città in cui comunque ti senti a tuo agio? Dove ti
riscopri come a casa tua, come se lì ci fossi nato e cresciuto… Era così. Ogni
angolo di Los Angeles suscitava in Saporta quel senso di “casa”, anche se non
aveva grandi ricordi da raccontare di quel posto. Non ancora…
Oh sì, ora ne ha un bagagliaio pieno.
Sospirò e si tolse un attimo gli
occhiali per pulirseli nella maglia, quando il suo sguardo fu catturato
improvvisamente da un ragazzino con una matassa di riccioli biondi in testa.
Era spuntato dalle scale correndo sul molo e sventolava per aria una bandana
beige. Gabe lo osservò divertito quando prese a saltellare sulle assi di legno,
agitando i capelli a ritmo di una cantilena inventata. Lo sentì anche urlare
una parola, gli parve fosse “Santi”
–sì certo, ora è sicuro che era proprio quella- con una “s” prolungata, prima
che scoppiasse a ridere. Il motivo di tale risata era a quanto pare il ragazzo
dai lunghi capelli neri che apparve magicamente dalla scalinata. O meglio,
questo era quello che credeva Saporta.
Vide il moro avvicinarsi
all’altro e cercare di rubargli la bandana in quel gioco della bandierina
improvvisato, quando all’improvviso questa sfuggì loro di mano. Saporta la
guardò svolazzare trasportata dal vento, finchè gli arrivò praticamente ai
piedi. I due ragazzi gli lanciarono uno sguardo dispiaciuti e fecero per
avvicinarsi mentre lui si abbassava per riprendere il panno colorato. Quando lo
ebbe fra le mani sentii un buonissimo profumo di ammorbidente, qualcosa come
lavanda forse. Sì, gli pareva lavanda. Ma d’altronde non era un
grand’intenditore di ammorbidenti e detersivi, lui… Il problema grosso fu
quando quell’aroma fu sopraffatto da un altro odore, che gli arrivò dritto alle
narici. Violento. Odore di guacamole e pollo.
Alzò lo sguardo per vedere che un
terzo ragazzo si era aggiunto al duo giocherellone. Era un tappetto con la
barbetta incolta ed un enorme sombrero in testa, che stava mangiando un
burrito. Gabe lo guardò vagamente sorpreso, quando poi il ricciolino gli porse
la mano per riprendere la bandana. Fu in quel momento che questo si accorse di
chi aveva davanti.
-Oddio!!! Oddio!!! Per l’amor del
cielo, cazzo! Tu sei Gabe Saporta dei Midtown!-
Urlò senza nemmeno prendersi la
briga di afferrare l’oggetto di sua proprietà. Si limitò a portarsi le mani fra
i capelli e scoppiare in uno strano monologo riguardo al fatto che gli aveva
toccato il pacco durante un concerto a Chicago.
Doveva essere un pazzo, pensò Gabe osservandolo con le palpebre
spalancate, quindi era meglio scappare
alla svelta.
-Ehm, sì sono io… Ora però ho
degli impegni e…-
-Wah! Hai una nuova band! Pete me
l’ha detto. Cioè, l’ha detto a Bill… Non a me.-
Fece il biondo, mentre il suo
amico prese la bandana e scosse la testa imbarazzato.
-Sisky, non facciamoci
riconoscere subito! Se fai così questo scappa dalla DecayDance prima ancora di
incidere…-
-Ma non è vero! Se è così amico
con Wentzy-boy non lo abbandonerà per colpa mia e…- Il ragazzino sgranò gli
occhi azzurri. –Mike! Stai dicendo che sono antipatico e lo farò scappare?!-
Saporta rimase a fissare quei
due, mentre il ragazzo con il sombrero si limitava a masticare tranquillo. Fu
comunque quest’ultimo a sporgere la mano e sorridere appena. Lo sguardo di
Saporta fu attirato da tutti quei tatuaggi colorati, prima che potesse
guardarlo in faccia.
-Andy, The Butcher…. Batterista dei the Academy
Is… Piacere.-
Gabe annuì piano e strinse la
mano a quel nanerottolo tanto gentile, prima di tranquillizzarsi un poco. Aveva
sentito parlare di questa band di Chicago, perlomeno Pete gliel’aveva accennato
e, soprattutto, gli aveva detto che il loro cantante voleva conoscerlo. A
quanto pare era fan dei Midtown… Dio, era
per caso il biondo? si domandò guardandolo, con quella voce roca e bassa faceva davvero il cantante?!
-Gabe Saporta… Ma penso lo
sappiate.-
Ammiccò, mentre un po’ di
autostima tornava a galleggiare forte nella sua materia grigia. Il biondo si
presentò come “SiskyBusiness” e l’altro come Michael Carden… Rispettivamente
bassista e chitarrista di quella band.
Il cuore di Gabe fece un salto di sollievo inspiegabile nell’apprendere che no,
nessuno di loro era il cantante. Anche perché Pete gli aveva anche detto che si
trattava di un tipo davvero speciale con una voce magnifica. Di certo non era
quello che si poteva dire di questo SiskyBusiness.
-Allora siamo colleghi, eh?-
Domandò Saporta rimettendosi gli
occhiali da sole, facendo scappare lo sguardo verso la costa. Ne era attratto,
che cosa poteva farci? Avrebbe davvero
voluto restare lì in eterno. Il suo istinto gli diceva che doveva
aspettarsi qualcosa da quella spiaggia, ma non poteva spiegarselo. Ebbe solo
una specie di flash… Un deja-vù inspiegabile. No, non era come un deja-vù, non
aveva mai vissuto una cosa del genere. Era
rimasto sotto con il peyote, forse.
Una persona abbassava lo sguardo con fare mesto,
proprio davanti a lui. Era disperazione quella…
No, non è che ebbe
un’allucinazione vera e propria. Solo
il presentimento di avere fatto del
male a qualcuno. Sì, gli venne male al petto come se avesse appena distrutto il
cuore ad una persona cara. Proprio lì, su quel pontile.
A quanto pare nessuno si era
accorto di nulla e lui riprese immediatamente il sorriso, ascoltando un
riassunto veloce sulla DecayDance da parte del ricciolino.
Cazzo, quanto era diventato bravo
a sorridere. Era davvero dannatamente bravo a presentarsi come la persona più
avvenente e simpatica del mondo. Con tutta quell’apparente sicurezza acquisita
solo dopo anni ed anni di paura e dopo quella grossa botta in testa che si era beccato.
Era diventato il miglior giullare degli
States… Decisamente. O forse semplicemente aveva la testa andata ormai ed
il solo pensiero di soffrire ancora lo spingeva ad immedesimarsi nel ruolo di
chi la Vita la prende sottogamba.
Un gioco… Una pista da ballo su cui muoversi in modo convulso.
Gli altri lo presero subito in
simpatia, ma d’altronde come poteva essere altrimenti? Gabe Saporta era davvero la persona migliore che qualcuno potesse
trovarsi sulla strada, pensava Adam con gli occhi che brillavano pieni
d’ammirazione. Era come irrimediabilmente attratto da quell’uomo e non riusciva
a togliergli lo sguardo di dosso. Stima…
si trattava solo di una quantità smisurata di stima.
La morale è rimasta sempre
quella, salda ed inalterata durante tutti questi anni: Tutti avrebbero voluto essere come Gabe Saporta.
Adam T. Siska per primo. Lui non desiderava altro
che diventare come l’uomo che gli si presentava davanti. Così fascinoso, alto e
simpatico, dannazione!!! Era perfetto! Gabe Saporta era seriamente la perfezione
in persona. E lui con qualcosa molto simile alla perfezione aveva a che fare
ogni giorno, se contiamo il leader che si ritrovava. Eppure in Saporta c’era
molto di più di quello che aveva mai visto nel suo cantante… ne era sicuro, lo
sentiva a pelle.
A proprosito del suo leader, in quel momento gli
arrivò proprio un suo messaggio e lo lesse, mentre gli altri continuavano a
parlare con Gabe. Anche quest’ultimo dovette però mettere mano al cellulare,
che prese a suonare in modo insistente nella tasca dei suoi jeans tubolari.
Era Pete…
-Pronto, Petey?-
Rispose e fece una smorfietta per scusarsi,
allontanandosi appena dal gruppetto di ragazzi. In linea c’era un Pete Wentz
tutto agitato che prese a borbottare come una pentola di fagioli in piena
ebollizione.
-Ciao GabeyBaby!!! Eccoti! Ti stavo aspettando a
dire la verità, dato che avresti dovuto essere qui puntualmente alle undici! Ma
non preoccuparti, tesoro, che non si pranza senza di te! Oh no no!! Ti
aspettiamo con tanta pazienza ed amore perché sappiamo che arriverai in
fretta!!-
Gabe guardò l’orologio d’oro al suo polso e si
accorse che era decisamente tardi, dannazione. Pensava di aver abbastanza tempo
per permettersi un cocktail sulla spiaggia ed invece era costretto a correre da
Wentz.
-Arrivo immediatamente! Prendo un taxi e volo!-
Disse, riattaccando e voltandosi verso i The Academy is che lo osservavano
curiosi. –Scusate ma Pete mi acclama! Quindi… ci si becca per una bevuta in
queste sere, eh?-
Domandò e Sisky alzò la mano per dargli il cinque,
mentre gli altri si limitarono a sorridere ed annuire.
-Ovviamente!! Ci tengo, eh!! Io vado a riportare
questa a Bilvy, dato che se ne deve andare alla svelta. Avrà anche finito
ripararsi all’ombra di quella palma!!-
Dicendolo il biondo indicò un punto imprecisato
della spiaggia e poi si volatilizzò giù dagli scalini sventolando la famosa
bandana.
Gabe lasciò il molo ed arrivò sulla Ocean Avenue,
cercando un taxi su cui salire per poter andare dal suo caro amico. Non vedeva
l’ora di mangiare insieme a lui per poter parlare del suo nuovo progetto, in
modo da spiegargli in che modo era cambiato. Sì, decisamente… anche i suoi
gusti musicali erano del tutto cambiati improvvisamente. Basta con tutta
quell’angst, gli aveva detto il grande Cobra spaziale! Era ora di festeggiare e devastarsi con l’alcool. Il motto di Gabe
era diventato esattamente quello e dio solo sa quante volte l’aveva ripetuto
negli anni a venire: “Andiamo a sbronzarci”.
Si ritrovò alle porte della villa Wentz, dove era
già stato altre volte prima di allora. Ad aprire fu proprio il padrone di casa
che gli si gettò al petto urlando tutto felice, così che Gabe lo abbracciò
forte e prese a girare su se stesso.
-Wah! Rivederti è fantastico!!!-
Urlò il più basso dei due, staccandosi appena e guardandolo
dritto negli occhi. Il suo volto era pervaso da una felicità inspiegabile che
pure quello di Gabe stava riflettendo. Si sa, in un’amicizia come la loro era
dura trattenere simili sentimenti e simili gesti d’affetto.
-A chi lo dici… Cazzo, Pete, non mi pare vero di
essere qui!!!-
Anche Saporta sprizzava felicità da tutti i pori in
quel momento. Finirono di stringersi e restarono un attimo a saltellare sulla
porta come due bambini. Seriamente, non
poteva rimanere serio, pensò, era più
forte di lui: doveva urlare al mondo quanto amava alla follia quel piccolo uomo
di nome Pete Wentz!!
-Nemmeno a me! Non credevo che avresti deciso così
all’improvviso di metter su un’altra band! Dio, devi raccontarmi di nuovo tutto
quanto!! Per filo e per segno! Al telefono non è mai la stessa cosa!-
-Oh sì! Ora ti dico ogni dettaglio!-
Si chiusero la porta alle spalle e Gabe si guardò
attorno, rendendosi conto che anche lì si sentiva a casa. Sì, decisamente…
Sorrise e fece per dire qualcosa, appoggiando la mano sulla spalla a Pete, ma
questo si voltò all’improvviso con un balzo. Saporta spalancò gli occhi
spaventato e per poco non cadde a terra, ma riuscì ad ignorare l’infarto.
-Ah! Mi stavo dimenticando!! Ci sono delle persone a
pranzo con noi!Sai, ho mille impegni e ho dovuto sovrapporli insieme… Ma
stasera giuro che staremo soli prima di andare al club!!-
Il bassista cercò nel suo volto una risposta e lui
allora sorrise. Avrebbe voluto restare solo con il suo migliore amico per
potergli raccontare molto di più di quel nuovo progetto. Sì, avrebbe voluto
parlargli di Bianca. Di come si erano lasciati dopo tanto tempo… Doveva
assolutamente crollare davanti a qualcuno. Si limitò a tirare un sorriso e a
battere la mano sulla schiena dell’amico.
-Tranquillo!! Non c’è problema! Più tardi avremo il
nostro momento intimo, amore…-
Ammiccò e Pete rise, andando in salotto seguito dal
più alto. Là dentro li aspettavano Patrick, un tipo di sconosciuta provenienza
magro come uno stecco al cui fianco stava un ragazzino con una zazzera nera in
testa e poi, su una poltrona a parte, Travis McCoy dei Gym Class Heroes. Tutti
alzarono la mano per salutarlo e partì un coro di “ciao” che lo mise subito a
suo agio.
-Ecco, lui è Gabe…- Disse il padrone di casa
indicandolo, prima di spostare il dito verso i due ragazzini. –Quelli sono Ryan
Ross e Brendon Urie. Gli altri li conosci già…-
Patrick annuì, mentre Travie si lasciò sfuggire una
risatina indolente.
-Ne manca uno però…-
-Non è colpa mia! L’ho chiamato e mi ha detto che
arrivava!!!- Si lagnò Pete prima di fermarsi di scatto e mettersi ad annusare
l’aria. –Oddio!! L’arrosto!!! Sta bruciando l’arrosto Pat!!!-
Ed urlandolo si avventò in cucina, lasciando tutti a
fissarsi. Ryan Ross si stava guardando le unghie come se fossero interessanti e
se le mordicchiò. Gabe si chiese se avrebbe mangiato qualcos altro o sarebbero
bastate quelle. Il moro al suo fianco invece si distrasse a guardare i pesci
che nuotavano nell’acquario vicino al divano e prese a picchiettare il vetro
dicendo “guarda Ryro! Quello ti somiglia!”. McCoy dal canto suo li stava
osservando con un sopracciglio alzato, non capendo bene da dove fossero
spuntati quei due mocciosetti brufolosi. Forse Pete li aveva strappati dal seno
della madre per adottarli. Chissà… Di
certo aveva di meglio a cui pensare, concluse guardando Saporta.
Fu in quel momento che suonarono al campanello e
l’afro si fece scappare un “eccolo” con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
-GabeyBaby!!! Vai ad aprire!!!-
Il grido di Pete rimbombò nella casa e Saporta non
potè fare altro che obbedire, andando nell’atrio e sospirando. Decisamente non vedeva l’ora di potersi
sfogare con Pete, da soli davanti ad una bottiglia di vodka liscia, pensò, non aspettava altro. No… Era convinto
di non volere altro che stare con Pete. Certo, non sapeva a chi stava andando
incontro.
Appoggiò la mano alla porta ed ancora quel deja-vù
di prima si fece sentire forte.
La persona
sorrideva nel pianto. Una mestizia irrefrenabile.
Il petto di Gabe venne stretto in una morsa
orribile, ma cercò di non farci caso. Aprì così la porta con il volto deformato
dalla brutta sensazione che il suo cuore stava provando.
Si ritrovò così davanti a due grandi occhi nocciola
che lo fissavano, nascosti appena da lunghissimi ciuffi mossi e castani.
Deja-vù… Quella persona piangeva, non riusciva a
parlare nell’angoscia.
Eppure no, quel ragazzo si lasciò sfuggire uno dei
più bei sorrisi al mondo quando si accorse che quello che aveva davanti era
Gabe Saporta. Si sciolse in quello stupore ed in tutta quella felicità che si
prova quando il sogno di una vita intera si realizza. Sì, perché non aveva
voluto altro che conoscere il frontman dei Midtown e ringraziarlo… Esatto,
anche questo esile ragazzo non avrebbe desiderato nient’altro che essere come
Gabe Saporta. Anche oggi, anche se le cose sono cambiate… Anche tuttora
vorrebbe essere come lui.
-Ciao…-
Si lasciò sfuggire timidamente il castano, mentre
l’altro lo fissava esaminandolo. Quel viso… quel viso dannatamente perfetto
faceva nascere dentro di lui la voglia di dire “sono a casa”, proprio come Sam
ne Il Signore Degli Anelli. Okay, non era il massimo come metafora… Ma era
così. Era a casa in quegli occhi. Ma
non capiva il perché… Semplicemente pensò che essendo così bello il ragazzo
trasmettesse sicurezza a chi lo guardava.
O forse no… Non era solo quello. Non riuscì a
capirlo, ma ogni afflizione nel suo petto parve sparire per magia. E la voglia
di tornare al molo si fece sentire fortissimo nel suo stomaco… Doveva andare
alla spiaggia e guardare il mare.
E quell’odore? Quel buon odore che aveva sentito
anche prima sulla bandana… Si accorse che era lui ad emanarlo, così vide che la
pezza colorata era legata al suo ginocchio. Oh… Doveva essere il cantante dei
The Academy Is di cui si era parlato.
-Gabe Saporta, piacere.-
Disse ed il castano si fece scappare un risolino
divertito, stringendogli la mano.
-William Beckett.-
Non si erano
mai incontrati prima di allora, si domandò Gabe, perché aveva quasi l’impressione di conoscerlo da tutta la vita. Nella
sua mente, nel suo cuore, era come se quel ragazzo ci fosse stato da sempre.
* * *
*2o11*September
I gabbiani di Manatthan emettono versi striduli,
volando sopra le teste della folla. C’è un uomo che li sta ascoltando, mentre
appoggia i gomiti alla balaustra in ferro. Guarda le acque oscillare e qualche
uccello ci si schianta sopra per cercare cibo. Sospira disperato, aspettando
qualcuno su quel molo pieno di volti sconosciuti e spenti, tutti stretti nei
loro cappotti grigi. Si passa una mano sul viso e vorrebbe davvero piangere.
Lascia cadere a terra la bottiglia vuota e poi si accascia sulla panchina
proprio dietro di lui.
Il cielo grigio di questo
Settembre desolante fa sentire il suo peso e le gocce fini di acqua iniziano a
cadere dispettose sul viso sbarbato dell’uomo.
-Cosa speri…?-
Mormora piano, prima chiudere gli occhi e cullarsi
in quel sogno che gli piace fare ogni volta che è sveglio. Sì… si immagina una
persona che sorride dondolando la testa, mentre cammina sotto al pontile.
Questa persona poi gli porge la mano e lui gliela stringe forte, invaso da una
felicità che è difficile da spiegare. Si tengono per mano, l’uno di fianco
all’altro con i piedi nudi immersi nella sabbia ancora calda. A far loro da
sfondo le colline verdi della costa californiana…
Un sogno colorato e caldo, indelebile nella sua
mente. I profumi ancora forti, la sua pelle quasi tangibile. Sì, ma solo un
sogno.
Quando hai
tolto il tuo travestimento da ragazzo perfetto che cosa ti è restato?
Vecchie fotografie di quei momenti gioiosi e semplici… Li tieni ancora tutte
sotto la taschina della tua giacca, dentro al
cuore, questi scatti?
Continua…
_____________
Hello….
Okay, mi spiace. L’ho fatto.
Ho scritto un’altra storia…
Anche se non sono sicura che
si tratterà solo di una Gabilliam, sappiatelo! Ho in mente una cosa grossa se
riesco a metterla giù come voglio…
Allora, come potete vedere è
ambientata su due linee temporali, nel 2006 e poi quello attuale. XD Capirete
il perché più avanti!!!
Che dire… uuuhm…
Non lo so!! XD
Non so bene nemmeno perché
l’ho scritta, ma spero che qualcuno sia interessato alla trama che svilupperò
pian piano!!!!
E sappiate che il titolo non
è messo a caso XD ahahahahha
Allora, lascio a voi i
commenti!!!
A chi è interessato qui c’è
la storia del Peyote XD ahahahaha io muoio ogni volta!! Gabey Baby in the Desert: The True
Story
Fangs
up, Cobras!!
Alla prossima!!!!!
Xoxo
Miky