Rating capitolo: Giallo
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo (Spagna)
– Arthur Kirkland
(Inghilterra)
Musica: Mat Kearney –
Where We Gonna Go From Here (Spero di non cambiare seriamente
canzone ad
ogni capitolo °-°)
Osservazioni personali: //
Awakening
in the heart of hell.
È difficile descrivere la
morte, veramente difficile. Ci si
confonde sempre un po’, ecco, la maggior parte delle volte
non si trovano le
parole giuste.
Nel corso dei secoli si sono create
delle specie di
gerarchie e cliché su di essa, e Antonio ci aveva sempre
creduto. Aveva sempre
creduto, ad esempio, nella netta distinzione fra Paradiso e Inferno, e
continuava a crederci ancora in quel momento.
Aveva sempre escluso a priori che la
sua anima potesse
ritrovarsi in Paradiso. In effetti aveva sempre pensato che nessuna
Nazione
potesse farne parte. In fondo le loro mani erano fin troppo sporche di
sangue
innocente, e la loro coscienza fin troppo bagnata da lacrime amare.
Sarebbe
stato troppo pretendere di morire
veramente in pace, era ingiusto.
Quindi poteva seccamente dire di non
trovarsi in Paradiso, tutt’al
più nell’Inferno. Eppure, anche avendo bene in
mente dove si trovasse, faticava
ad identificare quel luogo con la classica visione di fuoco e tormenti,
era
nettamente differente.
Se proprio aveste insistito su questo
punto, lo spagnolo vi
avrebbe detto che l’inferno era buio.
Ma non era la definizione esatta, perché un luogo buio
implica semplicemente
l’assenza di luce.
Ma quello… quello era
molto di più, era una continua caduta
nell’oscurità totale, dove non vi era alcun
appiglio in quell’eterno tormento.
Ecco, il fatto è che non esisteva
nulla, nulla a cui aggrapparsi,
nulla in
cui credere, nulla in cui sperare. Disperazione, si poteva trovare solo
quello.
E nient’altro.
Eccola la morte, la morte fatta e
finita. E lui era un suo
prigioniero ormai, prigioniero di mura che non potevano essere varcate
o
ingannate in alcun modo.
Era la morte quella, e mai sarebbe
riuscito a sfuggirle. Un
moto di rabbia sformò il suo volto, perché no,
non poteva cadervi schiavo
proprio in quel momento, proprio quando era così attaccato
al mondo e a ciò
ch’esso custodiva. Avrebbe accettato d’essere
passato a fil di spada per altri
cent’anni e di morire ogni singola volta, ma non in quel
momento, non in quel
modo!
E invece cadeva, cadeva
inesorabilmente nella sua stessa
disperazione, fra mute urla e la negazione di tutto ciò che
non comportasse la
vita.
Fu in quell’istante che
quella sua cieca caduta terminò. Si
trovò col respiro mozzato e pesante, in quella sua preziosa
ricerca d’aria. Si
trovò con le ossa a pezzi e la carne lacerata da fin troppe
ferite, si trovò
con la pelle offesa dalla pietra di quel luogo ad ogni sospiro.
Si trovò ferito sia nel
corpo che nell’animo, ma si trovò
vivo. E in quel preciso istante non si diede dello stupido per aver
creduto
così insistentemente d’essere morto,
bensì semplicemente felice. Felice di
poter respirare e di poter soffrire quelle ferite, felice di potersi
rialzare e
andare lontano da quel luogo, lontano verso casa.
Antonio sorrise al solo pensiero di
aver sbagliato, che
quello in cui aveva così fortemente creduto era solo stato
un incubo, che in
verità si trovava… dove si trovava?
Lo spagnolo strinse gli occhi prima
di aprirli
completamente, per avere poi a disposizione solamente la visuale del
lastricato
di pietra e la certezza del buio, questa volta vero buio, che lo
circondava.
Decise di alzarsi, quindi
cominciò a muovere prima le mani
poi il resto del corpo. Inizialmente non riuscì ad alzarsi a
causa della sua
debole condizione, infatti l’unico movimento che
riuscì ad ottenere fu quello
di trascinarsi verso il muro opposto a lui, quello più
vicino, e ad
appoggiarvisi con la schiena, in modo da essere seduto e con una buona
visuale
di ciò che lo circondava.
Ciò che seguì a
quei pochi minuti non fu una delle migliori
notizie per lo spagnolo. Da una semplice occhiata, infatti, vide che
quella era
una cella di chissà quale malfamata prigione, senza dubbio
inglese. Era una
normalissima cella, abbastanza grande per una sola persona, in Spagna
sicuramente non ne avrebbe mai trovata una di quel genere.
Stava velocemente dando
un’altra occhiata al luogo che lo
circondava, cercando di trovare sin da subito qualche punto debole in
suo
favore da utilizzare il più presto possibile, quando
qualcosa lo riportò coi
piedi per terra.
Sospirò mentre costatava
come quei cani inglesi non avessero
il benché minimo criterio nel trattare i prigionieri. Non si
ricordava di
essere conciato così
male,
sicuramente mentre era incosciente avevano aumentato il numero delle
sue
ferite. Certo, credevano che l’avrebbero fermato in quel modo
da una possibile
fuga? O era soltanto per il gusto di ferirlo?
Non riuscì a trattenere un
ringhio, dato che qualunque fosse
stata la loro motivazione non si sarebbe potuto muovere di
lì, almeno fino a
quando non avrebbe potuto camminare stabilmente.
Dopo qualche momento Antonio
riuscì a calmarsi, dato che
capiva perfettamente che perdere le staffe in quel preciso contesto non
era la
decisione più saggia da prendere.
Chiuse quindi gli occhi per imporsi
una certa calma, e nel
mentre portò la testa a contatto col muro di pietra alle sue
spalle. Non
l’avesse mai fatto! Subito un intenso dolore avvolse il suo
capo e lo spagnolo
lo ritrasse immediatamente. Si lasciò sfuggire un lamento
mentre portava le
mani verso l’origine di quel dolore lancinante.
Esitò qualche secondo per
trovare una ferita ancora sanguinante verso il lato destro della testa.
Tastò i
corti capelli incrostati del suo stesso sangue e sfiorò la
ferita, ma ritrasse
le dita immediatamente quando sopravvenne nuovamente lo stesso dolore
di prima.
Arthur.
Cominciò a digrignare il
suo nome fra i denti. Non capiva
cosa volesse da lui, precisamente perché non
l’avesse ancora ucciso. Non
riusciva ad immaginare quale fosse il suo scopo, ma poco gli importava.
Gliel’avrebbe fatta pagare, prima o poi.
Masticò quel nome e quella
promessa per qualche tempo mentre
con attenzione si tolse la maglia ormai inservibile e in seguito
cominciò a
strapparne delle fasce aiutandosi coi denti. Gli ci volle parecchio
tempo, ma
infine riuscì a fasciare la maggior parte delle ferite di
quel terribile giorno.
Sorrise, soddisfatto almeno di quella
piccola azione,
dovendo mestamente ammettere che ormai aveva una certa dimestichezza
con le
ferite, specialmente quelle che riguardavano il suo corpo.
Sospirò pensando che
avrebbe certamente gradito del rhum, sia per disinfettare quelle
ferite, ma
anche per berne un goccio.
«Mi servirebbe proprio… »
Fu solo un sussurro, eppure quelle
parole colpirono Antonio.
Non tanto per il loro significato, dato che era esattamente
ciò che stava
pensando, bensì per la sua voce. Gli sembrava
così stanca da non percepirla
come propria. Sembrava cambiata, in qualche modo, come se lui, la
Spagna, fosse
cambiato dopo quella sconfitta. Dopo quel
disonore.
Ed eccola, l’ira
tornò nuovamente a sconvolgere il suo volto
e la sua mente. Arthur, con quei suoi occhi verdi e quella spada
macchiata del suo sangue. Era un
chiodo fisso, quello,
e sapeva che sarebbe riuscito a toglierselo dalla mente solo dopo una
giusta
vendetta. E dal suo canto, lui non ne vedeva l’ora.
Una nuova fitta di dolore alla nuca
lo riportò alla realtà e
al suo problema più urgente, ovvero quelle nere sbarre di
ferro che lo
separavano dal resto del mondo.
In quel momento le stava analizzando
scrupolosamente dal suo
posto, volendo posticipare a dopo il momento di alzarsi, in modo da
recuperare
abbastanza forze. Ecco, lo stava guardando come se tutta la sua vita
dipendesse
da quelle sbarre, cosa in effetti del tutto veritiera, quando
sentì un rumore
di passi.
Non che fosse qualcosa di
eccezionalmente strano, è
abbastanza normale sentire qualcuno camminare all’interno di
una prigione. Si
aspettava dunque di veder passare una guardia o qualcosa del genere, ma
quello
che vide…beh, fu abbastanza divertente, sulle prime.
Antonio lo sapeva, il suo desiderio
primo era quello di
azzannare qualunque inglese di nome Arthur dotato di spaventose
sopracciglia
vedesse, ma davvero, non riuscì a stare zitto. Non poteva
non ridere!
E quindi lo fece, con tutta la calma
del mondo, comodamente,
si fa per dire, seduto a terra, a godersi lo spettacolo che quel
piratucolo da
quattro soldi gli offriva. Non che oggettivamente ci fosse poi
chissà quanto da
ridere, non era né ubriaco, né mezzo nudo,
altrimenti per lo spagnolo ci
sarebbe stato da spaventarsi, altroché. Ciò che
aveva scaturito l’ilarità di
Antonio fu il ritrovarselo davanti accompagnato da un poliziotto. Per
carità,
almeno lui stava alla larga da qualsiasi rappresentante della legge
anche nella
sua patria. Ma gli inglesi gli avevano dimostrato più e
più volte la loro
completa mancanza di buon gusto nelle cose. E poi si proclamavano
gentlemen!
Il pirata, nonostante le ferite e i
dolori vari, continuò a
ridere per parecchio tempo, mentre la sua voce in quel momento gioviale
risultava tetra mentre rimbombava fra quelle mura, aveva un impatto ben
peggiore di qualunque grido disperato, in quel luogo.
E Arthur rimase a guardarlo ridere e
piegarsi su quelle
misere ed inutili fasciature. O almeno ci provò per un
considerevole lasso di
tempo, la nazione inglese non era tanto famosa per la sua pazienza.
«Che cos’hai
tanto da ridere? »
Il suo volto era…come
dire…deliziosamente da Arthur,
gli avrebbe suggerito un suo certo amico.
Cercava di risultare superiore tramite qualche piccola nota di
sarcasmo, ma ad
Antonio non poteva sfuggire la sua palese irritazione, non dopo aver
visto
quella medesima espressione per secoli.
E così si
calmò, principalmente perché non faceva un gran
bene alla sua condizione fisica, al contrario del suo spirito che
sembrava aver
già preso una piccola, infinitesima
parte di vendetta.
Tossì e con lo sguardo
ancora ilare lo guardo.
«Nada…nada,
nino.*
»
Antonio sorrise ancora,
perché prendere in giro Arthur, che
fosse a colpi di cannone o con una semplice parola lo divertiva anche
troppo,
il che non era normale per lui. Cominciò seriamente a
pensare che Francis fosse
davvero una cattiva influenza per lui.
E Arthur nel mentre lo guardava
contrariato, scrutava lui e
quel suo stupido sorriso. Lui odiava quel
suo stupido sorriso. Shit,
lo
aveva disonorato solo poche ore prima, gli aveva tolto tutto
ciò che possa
valere per un pirata, la sua vita era nelle sue mani e lui cosa faceva?
Rideva
come uno sciocco! Forse l’aveva sopravvalutato, forse era
veramente uno stupido.
Eppure, ciò che aveva fatto smentiva
quell’appetibile ipotesi. Più che altro i
suoi occhi erano la prova che era tutto fuorché uno stupido.
Uno sguaiato cane
spagnolo sì, ma non stupido.
«Quasi mi chiedo
perché Captain
Kirkland abbia onorato questa umile cella della sua presenza.
»
«Smettila Carriedo.
»
Antonio smise di punzecchiare lo
stupido pirata al suono della
sua secca sentenza, ma più che altro alla vista di quei
verdi occhi, che
parevano bruciare. E allora tutta l’ilarità si
spense insieme al suo sorriso,
mentre l’ira e l’orgoglio ferito si fecero sentire
più che mai.
«Dovresti farmi ben altre
domande. »
Era un ordine, nella mente
dell’inglese. Era un allettante
invito, in quella dello spagnolo.
«Allora lasciamo perdere
queste sciocchezze e rispondimi. Perché
non mi hai ucciso. »
La sconfitta faceva parte della vita,
ed anche se non era
ben accetta, Antonio aveva imparato a comprenderla e a non rifiutarla.
Ma la
pietà no. Mai.
E stavolta fu l’ora di
Arthur, quella di ridere con tutta la
forza che la sua gola gli permettesse.
«Carriedo! Non crederai
davvero in qualche mio atto di
generosità? Che abbia provato pietà
nei tuoi confronti?
Allora non mi conosci affatto. »
Altra risata, mentre lo spagnolo
accentuava
involontariamente i segni dell’ira crescente sul suo volto.
«Il tuo onore non
è stato intaccato, almeno
sotto questo aspetto.
»
Un sorriso dalla palese natura
maliziosa si dipinse sul
volto dell’inglese, mentre Antonio perdeva sempre
più il controllo su se
stesso.
«E cosa allora? Vuoi
vedermi marcire fra queste mura? Vuoi
vedermi morire nei tuoi schifosi territori inglesi? Allora hai
sbagliato Kirkland. Entra e
uccidimi con la tua
stessa spada, non hai altre opzioni. »
I muscoli lentamente gli si tendevano
ignorando il dolore,
come se si stessero inconsciamente preparando ad una battaglia. E nel
mentre
Antonio avrebbe davvero voluto averlo fra le sue mani, a ricordargli
che uno di
loro, una nazione non poteva essere uccisa come un essere umano, che
avrebbe
potuto marcire in quella prigione per tutto il tempo che voleva, ma lui
sarebbe
stato sempre lì per lui.
Se voleva che la Spagna
morisse,sapeva bene che c’era un
unico modo, il quale comprendeva la sua spada nel suo cuore.
«Carriedo, Carriedo,
Carriedo. Non credevo fossi così
ingenuo. »
E nel mentre scuoteva la testa
sorridente.
«Lo sai anche meglio di me,
no? Lo sai che una persona
normale può morire in tanti modi, e questo vale anche per
noi, specialmente per
noi pirati. Esattamente, posso
ucciderti
in due modi. »
Fermò la testa e
puntò lo sguardo contro quello dell’iberico,
in quel momento allibito dalle sue parole.
«Potrei fare come dici tu,
farti assaggiare la mia spada, di nuovo.
Oppure, posso distruggere il
tuo orgoglio, Carriedo. E indovina qual è
l’opzione più divertente? »
Eccola ancora, la sua risata, e il
rumore dei suoi passi
mentre si allontanava.
«Ah, dimenticavo!
»
Si girò nuovamente verso
le sbarre e fece qualche passo.
«Ecco la tua cena,
Carriedo. »
Il suo perfido ghigno, quello che
rivelava senza tanti
problemi quanto ci stesse godendo di quella situazione fu
l’ultima cosa che
vide dell’inglese, mentre lanciava un lercio pezzo di pane.
E Antonio non vide più
nulla. Non si accorse più di nulla
mentre con uno scatto si avventò verso le sbarre, a gridare
come un matto.
*Niente..niente,
bimbo.
B-beh. Non so perché ma ho
paura di essere scaduta nell’OOC.
Insomma, Arthur e Antonio in versione piratesca non sono tanto facili
da
trattare, credo xD Però mi è piaciuto scrivere
questo capitolo! :3 E quanto mi
diverto a scrivere i dialoghi di quei due pirati! XD Fra
l’altro, ho sempre
voluto scrivere di qualcuno ferito e profondamente inca*beeep* xD Ecco,
ora vi
do il permesso di darmi della pazza!
Per il resto, non ho niente da dire,
oltre che ringraziare xLucien
per la recensione che mi ha lasciato :3 e anche chi legge
silenziosamente!
Ah, in nino
ci
vuole una specie di simbolo sulla seconda n, ma non avendo abbastanza
minuti di
internet in questo momento, lo cambierò dopo : D
Stay tuned people! chaska~
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