Fandom:
Final
Fantasy XIII
Pairing: Hope/Lightning
Personaggi: Hope
Estheim, Lightning
Tipologia:
One-shot ( 2.321 parole titolo escluso )
Genere:
Triste
13° Argomento: Fasi della Vita
65. Morte
[
Nothing left to fear, l'Cie
Cradled in eternity
Shore of sands, your fate awaits
Oh surrender in the light. ]
Dust to Dust - Matsue
Hamauzu ( Original
Soundtrack of FF XIII )
Crimson
Snow
Ti
stringo mentre avverto lentamente il
calore della vita abbandonare la tua pelle.
Allaccio con più forza
le braccia attorno al tuo corpo, senza che in realtà sappia
quello che faccio.
E’ un gesto inconscio dovuto al fatto che ancora non credo a
quello che i miei
occhi vedono.
Perché te ne stai così
immobile?
Perché non ti alzi e
mi sorridi come sempre?
Perché non provi,
ancora una volta, a sciogliere questo mio carattere freddo?
Dov’ è finita la luce
che illuminava i tuoi occhi verdi?
Sposto lo sguardo poco
più avanti, qualche centimetro, non di più.
Non avevo mai visto
della neve rossa. Mai.
Eppure so che non avrei
mai voluto vederla... non così, non per causa tua.
* *
* *
*
- Io vado avanti!-
Hope si voltò a guardarla come per cercarne
l’approvazione.
Chissà perché, per ogni cosa che faceva, compiva
quel gesto. Sembrava non
riuscisse a stare senza guardarla, senza sapere quello che pensava. E
anche quella
volta Lightning posò una mano sul fianco e alzò
un sopracciglio sottile e ben
definito. Restò ferma in quella posizione per qualche
secondo poi, finalmente,
gli sorrise. Un piccolo sorriso che ultimamente però,
appariva sempre più
spesso sul suo viso.
-
D’accordo, ma fa’
attenzione.-
Lui annuì e poi corse via, riducendosi a un puntino lontano
nel mezzo della foresta che stavano attraversando. Lightning scosse la
testa
pensando fra sé e sé a quanto fosse diventata
accondiscendente con lui. Troppo
a dire il vero, anche se per nessuna ragione al mondo
l’avrebbe mai ammesso ad
altri che a sé stessa. Non poteva certo negare di provare
dell’affetto per quel
ragazzino, o che le desse fastidio averlo continuamente attorno. Non
l’avrebbe
mai fatto perché, in un modo alquanto insolito, lui era
riuscito a farla
sentire un po’ meno sola - cosa a cui tutti quanti avevano
rinunciato dopo
averla conosciuta per più di due giorni - e forse,
più indulgente sia con gli altri
che con sé stessa.
Camminò per qualche metro in balia dei suoi pensieri mentre
osservava gli alberi attorno a sé. Si trovavano su Gran
Pulse, di nuovo. Non
erano più l’Cie, non avevano più il
Sanctum alla loro ricerca, non avevano più
una missione da compiere eppure erano partiti ancora una volta,
insieme. Solo
loro due. Il perché non sapeva spiegarselo, però
una mattina lei aveva deciso
di andarsene e Hope... l’aveva seguita, punto. Si era persino
messo contro il
padre pur di seguirla...
Sospirò domandandosi che fine potesse avere fatto quel
piccoletto che, lentamente, stava iniziando a crescere tanto da non
riuscire
più a tenerlo sotto controllo. Era un adolescente dopotutto.
- Hope!- lo
chiamò
non troppo forte, ma abbastanza per farsi sentire.
Il silenzio che venne dopo la preoccupò. Lo
chiamò altre due
volte mentre già estraeva la Gladius pronta al peggio.
E’ vero che non erano
più l’Cie però, quello era pur sempre
Pulse, come poteva essere stata così
incosciente?
E, mentre si apprestava a correre verso la direzione nella
quale l’aveva visto allontanarsi, lui le comparve alle spalle.
- Sono qui,
Light-san.- Un sorriso innocente e le guance leggermente arrossate per
il
freddo.
La donna si voltò colta alla sprovvista.
Rinfoderò l’arma
cercando di non dare a vedere quanto si sentisse agitata. - Non sparire
mai più
in quel modo, mi hai capita?-
Hope abbassò lo sguardo, conscio del grosso pasticcio nel
quale si era cacciato. - Scusami ma ecco... io ho trovato un posto
molto bello,
seguimi.-
Le afferrò la mano e la trascinò con
sé, sempre più
all’interno del bosco. La presa non era molto forte, eppure
lei non si liberò
dalla stretta. Quel contatto era piacevole. Le ricordava quello di
Serah, della
sua famiglia. Scosse la testa come a scacciare quel pensiero. A volte
non
sapeva definire chi tra loro fosse il bambino e chi l’adulto.
Dopo qualche minuto - e dopo che Hope l’aveva pregata di
chiudere gli occhi, cosa che lei aveva fatto restando al suo gioco - lo
sentì
lasciarle la mano per posizionarsi al suo fianco.
- Ora puoi
guardare
Light!-
La donna aprì lentamente le palpebre rivelando le iridi
azzurre. Focalizzò lo sguardo e rimase sorpresa nel vedere
che davanti a lei si
apriva un piccolo viale nel centro della foresta. Era malandato e
piuttosto
usurato dal tempo, le pietre che dovevano comporne la strada da seguire
erano
spaccate o mancanti in vari punti. C’era ancora qualche
traccia del legno che
era stato utilizzato come recinzione per evitare probabilmente agli
animali di
avvicinarsi. Eppure, nonostante si trovasse in quelle condizioni,
dovette
ammettere a sé stessa che fosse un viale davvero bellissimo.
Hope la sorpassò di un passo. - Te l’avevo detto
che era
bello. Avevo ragione?-
Lei annuì senza però mostrarsi troppo
interessata, per poi
sorridere divertita nel vederlo sbuffare borbottando qualcosa che
assomigliava
a un “Possibile che non ti stupisca
mai
di niente?”.
Percorsero il viale per qualche minuto, poi convennero che
era l’ora di riposarsi e così si sistemarono
vicino a un albero, ben nascosti
nel caso fosse passato qualche mostro con “cattive
intenzioni” il modo in cui diceva sempre Hope, come
se fosse la cosa più
vera del mondo. Mangiarono qualcosa senza parlare poiché non
era nei loro
caratteri perdersi in chiacchiere superficiali, restando silenziosi e
riflessivi. Forse era questo uno dei tanti motivi che li faceva stare
bene
insieme. Erano simili in molte cose. Lightning rivedeva nel ragazzino
la sé
stessa del passato, ma aveva trovato in lui un riscatto. Hope era la
sua
redenzione, l’aveva capito non troppo tempo prima eppure
adesso era una delle
poche certezze che aveva.
E fu quando decisero di ripartire che il cielo volle fare
loro un piccolo regalo.
Improvvisamente Hope sentì freddo sulla guancia,
alzò lo
sguardo e vide i piccoli fiocchi di neve scendere giù,
leggeri e sinuosi, fino
al terreno sciogliendosi poi in gocce d’acqua. Non aveva mai
visto la neve e
restò incantato col naso all’insù, un
sorriso simile a quello di un bambino, le
labbra leggermente dischiuse dalle quali usciva leggera della condensa
bianca.
La donna lo guardò sorpresa, non capendo cosa gli stesse
succedendo, finché non
comprese restando anche lei imprigionata da quella magia.
- Non avevo mai
visto la neve prima d’ora... - asserì lui senza
però abbassare lo sguardo.
Lei lo imitò, sorridendo al pensiero di quanto fosse ironico
il destino in certe occasioni. - Nemmeno io... -
Restarono così, immobili a fissare il cielo, per un lungo
lasso di tempo. Quando si decisero a tornare con lo sguardo sulla
terra, la
videro completamente imbiancata. Lightning alzò un
sopracciglio. Le cose erano
due: o erano lì da almeno un’ora, o la neve
scendeva davvero troppo in fretta.
Non c’era vento per cui i fiocchi scendevano lenti, uno sopra
l’altro, sempre
allo stesso ritmo accumulandosi sul terreno fino a ricoprirlo del tutto.
- Sarà
meglio che
troviamo un riparo, o congeleremo.-
Hope la guardò concordando con le sue parole, eppure era
recidivo a lasciare quel viale così splendidamente candido.
Si voltò
controvoglia seguendola, mentre s’incamminava lungo la strada
alberata alla
ricerca di un posto nel quale ripararsi. Poco più avanti il
viale si divideva
per via di un fiume, ormai ridotto solo a un rivolo d’acqua
fredda,
attraversandolo con un piccolo e malfermo ponte di legno. Decisero non
di
attraversarlo ma di passarci sotto, riparandosi così dalla
neve e dal vento. Si
sedettero in attesa che la tormenta si acquietasse un po’,
con le spalle al
muro, i corpi vicini a cercare inconsciamente calore. Hope
appoggiò piano la
testa sulla spalla della donna, aspettandosi quasi un lamento seccato
che lo
costringesse a spostarsi. Invece lei non disse nulla, contrariamente ad
ogni
aspettativa chiuse gli occhi e accostò il viso sui capelli
argentei del
ragazzino e nel silenzio di un breve momento di dolcezza, si
assopì. Hope
poteva sentire i capelli rosei pungergli sul viso, il profumo che lei
stessa
emanava. Un odore di erba bagnata e di pioggia, dolce e forte al tempo
stesso,
così com’era lei. Chiuse gli occhi anche lui, come
a cercare di godere più a
fondo di quelle sensazioni di piacevole familiarità. Quel
gesto era così
intimo, così naturale, che persino per lui non era
così sorprendente, ma se
avesse vissuto quella scena nemmeno un anno prima non ci avrebbe mai
creduto.
Così entrambi sprofondarono nel silenzio più
quieto che
potesse esistere nel bel mezzo di una tormenta. Lightning preda di un
sonno
senza sogni, le labbra leggermente arricciate e dischiuse, il sospiro
leggero,
l’espressione di chi non ha pensieri. Hope immerso nei suoi
pensieri di
adolescente, indeciso sul suo futuro, insicuro su sé stesso,
ma con i sensi ben
attenti come lei gli aveva insegnato. Non gli sfuggì infatti
uno scricchiolio
improvviso, quasi impercettibile, che ruppe il silenzio di quel
pomeriggio. Hope
non si mosse e restò immobile in attesa di qualcosa.
Isolò la mente,
concentrandosi unicamente sui rumori della foresta,
allontanò dai pensieri la
sensazione dei capelli di Lightning, il suo respiro, il suo calore.
Esistevano
solo Hope e quello strano presentimento che lo attanagliava,
spaventandolo.
Stick.
Fu un attimo. Hope ebbe appena il tempo di afferrare la
donna per un braccio e trascinarla lontano mentre questa si svegliava
di
soprassalto atterrando col viso sulla neve fredda. Lightning si
alzò in fretta
e, senza nemmeno il tempo di voltarsi, estrasse la Gladius pronta a
qualsiasi
combattimento. Quando però alzò gli occhi azzurri
incontrando quelli verdi del
ragazzino, non capì immediatamente cosa stesse accadendo
fino a che il suo
sguardo non cadde sulla neve dalla quale si era appena rialzata. Rosso. Era l’unico colore che
riuscisse
a distinguere.
Sotto i suoi piedi la neve si era tinta d’un rosso scarlatto.
Il rosso del suo sangue.
Lightning alzò nuovamente le iridi color cielo. Doveva
vedere i suoi occhi verdi ancora,
lo
voleva. E li vide, spalancati, fissi su di lei.
Spenti.
Non riuscì nemmeno a pronunciare il suo nome prima che lo
sguardo scendesse verso il torace dilaniato dagli artigli di un mostro
di
Pulse. Questo restò immobile a guardarla, come se potesse
conoscere il dolore
che le aveva appena inferto, come se godesse compiacendosi per questo.
Mai,
nella sua vita, Lightning era stata talmente ingenua da abbassare la
guardia.
Mai nessuno era riuscito a distrarla un solo istante. Mai aveva provato
una
rabbia simile a quella che la consumava adesso, velocemente.
Il mostro, pronto alla battaglia, si decise a lasciare la
presa sul ragazzino esanime, scaraventandolo a terra, il viso immerso
nella
neve candida. La donna restò immobile mentre la creatura le
si avvicinava
minacciosa. Restò ancora più immobile quando
questa alzò gli artigli pronta a
dilaniarla come aveva già fatto con Hope.
Hope...
Lightning alzò la Gladius e colpì il mostro senza
che questo
potesse avere il tempo di reagire. Lo colpì una, due, tre
volte. Ancora e
ancora, sempre più forte, sempre più veloce. La
violenza con cui la lama
dilaniava la carne della creatura era quasi piacevole per lei,
avvertiva il
sangue correre giù lungo la Gladius, sul suo viso, macchiare
i suoi vestiti. Non
si era mai sentita così completamente estranea
a sé stessa. Era come se potesse vedersi da
un’altra angolazione, come se
quella donna senza pietà non fosse lei.
Per Light in quel momento esisteva solo una cosa: quella
dannata neve rossa. Sembrava che
volesse
tingerla ancora di più, trasformando il colore, che via a
via si faceva sempre
più scuro con il sangue della creatura. Si rese conto che
oramai il mostro non
avrebbe più potuto fare niente, che non si sarebbe mai
più mosso, eppure non si
fermò.
Non si sarebbe
fermata se, lentamente, le energie non avessero iniziato a diminuirle.
Lightning si accasciò al suolo senza nemmeno avvertire il
freddo della neve sulle sue ginocchia. Non riusciva a respirare, le
pareva
quasi che le fossero state strappate via sia le gambe che le braccia.
Per
qualche istante i suoi occhi non videro che
l’oscurità e credette per un
istante che fosse arrivata la sua ora, questa volta. Invece, la vista
le tornò
qualche secondo dopo, lasciandola alla vista della sua arma abbandonata
sotto
di lei. La lama immersa per metà nella neve mentre
l’elsa era ormai resa
irriconoscibile per colpa del sangue che la ricopriva.
Per qualche momento è lei stessa a non ricordare
l’accaduto
di qualche minuto prima - o forse di qualche ora - poi, alzando lo
sguardo, gli
occhi le si posano su ciò che ha fatto. E lentamente, anche
le immagini del
massacro appena compiuto le tornarono alla mente.
Distolse veloce lo sguardo da ciò che restava di
quell’essere, come se, agendo così, potesse
cancellare l’orrenda verità. Era
davvero stata capace di compiere una tale oscenità? Era
davvero lei quella
furia scatenata?
Lentamente, e con molta fatica, riuscì a voltarsi da quella
scena. Ma alle sue spalle, giaceva a terra, l’altra
metà di ciò che aveva
compiuto. Stava sdraiato accanto al ponte dove solo poco tempo prima
avevano
riposato tranquilli, il viso nascosto e quasi ormai sepolto dalla neve.
Dietro
di lui, si stendeva ancora quel viale così bello, ma anche
così dannato per
lei.
In qualche modo riuscì a trascinarsi fino a lui, strisciando
e lasciando dietro di sé un’unica, lunga orma
sulla neve. Lo raggiunse
chiamandolo ripetutamente per nome. Per quel nome che lui aveva tanto
odiato,
ma a cui lei aveva dato un significato. L’unica risposta che
ottenne fu il silenzio.
Riuscì a voltarlo e a togliergli il ghiaccio dal viso, le
iridi verdi erano aperte non c’era più alcuna
traccia della luce che brillava
in esse solo poche ore prima.
Lightning chiuse gli occhi.
Senza esitazione e silenziosa come una piuma, una lacrima
scivolò sulla sua guancia.
Non piangeva Lightning, non avrebbe pianto mai.
Appoggiò la fronte a quella del ragazzino,
l’avvertì fredda
mentre si domandava come poteva essere stata così ingenua.
Non si preoccupò del
freddo, della fame, della stanchezza. Restò solo
così, immobile, sotto la neve,
per ore...
Hope, non esisteva più.
Note: E' tantissimo
che non pubblico qualcosa, mi dispiace davvero tanto. La mia saluta non
è migliorata affatto, e infatti quello che sto pubblicando
è l'ultimo capitolo di questa raccolta, ma l'avevo
già pronto da mesi, poichè ha partecipato a un
contest. Mi spiace ma non ricordo nemmeno più come si
chiamava e quando c'è stato...
Tra l'altro torno con una storia che non mi piace, che volevo
riscrivere, ma che appunto per colpa della mia saluta non sono
riuscita, così ho preferito pubblicarla così
com'era.
Insomma, è orrenda lo so, ma spero non vi siate schifati
troppo.
Concludo questa raccolta, ma ne ho pronta già un'altra,
anche se solo per metà... quindi vi assillerò
ancora con questa coppia ^^
Sperando
che la mia salute migliori e mi permetta di scrivere ancora, ringrazio
tutti voi che avete letto/recensito/insultato/aggiunto fra i preferiti
questa raccolta.
A
presto, spero!
Selhin
<3
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