Se sei un
personaggio di Myst, alla socialità hai rinunciato in culla.
Nel
1832 Yeesha non sapeva che sarebbe stata immortalata in Revelation ed
End of Ages, ma di fatto così è andata e
l'assioma regge. Trufax.
Nel 1832 comunque, dicevamo, la vispa figliuola se ne va di casa,
ricercando il suo destino nelle profondità di D'ni...
Tomahna è
situata in un luogo ignoto entro 300 miglia dalla Cleft, dicono i
soliti bene informati, quindi il tragitto a piedi dura un pochetto. E
pochi anni prima le prime carovane inauguravano l'Old Spanish Trail
che collega la California a Santa Fe attraversando buona parte del
New Mexico...
Ringrazio Harriet
per avermi fatto conoscere la musica di Thea Gilmore e per continuare
a promptare cose squisitamente D'ni. Mi scusi per quel
“(but)”
finale nel prompt ma, come dicevo, se sei un personaggio di Myst...
XD
I giorni del saluto al cielo
I'm looking for
an old
soul, where am I gonna go?
I'm looking for an old
soul, does anybody know?
It's gotta be flesh and
bone, the sweetest idea of home
(but) it's gotta be an
old soul
(Thea Gilmore, Old Soul)
Yeesha saltò a sedere sull'asse che
chiudeva il fondo del carro. Puntò un piede per non cadere
mentre
sistemava la sopraveste color muschio e restò appollaiata
sulla sua
panca improvvisata. Qualche spanna sotto i suoi piedi, la vecchia
mulattiera scorreva polverosa; i discorsi della carovana le
arrivavano a scoppio, come caricati dal movimento delle grandi ruote
ai suoi fianchi. Yeesha si chinò all'indietro e
frugò nella sua
sacca buttata nell'angolo del carro. Tempo di colazione.
Accarezzò la rilegatura del Libro che
l'avrebbe sempre riportata al punto di partenza, fra le braccia di
suo padre e di sua madre. Lo spago con cui l'aveva legato dopo averli
salutati era ancora stretto in un nodo: non sarebbe tornata indietro.
Prese il fagotto delle provviste e restò in profonda
considerazione
delle possibilità di farcitura di due fette di pane.
Un capino biondo sbucò dall'ombra alle
sue spalle. Yeesha salutò la nuova arrivata con un cenno del
capo,
invitandola ad accomodarsi al suo fianco.
Ripresero il gioco del giorno prima:
l'una ricopiava una nuvola su una pagina di un taccuino vuoto di
Yeesha, l'altra vi tracciava sopra una forma di animale o oggetto che
entrambe potessero riconoscere. Così almeno sperava Yeesha,
cercando
riscontro nello sguardo dell'amica a ogni passaggio di foglio dopo
l'imbarazzo di aver riprodotto al suo meglio la sagoma di un wahrk.
Nemmeno la sua colazione era del tutto di questo mondo, ma ritenne il
suo ripieno abbastanza simile a un pomodoro da non destare sospetti e
ne offrì un trancio.
“Thank you, Anna.”
“Chev
shem, Thea.”
“Anna...”, disse l'altra. Due
giorni prima, nell'unirsi al gruppo in viaggio dalla California,
Yeesha si era presentata con un sorriso disarmante e uno
“Shorahtee”,
certa di non venir capita e di poter scansare domande inopportune.
Almeno al nome, però, aveva dovuto mettere una pezza. Ci si
sarebbe
dovuta abituare. “Italy?”, azzardò Thea
dopo aver riflettuto
sulla sonorità del nome. Yeesha rise e scosse il capo.
Tentò qualche altro nome – città,
Paesi, regioni in un tutt'uno di ipotesi geografiche – e la
conversazione scivolò nel silenzio assieme alle ultime
briciole di
pane.
La strada, i sobbalzi del carro, la
vernice screpolata sotto le sue dita e poi il sorriso complice di
Thea, la sua sottogonna increspata che le apriva la veste come un
fiore quando era seduta: poteva sembrare eterno, se si concentrava. E
Yeesha guardava la linea di polvere che si allungava col proseguire
della carovana, seguiva con lo sguardo ogni sentiero non preso fino a
confonderlo fra le rocce, immaginava di imboccarli tutti e di trovare
in fondo a ognuno una risposta diversa alla pietra vecchia che la
chiamava.
“You know”, disse Thea lisciandosi
la frangia. “No, no you don't. You don't understand a word,
right
sweetie? But...”
Yeesha però capiva. Si voltò a
guardarla con un sorriso neutro, senza tradirsi, ma seguì
ogni
parola di quella confessione aperta che strascicava ogni sillaba in
un modo che le ricordava il verso dei Grici dell'Era di Thiem.
Scoprì
di essere invidiata. Si sentì descrivere in tutta la
bizzarria di
straniera apparsa per strada, lontana da ogni centro abitato, senza
un gruppo né una mappa né l'ombra di una
preoccupazione per essere
sola in mezzo al deserto. Una straniera che sotto il vestito portava
i pantaloni come un uomo, libera come un uomo di viaggiare e perdersi
fra le sue nuvole e i suoi diari mentre Thea era legata al commercio
di cavalli del padre e al fratellino che un giorno ne avrebbe
ereditato il mestiere.
“Perché non ti vedi con i miei
occhi”, avrebbe voluto risponderle. “Sei concreta e
sei certa e
sei tutta giovane, non solo sulla pelle e sotto c'è pietra.
E quando
guardi il tuo mondo lo vedi davvero.”
Mentre Thea parlava, abbozzò due
figure che si tenevano per mano. Sopra la testa dell'una
disegnò una
casa, ma esitò ad aggiungere all'altra l'uccellino del
deserto che
aveva preso a totem fin dall'infanzia. Thea aveva costruito delle
fondamenta, incrollabile nella sua dolcezza. Yeesha era ancora il
vuoto. Aveva creduto di correre avanti salda sulla terra secca da
quando si era messa in viaggio, ma era andata tanto verso la sua
chiamata quanto contro di essa, con ogni pensiero che la teneva
legata alla superficie, tanto in conflitto con ogni nuova strada
intrapresa. Si era sparpagliata con la polvere e restava ferma alla
deriva mentre il mondo girava su se stesso, attorno al suo sole, si
espandeva lungo il braccio della sua galassia. Yeesha taceva e
scopriva che il suo tempo era parallelo a quello della superficie, ma
non vi coincideva; che il suo ritmo era il battito ciclico della
roccia che si erge e crolla sotto il proprio peso. Un destino
pesante, come l'aveva chiamato, che spingeva a terra ogni suo
frammento e le avrebbe permesso di ricomporsi solo negli spazi densi
di D'ni. Thea e la sua gente non potevano essere casa: il suo punto
fermo era antico come le profezie che l'avevano guidata sulla via,
come la radice dei suoi pensieri. Se chiudeva gli occhi, poteva
ancora vedere le rovine della Città dalle fugaci memorie
d'infanzia
e poteva ancora sentire la voce di quel luogo, che sovrastava quella
del deserto. Era profonda, triste, vecchia, per nulla dolce, fredda,
parecchio morta, difficile e oscura, ma la chiamava. E Yeesha che
dentro di sé era già tutte quelle cose rimaneva
in attesa. Era
nella pietra, non fra quei discorsi che dopo poco le riempivano le
orecchie, non fra le donne con i bambini appresso. Osservandoli da
lontano poteva vederne la grazia e commuoversi fino alle lacrime per
quelle vite; appena si avvicinava di un passo, restava
immancabilmente sola.
Si stava scaldando al sole, stava
inspirando il cielo, ma la sua strada era una e si snodava
nell'ombra. L'indomani avrebbe salutato la carovana e avrebbe
proseguito con i suoi piedi, lungo i suoi silenzi.
Prese il taccuino e disegnò un
trapezio slanciato sormontato da un semicerchio. Lo traforò
con un
rettangolo stretto e lo rischiarò con i fasci di luce di sei
fari.
Lo poggiò su una linea d'acqua buia sotto un cielo nero.
“What is that?”
“Tomahn.”
Casa.
“It's beautiful.”
Note:
@ Yeesha se la fa a piedi da casa al
vulcano: così sembrano implicare i Bahroglifi. Lungi da me
contraddire un Bahro(glifo)! Con due link avrebbe sicuramente fatto
prima, ma non mi stupisce che abbia sentito quel viaggio come un
percorso iniziatico e l'abbia fatto tutto in lungo
@ carovana: l'Old Spanish Trail che
citavo all'inizio era percorso, mi dice l'internet, da un sacco di
migranti in direzione della California. In direzione opposta
però
viaggiavano sicuramente dei mercanti di cavalli.
@ vestito di Yeesha: inventato, mi sono
immaginata un po' un colour swap del vestito di Catherine che si
trova nella biblioteca di Myst Island. In teoria a quell'epoca non
doveva essere né tinta né tatuata, ma
chissà. Restano teorie.
@ “Anna” come nome finto: Yeesha mi
sembra sufficientemente ossessionata dalla figura della sua bisnonna
da adottarne il nome per girare in incognito. Peraltro è un
nome
diffuso che può veramente venire da qualunque parte d'Europa.
@ disegno alla fine: beh.
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