La_fuga_di_ron.html
La fuga di Ron
Non c'erano scuse. Harry non ne
aveva. Si stava sbagliando eppure Ron era pienamente consapevole che
quello stramaledetto Horcrux faceva più effetto su lui che su
Harry ed Hermione. Già, Hermione. L'aveva lasciata lì.
Lei aveva scelto di restare con Harry. Certo, chi avrebbe scelto di
andare con lui? Chi avrebbe preferito lui al Prescelto? Chi? Non
Hermione, poco ma sicuro. La rabbia che cercava di contenere era tanta,
quasi un fuoco che gli bruciava in petto. Dei maghi passarono di fianco
a lui, allontanandosi un po' con lo sguardo torvo, quasi come qualcosa
di pericoloso da cui stare alla larga. Anche loro avevano qualcosa in
contrario? Anche loro volevano prendere le difese di Harry? Anche loro
volevano ridere di lui, come stavano sicuramente facendo già i
suoi "amici"? Forse, ma per il momento era il suo dirignare i denti e
il suo fulminare chiunque gli capitasse a tiro con lo sguardo.
Era
solo e l'unico posto che gli era venuto in mente per andarsene di
lì era la "Testa di Porco". Si era Materializzato direttamente
lì. Sapeva che il barista della locanda non diceva nulla
perchè lo aveva già visto fare ad altri.
<< 'Sera >> annunciò andandosi a sedere << vorrei una Burrobirra, per favore >>.
I
nervi ancora tesi, le gambe gli tremavano, il petto gonfio di rabbia,
la testa affollata di tanti pensieri. Aveva davvero bisogno di bere per
cercare di farsi passare il tutto.
La bevanda arrivò subito. Ne tracannò buona metà e si asciugà le labbra col dorso della mano.
Un
po' di persone lo guardavano, lo infastidivano. Lui non era un cliente
abituale e l'angolo tetro e privo di alcunchè alle pareti, che
rendeva l'ambiente ancora più freddo, lo faceva sentire
estremamente fuori luogo. Si sedette esattamente dove si erano seduti
due anni prima, vicino al camino, dove avevano dato vita all'Esercito
di Silente. Li ricordava tutti. C'erano Ginny, Luna, Neville, Ernie,
Fred e George, Cho...c'erano tante persone con lui, con Harry ed
Hermione, ma nessuno in quel momento.
Si
rese conto di aver fatto una stupidaggine, si rese conto che non c'era
altro posto in cui avrebbe voluto essere se non la tenda di
Perkins, dove aveva vissuto gli ultimi mesi insieme ai suoi migliori
amici.
<<
Hey tu! >> degli uomini gli urlarono contro, Ron fece finta di
nulla e bevve un altro sorso della sua Burrobirra.
Si, aveva finalmente realizzato quanto era stato stupido, non avrebbe dovuto, ma soprattutto non avrebbe voluto
abbandonare Harry e Hermione. Quanto era stato stupido a lasciarli, ad
andarsene. Si, era vero, quelle cose le aveva pensate. Aveva pensato
che Harry forse aveva qualche idea in più, che sapesse
esattamente cosa fare, che avesse un piano. Ma se così fosse
stato, perchè non avrebbe dovuto dirglielo? Era stato
così stupido a dubitare di lui. No, Harry non l'avrebbe mai fatto.
<< Sei sordo, Rosso? >> chiese impaziente un uomo, con dietro la sua "banda" che ridacchiava .
Gli
abiti insudiciati, gli occhi infossati, i capelli lungi legati da un
elastico sembravano quasi il nido di un uccello, gli stivali di cuoio
consunti erano macchiati in più punti e in altri erano
stracciati, come se un lupo li avesse squarciati con gli artigli.
Gli uomini dietro di lui non erano poi tanto diversi. Ron li riconobbe come Ghermidori.
<< Dici a me? >> chiese Ron con aria da finto tonto.
<<
E chi se no, mezzo scemo! >> Di sicuro il Ghermidore si sentiva
sicuro e protetto dagli schiamazzi e la confusione che facevano gli
uomini dietro di lui.
<< Come ti chiami?! >> chiese lui, col meno alto, avvicinandosi a Ron.
<<
Stan Picchetto >> rispose Ron prontamente. Non sapeva
perchè lo aveva detto, ma almeno conosceva qualcosa di lui.
<< Stan Picchetto, eh? Non so, mi pare che Stan non avesse i capelli rossi >>.
Ron
si voltò e il barista lo guardò torvo. Insomma, non era
di suo gradimento avere una banda di Ghermidori nella sua locanda, e
questo era un fatto.
L'uomo
si voltò e Ron vide i Ghermidori parlare tra loro. Non
sembravano convinti che lui fosse Stan Picchetto, eppure c'erano altri
che sostenevano di averlo visto, e che era proprio davanti a loro.
Dovevano
stare attenti a chi catturavano. Se il ragazzo era esattamente chi
diceva di essere e lo catturavano, avrebbero passato qualche guaio. In
fondo Stan Picchetto era un Mangiamorte.
Quanto possono essere stupide le persone? Si chiese Ron. Era possibile che chi sosteneva di aver avuto a che fare con Stan fosse così cieco e confuso?!
Uno
di loro lo fece alzare facendo rovesciare la sedia sulla quale era
seduto, lo trattenne mentre un'altro gli prese con forza la bacchetta
che aveva in mano.
<< Guardatelo bene, non possiamo finire nei guai! >> sentenziò questo.
Mentre
gli altri quattro iniziavano a discutere le voci si fecero sempre
più insistenti e le urla sempre più fitte. I Ghermidori
iniziarono a litigare fra di loro con sempre più cattiveria e
ferocia.
<< Bartoch, non lasciare il Rosso, capito? >> urlò uno di loro all'uomo che lo tratteneva.
Due
di loro iniziaro ad azzuffarsi e così Ron vide legata a quella
zuffa, la sua unica ancora di salvezza. Doveva decisamente
approfittarne.
Diede un pugno nello stomaco al mago che lo teneva fermo e gli strappò la bacchetta di mano.
<< Pietrificus Totalus!
>> spedì l'incantesimo dritto al petto del Ghermidore e si
voltò a Disarmare quello che aveva la sua bacchetta : << Expelliarmus! >>
Non ci riflettè nemmeno due volte e si Smaterializzò.
Il
fiume freddo, l'aria gelida rendeva il suo fiato corto puro fumo. I
suoi amici avevano già deciso che era il momento di levare le
tende. Era ancora solo. L'unica cosa che poteva fare era quella di
Smaterializzarsi da un'altra parte, un posto dove trovare riparo.
Si Materializò in Huntington Valley, un posto in cui andava spesso coi genitori in primavera.
I
suoi genitori. Ginny, Fred, George. Ma che aveva fatto? Il suo solo
pensiero di perdere i suoi ari l'aveva accecato da ciò che la
stessa cosa poteva suscitare in Harry. La sua famiglia era diventata
ormai anche quella di Harry. Era per questo che ogni anno se lo
ritrovava in casa. Era per questo motivo che ogni anno prima di partire
per Hogwards, Harry riempiva la casa (più di quanto già
non fosse) con i suoi bauli, con la sua gabbia di Edvige.
Harry faceva parte della famiglia. Harry era parte della famiglia.
Decise
di passare le notti che precedevano Natale in una locanda. Tornare a
casa sarebbe stato fin troppo rischioso. Entrò in una locanda a
caso, pagò il locandiere e non appena gli fu data la chiave, si
recò in camera. Era sfinito, voleva tornare dai suoi amici,
dormire sul lettino al quale si era tanto abituato negli ultimi mesi
nella tenda che Hermione, la sua Hermione, aveva nascosto sapientemente
nella sua borsetta a perline.
Lo
spettacolo che gli si presentò era esattamente diverso. Un letto
a baldacchino, con le tende sudice e logore, si trovava vicino
all'unica finestrella della camera. Una cassettiera alta di mogano
intarsiata si trovava esattamente sotto uno specchio vecchio e
macchiato. Una sedia, probabilmente rosicchiata dai Doxy, giaceva in un
angolo buio. Accanto al letto, una porticina che Ron identificò
come il bagno.
Le
tende, che una volta dovevano essere bianche, erano ingiallite, troppo
corte e stracciate in punti sparsi, ma si intonavano perfettamente col
parato al muro di un verde pastello.
Gettò
lo zaino a terra e si stese sul letto, sfinito, le membra stanche. Non
ne poteva più di stare lontano dai suoi amici. Loro erano...loro
erano un trio! E lui amava terribilmente Hermione. Forse in cuor suo
l'aveva sempre saputo ma era troppo occupato da altri pensieri per
accorgersene, e Lavanda Brown di sicuro non gliene aveva dato il tempo.
Al pensiero di Lavanda, Ron gemette. Era stata insopportabile!
Passò
alcuni giorni così, da solo, sul letto o a percorrere tutto il
perimetro della camera senza scendere, tranne per mangiare. Fino alla
sera di Natale. Era terribilmente solo.
Si
mise a sedere sul letto e afferrò il Deluminatore che Silente
gli aveva lasciato. Quanto poteva essere utile accendere e spegnere le
luci? Per distogliersi da quei pensieri, accese la radio. Aveva trovato
finalmente una frequenza divertente e che diceva le cose come stavano.
"Radio Potter".
<< Fenice >> sussurrò alla radio.
La
voce di Lee Jordan risuonò in tutta la camera, ma qualcosa,
un'altra voce la sovrastò. Non arivava dalla radio, non arrivava
da sotto e sicuramente, nessuno avrebbe potuto chiamarlo lì.
«
Harry, non credo. Ri-cordi... ricordi Ron? Quando ha rotto la sua,
cadendo con l'auto? Non è più stata la stessa, ha dovuto
procurarsene una nuova ».
Era la voce di Hermione! Senza alcun dubbio. Per un attimo
vacillò, il suono della voce di lei era come se qualcuno gli
avesse dato una padellata in testa. Si sentì stordito. Il suo
cuore mancò un colpo, e quando riprese a battere, sembrava un
treno in corsa. Veloce, potente, pulsava contro il torace.
Com'era possibile che sentisse la sua voce?!
Tutto intorno a lui tacque, non esisteva più nulla che potesse distrarlo dalla sua voce.
Cercò
la fonte di ciò che aveva sentito e la trovò nel
Deluminatore. Lo fece scattare e le luci si spensero.
<<
Ovviamente...>> disse ad alta voce tra sé e sé. Non
finì neppure di dirlo che una luce uscì dal Deluminatore
fluttuando fuori dalla finestra.
Cosa stava succedendo? Stava sognando? Se lo stava immaginando?
Una luce azzurina fuori la finestra iniziò a pulsare e a Ron parve quasi che la sfera di luce lo stesse chiamando.
Si vestì, prese le sue cose ed uscì. Scese le scale, e seguì la luce dietro un capanno.
Aveva
il timore di toccarla eppure la voglia era così forte. Non
sapeva perchè, non aveva idea del perchè si stesse
fidando di quella sfera azzurra. Quela sfera ched dopo un attimo
annullò ogni pensiero. Galleggiò verso di lui,
entrò nel suo petto. Era bollente. Era come un'esplosione,
sentiva il suo cuore colmo d'amore per Hermione, ricolmo di senso di
colpa per aver abbandonato il suo migliore amico. Stranamente sapeva
dove doveva andare, come se la pallina di luce ce lo avesse portato.
Doveva solo Materializzarsi. E così fece.
Si
ritrovò su una gelida collina, ricoperta di neve. Neve
dappertutto. Ogni orizzonte visibile era bianco e in più punti
si confondeva, diventando tutt'uno, il cielo bianco e la neve.
Chiamò
varie volte i nomi dei suoi amici. Nulla. L'angoscia che si
impadronì di lui era tale che quasi perse le speranze, e
così si addormentò in un sacco a pelo aspettando che
uscissero fuori. Se la luce l'aveva portato lì, un motivo doveva
pur esserci. Ma forse si era sbagliato.
Così la notte passò e decise che l'unica cosa giusta era fidarsi di nuovo della sfera.
<< Forse questa è la volta buona >> si disse.
E si Smaterializzò di nuovo, guidato dalla pallina bollente nel suo petto.
Sbucò
in una foresta, ancora innevata. Ogni albero traboccava di neve, era
difficile individuare eventuali solchi di terra perciò decise
che era meglio stare là ad aspettare. Si sedette sulla neve
gelida, appoggiando la schiena ad un albero. Il fatto che credeva fosse
così vicino ai suoi amici, non gli faceva avvertire il freddo.
Era colmo di ongi pensiero positivo, sapeva che presto o tardi li
avrebbe incontrati di nuovo, sapeva che era così.
E il
suo istinto non lo deluse. La notte calò rendendo tutto tetro e
decisamente più freddo. Alzò la testa al cielo e scorse
la luna. Quasi si era immaginato di vedere i volti di Hermione ed
Harry. Scosse la testa. D'improvviso vide una luce argentea fluttuare,
si alzò per andarle incontro e notò che non era una
semplice sfera di luce, ma una cerva.
Che fosse Harry? Senza pensarci due volte la seguì, fino a
scorgerela figura di Harry, che si tuffava nel lago ghiacciato non
appena la cerva argentea sparì. Tenne lo sguardo fermo per un
istante fino a rendersi conto che doveva aiutarlo, e subito anche.
Corse al buco nel ghiaccio che harry aveva fatto con la bacchetta e si
tuffò. L'acqua era gelida. Dovette lottare contro il suo corpo
che desiderava salire, era come se spade dalle gelide lame
trapassassero il suo corpo in ogni punto. Con gli occhi tenuti
faticosamente aperti, prese la spada e tirò Harry per un
braccio. Lo distese sul ghiaccio freddo mentre si riprendeva. Il suo
cuore batteva come non mai. Finalmente era con Harry, e presto avrebbe
visto Hermione. Nelle mani aveva il Medaglione-Horcrux e la Spada di
Grifondoro. Tremava, era travolto dai brividi di freddo.Gli si era
ghiacciato tutto. Gola, cervello, mani, braccia gambe. Qualsiasi cosa.
Col dorso del polso avvolto dalla maglia fracida si scansò i
capelli bagnati dalla fronte e con la voce affannata parlò:
<< Ma..sei..scemo? >>
Non
poteva più mentire a se stesso. Non c'erano parole per esprimere
la sua felicità e quello fu tutto ciò che riuscì a
dire mentre guardava il suo migliore amico rivestirsi. Li aveva trovati.
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