Capitolo 10
Ehm…salve
gente! Ok lo so, a questo punto merito la fustigazione. Vi ho abbandonate per
tre mesi e più, percui sono imperdonabile e ogni mia scusa sarà vana, giusto?
In tutti i casi ci provo e vi chiedo umilmente perdono per la mia assenza. Per
questo capitolo dovete ringraziare Stellina, che mi ha contattata per avere
notizie su questa mia storia che sembra io abbia dimenticato, e allora presa
dai sensi di colpa per non aver trovato un briciolo di tempo in queste vacanze
in cui scrivere mi sono subito messa all’opera, creando questa dose massiccia
di… anzi no, non vi dico niente altrimenti vi rivelerei troppe cose, penso solo
che sia un buon modo per scusarsi=)
Scusatemi
ancora per il mio immenso ritardo, sono mortificata
Buona
lettura!
CAPITOLO
10
A
voler essere completamente sinceri, cominciavo seriamente a preoccuparmi. Elena
mi impediva di uscire di casa, placando ogni mia obbiezione con la banale e
ormai scontata scusa “hai rischiato di morire meno di una settimana fa,
scordati di mettere piede fuori dalla porta fino a che non sarai completamente
guarita”, il che mi rendeva nervosa come solo un animale in gabbia può esserlo,
Stefan continuava a passare le sue giornate vacillando tra il rintanarsi nello
studio per quelle che definiva ricerche complesse, allo stare fuori casa mezza
giornata a scopi a me ignoti, ed infine Damon non lo si vedeva quasi mai, se
non in rari momenti nei quali si rinchiudeva con Stefan in quello che sembrava
diventato il loro confessionale, a discutere ininterrottamente su quelli che
speravo vivamente fossero dei sani e grossi sviluppi.
Per
farla breve, temevo di non poter mai più uscire da quel circolo vizioso
popolato da una noia pesante quanto un macigno, e da una palpabile
preoccupazione che velava l’aria dal giorno dell’attacco. Le mie ore
trascorrevano così lente da sembrare infinite, ore che cercavo di impiegare al
meglio spodestando Elena dalla cucina e
impossessandomi dei fornelli non solo per riprodurre i complicati piatti dei
libri culinari che trovavo in giro, ma arrivando addirittura alla creazione di
mie personali ricette che facevo assaggiare ad una diffidente bionda, la quale
si lamentava di prendere troppi chili con questo mio nuovo passatempo. Questo
mio continuo lavoro però mi stancava parecchio, soprattutto perché il mio
fisico ancora risentiva delle fitte provocate dalla ferita dopo svariate ore
passate in piedi a smuovermi da una parte all’altra della cucina, girando il
contenuto di grossi pentoloni e impastando con movimenti secchi e decisi le
sfoglie che inevitabilmente mi occorrevano. Di conseguenza la sera mi infilavo
a letto prestissimo, stravolta e dolorante, sperando che la mia prigionia
finisse al più presto e che le ricerche su Pierre portassero a qualcosa di
utile e decisivo.
Fu
proprio in quella che era diventata la mia seconda stanza che un inaspettato
ospite mi trovò, intenta a mescolare una crema al cioccolato aromatizzata col
brandy.
-Hai
intenzione di trasformare casa mia in una pasticceria streghetta?-
La
mia prima, automatica reazione fu quella di rispondergli male, ma vedendo il
sorriso dalle sembianze pacifiche che gli illuminava il volto e constatando che
effettivamente quella che aveva fatto era solamente un innocua battuta priva di
cattiveria, optai per una frase altrettanto leggera, sorridendo appena e forse
per la prima volta con autentica sincerità ad un Damon che da un po’ di tempo a
quella parte mi stupiva sempre più.
-Difficile
fare altro, imprigionata come sono in questa gabbia d’oro- indicai con un cenno
del capo la stanza, continuando a mescolare il contenuto della ciotola di
plastica che tenevo ben salda in mano ed evitando accuratamente lo sguardo del
vampiro.
Mi
aspettavo da un momento all’altro il ritorno del freddo Damon, quello che non mi
guardava minimamente e che mi ignorava come fossi stata trasparente, lo sapevo
che c’era ancora, ne ero certa tanto quanto ero certa che non bastassero due o
tre episodi nei quali quel suo nuovo lato era comparso misteriosamente per
cancellare tutto il resto.
-Lo
fanno per il tuo bene, sono preoccupati streghetta, cerca di capirli-
Stupita
per quello che sembrava il primo discorso serio avuto assieme a lui in tutta la
mia vita, appoggiai la ciotola sul tavolo, mi pulii le mani nel grembiule
bianco e rosso e alzai la testa verso quel volto perfetto che da tempo avevo
imparato a conoscere in ogni sfaccettatura e in ogni raffinato dettaglio,
incrociando così il suo sguardo sereno ma allo stesso tempo serio.
-Ma
perché loro non cercano di capire me? Ho rischiato la vita, d’accordo, e a
quanto pare un vampiro pazzo sembra intenzionato a darmi la caccia fin quando
non mi avrà presa per chissà quale assurdo
e arcano motivo, ma io qui dentro impazzisco. Passo le giornate a
cucinare e mi sembro patetica da sola, quindi evita di ricordarmelo con una
delle tue solite battutine nel caso ti fosse venuto in mente, il fatto che mi è
stato vietato di mettere piede fuori casa è continuamente giustificato da
questa- dissi indicandomi il fianco dolorante e bendato dove la ferita lentamente
stava guarendo –E anche se sono pronta ad ammettere che a volte mi fa male,
questo non implica che io non possa mettere il naso fuori da quella stramaledetta
porta almeno qualche volta, quindi smettetela di utilizzare banali scuse e dite
come stanno le cose: non sapete che pesci prendere e l’unica cosa che potete
fare e tenermi segregata e sotto controllo ventiquattro ore su ventiquattro. Sbaglio
forse?- lo guardai con sfida, ma era una battaglia persa in partenza se l’avversario
si chiamava Damon Salvatore, per questo non mi stupii nel vederlo sorridere.
-Se
fosse per me, potresti uscire anche subito, ma Elena ha chiaramente fatto
intendere che ti vuole sotto i suoi occhi più tempo possibile. Inoltre le
nostre ricerche, anche se a rilento, procedono, e i risultati ci sono, anche se
tu non li conosci. Percui almeno per una volta, streghetta, smettila di sputare
sentenze e proteste, e ringrazia che ci sono persone come lei che cercano di
proteggerti come meglio possono-
Rimasi
spiazzata, prima di sorridere amareggiata.
-Mi
ero illusa di poter fare un discorso serio con te per una volta nella vita, ma
come posso criticare le scelte della donna che tu seguiresti in capo al mondo
ad occhi bendati? Era piuttosto ovvio che tu accettassi le sue idee, visto e considerato
che non ti importa a chi o cosa sono dirette, né tantomeno cosa comportano, ma
ti interessa soltanto da chi provengono- scossi la testa e ripresi la ciotola
in mano, sperando che i miei occhi non mi tradissero facendo traboccare quelle
lacrime che tanto volevano colare lungo le mie guance.
Ancora
una volta mi ero illusa.
Ancora
una volta avevo ceduto ad una delle mille maschere di quel vampiro, cadendo
nella sua trappola, credendo che il centro di tutta la discussione fossi io,
non lei.
Ancora
una volta ne ero rimasta scottata.
Cadde
il silenzio ed io, che non osavo alzare gli occhi probabilmente lucidi, pensai
per un attimo di essere rimasta sola. Uno spostamento d’aria al mio fianco mi
convinse del contrario, ed una mano che si posava sulla ciotola per
strapparmela di mano e appoggiarla nuovamente sulla tavola, mi fece alzare di
scatto la testa, così che i miei occhi verdi e acquosi potessero incrociare
quelli di lui, illuminati da un bagliore che non avevo mai visto prima.
-Per
una volta, per una volta soltanto, riuscirai mai a non avere la seccante
convinzione di sapere ciò penso e di conoscere ogni ragione nascosta dietro le
parole che dico e le mosse che faccio senza neanche chiedermela?- sussurrò
suadente a bassa voce, perché la distanza tra me e lui era veramente infima,
tanto infima che arrossi di botto, un po’ per quello e un po’ per le parole
appena sentite.
-N-non
ci sperare troppo…ti conosco abbastanza bene da ritenermi in grado di farlo-
ribattei, maledicendomi per il mio inizio traballante, mentre cercavo di
scostarmi da lui con scarsi risultati: dietro di me c’era il tavolo.
-Tu
dici? Quindi mi conosci abbastanza bene da poter comprendere perfettamente anche
questo, giusto streghetta?- e con mio sommo imbarazzo, vidi la sua mano alzarsi
e posarsi delicatamente sulla mia guancia, sfiorandomi la pelle bollente con il
dorso in una lieve carezza che bastò a mandarmi in tilt il cervello.
D’accordo,
chi era questo tizio e dove era finito il vero Damon?
Probabilmente
mi aveva letto la mente, perché sorrise e senza aspettare una mia risposta,
impossibile da formulare dopo quella presa in contropiede assolutamente
insensata, continuò.
-O
questo…- e mentre il mio battito accelerava a dismisura e il respiro mi si
mozzava in gola, lui si piegò fino a che sentii il suo dolce aroma sul viso, e
prima che potessi fare niente per bloccarlo, posò le sue labbra sulla mia
fronte in un delicato bacio.
-O
questo…- e scese, continuando a fissarmi negli occhi, ad immobilizzarmi con un
solo sguardo giocando con me cose fossi una bambola nelle sue mani, fino a che
sentii di nuovo le sue labbra posarsi sulla punta del mio naso, solleticandomi
le guance e facendomi tremare da capo a piedi, mentre una colorazione ancora
più scarlatta si aggiungeva al mio giù accentuato rossore, facendolo sorridere.
-O
questo…- e dopo aver indugiato per un attimo, guardandomi intensamente come a
voler prendere la giusta decisione all’ultimo secondo, fece combaciare le sue
labbra alle mie in un lieve e tenero bacio che mi fece sciogliere il cuore.
Credetti
di poter cadere, tanto le mie gambe erano instabili, e solo l’appoggio del
tavolo, al quale mi arpionai con mani tremanti, mi tenne in piedi.
Non
capivo più niente, non lo capivo più.
Era cambiato, già da tempo era cambiato ed io non me ne ero mai accorta, troppo
accecata dalla rabbia, dalla gelosia e dal dolore per poterlo notare, era
cambiato e adesso me lo stava dimostrando, svelando tutte le sue carte,
buttando giù tutti i muri che ci avevano separati fino a quel momento.
Quando
la sua mano mi afferrò la nuca in un delicato gesto per attirarmi di più a se,
per approfondire quel bacio che mai pensavo sarebbe diventato realtà, rimanendo
soltanto un sogno scaturito dalla mia fervida e contorta immaginazione, solo
allora decisi di staccarmi, troppo scombussolata da ciò che stava accadendo per
poter continuare ad ignorare la domanda che spontaneamente mi affiorò alle
labbra nell’stante in cui i nostri sguardi, ardenti ma allo stesso tempo
interrogativi, si incontrarono.
-Perché?-
sussurrai piano, come timorosa di poter spezzare improvvisamente quello che a
me pareva soltanto un fragile sogno.
-Ne
deduco che non sei riuscita a comprendere il significato di questi gesti,
streghetta- sorrise alzando un sopracciglio, ma notando il mio sguardo inquieto
e per nulla incline alle battute, si fece serio –Perché, dici?-
Annuii
appena, aspettando che mi spiegasse finalmente tutti questi suoi cambiamenti
che nel corso degli ultimi tempi avevo notato, ma ai quali avevo dato una
spiegazione evidentemente errata.
-Non
lo so, o meglio, preferirei non saperlo- eccola, un’altra delle sue celebri
frasi enigmatiche. Aspettai che si spiegasse, ma vedendo che non era sua
intenzione farlo lo incitai.
-Non
credo di aver capito-
Sospirò.
-Se
ti dicessi che negli ultimi tempi mi sono accorto di un cambiamento, in me, e
che ho cercato in tutti i modi possibili di negarlo non solo agli altri, ma
anche a me stesso, finendo col far del male alla sola persona che una parte di
me desiderava seriamente ferire, mentre l’altra voleva semplicemente proteggere,
mi crederesti?-
Mi
fissò come se volesse cavarmi la risposta direttamente dall’anima, ed io gli
dissi ciò che veramente pensavo.
-Dipende—
Sorrise
appena, un sorriso che non contagiò i suoi occhi d’onice, scuri e profondi come
un oceano senza fondo.
-Da…?-
mi incitò.
-Da
chi ti riferisci- rimasi in silenzio, scrutando quel volto meravigliosamente
perfetto che aspettava pazientemente una mia continuazione. Sospirai e abbassai
lo sguardo –Se fosse Elena la persona in questione- sentii un sonoro sbuffo
seccato, ma continuai, per nulla scoraggiata –Se fosse lei, probabilmente non
avrei dubbi sulla verità delle tue parole, ma visto che tu…beh tu…hai baciato
me ora, presumo che ti riferissi alla sottoscritta, e allora si, che i dubbi mi
vengono- finalmente alzai lo sguardo e potei constatare quanto in effetti fosse
rimasto infastidito dal mio ragionamento.
-Sai
streghetta, pensavo fossi testarda, ma non fino a questo punto- ribattè
accigliato, facendomi scaldare un tantino.
-Beh
scusa se ho i miei dubbi, visto e considerato che per anni mi hai trattata come
se non fossi neanche degna di camminarti accanto, schernendomi in tutte le
maniere possibili o ignorandomi, neanche fossi invisibile- sibilai amara.
-In
cinquecento anni ho imparato fin troppo bene quanto le cose possano cambiare
radicalmente anche in pochi attimi- ribattè seccato –Quindi per una volta
fidati di me, e smettila di vedere ciò che i tuoi stupidi pregiudizi vogliono
farti vedere-
-Stupidi
pregiudizi? Mi hai detto le cose più spregevoli, mi hai insultata, illusa,
manovrata a tuo piacimento, e tu definisci tutto questo stupidi pregiudizi?!
Pensavo, anzi ero sicura che tu mi odiassi, per motivi a me sconosciuti per
giunta. Quando mi guardavi nei tuoi occhi vi leggevo il puro disprezzo, e
quando mi sorridevi eri così falso che nemmeno il più stolto degli uomini
avrebbe potuto crederti. Ti sei fatto beffe di me da sempre, mi hai ingannata
così tante volte che ne ho perso il conto. E anche adesso…chi me lo dice che non sia
tutto un tuo trucchetto per divertirti? Chi mi garantisce che alla fine non mi
riderai in faccia dandomi della stupida?- trattenni un singhiozzo, mentre gli
occhi mi si riempivano di lacrime dalla rabbia e dal terrore che ciò che stavo
dicendo potesse avverarsi –Chi mi giura che alla fine di questa conversazione
non andrò in mille pezzi?!- voltai la testa, nascondendo alla sua vista gli
occhi lucidi ed arrossati.
Nella
stanza piombò il silenzio, silenzio che non facilitava il mio tentativo di
celare il respiro affannoso spezzato dall’imminente pianto. Poi, senza che me
ne accorgessi, mi prese il mento tra le dita, costringendomi a voltare il viso
per poterlo guardare dritto negli occhi.
-Io.
Te lo dico io, e te lo garantisco, e te lo giuro anche, se è questo che vuoi.
Però fidati streghetta, fidati per una volta. Anche se in passato non ho fatto
niente affinchè tu lo faccia con tranquillità e serenità, fidati di me-
-Perché?
Perche?- non mi bastavano quelle
parole, non mi bastava quella sua convinzione nello sguardo né quel bacio;
volevo sapere il motivo, il vero motivo,
quello che tanto faticava a dire, quello che avevo intuito già dall’inizio ma
che desideravo soltanto sentire dalle sue labbra.
Strinse
il pugno, combattendo una lotta interiore che nessuno poteva davvero
comprendere se non lui. Lo sapevo che gli stavo chiedendo tanto, lo capivo
perfettamente ma non potevo fare altro, non mi sarei mai potuta fidare se non
avessi sentito la verità da lui, non avrei mai potuto accettare una realtà che
poteva anche vagamente non essere come immaginavo.
-Maledizione
perché ci tengo davvero a te, d’accordo? E l’ho voluto negare sino alla fine,
andando contro l’ovvietà dei miei sentimenti fino a che ho potuto. Però, quando
hai rischiato di morire, quando ho rischiato di perderti per sempre, mi sono
accorto di quanto stupido fossi stato, di quanto sciocco ed infantile fosse il
mio ragionamento, e mi sono arreso- sospirò, rilasciando il pugno e facendo un
debole sorriso rassegnato –Sei contenta adesso, streghetta? L’ho detto, proprio
come volevi, ed ora come ora sinceramente non mi riconosco più…-
Rimasi
a fissarlo, intenerita, le lacrime che mi scorrevano lungo le guance, il cuore
che sembrava voler esplodermi nel petto. Non poteva essere vero…
Damon
mi sorrise, un piccolo sorriso che mi scaldò il cuore –E invece lo è-
Sorrisi
anch’io, poi, lentamente, mi avvicinai fino a prendere la mano che poco prima
teneva serrata, tra le mie. Sentivo il pompare del sangue nelle orecchie, come
un tamburo impazzito che aumentava ritmicamente la sua velocità, sentivo il mio
respiro accelerare mano a mano che la distanza tra di noi diminuiva, e sentivo
il suo, di respiro, bagnarmi il viso mentre il suo sguardo attento seguiva ogni
mio movimento.
Prendendo
coraggio mi alzai in punta di piedi, reggendomi alle sue larghe spalle, e
quando lui abbassò la testa con un ghigno che conoscevo bene stampato sulle
labbra, sussurrai a pochi centimetri dal suo volto, prima che la distanza tra
di noi diventasse nulla, -Mi fido-
-
- - angolino dell’autrice - - -
All’inizio
stavo per dire “dose massiccia di smielataggine, che vi farà sicuramente salire
il diabete alle stelle”, e ci avevo azzeccato, o no?
E
infatti eccoci al tango agognato momento in cui c’è la dichiarazione. Devo dire
che ero molto indecisa se farla subito o aspettare, ma considerando le pieghe
prese dalla storia negli scorsi capitoli, il fatto che abbia tirato per le
lunghe una situazione abbastanza palese svelando qua e là dettagli fondamentali
e facendo chiaramente notare il cambiamento di Damon, ho voluto sfruttare
l’incidente di Bonnie come miccia per far scoppiare la bomba, percui piaciuto
il botto?=)
Ora,
lo so che siete molto arrabbiate con la sottoscritta e che sarebbe una giusta
punizione non recensire, ma vi prego di ignorare questo lato vendicativo della
cosa e lasciare almeno un micro commento, perché ho un forte dubbio su questo
mio piccolo azzardo. Insomma, ho messo a nudo un lato di Damon totalmente
diverso e sconosciuto, ed ho paura di aver modificato troppo questo
personaggio. C’è da dire che non potevo farlo aggressivo e strafottente in un
momento simile, con Bonnie che gli piange davanti ed ha paura a fidarsi di lui.
Questo probabilmente è il momento in cui il lato dolce di Damon viene
massimizzato di più (questo ed altri su questo genere), non sarà sempre così da
ora in poi, e quindi ciò mi fa credere di aver fatto la scelta giusta, ma
essendo io un’incerta cronica, penso che senza i vostri commenti andrò in
depressione…=)
Quindi
vi prego, perdonatemi e recensite, perché ho davvero bisogno di sapere cosa ne
pensate di tutta questa storia.
Un
bacione a tutte, a presto
|