Dimentica.

di Claire Knight
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Buondì. Spero piaccia questa mia one-shot! E' la prima, soprattutto non è basata su nessuna serie teleisiva o film. Detto questo vi lascio alla lettura. Ditemi cosa ve ne pare. ^^"



Spensi la luce e lasciai che il buio avvolgesse tutto.
Ora che la stanza era buia, mi sentivo ancora più triste. Non avevo paura del buio, no certo. Ma come non essere tristi? Quando c'è luce puoi vedere la realtà, gli oggetti, le persone. Al buio tutto sembra sparire. Non si distinguono più i profili familiari delle cose.
E allora le uniche che puoi vedere sono quelle che hai in testa. E così accadeva a me ogni volta che spegnevo la luce o chiudevo gli occhi. Quella volta avrei preferito lasciare accesa la luce. Perché ciò che portavo dentro era troppo per me. E non volevo affrontarlo.
Ma in fondo, quando è sera, con dei pensieri che non vuoi affrontare che gironzolano per la testa, senza riuscire a dormire, mentre cerchi di non pensare a quei pensieri ti rendi conto che lo stai già facendo e che, in fondo, è inutile provare a fuggire da sé stessi.
Non volevo piangere, ma già sentivo le lacrime aggrumarsi agli angoli degli occhi.
Perché? Perché l'amore fa così male? Mi chiedevo.
Non può essere bello, come nelle favole? Ma, giusto, le favole non esistono. Sono solo fantasia. Storie d'amore a lieto fine che l'uomo si è inventato per riempire il vuoto che alcune persone lasciano dentro. Per avere il proprio lieto fine, in un certo senso, anche se in un mondo irreale ed irraggiungibile.
Che tristezza.
Comincio a prendere a pugni il cuscino, in un momento di rabbia. E grido, gli urlo contro tutto il male che mi ha fatto. Come se quell'ammasso di piume fosse lui. Come se così potesse sentirmi.
L'uomo ha bisogno di essere ascoltato. Siamo creature limitate, troppo piccole, chiuse in questo corpo troppo fragile. Troppo deboli per poter reggere il peso dei sentimenti a lungo.
Perché sono cose grandi, impalpabili, forti, sconvolgenti, le emozioni.
E noi abbiamo questo nostro disperato desiderio di mostrarli al mondo. O forse è solamente un bisogno. Se non li dessimo a vedere, probabilmente impazziremmo. E poi chissà perché gridare, correre, piangere, dare un calcio ad una sedia riesce a liberarci allo stesso modo.
Ma forse in quel momento non mi interessava. Non mi importava il motivo di tanta rabbia. Non lo volevo sapere, forse. Ma avevo due cose chiare in mente. Le uniche in tutta la confusione nella mia testa. E me le ripetevo all'infinito, purché mi convincessi che fossero vere. Sperando che mi avrebbero aiutato a dimenticarlo. Ad abituarmi alla sua assenza per il resto della mia vita. Due pensieri fissi, tristi, attorno ai quali giravano come satelliti milioni di interrogativi senza risposta.
Mi calmai e strinsi a me il cuscino morbido, quasi amorevolmente. E continuai a pensare a quelle due cose mentre una lacrima mi rigava il viso.

Io lo amavo ancora.
Ma dovevo dimenticarlo.





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