Incapace di proteggerla
Remus avanzò verso di lei, concentrando nella voce roca
tutta l’autorità di cui disponeva e sforzandosi allo
stesso tempo di non cedere il passo alla rabbia.
Il lupo dentro di lui ultimamente aveva molto da dire e non taceva mai.
Per quanto si sforzasse di ingoiarlo e tenerlo giù, a ogni
minima minaccia balzava verso il tunnel della sua gola con la voglia di
scappar fuori, e sempre più spesso, vinceva.
“Non ti permetterò di partecipare al trasferimento di
Harry. Tu non verrai,” ringhiò rivolto a quanto di
più caro avesse al mondo.
Tonks sbuffò, per nulla impressionata.
“Non mi sembra di averti chiesto il permesso prima di dare la mia
disponibilità a Malocchio,” lo provocò senza alcuna
paura. “Sarà forse perché ho ritenuto di non averne
bisogno?”
Remus le diede le spalle, costretto a respirare a fondo mille volte. Respirare e inghiottire.
“Bene,” grugnì infine, tornando a voltarsi verso di
lei. “La mia opinione non conta nulla, quindi.”
Lei alzò gli occhi al cielo.
“No, prepotente di un impiastro,” disse. “Semplicemente, conta tanto quanto la mia!”
‘Impiastro,’ si
ripeté mentalmente Remus: ecco come ridurre a una formichina
insignificante la sua autorità… o prepotenza, come la
definiva lei.
Malgrado fosse così piccola e buffa, la sua parlata e la
goffaggine, non aveva mai considerato Tonks una ragazzina e il suo
intuito non aveva, come al solito, sbagliato.
“Tu hai già deciso, prima di ascoltare le mie ragioni,” recriminò a denti stretti.
“Tu non dai ragioni, ma ordini!” ribatté lei,
arrivandogli fin sotto al naso con un inciampo che Remus
interpretò come un balzo ferino mancato. “Io non prendo
ordini da nessuno! Non ti permettere di atteggiarti a padre o a
professore,” le scappò un sorriso impertinente mentre
allargava le braccia. “Perché, e non hai che da chiedere
ai diretti interessati, con me non attacca!”
Remus all’improvviso provò fortissimo il bisogno di
infilarsi tra le sue braccia aperte e di chiudere spasmodicamente le
proprie attorno al suo corpo, trattenendola fino a far male a entrambi.
“Se ti dovesse succedere qualcosa, io…”
mormorò invece chinando il capo, il viso che sprofondava nei
suoi ispidi capelli rosa.
Lei non si mosse.
“Anche io se succedesse qualcosa a te. Quindi? Come la mettiamo?
Molliamo entrambi l’Ordine e Harry al loro destino? Lasciamo che
i nostri amici combattano anche per noi?” Anche se la voce le
tremava il tono di rimprovero non si perse e gli sbatté in
faccia quanto l’avesse delusa.
“Alla fine mi ero convinto che sarebbe stato più facile,
stando assieme, ma non è così,” confessò,
sentendosi uno sciocco per essersi fatto abbindolare dalle parole di
Silente. Come se fare l’amore tutti i giorni, vivere per qualche
bellissima manciata di minuti dentro di lei, avesse avuto il potere di
cambiare il mondo, di far finire la guerra.
‘Un po’ più d’amore nel mondo,’
a cosa era servito? Erano ancora entrambi innocenti condannati a
combattere e ora che Tonks era sua la paura di perderla lo paralizzava,
tanto da fargli desiderare di accantonare il suo, il loro, dovere.
L’Ordine della Fenice. Harry.
Dopo la morte di Sirius, aveva sentito ricadere sulle proprie spalle il
compito di proteggere il ragazzo. E ora proprio lui, che centinaia di
volte aveva ripreso duramente l’amico per come gestiva in maniera
irresponsabile il ruolo di padrino, dimenticava Harry, mettendo al
primo posto la propria felicità e la sicurezza della donna che
amava.
“Io non ti lascio, Remus.”
Tonks restò in attesa, ma lui non disse nulla: temeva che sarebbe stata una bugia.
***
Erano lì ad aspettarli, un anello di scope nascosto dalle tenebre del cielo sopra Privet Drive.
Una trentina di Mangiamorte, trenta bacchette puntate su di loro: la
pioggia di lampi verdi esplose istantanea, quasi bella, sicuramente
letale.
Un pensiero urlò come il respiro di un Dissennatore nella testa
di Remus, lasciando solo la disperazione di un evento già
vissuto: ‘Siamo stati traditi!’
Si ribellò con veemenza al dolore, volando a velocità
folle verso il muro creato dai nemici. Avvertiva la presenza di Tonks
in maniera fisica, come fosse sulla scopa assieme a lui al posto di
George, ma lei era lontana e non poteva andare a cercarla, non poteva
proteggerla.
I quattro Mangiamorte che erano stati costretti ad aprire loro un varco
per non essere travolti presero a inseguirli e George
s’irrigidì nel vedere la stessa luce verde che li
minacciava scagliata dalla bacchetta del suo ex insegnante.
“Se non ti senti di ammazzare, Schianta!” gli ordinò
brusco, consapevole di non poter contrastare da solo l’attacco e
allo stesso tempo guidare la scopa.
In guerra non era permesso abbandonarsi a dissertazioni moralistiche,
ogni nemico lasciato in vita era un potenziale assassino in più
pronto a uccidere i tuoi compagni. Harry. Tua moglie.
George non protestò, era un ragazzo sveglio e aveva molto da difendere: tutta la sua famiglia era nell’Ordine.
“Non è quello, Remus,” gli urlò
all’orecchio per sovrastare il boato del vento, o forse per
camuffare il forte tremore della voce. “È che
nell’invito dovevano specificare che sarebbe stato un ballo in maschera… capisci, non vorrei finire a fare da tappezzeria.”
Remus, l’adrenalina che lo drogava trasformando preoccupazione e paura in una lucidità estrema, sorrise.
Sapeva quanto coraggio c’era nel prendersi gioco del nemico di
George; non era superficialità, ma il metodo migliore per
sconfiggere la paura: riderle in faccia.
Virò bruscamente, schivando due saette verdi che gli sfiorarono la testa.
“Per loro non sembra essere un problema,” rispose. “Sono disposti a uccidere pur di ballare con noi!”
George proruppe in una risata un po’ isterica, ribattendo mentre
Schiantava uno dei loro inseguitori, che cadde dalla scopa volando
verso il basso in strette spirali.
“Questo è niente, avessi avuto la mia vera faccia…”
E poi tacque.
Remus si voltò di scatto, perdendo per un attimo il controllo
della scopa e il ragazzo gli crollò addosso, il viso inondato di
sangue.
‘Sectumsempra,’ pensò, e prima ancora di vederlo: ‘Piton!’
Il traditore, il cappuccio schiaffeggiato via dal vento, aveva ancora
la bacchetta protesa verso di loro e ricordò le mille volte che
gli aveva visto usare quell’incantesimo - la sua specialità - quando erano ragazzi e frequentavano Hogwarts.
Fu fortissimo il desiderio di ripagarlo con la stessa carta, di
ucciderlo come lui aveva fatto con Silente fregandosene della rotta
ormai persa, la scopa che volava seguendo gli invisibili binari delle
correnti d’aria.
Ma George stava perdendo molto, troppo sangue. Tutto quello che
riuscì a fare fu di afferrarlo sotto le braccia prima che
cadesse nel vuoto.
La scopa si inclinò verso il basso e Remus, sdraiato su di essa,
cercò disperatamente di riprenderne il controllo, affannandosi
allo stesso tempo per invertire le posizioni, issando il ragazzo
svenuto davanti a lui.
Uno spreco di energie vano: sapeva che sarebbero stati uccisi entrambi,
perché gli era impossibile difendersi senza lasciare andare
George.
Pronto al peggio ma senza cedere, si rese conto che non stava
succedendo nulla. Uno spostamento d’aria improvviso lo spinse a
voltarsi: i Mangiamorte se ne stavano andando attirati da… In
fondo lo sapeva, sapeva che se si erano defilati così
repentinamente il motivo poteva essere uno solo: l’aver
individuato quale dei sette Harry era quello vero. Ma con la vita di
George tra le mani l’istinto prevalse, impedendogli di pensare ad
altro che non fosse il riportare il ragazzo vivo ai suoi genitori.
Era allo stremo quando finalmente individuò l’abitazione
di Moody. Scese con una picchiata a rotta di collo verso
l’invisibile bolla protettiva, cosciente di non poter resistere
un minuto di più in sella alla scopa, reggendo George con il
braccio libero ormai intorpidito.
L’atterraggio fu disastroso: entrambi rotolarono per parecchi
metri prima di fermarsi contro i bidoni dell’immondizia, che
presero a strillare come sirene buttando bucce e cartacce ovunque.
Lui e Tonks avevano messo a disposizione anche la propria abitazione
per la missione, ma non aveva permesso che gli venisse assegnata come
sede d’arrivo: ci avrebbe rimesso piede solo assieme a lei, o mai
più.
A tentoni riuscì a sollevare il corpo di George e trascinare
entrambi fino a un annaffiatoio di latta ammaccato. La Passaporta si
illuminò pochi minuti dopo che l’ebbe toccata.
***
‘Non ce la faccio,’ pensò Remus.
L’adrenalina l’aveva sostenuto fino all’arrivo alla Tana e alla scoperta che Harry era salvo, malgrado la gentilezza
fuoriluogo nei confronti di Stan Picchetto che l’aveva tradito.
Poi la caduta libera di una forte vertigine e la paura sopita per la
sorte di Tonks che esplodeva nuovamente con tutta la sua pena,
colpendolo forte alla bocca dello stomaco.
Scrutando il cielo, piantato rigidamente tra Hermione e Hagrid,
aspettava il ritorno dei membri dell’Ordine che ancora mancavano
all’appello. Il ritorno di lei.
I sensi tesi all’estremo gli permettevano di captare ogni
movimento, ogni odore… ogni scatto della testa in quella o
nell’altra direzione una speranza delusa.
Fuori era rigido come un palo, ma dentro di sé tremava in
maniera incontrollata, il cuore impazzito che non pompava più il
sangue ma lo schizzava dentro le sue vene in pesanti fiotti, che
esaurita la spinta iniziale sembravano non giungere mai a destinazione.
Così la sua testa si faceva sempre più vuota, soffocata dalla mancanza d’ossigeno, e
pesava di quel vuoto che temeva di sentire presto anche nel cuore.
Galassie di punti neri gli offuscarono la vista, solo, malgrado la
presenza di… non sapeva. Stava ormai per svenire, o morire,
quando Hermione strillò:
“Eccoli!”
Non vide nulla, fu quello che sentì a trarlo in salvo: il cuore
di Tonks che scalciava contro il suo, il peso del suo corpo appeso al
collo che lo stringeva con quella forza che a lui mancava,
perché lei era viva.
Ancora non sapeva neppure se stava al mondo quando la rabbia
occupò nuovamente la sua gola, infilandocisi come un animale
nella tana e per non soffocare, la lascio uscire:
“Allora, cosa vi ha trattenuto? Cos’è successo?” sbottò bruscamente.
Tonks spiegò che Bellatrix la voleva morta e lui, lui non
poté far altro che stringere la mascella, mordendo il nulla - se
stesso! - che era nulla, inutile, incapace di proteggerla.
Ho scritto questa ff a luglio... sigh... prima delle vacanze :'-(
va beh, nostalgia a parte, mi rendo
conto che non è granché, ricordo che non avevo avuto
molto tempo per scriverla e si vede.
Copio sotto il giudizio di Lalani, che ho trovato molto preciso e completo :-)
Seconda Classificata: Incapace di proteggerla di Fri
- da 0 a 10 per la correttezza grammaticale, lessicale e stilistica: 8,5/10
La storia è precisa e corretta sia dal punto di vista
grammaticale che sintattico, se non per due virgole incerte, ma che,
essendo inezie, non ho nemmeno contato. Hai usato uno stile semplice,
ma allo stesso tempo audace e scorrevole: oltre alla fluidità e
alla semplicità della tua narrazione, hai usufruito di parole
molto suggestive concatenate l’una all’altra, donando
ulteriore spessore alla storia( in particolar modo ho apprezzato il
modo con cui hai descritto la tenerezza tra la coppia, il lupo e
l’istinto quasi animalesco, l’impotenza davanti al pericolo
di Remus e la sensazione dell’inviolabilità delle mura
domestiche). Hai bilanciato molto bene sia le scene narrative
dell’inseguimento sia quelle introspettive e descrittive tra
Remus e Tonks e tra Remus e la sua stessa coscienza: in questo modo la
tua storia è risultata estremamente equilibrata e ben
bilanciata. Hai usato un lessico molto semplice e
scorrevole…anche se non è particolarmente elevato, si
mescola bene con l’atmosfera della tua storia. Hai mantenuto
intatto l’IC della vicenda, senza introdurre sviluppi personali,
e questo fattore, nonostante sia perfetto dal punto di vista della
fedeltà, rende la tua storia un po’ statica.
- da 0 a 10 per lo sviluppo dell'evento scelto: 9/10
Ho apprezzato molto la tua interpretazione personale su questo epico
evento: l’hai analizzato sia nelle sue caratteristiche narrative,
veloci e avvincenti, sia attraverso gli occhi di un marito angosciato.
Questa contrapposizione, tra il cruento realismo ed emozioni
contrastanti, ha reso la tua storia assolutamente credibile e
realistica, autentica.
- da 0 a 10 per la caratterizzazione dei personaggi: 8,5/10
Ho apprezzato molto la caratterizzazione di Remus: ho riscontrato delle
innovazione estremamente originali nel suo carattere solitamente
così pacato e sereno, persino davanti al pericolo e alla paura.
Si può riscontrare tutta la ferocia del lupo che emerge,
brevemente, durante il litigio con Harry a Grimmauld Place: anche qui
Remus cede all’angoscia, la stessa angoscia che (forse)non gli ha
consentito di stare con Tonks durante il periodo della gravidanza.
L’hai reso molto più realistico ed umano, specialmente
perché di solito ci viene presentato con un indole dolce e
tranquilla, difficilmente irritabile. Ho anche apprezzato il suo
attaccamento a Tonks, all’impegno che si sono scambiati: di
proteggersi a vicenda, come non è riuscito a fare con i
Malandrini. E il non poter rispettare questo patto, non poter essere un
marito in cui riporre fiducia, il non riuscire ad aiutare nemmeno
George, il non essere all’altezza lo distrugge, lo angoscia.
È un peccato che tu ti sia concentrata solo su Remus e che tu
non ci abbia dato uno scorcio sui pensieri di Tonks: anche se emerge la
sua forza e, allo stesso tempo, la sua paura e la sua debolezza, mi
è parsa molto in secondo piano rispetto al marito.
- da 0 a 10 per l'originalità: 7/10
In questa sezione, non ho potuto darti un punteggio simile a quello
delle altre: infatti, nonostante abbai apprezzata la tua fedeltà
alla vicende del settimo libro, questo ti ha penalizzato in
originalità, dato che hai riportato vicende già
conosciute e hai trattato una coppia tra le più conosciute. Ho
comunque apprezzato la tua originale introspezione di Remus, che ha
messo alla luce sentimenti radi da vedere nella sua personalità.
Totale: 33
|