primavera
I
suoi occhi amano il cielo, da quando quella debole luce li ha invasi.
Quel timido raggio di sole, straziato e ferito a morte
cercò rifugio nei suoi occhi, in quell'immenso oceano che
ancora non aveva conosciuto la tempesta. Lei è venuta con la
pioggia di un giorno di primavera dominato dalle tenebre. Lei venne in
pace, ma subito i suoi occhi si sriempirono con le immagini di
una battaglia, una delle tante battaglie della guerra di sempre: la
luce, le tenebre. Primavera all'inizio fu spettatrice ma dopo non
molto lei stessa diventò terreno di scontro fra le due
forze. Imparò in fretta l'arte della guerra perchè
"Venne alla luce" ma la prima cosa che vide fu una soffocante cappa
oscura che l'attirava verso di sè; pianse e rabbrividì
perchè lei, lei amava la luce. Nessuno comprese le sue lacrime,
fin da subito dissero che era strana e addirittura cattiva. Nessuno
immaginava quanto detestasse essere manipolata. Lei non sapeva, ancora
non sapeva che la sua vita sarebbe stata un eterno passaggio di
proprietà, tra mani diverse. Primavera è come un
testimone, passa per le mani di tutti, senza appartenere a nessuno.
Cosa pensa dunque un testimone dopo aver realizzato di essere un
oggettino adibito ad essere manipolato? Si augura solo che termini la
staffetta, che qualcuno cessi di correre e si impossessi di lui, nella
consapevolezza della sua esistenza dannata osa solo questo minuscolo
desiderio, ma non è per un oggetto desiderare. I suoi occhi
erano blu e incontaminati come il mare aperto, i suoi occhi anelavano
al cielo, e il cielo anelava ai suoi occhi. Primavera gli donò
un po' di quel blu e lui fece dei suoi occhi il suo specchio. Nacque in
una grande città, ma il destino aveva in serbo bem altro per
lei. Vide il cielo seguirla, attraverso i finestrini di un'utilitaria
grigia. Cinquanta chilometri più a ovest c'era un insignificante
paesino, grande come un fazoletto. Questo era ed è il suo regno,
la sua prigione, una gabbia placcata di finto oro che tutt'oggi la
imprigiona. All'inizio si cibava del necessario per respirare, alzare
la testa e ammirare il cielo, il soffitto o qualunque cosa si trovasse
sopra di lei. Primavera non sa perchè è così
attratta da tutto ciò che è sopraelevato, sa solo che i
suoi occhi amano il cielo, e qualsiasi cosa gli sia più vicino
rispetto a lei stessa. I giorni passavano, uno dopo l'altro e lei li
trascorrava scrutando il ragno, per piccoli frammenti di
eternità, chiedendosi perchè lei era lei e perchè
il ragno era il ragno e soprattutto chi aveva deciso che lei fosse lei
e che il ragno fosse il ragno? Le sue riflessioni terminavano con una
leggera irritazione dovuta al fatto che il ragno non si ponesse il
problema. I giochi non le interessavano più di tanto, la
intrigavano le bambole di porcellana, apparentemente così vere,
contemporaneamente così dannatamente finte. Erano loro a tenerle
compagnia nei lunghi pomeriggi estivi, la illudevano di non essere sola
e questo le bastava. Lei odia le illusioni, ma ora che ha realizzato
che la sua vita è un'illusione ha capito che non può
odiare la sua vita. La sua infanzia è l'opaco vetro di un
abbaino in un giorno d'autunno. E' cupo e la cupidigia è serva
fedele delle tenebre. L'oscurità è innamorata di lei, la
desidera fino allo sfinimento, vuole possedere lei e con lei la luce
che da sedici anni custodisce nei suoi occhi. Quel fioco bagliore
è ancora al sicuro, nonstante le seduzioni che il mondo oscuro
le ha inflitto. Lei ha vacillato, è stata più volte in
bilico fra la salvazza e il baratro, ma non ha ceduto alle forze del
male. Le tenebre provano verso di lei una straziante ossessione,
tutt'ora non corrisposta. Primavera non aveva molte amicizie, non
parlava con gli altri, non per timidezza e neanche per pigrizia;
semplicemente per mancanza di necessità. La sua dannazione era
è e sarà continuare ad amare, sempre, infinitamente, con
tutte le sue forze fino a privarne del tutto il suo esile corpo, sino a
farsi mancare il respiro. Si tratta di un baratto fra amore e veleno.
Primavera riceve dosi industriali di veleno, dopo averle lavorate per
qualche mese e sminuzzate per bene le vuota in un tritatutto detto
"dimenticatoio" e il prodotto finale è nuovo amore, più
vero, più intenso e una quantità industriale di fiducia
nel genere umano. Lei è cosciente dell'assurdità di tutto
ciò, ma è anche consapevole di essere l'ingranaggio di un
perverso meccanismo diabolico e se è questo il suo ingrato
compito, non sarà ccerto lei a sottrarsi. Primavera sta molo
attenta a desiderare perchè il desiderio è un lusso che
non può, non deve permettersi. Questo è forse ciò
che più di tutto non riesce ad accettare, ma c'è la vita
a ricordarglielo ogni volta, sfoderando i mezzi più crudeli a
sua disposizione. Lei soffre senza lamentarsi, ogni giorno, tutti i
giorni, per questo Primavera ha fottuto la sofferenza, seducendola,
assecondandola fino a ridurla ad una perversa goduria. Eppure lei fino
a non molto tempo fa era felice, gioiva di una felicità amara,
malata e diabolica ma tutto ciò per lei era il massimo, sentiva
di avere tutto, non desiderava più niente. Ogni tanto piangeva
lacrime di vera gioia, era incredula e si chiedeva il perchè di
tutto ciò, e singhiozzando mormorava di non meritare nulla. La
vita la fece giungere ad un passo dalla felicità assoluta, solo
per accrescere il suo dolore poi. Fu una breve giornata invernale,
alternata da coni d'ombra e fasci di luce e sporadicamente gli uni
prevalevano sugli altri. Lei ama la libertà, ma una volta che la
possiede no sa cosa farsene, di lei e della sua libertà.
L'oscuro raggio di sole si impossessò della sua anima, tutt'ora
la possiede. Lui però apparteneva al mondo oscuro, e non
riuscì ad adempiere al suo compito e le spezzò il cuore.
Lei non festeggia il carnevale perchè è mascherata tutto
l'anno, la sua vita è un eterno carnevale. L'oscuro raggio di
sole le ha levato la maschera, e accecato dal forte bagliore che
emanavano i suoi occhi gliela ricucì addosso. Così
mentre zampilli di sangue le rigavano il volto lei piangeva, l'ago
cuciva, sino a confondere la maschera con il suo volto. Era così
aderente che le chiuse la bocca, le schiacciò gli occhi e le
soffocò le lacrime. Su quella maschera era dipinto un eterno
sorriso.
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