Lacrime di pioggia
LACRIME DI PIOGGIA
“Adiòs!”
Marilena
uscì di casa sbattendo rumorosamente la porta e stringendo fra le dita i
pochi soldi che era riuscta a prendere dal salvadanaio di sua sorella.
Non
ne poteva più dei continui litigi dei suoi genitori, di suo padre che
tornava ubriaco tutte le sere, sempre con meno soldi, e che si divertiva
a sfogarsi su di lei, che ormai era piena di lividi su ogni centimetro
di pelle.
Adesso era lì, seduta su una panchina dell'areoporto di Buenos Aires, in attesa del suo volo per Londra..
Aveva
solo 16 anni ma ne dimostrava almeno 18, così, insieme ai soldi, aveva
“preso in prestito” da sua sorella anche la carta d'identità e il
passaporto, sperando che se ne accorgesse solo dopo la sua partanza, o
meglio ancora, che non se ne accorgesse per niente.
Nessuno
sapeva della sua partenza, tranne la sua migliore amica, Diana, che di
sicuro non l'avrebbe tradita spifferando tutto; per il resto era sicura
che nessuno avrebbe notato la sua assenza, forse dopo un paio di mesi,
ma tanto nessuno si sarebbe sprecato a cercarla.
Immersa nei suoi pensieri, Marilena fu interrotta dalla voce dell'altoparlante che avvisava dell'arrivo del suo aereo.
Fin
lì era andato tutto bene, i soldi le erano bastati, il passaporto non
aveva destato sospetti e le poltrone dell'aereo erano incredibilmente
comode.
Aveva
deciso di andare a Londra per poi dirigersi a Liverpool. Diana c'era
stata, e diceva che era un posto carino, e poi a dirla tutta era l'unico
posto lontano da casa che conosceva almeno un po', grazie alle
descrizioni di dell’amica.
Perdendosi nuovamente nei suoi pensieri, Marilena si addormentò..
Dopo
ben 18 ore di volo, fatte di mangiare e dormire interrotte da qualche
sguardo fuori dal finestrino, arrivò all'areoporto di Londra. Dopodichè
prese la metro e, lasciandosi il sole alle spalle, arrivò in una umida e
piovosa Liverpool.
Era
ora di pranzo ma lei non aveva fame, o meglio, cercava di convincersi
di non avere fame, perchè non aveva più soldi nemmeno per comprarsi un
panino, allora decise di mettersi subito alla ricerca di un posto in cui
dormire e magari anche di un lavoro per pagarsi l'affitto.
Trovò
una piccola pensioncina ma abbstanza grande per lei, e il proprietario
aveva accettato che la stanza venisse pagata tra un paio di giorni,
nella speranza che trovasse un lavoro e trovò anche quello.
Trovò
lavoro in una bar, abbastanza frequentato, come cameriera, l'unico
ostacolo per lei era la lingua. Non sempre capiva cosa volevano i
clienti, e la maggior parte delle volte il proprietario, l'unico che
capiva un po' lo spagnolo, finiva per sgridarla e minacciarla di
licenziamento.
Quel
giorno era piuttoeto tranquillo, c'erano stati pochi clienti e lei era
stata abbastanza efficiente nel capire le ordinazioni. Era quasi
arrivato l'orario di chiusura e Marilena era intenta a strofinare il
bancone con uno straccio, quando all'improvviso la porta si spalancò.
Entrarono quattro ragazzi ben vestiti che parlavano con un tono di voce
decisamente alto; ridevano e scherzavano complimentandosi a vicenda con
delle pacche sulle spalle. Il locale, vista l'ora, era completamente
vuoto e uno dei ragazzi prendendo posto in uno dei tavoli, urlò alzando
una mano verso il bancone.
“Quattro birre, grazie!”
Sicuramente
il carettere di quel ragazzo non si intonava per niente all'abito nero
che ondossava, elegante con giacca, cravatta e camicia bianca; erano
vestiti tutti nello stesso modo..
“Signorinaa!!”
Il
ragazzo urlò di nuovo guardando nella sua direzione. Marilena si
affrettò ad andare al tavolo dei quattro e a domandare, semplicemente
guardandoli con aria interrogativa, cosa volessero ordinre.
“Quattro birre” , disse sempre lo stesso ragazzo.
Ma la sua attanzione venne richiamate da un altro ragazzo, a suo parere il più carino dei quattro.
“Salve!”, disse lui.
La stava fissando e lei faceva lo stesso, dopo avergli risposto con un pessimo accento.
“Salbe..”
Poi distolse lo sguardo da quei meravigliosi occhi verdi che l'avevano rapita e guardando verso gli altri tre, chiese:
“Cuatro.. bira?”
“Sì! L'avrò detto minimo cinque volte!”
Quel ragazzo più parlava più diventava antipatico; ma chi si credeva di essere?!
Marilena
si diresse verso il bancone per prendere quello che avevano ordinato,
per poi tornare subito al tavolo con quattro bicchieri colmi di birra.
“Aquì!”, disse sorridendo.
Li
distribuì ai quattro, ma quando arrivò all'ultimo, il più carino, e lui
la guardò con i suoi occhi verdi, lei si sentì quasi svenire e il
bicchiere gli scivolò dalle mani, così che la birra cadde tutta addosso
al povero ragazzo.
Lui si alzò di scatto dalla sedia..
“Cazzo!”
Era mortificata, non sapeva cosa dire. Iniziò a farfugliare qualcosa di incomprensibile..
“Perdòname! Yo no sè lo que estaba piensando..”
“Come scusa?!”
“Sìgueme.. te ayudarè.. y pèrdoname por favor..!”
… poi prese il ragazzo per un braccio e lo trascinò in bagno.
“Ehm.... non ti preoccupre faccio da solo. Ragazzi! Una mano!”
“Ma di che ti lamenti?! È pure carina!”. Sempre quello antipatico.
“Ma cavolo! Non la capisco nemmeno... chissà che mi vuole fare!”
“Hahahahah!!”
“Ridi, ridi..!”
Marilena
non aveva capito un'accidenti di quello che avevano detto, ma non se ne
preoccupò molto, il suo unico pensiero era quello di rimediare la sua
orribile figura con quel bel ragazzo.
“..Sìgueme..”
Arrivarono
alla toilette del locale e Marilena cercò di togliere la giacca al
ragazzo, per cercare di ripulirla, ma lui continuava a dimenrsi e ad
allontanarsi da lei, come se fosse quasi impaurito.
“Puede quitarse el abrigo?”
“No no... sto apposto.. per questo ci vole un'altra persona.”
“Para que pueda limpiarlo..”
“Oh merda! Joooohn!”
Sicuramente stava chiamando uno dei suoi amici, ma lei non capiva perchè..
“Por qué te gritas?”
A quel punto dalla sala si senti un grido divertito..
“Tranquillo Paulie..!”
Il
ragazzo la guardava malissimo e a quel punto lei si arrese, si mise le
mani tra i capelli e si guardò allo specchio, disperata.
“Marìa virgen..!”
“Maria... si. Vergine!? Oddio..”
“Ok.. haora sòlo.. yo me voy si tu no quieres mi ayuda!”
Marilena uscì dal bagno innervosita seguita da quel ragazzo che saltava con lo sguardo allibito da lei ai suoi amici..
“Ma chè le hai fatto?!”
“Io?! Lei che ha fatto a me!”
“Che ti ha fatto??”
“Parlava
ma io non capivo! Diceva che me lo voleva " limpiado.." ma che vuol
dire? E... poi mi ha detto Maria... Vergine! Ma non sembrava tanto casta
e pura!”
“Cioè?! Che avete fatto lì dentro?”
“Avete!?! Lei che ha fatto li dentro! Mi toccava... ! John dai andiamo via...”
I
due continuavano a parlare sotto gli sguardi degli altri amici che
intanto si erano messi a mangiare dei salatini, come se stessero vedendo
un film; intanto si sentiva il proprietario del locale che urlava..
stava licenziando Marilena, infatti dopo un po' usci correndo.. si
sedette su una panchina poco lontana dal locale e scoppiò a piangere.
A
quel punto intervennero anche gli altri due, che smisero di mangiare
quando il proprietario li cacciò dal locale, che a quell'ora doveva già
essere chiuso.
“Hey Paul, ma quella è... la ragazza che ...”
“Si la ragazza casta... vai da lei, poverina!”
Si
lasciò convincere dagli amici, e mentre loro aspettavano in macchina,
lui raggiunse Marilena che stava sulla panchina con la faccia tra le
mani per nascondere gli occhi gonfi, unico segno del suo pianto, dato
che le lacrime si confondavano con le fini gocce di pioggia che le
accarezzavano delicatamente i capelli, quasi la volessero consolare.
“Hey.. scusa per prima, se.. ho pensato male.”
Quella voce.. pensò
lei. Era proprio lui, per colpa sua era stata licenziata. Voleva essere
arrabbiata con lui, doveva esserlo, ma no, non era arrabbiata; era
quasi felice di sentire che qualcuno si fosse preoccupato per lei,
soprattutto se quel qualcuno era il ragazzo più bello che avesse mai
visto.
Avrebbe
voluto voltarsi per godersi ancora la vista del verde dei suoi occhi,
ma allo stesso tempo non voleva che lui la vedesse in quello stato; così
fece finta di niente e non si mosse minimamente.
Fu
allora che sentì le mani del ragazzo sul suo viso; le spostò le mani e
con una carezza fece in modo che il suo sguardo si alzasse su di lui..
“Hey.. tutto bene?”
Prese
un fazzoletto dalla tasca e glie lo porse, ma ormai era completamente
zuppo, come loro, che si misero a ridere alla vista del fazzoletto
sgocciolante. Poi tornarono seri..
“Ti
ha licenziata, vero? Mi dispiace è tutta colpa mia.. Senti, se vuoi ti
posso riaccompagnare a casa, se non è troppo lontana, ma se non vuoi non
importa, insomma sei libera di fare quello che vuoi..”
Marilena lo stava ascoltando attentamente ma con un'espressione completamente persa.
“Ah, già.. tu non mi capisci..! Allora facciamo così: iniziamo dal principio. Io mi chiamo P-a-u-l..!
“Paul!”
Marilena
sorrise, almeno come si chiamava l'aveva capito così poteva smettere di
chiamarlo “quel bel ragazzo”; si chiamava Paul: niente di più facile!
Ora toccava a lei..
“Yo soy Marilena!”
A
giudicare dal sorriso sul volto di Paul, anche lui doveva aver capito,
così dopo aver ripetuto un paio di volte i loro nomi si misero a ridere.
“Senti, si sta facendo tardi! Ti va se ti accompagno a casa? ..Ca-sa..?!”
Paul fece con un gesto delle mani il disegno di una casa, e Marilena capì.
“Casa!? Nooo! Tengo que pagar el alquile! Como hago si no tengo trabajo?!”
Si rimise le mani tra i capelli e i suoi occhi azzurri si stavano riempiendo di nuovo di lacrime.
“No! E adesso perchè ricominci a piangere?”
Marilena
non capiva, ma non solo non capiva le sue parole, non capiva nemmeno
come gli fosse vento in mente di scappare di casa, come avrebbe fatto
senza soldi e dove sarebbe finita, forse sotto un ponte, ma soprattutto
non riusciva a capire come mai quel ragazzo fosse ancora lì, con lei,
che nemmeno conosceva.
Dalla
triste e arrabbiata espressione che invadeva il suo volto rigato dalle
lacrime Marilena si lasciò andare in un pianto fragoroso, dopotutto era
ancora una ragazzina e non era così forte come pensava..
Il
ragazzo le sfiorò una spalla, forse per abbracciarla e cercare di farla
smettere di piangere, ma al suo tocco lei si alzò velocemente e iniziò a
correre, sempre piangendo, verso non so dove.
Mentre
lui rimase lì, immobile, stupito e frustrato per quello che era appena
successo, lei continuava a correre senza una meta, pensando al brivido
che le aveva percorso tutto il corpo quando la mano fredda del ragazzo
l’aveva toccata. Forse, pensò, era colpa dei vestiti bagnati..
Eleanor
Note dell'autore: Anche se la storia è firmata Eleanor
(io), parte del merito va a Michelle che mi ha aiutata nei dialoghi e
soprattutto mi ha spinta a continuare nei momenti di crisi.. grazie!
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