Nuova pagina 1
Good Boys
Preface
Normalmente sono solita lasciare questo genere di
cose alla fine di una fanfiction, ma stavolta ho dovuto fare un’eccezione.
Nessun motivo in particolare, solo volevo fornire un paio di chiarimenti prima
di passare in maniera definitiva alla storia.
Per prima cosa, ci tenevo a scusarmi con quanti di
voi ho lasciato col fiato in sospeso per via di un’altra fanfic sempre
focalizzata sui Digimon. Nessun problema, se non quella maledetta ispirazione. E
dico “maledetta” per il semplice fatto che mai come ultimamente non fa altro che
andare e venire in un andirivieni decisamente insopportabile! Per cui, cogliendo
sfacciatamente l’occasione, mi appello a quanti di voi attendono il seguito
chiedendovi sinceramente perdono. Scusatemi ancora per questa mancanza, ma come
vi dicevo sto solo aspettando il “momento propizio” per impugnarla nuovamente.
A questo punto parte spontanea una considerazione. O,
meglio, un piccolo appunto su questa mia nuova fanfic. Ebbene, questa storia è
nata quasi per caso, in un attimo d’improvvisa ispirazione avuto qualche tempo
addietro. Precisamente è nato tutto l’estate scorsa. Ascoltavo distrattamente la
canzone “Rotolando verso sud” dei Negrita, una famosa band italiana, e intanto
vagavo per la rete. Ad un tratto sono incappata in alcune immagini del manga
“Parfait Tic” (proprietà dell’autrice e della rispettiva casa editrice) e…puf!
Ecco nascere lo spunto alla storia. In verità non ho mai letto il manga sopra
citato, se non qualche scena. Diciamo solo che in un certo senso mi ha dato una
vaga ispirazione – ossia l’idea base del trasferimento di Taichi e Yamato nella
palazzina di Sora – che io ho poi ampliato e fatto mia, per così dire. Per cui,
nel caso si verifichino delle analogie con il manga, sappiate che si tratterà di
coincidenze belle e buone, nulla di più davvero!
A differenza delle altre mie fanfic su questo anime,
questa è una storia “fresca”, con una trama molto versatile. È, in altre parole,
una storia che tenta di narrare le vicissitudini del mitico trio durante la loro
adolescenza, senza tuttavia tener conto dell’anime. D’altro canto non poteva
essere diversamente considerando il fatto che è un’Alternative Universe!
Ma adesso passiamo ai tanto odiati, quanto necessari
disclaimer.
Tutti i
personaggi di Digimon 01 e Digimon 02 non mi appartengono, ma sono proprietà
dell’autore e della rispettiva casa editrice. Gli altri personaggi, che invece
non appaiono nell’anime, mi appartengono di diritto in quanto sono il frutto
della mia fervida immaginazione. Inoltre tutti i personaggi e la stessa
fanfiction non sono utilizzati assolutamente da me medesima a scopo di
lucro.
Fatto l’utile, passiamo al dilettevole. Volevo
semplicemente ringraziare in anticipo quanti di voi leggeranno e nel caso
commenteranno la storia. Adesso non voglio nel modo più assoluto annoiarvi con
la solfa di quanto siano importanti i commenti per chi scrive, ma ci tengo a
farvi sapere che io apprezzo tantissimo qualunque critica, positiva o negativa
che sia. Per cui, ancora un grazie in anticipo! ^^
Okay, adesso vi lascio – finalmente! – e vi auguro
una buona lettura!
Memi
J
Attenzione: come da suggerimento
dell’amministratrice di EFP, ho
unito la Preface con il Chapter One. Le recensioni legate a
quest’ultimo,
peraltro, sempre come da suggerimento sono state copiate e inserite nel
nuovo
capitolo come anonime. Si vuole tuttavia ringraziare skiblue,
HikariKanna,
Keiko Sayuri, Heather, memole, CERA91 e Neko chan che adesso
ritroveranno le
loro più che gradite recensioni in formato anonimo.
Nuova pagina 1
Good Boys
Chapter One
“Mamma,
sono tornata!”, la voce allegra di Sora Takenouchi si diffuse in tutta la casa,
fino a giungere nella zona soggiorno dove c’era la madre intenta ad annaffiare
una piantina.
“Togliti
le scarpe, tesoro, e va ad indossare qualcosa di comodo. Poi quando avrai
finito, per favore raggiungimi qui. Ho una notizia da darti!!”
“Va
bene!”
Sora si
sfilò le scarpe marroni e indossò velocemente le ciabatte bianche, morbide,
messe lì a disposizione per lei. Entrò nella sua camera e lasciò distrattamente
la cartella con i libri sulla sua scrivania di legno, che avrebbe ripreso solo
dopo il fine settimana appena cominciato, piombandosi poi sull’armadio. Mentre
si sfilava la divisa verde predisposta dalla sua scuola, l’Odaiba High School,
per indossare un jeans e una maglietta di un particolare rosa acceso da sopra, i
suoi pensieri erano rivolti completamente alle parole che le aveva poco prima
rivolto la madre. ‘Chissà quale sarà questa novità!’, si chiese incuriosita la
giovane, ravvivandosi i lucenti capelli ramati che le sfioravano appena la curva
delle spalle ed uscendo finalmente dalla sua stanza. Arrivata in salone, trovò
la madre ancora intenta a sistemare i suoi adorati fiori in un vaso.
“Oh,
Sora! Hai fatto presto!”, esclamò stupita Suzuki Takenouchi non appena vide la
figlia.
I
capelli castani erano raccolti in uno stretto chignon, in cima al capo, e gli
occhi scuri addolcivano spiccatamente i tratti severi del volto.
“Già!
Allora: cosa volevi dirmi?”, s’interessò immediatamente la fanciulla, andando
dritta al punto.
“Due
cose a dir la verità”, si corresse la donna, sistemando i fiori in un vaso. “La
prima è che ha chiamato Mimi stamattina. Si era dimenticata del fuso orario e
che quindi tu eri a scuola in quel momento”
Sora
annuì, facendo così intendere di aver capito. Le faceva immensamente piacere
sapere che la sua migliore amica l’aveva telefonata. Purtroppo non potevano
sentirsi spesso perché mentre lei abitava a Tokyo, Mimi si era trasferita a New
York, dall’altra parte del mondo in pratica. Così un po’ per il fuso orario e un
po’ per le bollette salate che arrivavano ogni volta, risultava un po’ difficile
chiamarsi.
“La
chiamerò appena possibile!”, assicurò, sinceramente contenta, pensando a quale
sarebbe stato l’orario migliore per poterla rintracciare.
“Bene.
Ma adesso veniamo all’altra notizia”
Le
parole di Suzuki incuriosirono subitamente la figlia che, messi da parte i
propri pensieri, la ascoltò attentamente.
“Hai
presente l’appartamento sopra di noi?”
“Sì, e
allora?”
“I
proprietari si erano dovuti trasferire e così è rimasto vuoto”
“Sono
due anni che è vuoto, mamma. Scusami, ma non riesco a capire quello che vuoi
dirmi”, Sora pareva frastornata, non riuscendo a trovare una scusa che
giustificava quel discorso in apparenza vuoto sull’appartamento che si ergeva
sopra di loro.
“Ecco,
stamattina ho parlato con la signora Tamaki, quella dell’ultimo piano e…a quanto
pare, finalmente l’appartamento è stato affittato! I nuovi inquilini dovrebbero
arrivare oggi”
“Davvero?”, la fanciulla dai capelli ramati parve piuttosto stupita della cosa,
ma non molto interessata.
‘Sarà
l’ennesima famigliola felice!’, si disse tra sé e sé, pensosa.
“Perché
non vai fuori ad aspettarli, tesoro? Sarebbe carino dare loro il benvenuto, non
trovi?”, ruppe il fluire dei suoi pensieri la signora Takenouchi.
“Uhm…okay”, mormorò distrattamente Sora, per nulla entusiasmata all’idea.
Sora
chiuse la porta di casa alle sue spalle e trasse un grosso respiro, che sembrò
riempirle i polmoni. Lentamente si allontanò dall’uscio e si avvicinò al
parapetto bianco del balcone. Affianco, le scale predisposte all'aperto
mettevano in comunicazione i vari appartamenti.
Mentre
appoggiava distrattamente i gomiti alla balaustra, i suoi pensieri volarono nel
mondo magico della fantasia, che le fece immaginare le mille e più possibilità
di persone che i nuovi inquilini della sua palazzina sarebbero potuti essere.
Sora si era immaginata una famiglia composta da quattro, cinque persone, con
magari un bebè a carico. Il capostipite sarebbe stato un tipo alla mano,
mingherlino e dal sorriso affabile, mentre la moglie che lei aveva immaginato
era il classico tipo legato alla famiglia. Poi c’erano i due figli: uno di
dodici, tredici anni, e l’altro di dieci. Presumibilmente il primo sarebbe stato
una femmina. Stava giusto pensando a quanto casino avrebbero potuto combinare i
due ragazzini, quando un camion bianco che posteggiò proprio davanti alla
palazzina attirò la sua attenzione.
‘Vediamo
se ho indovinato!’, si disse, a metà tra il divertito e l’incuriosito, la
fanciulla, intuendo al volo che si trattava del camion dei traslochi dei nuovi
inquilini. Non appena vide lo sportello del passeggero aprirsi, Sora aguzzò la
vista sicura di vedervi uscire una donna da lì. Le sue convinzioni, però,
iniziarono a vacillare non appena distinse un piede rinchiuso in una scarpa
scura, troppo grande e maschile per essere indossata da una madre di famiglia.
Infine crollarono miseramente non appena la figura uscì completamente dal
camion, rivelandosi in tutta la sua bellezza e in tutto il suo essere un
ragazzo. Uno splendido ragazzo.
Sora
spalancò senza quasi accorgersene la bocca, rapita da quella visione celestiale.
Capelli
dorati come il sole più vivo, fisico a dir poco perfetto e postura elegante. Le
sembrava di star rimirando una divinità più che un ragazzo. Il giubbotto nero
che indossava s’intonava perfettamente all’aria misteriosa che aveva lo
sconosciuto. Un’aria che a tratti appariva persino indisponente, ma sempre
tremendamente attraente.
‘Quel
ragazzo è…è bellissimo!!’, non poté fare a meno di pensare Sora senza riuscire a
distogliere lo sguardo da lui. Eppure ne aveva visti di ragazzi carini, vivendo
in una megalopoli come Tokyo. Ma quel ragazzo…quello era veramente stupendo.
Il cuore
di Sora, però, toccò il culmine quando i suoi occhi nocciola videro l’elegante
figura iniziare a salire proprio i gradini del suo palazzo…! ‘Che…che sia lui il
nuovo inquilino?’, si domandò per la prima volta, spossata e in fermento allo
stesso tempo.
Stava
ancora pensando a questo, quando si ritrovò due meravigliosi occhi di un blu
terso fissarla intensamente, quasi volessero carpire la sua parte più recondita
e segreta. Infatti il ragazzo che così prepotentemente aveva attirato le sue
attenzioni le era ormai di fronte, avendo, senza che lei se ne fosse accorta,
superata con passo elegante la prima rampa di scale del condominio. E forse fu
proprio per questo che Sora arrossì violentemente, mentre il suo cuore batteva
come impazzito.
“Ehi
tu”, la voce ferma ma decisa del ragazzo la riportò bruscamente alla realtà,
facendola palpitare.
“I…io?!”
“Vedi
qualcun altro in giro?!”
La
risposta che le diede il ragazzo la fece rimanere alquanto perplessa.
“N…no”,
la giovane Takenouchi lo guardò palesemente frastornata.
“È
questo il palazzo 619?”
“S…sì”
Sora lo
vide sospirare, probabilmente di sollievo, e il suo cuore ebbe un balzo. ‘Oddio!
Possibile che sia veramente lui il nuovo inquilino?!’, si chiese speranzosa.
“Sai
dirmi qual è l’appartamento B?”, le chiese ancora il biondo, senza mai smettere
di fissarla negli occhi.
“C…certamente. È…è quello sopra”, balbettò impacciata Sora, pregando che il
ragazzo non notasse il rossore sul suo volto.
“Uhm…”,
disse per risposta lui, prima di voltarsi e fare per avviarsi al piano di sopra,
rimanendo la povera Takenouchi completamente allibita.
‘Ma
come…se ne va così senza dire nulla?!’, si chiese allibita e leggermente
irritata per essere stata così volutamente ignorata.
“Ah, a
proposito!”
Sora
sorrise felice quando lo vide ritornare sui suoi passi. ‘Ecco, lo sapevo che non
se ne sarebbe mai andato così!’, si ripeté tutta felice.
“Fammi
un favore, ragazzina. Vai a dire a quell’uomo accanto al camion che deve
scaricare al secondo appartamento, okay?”, si raccomandò, prima di salire
l’ultima rampa di scale che lo divideva dal suo nuovo appartamento.
Rimasta
sola Sora si ritrovò suo malgrado a boccheggiare un paio di volte, completamente
allibita dalle parole del ragazzo. Ma poi un senso di rivalsa s’impossessò di
lei, che s’inalberò all’istante.
“Ma come
si permette quel…quello stupido?! Per chi mi ha presa: per la sua schiavetta?!”
Avrebbe
continuato ad inveire contro quel bellissimo quanto sfrontato ed insolente
ragazzo, se una risata palesemente divertita non avesse attirato la sua
attenzione.
Sora si
voltò incuriosita verso le scale e notò, fermo sul penultimo gradino della rampa
di scale, un giovane ragazzo dall’aria affabile che si stava letteralmente
sganasciando dalle risate.
Arrossì
di botto, imbarazzata come non mai per la figuraccia appena fatta con un ragazzo
davvero niente male. Certo, non appariscente come quell’altro, ma in ogni caso
davvero niente male con quel fisico atletico messo in risalto dal jeans e dalla
maglia sportiva, blu, che aveva indossato. I capelli castani, folti e fluenti,
apparivano scomposti sul capo, quasi trasandati, e riuscivano a conferire al
ragazzo un’aria allegra. Il volto dai lineamenti morbidi era caratterizzato
dalla presenza di due vivaci e briosi occhi marroni, capaci di dargli un’aria
affabile e cordiale, totalmente diversa dall’aria che invece aleggiava attorno
al biondino di poco prima.
“Scusa
il mio amico”, fece ad un certo punto il brunetto, salendo anche gli ultimi due
gradini. “A volte è un po’…come dire…indisponente, ecco. Ma ti assicuro che non
è male in fondo”
Il
sorriso che le rivolse fece sciogliere, come neve al sole, il cuore già
fortemente prostrato di Sora, la quale tuttavia non poté fare a meno di
sorridergli grata. Doveva ammettere che quel ragazzo era davvero molto
disponibile e alla mano.
“A
proposito: io sono Taichi Yagami!”, si presentò, con la sua solita allegria, il
ragazzo, porgendole educatamente la mano.
“Sora…
Io mi chiamo Sora Takenouchi”, dopo un’iniziale esitazione, anche la fanciulla
si lasciò andare e strinse la mano che quello le protendeva.
“Sora…
Tu vivi qui?”, s’informò allora Taichi, mentre si guardava incuriosito attorno.
“Sì.
Proprio qui”, indicò l’appartamento A in cui lei viveva con la madre.
“Ah…capisco. Beh, questo vorrà dire che d’ora in poi saremo coinquilini, poiché
da oggi abito all’appartamento B!”, fece tutto allegro il brunetto, ritornando a
posare lo sguardo in quelle calde pozze nocciola.
A quelle
parole Sora strabuzzò gli occhi. ‘Cosa?? All’appartamento B?! Insieme a quel
ragazzo?’, si chiese chiaramente frastornata.
“Io e il
mio amico, che a proposito si chiama Yamato Ishida, ci siamo appena trasferiti
qui”, quasi ebbe udito le sue mute domande, Taichi si affrettò a spiegarle.
A quella
spiegazione, Sora non poté fare a meno di sorridergli, sinceramente
riconoscente. ‘Questo ragazzo…Taichi… È davvero simpatico e socievole!’, si
disse tra sé e sé, contenta di quell’incontro, ‘e poi…non è davvero niente
male!’.
“Come
mai sei arrossita?”
“Eh?”,
la voce di Taichi la riportò dolcemente alla realtà.
“Sei
tutta rossa”, le fece allora notare lui, estremamente divertito.
“Beh,
io…ecco…veramente…”
Notandola così impacciata, al giovane Yagami sorse spontanea una risata, che
ebbe l’effetto di far sorridere anche Sora.
“Ehi,
Taichi! Si può sapere che stai facendo?”, ad interrompere l’allegra risata dei
due ci pensò una voce seria che Sora ormai aveva imparato a conoscere.
La
fanciulla si voltò verso la prima delle due rampe di scale che dava al piano
superiore e immediatamente sul suo volto comparve un’espressione sdegnata quando
scorse la figura del biondino di poco prima.
“Yamato!”, lo accolse calorosamente Yagami.
Il
biondo scese anche gli ultimi gradini, fino a ritrovarsi di fianco all’amico.
Una volta qui i suoi occhi blu si concentrarono nuovamente sull’unica ragazza
presente. Ma stavolta questa sostenne il suo sguardo, visibilmente irritata con
lui per come era stata trattata in precedenza.
“Hai già
conosciuto Sora, non è vero?”, continuò Taichi. “Lei abita proprio
all’appartamento sotto di noi”
Yamato
annuì, senza tuttavia distogliere lo sguardo da lei.
“A
proposito: hai fatto quello che ti avevo chiesto, ragazzina?”, fu l’unica cosa
che disse, rivolto a Sora, che arrossì indignata.
“Guarda
che io ho quindici anni!”, lo apostrofò, gettandogli uno sguardo inceneritore
che però non sembrò scalfire minimamente l’aria imperturbabile del giovane.
“Stai
scherzando, vero?”
Le
parole di lui la rimasero per un istante spiazzata.
“Ma…tu…come…”, balbettò, allibita.
Sora
stava per aggiungere qualcosa, ma le sue parole furono interrotte dal tempestivo
arrivo della signora Takenouchi.
“Sora?”,
Suzuki si affacciò sul pianerottolo, per poi sorridere quando vide i due giovani
ragazzi con la figlia. “Voi due dovete essere i nuovi inquilini”
La donna
si avvicinò al piccolo trio, sfoderando un sorriso cortese.
“Infatti!”, le rispose immediatamente il brunetto, sorridendo affabile. “Sono
Taichi Yagami e lui è Yamato Ishida. Lei invece deve essere la madre di Sora,
suppongo”
“Esattamente. Mi chiamo Suzuki Takenouchi, è un piacere conoscervi”
“Il
piacere è tutto nostro!”, ribatté prontamente Taichi, sfoderando un sorriso
radioso che la donna sembrò apprezzare molto.
“Non ci
sono i vostri genitori?”, s’informò subito dopo Suzuki.
“No. Io
e Yamato abbiamo deciso di venire a vivere qui da soli”, spiegò sempre il
giovane Yagami.
“Ah…capisco”, mormorò allora la donna, anche se appariva chiaramente perplessa.
“Beh, spero che vi troverete bene qui”
“Ne
siamo convinti!”, esclamò sicuro Taichi.
“Se
avete bisogno di una mano per qualsiasi cosa, non esitate a chiamare, intesi?”
“Grazie,
signora Takenouchi. Lei è davvero molto gentile”, mormorò solo il brunetto,
prima di rivolgersi all’amico. “Dai, andiamo a vedere questa casa!”
Yamato
annuì e, dopo aver salutato educatamente la madre di Sora, si avviò al piano di
sopra. Taichi lo imitò immediatamente, ma prima di scomparire dalla vista della
ragazza appena conosciuta si voltò verso di lei e le ammiccò.
“Ci
vediamo presto, Sora!”, le sorrise, affabile come sempre.
La
giovane Takenouchi annuì, contenta. Poi, senza dire nulla, ritornò in casa come
già aveva fatto poco prima la madre.
|