Titolo: Mistakes
Autrice: monstropolis
Rating: Verde
Avvertimenti: Flashfic,
Drammatico.
Conta parole: 380
A/N:
Il titolo è davvero banale, ma non sapevo proprio cosa
mettere. Ne avevo in
mente un altro ma lo userò per una rating arancione
o rosso. Un
po’ strano visto che me la tenevo in
una cartella di fic già scritte °-°
Quello
che posso dire
riguardo la storia? E’ una ipotesi-fic (mia invenzione
lampo).
Racconta
di come Max abbia
continuato a drogarsi sebbene abbia cacciato Ronnie dalla band appunto
per
motivi di droga. L’ho scritta dopo il suo primo rehab e mi
sarei aspettata non
ne uscisse mai, forse perché me lo aspettavo davvero o forse
perché avrei
voluto succedesse, un po’ per fargli capire che ora nella
merda c’era lui e che
ora nessuno sarebbe venuto a dargli una mano, mano che lui non ha dato
a Ronnie.
Ma
ovviamente questa è
tutta roba che la mia mente ha elaborato. In realtà non lo
odio, questo povero
ragazzo e vorrei tanto che le cose si sistemassero completamente.
Dedicata
a Gabri.
Era
una promessa, giusto?
E io non mi chiamo né Ronnie Radke, né Max Green.
Desclaimer:
Max Green non mi appartiene e non beve più, non fuma
più camel né crack,
non assume più ossicodone, né eroina,
né cocaina e non mi paga per scrivere.
Le
mani tremanti e le lacrime che sporcavano quel
bigliettino stropicciato e giallognolo.
Sembrava
veleno.
Un
veleno che macchiava quelle parole scritte tanto
tempo fa.
Un
veleno che non sarebbe più stato risucchiato.
“Ti
prometto che non lo faccio più. Mi sento così
stronzo e sto male. Non preoccuparti, domani torno a casa, ho solo
bisogno di
star solo adesso. Ti voglio bene. Ti amo.”
L’aveva
trovato in bagno un’altra volta.
Aveva
fallito di nuovo.
Entrambi
avevano fallito.
L’uno
aveva mentito ancora, si era impasticcato ancora,
si era messo un ago in vena ancora, aveva avuto bisogno di quella roba
ancora.
L’altro
gli aveva permesso di farlo ancora, non l’aveva
amato abbastanza, non gli aveva fatto capire di essere il sostituto di
tutta
quella nocività.
Sperare
di vedere la porta d’ingresso aprirsi da un
momento all’altro era ormai straziante e voleva smettere di
piangere.
Gli
occhi ancora lucidi e il trucco colato, prese il
cellulare e iniziò a digitare un messaggio come una furia.
“Dovunque
tu sia, sappi che sono qui ad aspettarti.
Torna a casa ti prego. Cercherò di farti stare meglio, te lo
giuro. Non hai
bisogno di quella roba e lo devi capire, voglio fartelo capire prima
che sia
tardi. Ti amo anch’io.”
Inviato.
Erano
passati anni ormai, ma sembrava che il tempo si
fosse fermato o peggio. Il passato si infiltrava come lo spirito di un
demone
sotto la porta del presente.
Il
bigliettino tra le mani.
Poche
frasi che voleva conservare fino alla fine dei
suoi giorni.
Poche
frasi che gli avevano ormai fatto capire che era la
persona più ipocrita di questo mondo.
Lo
aveva amato davvero, ma non era abbastanza per
averlo fermato.
Non
aveva avuto la soddisfazione di essere la persona
che gli avrebbe fatto aprire gli occhi. Anzi, come uno schiaffo, gli era
arrivata in faccia la verità.
Lui
ce l’aveva fatta da solo.
Sembrava
quasi che il suo stargli vicino e le sue
parole non fossero mai servite.
Era
un disturbo così grande che lo portò a fare lo
stesso errore.
L’errore
che lui
aveva fatto in precedenza.
Sentire
quella roba entrarti dentro, nel profondo,
sentirla scorrere e trasportarti lontano, lontano.
Giorni
che gli permisero di sentirsi come lui
si era sentito.
Giorni
in cui si sarebbe perso, fino alla fine.
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