DGM - long fic
Mh. A quanto pare mi
è
stato assegnato il ruolo di narratore di questa storia.
Cercherò di raccontarla
nel modo più oggettivo e imparziale possibile, per quando
riuscirò a
raccontare, senza esprimere opinioni personali, una, o forse anche
più storie
d’amore. No, credo che mi sarà davvero
impossibile. Mi scuso in anticipo se i
miei commenti vi sembreranno fuori luogo, ma è proprio
più forte di me, non
capisco perché il genere umano sia tanto masochista da
volersi innamorare
deliberatamente. Sono convinto che la vita sarebbe molto più
divertente se
tutti si limitassero a rimanere sul piano del
“piacere”.
Ma ora mi tocca
iniziare. Prima però, lasciate che mi presenti.
Il mio nome è Tyki
Mikk, è un vero piacere fare la vostra conoscenza.
Quando quel pomeriggio
il ragazzo dai capelli bianchi entrò facendo tintinnare il
campanello attaccato
allo stipite della porta, ero seduto sulla panchina nel retro del
negozio, e mi
ero appena acceso una sigaretta. Sapete, ricordo ancora quando fumai
per la
prima volta. Dovevo aver avuto la sua età, più o
meno. Ma non è dell’inizio
della mia dipendenza dalla nicotina che devo parlarvi ora, anche se
penso che
sarebbe decisamente più interessante.
«
C’è nessuno? », chiese, guardandosi
attorno mentre si sfilava la sciarpa.
Non avevo la minima intenzione di tornare
dentro per servirlo, anche perché
sapevo che ci avrei messo un’eternità. Quando
Allen Walker entrava nel mio
negozio, se ne andava lasciandolo più o meno vuoto. Non che
la cosa dispiacesse
al mio portafogli, sia chiaro. Ma il mio tempo era prezioso –
così come la mia
sigaretta – e non l’avrei certo buttato per qualcuno
che non fosse stato del
sesso opposto.
«
A-Allen! Anche oggi qui? ».
Mi sporsi leggermente per sbirciare
all’interno, attraverso la porta socchiusa.
Ah, ecco. Siamo a posto, adesso, pensai
sospirando.
«
Ciao, Road. Mikk-san non c’è? ».
Road Kamelot era mia nipote. È, anzi.
Purtroppo non mi sono ancora liberato della sua fastidiosa esistenza.
Sta di
fatto che, oggi come allora, era una mocciosa stressante, lunatica,
egoista, prepotente,
esuberante, sadica, insomma un piccolo concentrato
insopportabilità. Ma la cosa
più strana di tutte, era come si trasformava quando si
trovava davanti Allen
Walker. Diventava completamente un’altra persona, non
scherzo. Si comportava in
un modo talmente dolce e gentile da risultare ancora più
insopportabile. Forse
perché voleva piacergli a tutti i costi. E’ stata
innamorata di lui da… da
sempre, credo. Non ricordo un momento in cui non sbattesse le ciglia
con un
sorriso ebete stampato in faccia di fronte a lui. E
quell’ingenuo ragazzo non
aveva mai sospettato neanche minimamente né cosa provasse
nei suoi confronti,
né di come fosse in realtà, dietro quella
maschera nauseante.
«
Credo
che sia sul retro. Ma posso servirti io, non c’è
problema. ». Tch, dire che
quello era un sorriso ebete, è un eufemismo. Il solo
guardarla mi faceva venire
il diabete.
«
Uhm, allora… Prendo una fetta di quella torta al cioccolato
con le fragole.
Però anche quella con le pere sembra buona…
Facciamo che ne prendo una fetta di
entrambe. Ah, oggi sono fortunato! Ci sono pure quei cannoli siciliani
dell’altra volta! Ne prendo, vediamo… quattro. E
anche un paio di meringhe. E
ovviamente dei chichi dango. ».
Road ridacchiò e si morse il labbro inferiore.
« Credo che dovrai ripetermi tutto un’altra volta,
e un po’ più lentamente. ».
«
Scusa, mi sono lasciato trasportare. », sorrise il ragazzo a
sua volta,
grattandosi la testa leggermente imbarazzato. « Ma non
è colpa mia se questa è
la migliore pasticceria della città. »
«
E
tu sei il nostro miglior cliente! », continuò a
civettare lei.
Vi giuro che non capisco cosa ci trovasse in
lui. Che senso aveva l’essere innamorata di un ragazzo con
cui non poteva
neanche essere se stessa? Eppure Road non smetteva un secondo di
guardarlo con
occhi sognanti, anche mentre prendeva i dolci che aveva ordinato e li
metteva
nel vassoio, rischiando ogni volta di rovesciare il tutto
perché era troppo
persa nei suoi pensieri.
Spensi controvoglia la sigaretta e andai ad
aiutarla, per evitare di ritrovarmi col pavimento ricoperto di crema e
cioccolata.
«
Allen Walker. », lo salutai facendo un cenno verso di lui, e
togliendo la pinza
dalle mani di Road.
«
Ah, salve Mikk-san. Scommetto che era fuori a fumare. Se
continuerà così, prima
o poi le verrà un tumore ai polmoni. »
«
Tu
prega che continui a vivere ancora per molti anni, oppure ti ritroverai
senza
le mie torte. », replicai mentre pesavo il pacchetto.
«
Tyki, le torte non sono tue. Non le fai mica tu, le fa Jerry-san. Tu
non sai
neanche come si fa un uovo sodo. », si intromise Road. Ah ah,
la mia nipotina
preferita. Sarebbe rimasta senza cena, quella sera.
«
Sì, ma il negozio è mio. Morto io, morto il
negozio, morte le torte. »
«
E’
proprio per questo che lo dico, se lei morisse, mi ritroverei davvero
nei
pasticci. »
«
La
tua apprensione nei miei confronti mi commuove, ragazzo. Sono 1071 yen.
E d’ora in poi ti puoi scordare che ti faccia
ancora credito. »
Allen Walker tirò fuori il portafogli, e pagò
quello che doveva pagare, poi se ne andò. Road, dal canto
suo, rimase a fissarlo
imbambolata, continuando ad agitare la mano in segno di saluto
finché non ebbe
girato l’angolo. Giusto il tempo che lui fosse fuori vista, e
lei si
ritrasformò nella belva in miniatura che era di solito.
«
Stupido Tyki, perché sei venuto?! Per una volta eravamo
soli! », mi sbraitò
contro.
«
E
quindi? Non sarebbe cambiato niente lo stesso. Lui viene qui per i
dolci non
per te. », le risposi, posandole una mano sulla testa per
evitare che mi
picchiasse. Infatti cominciò ad agitare i pugni, cercando di
colpirmi senza
risultato, finché non si arrese e mise il broncio.
«
Ma
allora perché dovrebbe venire proprio qui, ogni singolo
giorno? Ci sono tante altre
pasticcerie in cui potrebbe andare! »
«
L’ha detto lui, no? Questa è la migliore
pasticceria della città. Non viene qui
per te, rassegnati. ».
Mi lanciò uno sguardo di fuoco, per poi
togliersi il grembiule e tirarmelo in faccia. La sentii salire al piano
di
sopra con un passo talmente leggero e delicato che avrebbe fatto
invidia alla
migliore ballerina di danza classica, e poi sbattere con la stessa
grazia la
porta dell’appartamento che un destino infame e il
più disgustoso dei fratelli
maggiori che fossero mai esistiti, mi avevano costretto a condividere
con lei.
Vi giuro, capirla mi risultava davvero
impossibile.
Bene,
vi avevo già anticipato
nell’introduzione che vi avrei raccontato più di
una storia d’amore. Devo
informarvi però, che non sono stato testimone diretto di
tutti i fatti che sto
per narrarvi, e che vi narrerò in seguito. Molti mi sono
stati riportati dai
diretti interessati, visto che questi piccoli adolescenti dagli ormoni
in
subbuglio, hanno pensato bene di usufruire della mia sconfinata
pazienza, e di
trattarmi come il loro psicologo personale.
E quindi signori e signore (e ovviamente signorine ♥) il mio
paziente di oggi
è… un certo Guercio-kun.
Stranamente, quella mattina di ottobre, Lavi
Bookman Junior era in orario. Anzi, era addirittura in anticipo. Un
evento
straordinario, per lui che quasi ogni giorno si vedeva chiudere in
faccia il
cancello della scuola dall’affascinante signor bidello.
Sì, perché nel mio
tempo libero mi dilettavo anche a svolgere umili lavoretti (e ad
intrattenermi oltre
l’orario con le professoresse di quella scuola superiore,
ovviamente), quindi
ero ben consapevole dei numerosi ritardi di Guercio-kun.
Quella mattina, come tante altre, stavo
spazzando le foglie dall’ingresso della scuola. Era presto, e
neanche gli
studenti più diligenti erano ancora arrivati.
Perciò immaginatevi il mio
stupore quando vidi Lavi Bookman svoltare l’angolo, ed
entrare di corsa nella
scuola.
«
Bidello-san, che ore sono?! Gli altri sono già tutti
dentro?! E’ così tardi?! »,
mi chiese, ansimando. Io alzai lo sguardo verso di lui dietro gli
occhiali
spessi, e inarcando un sopracciglio gli feci un cenno verso il cancello
alle
sue spalle.
«
Cosa, cosa?! Non dirmi che è arrivato il
vecchio Hitler-… il rispettabilissimo signor vice-preside Leverrier!
», esclamò,
sobbalzando e girandosi.
«
No. », sospirai. « Il cancello. »
«
Il
cancello? Che ha il cancello? E’ rotto? »
«
No. E’ aperto. »
«
E…
quindi? »
«
E
quindi è presto. »
«
E’-… davvero?! »
«
No, per finta. »
«
Questo vuol dire che… CHE SONO IN ORARIO?! »
«
A
quanto pare. »
«
No, ma aspetta, il mio orologio dice che sono le 9:30! »
«
Il
tuo orologio dice fesserie. È quello che è rotto.
Non il mio cancello. »
«
Ah.
Capisco. Quindi sono davvero in orario. »
«
Hai intenzione di ripeterlo ancora quante volte? »
«
Siamo di cattivo umore ‘stamattina, eh, Bidello-san?
». Mi passò un braccio
sulle spalle, atteggiandosi da uomo di mondo. « Che succede?
Puoi confidarti
con me. »
«
Bene, allora. Devi sapere che un certo studente dai capelli rossi di
cui evito
per buona educazione di fare il nome, sta sparpagliando ovunque le
foglie che
ho accuratamente passato la mattina a spazzare dal viale. Ecco cosa
succede. »
«
Scusa! Non me ne ero accorto! T-Ti do una mano a ripulire! »
«
No. Sparisci dalla mia vista prima di causarmi altri problemi.
», replicai,
puntandogli il manico della scopa contro.
«
Okay, me ne vado, me ne vado! », sorrise, alzando le mani in
segno di resa,
mentre si dirigeva nuovamente verso il cancello. « Sai una
cosa, però? Parli
poco, ma quando parli, lo fai proprio bene! Non è che in
realtà dietro
quell’aria da nerd incallito sei un nobile o
qualcos’altro del genere? ».
Rimase a fissarmi per qualche secondo, cercando di valutare quante
possibilità
aveva quell’ipotesi di essere vera. « Naah,
impossibile. ». Per poco non mi
scappò un sorriso mentre lo guardavo allontanarsi.
Credo che
sia stato amore a prima vista, di
quelli che chiamano colpo di fulmine. Da quello che ho capito, era
andata più o
meno così.
Lavi Bookman Junior,
dopo aver gentilmente
sparpagliato le foglie, si era andato a sedere sul marciapiede davanti
alla
scuola, in attesa del suono della campanella. Dovete sapere quindi, che
di fronte
alla scuola dove “lavoravo”, ce n’era
un’altra, un’Accademia femminile privata.
Un piccolo Eden pieno di signorine di buona famiglia, insomma (un Eden
di cui
avevo colto molti frutti, ma questa è un'altra storia).
Beh, fu proprio quella mattina che la saetta
dell’amore colpì il nostro eroe dai capelli rossi,
una saetta incarnata in una
certa signorina di questa Accademia privata, una certa signorina dai
capelli
verdi e due autostrade al posto delle gambe, messe in bella mostra
dalla corta gonna
a pieghe dell’uniforme. Una certa signorina Linalee Lee, non
so se avete
presente.
La signorina Linalee, al contrario di
Guercio-kun, era sempre impeccabilmente in orario. Sarà
stato per il suo forte
senso del dovere, o forse perché era la sorella minore del
preside dell’Accademia
e quindi non poteva permettersi di comportarsi in un modo non consono.
Sta
di fatto che, proprio a causa di questa
differenza di tempismo, l’incantevole fanciulla e il baldo
giovane non si erano
mai incontrati, neanche visti. E bastò uno scambio di
sguardi, un sorriso
accennato sulle labbra della signorina Linalee mentre gli passava
davanti, che il
cuore di Guercio-kun cadde in trappola, e, come se indossasse dei
paraocchi, da
quel momento non vide che lei.
Purtroppo.
Sì, purtroppo per la signorina che camminava
al fianco di Linalee Lee. Guercio-kun rimase talmente folgorato da lei,
che non
si accorse minimamente degli occhi di quest’altra signorina,
di cui non vi
rivelerò il nome, che non smisero un attimo di guardarlo,
dietro le spalle dell’amica.
Per sapere la sua identità, temo proprio che
dovrete pazientare ancora un po’. Un po’ di
suspense non ha mai ucciso nessuno,
no?
Allora…
Arrivederci al prossimo capitolo.
Questi personaggi
non mi appartengono, ma sono proprietà di Hoshino Katsura.
©
Questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
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