Next time
There will be no next time
I apologize
Even though I know it’s lies
I’m tired of the games
I just want her back
I know I’m a liar
If she ever tries to fucking leave again
I’m 'na tie her to the bed
And set the house on fire
~
I
diciotto avevano
rappresentato gli anni del cambiamento per quasi ognuno di loro.
Quando
era stata la volta
di Hibari aveva deciso di riordinare la sua scala delle
priorità e smettere di
andare tutti i giorni alla scuola media Namimori nonostante si fosse
diplomato
ormai da tempo, di certo non avrebbe mai smesso di detenere l'ordine
nella
città, scuola compresa, ed era anzi proprio per difenderla
al meglio che doveva
concentrare maggiormente la sua attenzione altrove.
Quando
era toccato a Tsuna
era giunto il momento di assumersi tutte le sue
responsabilità di boss dei
Vongola ufficialmente, il Nono era morto quasi un anno prima, e di
conseguenza
tutti i guardiani avevano confermato ed iniziato a prendere sul serio
il loro
ruolo, perfino i più restii come Hibari
Kyouya e soprattutto Mukuro Rokudo, pur sempre con le loro motivazioni
del
tutto particolari.
Ma
gli avvenimenti più
eclatanti nelle vite dei due guardiani più distanti della
famiglia più che per
quanto riguardasse i loro ruoli ufficiali probabilmente erano avvenuti
nel
privato.
Negli
ultimi anni infatti,
da quando Mukuro aveva finalmente trovato una libertà
stabile, proprio a causa di
questa e la presenza in un luogo così vicino a Namimori,
l'ossessione che i due
avevano sempre avuto l'un per l'altro fin da quando si erano scontrati
per la
prima volta non aveva fatto altro che accrescersi.
L'averlo
così vicino aveva
portato Hibari a cercare ripetutamente lo scontro, la rivincita, e
Mukuro da
parte sua non aveva di certo mai accennato a volersi tirare indietro di
volta
in volta, di pareggio in pareggio, di sconfitta non accettata e
successiva
rivincita, in una serie di incontri e scontri che diventò
ben presto abituale.
Non
ricordavano nemmeno
lucidamente, era difficile pensare razionalmente a quel periodo, come
il campo
di battaglia si fosse ad un certo punto trasformato dall'arido terreno
nello
scomodo divano sgangherato su cui era solito farsi trovare
l'illusionista, poi
ovunque capitasse a caso, per finire infine tra le fresche lenzuola sul
soffice
letto del guardiano della nuvola.
Agli
inizi glielo aveva
sempre impedito, era arrivato a cacciarlo quando se lo era ritrovato
fuori
casa, ma per qualche motivo per cui Hibari ancora doveva fare i conti
con se stesso,
frequentare la sua casa in perfetto stile giapponese era diventato per
Mukuro
un evento così abituale che non avrebbe saputo dire con
precisione quando era
stato che gli aveva permesso di stanziarcisi definitivamente.
Le
loro vite erano
diventate ormai implicitamente intrecciate, era come se tutti lo
sapessero ma
nessuno ammettesse di sapere, questo perché nemmeno loro si
erano mai presi la
briga di spiegare a qualcuno -forse nemmeno a loro stessi- il
perché di una
tale presenza l'uno nella vita dell'altro, perché
condividevano l'abitazione
come tutto, perché a turno insistessero sempre per lavorare
insieme come se
dovessero controllarsi, benché sapessero entrambi che
nessuno dei due si
sarebbe di certo lasciato uccidere
facilmente.
Era
diventata ormai
praticamente una relazione non detta, nella quale l'uno doveva rendere
conto di
tutto all'altro, anche se non si dichiaravano nulla apertamente e
questo
costituiva solo terreno di scontri.
Spesso
infatti per quel
puro spirito di competizione che non aveva mai smesso di animarli, si
ritrovavano a mettersi a dura prova i nervi a vicenda, con gesti che
andavano
dai più semplici dispetti ed oltre, per la semplice voglia
di spingersi in
difficoltà.
Ma
anche quelle numerose
crisi, superate e finite sempre tornando a condividere il letto, non
erano
servite ad altro se non ad accrescere un rapporto morboso e
conflittuale al
tempo stesso, più che distruggerlo.
Si
confermavano
continuamente la volontà di restare insieme a portare avanti
quel duello
nonostante mancassero le parole e sapessero di non essere compagni,
bensì
sfidanti di una lotta che vedeva come campo la loro vita e avrebbe
visto
vincitore probabilmente quello che avrebbe avuto
i nervi più
saldi.
Era capitato poche volte che
nell'ambito di
qualche amplesso particolarmente coinvolgente Mukuro avesse rivelato il
proprio
amore per l'altro, gridando concitato le due fatidiche
parole che la maggior parte delle persone al
mondo consideravano le più speciali, ma Hibari non si era
mai spinto a tanto né
tantomeno l'illusionista aveva mai espresso razionalmente il desiderio
di
sentirsele dire.
Gli
avvenimenti di quel
giorno sembravano aver configurato la rappresentazione di tutto
ciò che la loro
relazione era sempre stata, dubbi, paure e sofferenze non dette, solo
che
quella volta avrebbe portato al culmine.
Erano
stati tutti convocati
nella base Vongola ancora in costruzione nel piano agibile in cui era
già
funzionante una sala che usavano per le riunioni da quando, avendo
assunto il
titolo di boss e guardiani in carica, ricevevano informazioni e
discutevano sul
da farsi.
Raramente
i guardiani della
nuvola e della nebbia si presentavano in occasioni del genere, le
notizie le
venivano a sapere più che altro per seconde vie anche se
-sembrava
miracolosamente- riuscivano sempre ad essere ben presenti nei momenti
in cui
c'era più bisogno di loro, ma quel giorno sembrava dover
succedere qualcosa
d'importante, per cui si
erano recati
entrambi alla base.
Mukuro
non vedeva Hibari da
quella mattina, non si preoccupavano di dover dare una definizione alla
loro
relazione tanto da escogitare cose come presentarsi separatamente, per
cui più
volte erano apparsi insieme reputando semplicemente ovvio che
così come neanche
loro sembravano interessarsi a ciò che facevano,
nessun'altro avrebbe dovuto
esserlo.
Quel
pomeriggio però Mukuro
si era svegliato da poco appositamente per recarsi alla riunione,
reduce da una
nottata in bianco passata fuori in un lavoro, mentre Hibari era uscito
presto
quella mattina per lo stesso motivo, per cui non si vedevano dal
pomeriggio
della giornata precedente.
Era
stato piuttosto
traumatico quindi rivedere il giapponese dopo quell'arco di tempo in
una
situazione tutt'altro che piacevole.
Mukuro
camminava
velocemente tra i corridoi della base, tra i quali ancora non sapeva
orientarsi
perché non la frequentava mai, aveva fatto tardi e tutti
dovevano trovarsi già
in riunione, per di più non era sicuro di trovarsi nemmeno
nell'ala giusta del
piano.
Ne
ebbe conferma quando,
svoltando un angolo, anziché la porta più o meno
conosciuta vi trovò il
guardiano della pioggia che stringeva tra
le braccia un corpo addossato con le spalle al muro, di una persona che
stava
baciando preso chiaramente da una certa passione,
e dopo qualche secondo riconobbe quel corpo
per lo stesso della persona con cui condivideva il letto tutte le notti.
in
un primo momento prese
subito in considerazione l'idea di scagliarsi su Yamamoto Takeshi,
trapassargli
la testa infilando il tridente in quella dannata bocca e pensare poi
con calma
se fare lo stesso o meno con quella di Hibari, dopo averlo portato via
da lì.
Strinse
però i pugni tanto
da farsi male alle mani e andò via da solo senza fare un bel
niente prima che
si accorgessero della sua presenza, fare una cosa del genere non
rientrava nei
loro metodi, d'altronde non avevano neanche una relazione, non erano
mica
fidanzati, la gelosia non era permessa nel loro rapporto senza
sentimenti,
avrebbe ammesso un legame con l'altro.
In
quel modo però non
venne a sapere in
tempo che pochi
secondi dopo il guardiano della nuvola si liberò da
quell'abbraccio
allontanando violentemente il collega, che quei movimenti dei loro
corpi non
erano affatto dovuti ad un reciproco coinvolgimento, ma al fatto che
l'altro si
dimenava e cercava in tutti i modi di sfuggire a quella presa, ma
quando Mukuro
fosse venuto a saperlo sarebbe stato ormai troppo tardi, quel
meccanismo mal
funzionante si era rotto nello stesso momento in cui era scattata la
molla.
"come mai non ti sei presentato alla riunione oggi?"
Hibari
era rientrato in
quel momento in casa, con una busta contenente la cena che aveva posato
in
cucina prima di recarsi in camera da letto, dove aveva trovato l'altro
steso a
non far niente, sorprendendosi.
"ho
passato l'intero
pomeriggio a vomitare dopo aver visto qualcosa di disgustoso lavorando."
Quella
risposta, data con
quel tono atono, sorprese alquanto il giapponese dato che conosceva
abbastanza
Mukuro da sapere che niente avrebbe potuto smuovere facilmente il suo
stomaco
di ferro e gli occhi abituati alla visione delle peggiori
atrocità.
Inarcò
un sopracciglio
quindi, scrutandolo come se volesse analizzarlo e capirlo, mentre si
sedeva al
suo fianco sul letto rivolto verso di lui.
"cosa
può aver
sconvolto tanto perfino Mukuro Rokudo?"
Nel
porgli quella domanda
allungò una mano ad affondare trai capelli dell'altro che
negli ultimi anni
aveva iniziato a lasciar crescere tanto è vero che li
portava legati in un
codino, che Hibari slegò accarezzandoli meglio in tutta la
loro lunghezza,
stranamente in vena di dimostrazioni d'affetto gratuite, forse
perché trovava
preoccupante la situazione o altro.
"tu."
A
quella risposta semplice
quanto estremamente esauriente dell'illusionista capì
immediatamente, la mano
gli si bloccò nell'atto di pettinare i suoi capelli con le
dita e restò in
silenzio a fissarlo
atterrito,
chiedendosi quanto avesse visto, sentendo istintivamente il bisogno di
giustificarsi senza neanche pensare di rispondergli a tono offendendosi
e
dargli modo di pensare al peggio come avrebbe fatto di solito.
"io…"
"no, non preoccuparti. Non importa davvero."
Mukuro
sembrò intercettare
le difficoltà dell'altro per cui si affrettò a
scuotere la testa e si limitò ad
allungare le braccia per attirarlo a sé, facendolo stendere
al suo fianco ed
abbracciandolo, restando poi in perfetto silenzio.
Hibari
ne rimase stranito,
quando accadeva qualcosa di spiacevole, un malinteso voluto o meno, un
qualsiasi tipo di discussione, l'illusionista era sempre stato quello
che non
sembrava stancarsi di parlare fino a fargli raggiungere lo sfinimento,
mentre
stavolta lui che non aveva mai avuto voglia di sforzarsi a parlare
desiderava
farlo e chiarirsi, mentre l'altro sembrava desiderare il silenzio.
"non
so cosa tu stia
pensando, ma io non l'ho voluto. Lui ha…"
"Kyouya, non importa più."
Nel
ripetersi la stretta di
Mukuro si rafforzò sul corpo dell'altro, che nonostante la
sua forza gli era
sempre sembrato fragile, eppure mai gli era sembrato tale come in quel
momento
in cui al contempo le sue braccia si
lasciarono cadere piegate davanti al petto come prive di forza,
lasciandosi
chiudere in quell'abbraccio che non riusciva a respingere eppure non
riusciva a
ricambiare.
Lo fissò in
silenzio chiedendosi il
significato di quel gesto e quelle parole, non riusciva a capire,
perché se
quella cosa sembrava averlo colpito tanto non volesse parlarne,
né lo
attaccasse, ma si limitasse a tenerlo al suo fianco in quel modo. Lo
comprendeva e non aveva motivo di preoccuparsi, forse? Ma soprattutto
perché
lui si stava preoccupando tanto di voler essere compreso da Mukuro? Lui
che
aveva sempre affermato la sua indipendenza per primo, la sua
libertà di fare
qualunque cosa volesse, secondo i loro canoni e ciò che
avevano stabilito
vivendo insieme, se anche avesse voluto ricambiare davvero Yamamoto
all'altro
non sarebbe dovuto interessare e soprattutto lui non gli doveva alcuna
spiegazione.
Ma
improvvisamente tutti
quei momenti passati a litigare per dichiarare l'uno più
distacco dall'altro
gli sembravano così inutili, vederlo così
remissivo e rassegnato gli fece
capire che non era questo ciò che voleva, che avrebbe
preferito sentirlo
urlargli addosso, vederlo infuriato…
voleva che fosse geloso di lui, voleva che desiderasse averlo per lui e
non
concorde a cederlo ad altri, questa era la verità che gli si
parò in un istante
davanti, facendolo sentire sul baratro delle proprie emozioni, una
sensazione
mai provata prima, ma per la prima volta si sentiva sull'orlo di poter
provare
paura di perdere Mukuro.
Paura
che si andò a
concretizzare ben presto quando si ridestò dai propri
pensieri, spalancò gli
occhi tornando a rendersi conto di ciò che lo circondasse, e
si rese conto di
provare un caldo improbabile.
Sotto
di loro, al di sotto
del letto, sentì il rumore di fiamme crepitare e si rese
conto con orrore di
cosa stesse accadendo.
Non
importa più aveva detto l'altro, ed ora capiva il
perché, cosa intendesse
realmente dire.
Più
ancora che dalla paura
fu colto dal panico, vedere Mukuro di fronte a sé
così calmo mentre aumentava
sempre di più la stretta attorno alla sua vita era
agghiacciante, l'idea di
perdere lui e la propria vita proprio nel momento in cui si era accorto
di cosa
volesse da entrambe le cose lo era ancora di più.
"n-no…
Mukuro,
ascolta, non c'è bisogno di ricorrere a questo! Io non
volevo nulla di quello
che hai visto!"
La
voce che gli tremava,
quante rare volte Hibari Kyouya si era ritrovato ad averla, e non di
sicuro per
implorare comprensione come stava facendo in quel momento.
"lo
so, ti credo, ma
non si tratta solo di questo… fidati Kyouya, saremo
finalmente più
felici."
"che…
che stai
dicendo!? Mukuro, saremo MORTI!"
"smetteremo
di soffrire."
Non
lo capiva, non lo
accettava, non riusciva a concepire come facesse l'illusionista a
restare così
tranquillo ed a rispondergli in quel modo mentre tutto intorno a loro
iniziava
a prendere fuoco.
Sentiva
il pavimento
minacciare di cedere, il fuoco aveva raggiunto una lampada su un
comodino
completamente in fiamme e ne sentì esplodere la lampadina
alle proprie spalle.
Tutto
intorno a Hibari
iniziava a distruggersi, bruciare, e lui si accorse di esserne davvero
terrorizzato perché per la prima volta in vita sua non ne
vedeva un'uscita che
dipendesse unicamente da lui e la sua forza, dipendeva da Mukuro e
quanto ci
avrebbe messo a farlo rinsavire.
Spaventato,
fece quasi un
salto in avanti addossandosi maggiormente al corpo del più
alto, ricambiando ora
l'abbraccio e stringendosi ancora di più a lui, come se
trovasse protezione e
conforto in lui, come se non fosse quel ragazzo stesso a minacciare di
essere
il suo carnefice.
Dal
canto suo Mukuro
continuava a mostrarsi tranquillo, sereno, quasi non aspettasse altro,
e si
limitò a stringere sempre più che poteva l'altro
tra le proprie braccia, con le
gambe che si intrecciavano, e gli accarezzava la testa in alcuni
momenti come
se cercasse di calmarlo, quasi come
se
stesse succedendo qualcosa del tutto normale che Hibari doveva
semplicemente
accettare con lucidità, e lui fosse lì per
aiutarlo.
"basta,
smettila,
Lasciami andare! Metti fine a tutto questo! È una pazzia,
non ha senso!
Perché!?"
Hibari cominciò a dimenarsi e battere i pugni contro il petto di Mukuro che
però continuò con quelle
semplici carezze, con quell'abbraccio che gli impediva di scappare,
allora
continuò ad urlargli in faccia quelle richieste di
pietà, desiderando che la
smettesse, fin quando si sentì privo della forza di
implorare, di lottare ed
iniziò a piangere senza neanche accorgersi che le lacrime
avevano iniziato ad
inondargli gli occhi e solcargli il viso.
Se
ne rese conto soltanto
quando Mukuro gli premette una mano sulla testa, tra i capelli, e lo
spinse ad
affondare il volto nell'incavo della sua spalla come se volesse ancora
consolarlo, come se partecipasse al suo dolore e provasse appunto a
mettervi
fine.
Trovava
assurda quella
situazione, ma mai come in quel momento il difensore di Namimori
sentiva
pressante il desiderio di parlare, riversare tutto, forse proprio per
la
disperazione all'idea che potesse essere l'ultima occasione per parlare
o al
contrario per la grande speranza che potesse essere l'unico modo per
salvarsi,
e lasciò libera la propria mente di lasciar andare tutto
quello che il cuore
aveva sempre desiderato dire, svuotandosi completamente, sincero.
"Mukuro…
Mukuro
smettila, ti prego! Io… perché io ti amo, TI AMO e non me ne importa niente
di tutto quello che
abbiamo detto, dell'essere nemici, del non lasciarci coinvolgere dai
sentimenti, io voglio continuare tutta la mia vita con te, con te
soltanto!
Voglio stare con te Mukuro, ti prego, non abbandonarmi proprio ora che
lo so e
torna in te!"
Hibari
evidentemente non lo
sapeva ma Mukuro sapeva benissimo di quei sentimenti già da
prima di quella
sera.
Quello
che non poteva
capire probabilmente era che,
essendosi
per primo reso conto dei loro sentimenti che provavano reciprocamente
ed
avendoli potuti comprendere, era giunto alla conclusione che non
esistesse
altra soluzione migliore che quella.
In
verità aveva capito che
in quegli anni tutte le volte che si erano scontrati ferendosi a
vicenda erano
stati mossi proprio da quei sentimenti, e per quanto entrambi
affermassero il
contrario, avevano iniziato ad uccidersi lentamente a vicenda con colpi nell'animo.
Era
stanco di soffrire a
quel modo,dichiararsi il loro amore e magari anche decidere di vivere
come una
coppia non avrebbe di certo salvato la loro situazione. Loro erano
fatti in
quel modo e si sarebbero sempre vissuti in quel modo, se ne era reso
conto
abbastanza da decidere che sarebbe stato meglio darsi fuoco insieme sul
loro
letto piuttosto che continuare a vivere insieme.
Da
quando aveva lasciato
che il suo interesse per Hibari si sviluppasse fino a diventare altro,
Mukuro
aveva sperimentato i più diversi sentimenti che non pensava
di poter mai
provare, proprio per quel ragazzo che avrebbe voluto eternamente
considerare
propria vittima e al contempo miglior rivale.
Li
aveva vissuti tutti, dal
desiderio alla gelosia, e si era accorto di avere un cuore
sentimentalmente
parlando come facevano le persone comuni, un cuore che però
non faceva altro
che appassire sotto il peso di tutti i sentimenti repressi che lo
schiacciavano.
Ad
ogni gesto di Hibari ne
deriva una sua sofferenza, che fosse un raro momento di dolcezza che
non poteva
godersi appieno perché doveva mantenere la sua facciata
disinteressata o
all'opposto una dimostrazione di disinteresse nei suoi confronti che lo
faceva
rodere in preda alla gelosia e le paranoie.
Ormai
aveva capito che
appunto amandosi loro due erano destinati a non farsi altro che del
male,
piuttosto che accogliere il suo amore e donare il proprio, vivendo un
sogno che
sarebbero finiti col distruggere da soli, preferiva mostrarsi mostruoso
e
mettere fine a tutto quello prima ancora che iniziasse sul serio.
Era
egoista e non poteva
semplicemente lasciarlo andare, rischiando magari che Hibari potesse
trovare la
felicità altrove senza di lui.
Per
questi motivi aveva
deciso di estinguersi insieme in quel momento, almeno sarebbero morti
prima di
distruggersi completamente a vicenda e finire ad odiarsi.
Continuava
a non
rispondergli, e la mancanza di reazioni alla sua dichiarazione fu presa
da
Hibari come un'incomprensibile freddezza da mostrare in quel momento.
Desiderando
ora sul serio
nient'altro che allontanarsi da lui, riuscì finalmente a
farsi la forza
necessaria per spingerlo lontano da sé e liberarsi del suo
abbraccio, scappando
giù dal letto con un salto.
Mukuro
però per quanto
sembrasse assente era più che sveglio, e si
affrettò a rincorrerlo,
afferrandolo per le spalle e facendo peso col proprio corpo su quello
del più
basso per cadere entrambi sul pavimento, in alcune parti già
divorato dalle
fiamme.
Fu
forse per i loro
movimenti bruschi, ma il letto cedette in quel momento
a sfasciarsi su se stesso ed il materasso
venne assalito dalle fiamme, maggiore fuoco che si univa al fuoco,
mentre delle
travi cadevano dal soffitto e tutto intorno era solo un fracasso
frastornante
di fuoco crepitante e oggetti distrutti.
Non
ce la faceva più,
voleva soltanto che tutto finisse ed iniziò a provare
sentimenti decisamente
contrastanti per l'illusionista, dal quale si sentiva privato di ogni
speranza,
di ogni possibilità per poter vivere ciò che
desiderava proprio con lui.
E
anche stavolta,
sorprendentemente, diversamente dal solito, mentre Mukuro taceva le
proprie
paure ed i perché delle proprie intenzioni, irremovibile dal
cambiare nulla,
Hibari gridava ed ammetteva tutto, tirava fuori ogni verità
di sé, ogni
speranza, ogni voglia di trasformare quella sofferenza in qualcosa di
nuovo.
"perché non vuoi ascoltarmi!? Non mi credi!? Voglio vivere
con te, voglio
vivere, Mukuro! Io TI ODIO! Perché, perché mi hai
dato uno stupido cuore se
volevi distruggerlo?! Perché ti devo odiare solo per
amarti?! Mi hai mostrato
tutti quegli inutili sentimenti, mi sento un erbivoro per colpa tua, mi
sono
rimasti addosso tutti, li provo tutti e tu
vuoi privarmene così ora, vuoi impedirmi di
viverli! Mi hai dato un
cuore solo per divorarmelo… mi hai fatto vivere solo per
uccidermi… io
ti-"
Le
parole giunte
all'esasperazione di Hibari si spensero lasciando il posto alle urla di
dolore
nel momento in cui
il fuoco raggiunse i
loro corpi ancora abbracciati e prese ad attaccargli i vestiti e poi la
pelle.
Soltanto
in quel momento
Mukuro sembrò allarmato, silenzioso come era rimasto tutto
il tempo,lasciò
trasparire soltanto la propria espressione sofferente a vedere l'amato
agonizzante.
Non
voleva che soffrisse,
lui non lo meritava, voleva tenere quel dolore tutto per sé
per cui per
esonerarlo da quella sofferenza in più portò una
mano alla testa del
giapponese, facendogliela sbattere con forza contro il pavimento in modo che perdesse i
sensi.
Almeno
in quel modo non se
ne sarebbe nemmeno accorto, e questo gli dava sollievo anche
perché non voleva
morire sentendosi dire dall'uomo per cui stava perdendo la vita che lo
odiasse.
Era
tutto un enorme
controsenso, ne era consapevole, mentre abbracciava il corpo esanime
del
compagno -in punto di morte sì, ammetteva di considerarlo
tale- e lo copriva
col proprio corpo quasi volesse proteggerlo, mentre insofferente si
lasciava
consumare dalle fiamme.
Nella
prossima vita forse
sarebbero nati più sinceri, c'era la speranza che loro che
si erano
contraddistinti per la loro forza ed il coraggio di mettersi a rischio,
forse
prima o poi l'avrebbero avuta anche per vivere insieme.
Nella
prossima vita, forse,
sarebbero nati più coraggiosi.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Ultimamente
vengono così….
Giuro che è l'ultima botta angst che scrivo con gran
suicidio finale dei pg,
dalla prossima si torna a scrivere roba allegra D: /
comunque, metto le mani avanti e ci tengo a
precisare che il mio spirito ultras 8059 e 6918 mi porta a provare
totale
ribrezzo alla sola idea di Yamamoto che possa fare una cosa del genere,
che non
mi sarebbe mai venuta in mente di mio ed infatti è inserita
a caso qui solo per
accontentare quella disgraziata
della mia PARTNAAAAAA' ò_ò cui tra l'altro dedico
con tanto ammmore e ottimismo
questo bel mobile di fic, contenta? 8D <3
ah, la fic intera, titolo e citazione all'inizio sono ispirati da "love
the way you lie" di Eminem e Rihanna.
|