School
Allora,
questa storia è uscita di getto all'improvviso,
perché mi andava si.
Essenzialmente è una slash quindi don't like, don't read.
Mmm... dovrebbe iniziare introducendo tre dei cinque protagonisti, con
annesso nucleo composto dai loro compagni di classe, per poi sviluppare
la trama che essenzialmente dovrebbe reggersi su di loro. E' un terzo
anno nella loro scuola, e non ho ancora dato una locazione precisa.
La prima Original che scrivo, per cui siate buoni °°
Diamine!- chiuse
il frigorifero guardando in modo ansioso l'orologio che segnava le
sette e venti precise.
Era in ritardo, un terribile ritardo.
Iniziava bene fin dal secondo giorno di scuola.
Corse in camera raccogliendo le ultime cose, tra cui il cellulare che
segnava un paio di messaggi non letti;
pazienza, avrebbe avuto tutto il tempo del mondo, una volta seduto
sulla comoda poltroncina del bus, per leggerli e rispondere.
Tutto il tragitto da casa alla fermata lo trascorse aggiustandosi una
manica della camicia blu arrotolata, che era girata in modo alquanto
indecente e gli dava continuamente fastidio scendendo.
Finalmente.
Era seduto al suo posto, con le solite tendine gialle lì in
alto, la tracolla sull'altro posto per tenerlo occupato, e la musica
nelle orecchie.
Eccola che
arrivava.
Sciatta e pacata con il telefono nero con annesso fodero in mano
camminando con la lentezza tale di chi dovesse andare al patibolo.
Perché si sa, il secondo giorno di scuola è
sempre così.
Salì lentamente i pochi gradini del pulman guardandosi
attorno e
riconoscendo la capigliatura familiare e camminando verso di lui.
Non appena fu abbastanza vicina un sorrisetto comparve sulle labbra
dell'altro.
-hai abbinato i vestiti
al pulman? spera che sia lo stesso anche al ritorno.
Esattamente, era lui, con il suo solito sarcasmo da
quattro soldi, anche se aveva ragione:
Maglia, scarpe, frontino e bracciali gialli sembravano fin troppo poco
casuali, ma parliamoci chiaro, nessuno abbina gli abiti ad un bus.
-tu come al solito
vestito alla cazzo?
-certo tesoro, come sempre mi vesto al buio.
Tolse lo zaino dall'altro posto facendola sedere e dandogli poi un
bacio sulla guancia.
Tra loro era sempre stato così.
Si conoscevano ormai da nove lunghi anni, e l'uno per l'altra, era il
punto di base, il sostegno, questo insieme ad una seconda ragazza che
però non aveva i loro stessi orari.
Scuole diverse, orari diversi, bus diversi.
-Dai che oggi sono
più abbinato del solito: ho le scarpe blu!
Abbassò lo sguardo verso i suoi piedi
guardandolo con aria di sufficienza.
-Pura botta di culo.
-Vero.
La mattinata continuò tranquilla tra un messaggio e una
chiacchiera fino a quando, alle otto quasi precise erano entrambi in
classe, il primo ad armeggiare ancora con il telefono e la seconda a
dondolare distrattamente le gambe seduta su un banco guardando le
persone che passavano fuori la classe.
Li avevano spostati, gli altri due anni erano sempre stati ai piani
superiori dove c'era comunque più traffico, mentre quel
terzo
anno, praticamente affianco all'entrata, che infinita tristezza.
"Che tristezza" abituatevi a questa affermazione che è
quella
che sentirete più spesso, almeno uscire dalla bocca di
Andrew.
Circa una cinquantina di volte al giorno.
Ma non per questo è una persona triste o depressa, anzi, lo
dice più per hobby che per altro.
Arrivò in classe tutta sparata, con i suoi ricci corvini
svolazzanti e tesi come tante piccole molle.
Margaret era una persona abbastanza... intrigante ecco.
Non si sapeva mai da che parte stava, se mentiva o era la pura
verità, in tutte le sue parole c'era un uno scopo preciso,
o,
semplicemente doveva dare fastidio.
-Ragà ma che
abbiamo oggi?
-Onestamente? non ne ho
proprio idea.
Ovvio, non puoi pretendere di conoscere già
tutto l'orario il secondo giorno di scuola, inammisibile.
-Cioè, io
ancora non riesco a credere che siamo in terza!
Jennifer distolse lo sguardo dalla porta guardando un
ragazzo che oramai era in quarta.
-Non devi crederci, te
ne accorgerai quando inizierai a vedere Stuart cinque giorni su sei.
Eccola nuovamente con la sua saccenza, anche se aveva
sollevato
un problema abbastanza rilevante: nove ore con il professore
più
sadico che esista.
Provate a chiedere a James che rimase 56 minuti precisi alla lavagna
con le lacrime agli occhi perché non riusciva a risolvere un
semplice calcolo percentuale.
La classe era praticamente piena, dire che fino all'anno precedente
erano si e no una decina, mentre ora erano circa raddoppiati.
Aveva smesso da poco di rintoccare nelle sue orecchie il suono della
campanella, mentre con calma dava un'ultima occhiata fuori appoggiato
alla porta tornando dentro.
Non era passato.
Erano ormai tre mesi che non vedeva la persona che aveva rapito
definitivamente il suo cuore.
Con quel sorriso, con quegli occhi, con tutto.
Uno strano motivetto gutturale iniziò a farsi poco a poco
più forte dietro l'angolo: era ovviamente la prof di
italiano,
una persona alquanto... ignorante ecco.
La conosceva da nemmeno quarant'otto ore ma già, grazie alla
sua
reputazione, aveva potuto farsi un'idea di come fosse quella donna.
Tornarono velocemente ai loro posti lasciando che quell'ora passasse
abbastanza velocemente tra uno sbadiglio e un altro, fin quando la
campana non segnò il cambio.
Ora, parliamoci chiaramente: piano terra, a pochi metri dalla
presidenza, appena dopo il locale adibito al bar, da quelle parti non
passava praticamente nessuno apparte quelli che andavano in bagno.
-Mi manca quel cafone di
George.
-Veramente dovrebbe mancare a me.
-Manca anche a me, lui e tutta la sua combricola di cafoni.
Si guardavano come due stupidi sbuffando.
I ragazzi di quinta erano andati, ed essendo ormai di terza avevano
poco su cui spettegolare visto che le classi superiori si erano sempre
più ridotte.
Michael corse in classe sistemando i suoi occhiali da vista firmati
senza gradazioni -perché si, li portava per farsi figo- e
tirando un enorme sospiro.
-Sta arrivando Stuart!
In pochi secondi tutti si sistemarono ai propri posti e quando il
professore, abbastanza bassino, entrò in classe si alzarono
tutti sedendosi ad un suo cenno.
Dietro l'uomo entrò anche un ragazzo.
Inutile dire che la testa di Andrew era andata in tilt.
Alto -almeno più di lui- con delle spalle ben scolpite, la
mascella abbastanza squadrata, degli intensi occhi che erano una via di
mezzo tra il blu e l'azzurro, avrebbe osato dire cobalto;
portava dei pantaloncini a vita bassa e tre quarti che gli arrivavano
al ginocchio
lasciando in bella vista le cosce abbronzate. Delle spalle abbastanza
muscolose e un cappellino che nascondeva i suoi capelli abbastanza
mossi e non troppo corti.
-Lui è Jason,
è arrivato oggi e... e niente, dategli un cavolo di posto.
Il ragazzo si andò a sedere all'ultimo banco a destra vicino
ad uno di quelli nuovi che stava sulle sue.
Si girò casualmente con la scusa di parlare con Robert per
poter
guardare verso destra e si, quello che vedeva gli piaceva, e anche
tanto.
Cioè no, aveva quella mascella che vista bene non era
decisamente bella, alcune irregolarità nella barba fatta, ma
cosa importa?
Sappiamo tutti che non era lui a parlare, ma il suo lato morto di
cazzo, perché ovviamente non aveva ancora visto Eric, e non
avendolo visto non aveva modo di sfogare la sua frustrazione sessuale.
Era in ritardo? Solo un'oretta.
E il primo giorno di scuola gli avrebbe concesso questo ed altro vero?
Certo, il primo giorno in una nuova scuola, era stanco di stare in
quello strano posto e non ci avrebbe passato il quarto anno consecutivo.
Aveva cambiato scuola dopo essere stato bocciato per le troppe assenze,
come se qualche filone fosse qualcosa di esagerato.
Tirò su i pantaloni sistemandoli meglio e fissando poi quell
uomo affatto alto che camminava davanti a lui.
Si vedeva lontanto un miglio che era un tipo tosto, bastavano i
pantaloni e la giacca, per non parlare del cravattino e le scarpe da
sala.
Evidentemente nelle sue ore avrebbe evitato di chiedere il permesso di
uscire per andare a fumare, decisamente.
Entrò nell'aula lasciandosi annunciare ed individuando
subito un
posto abbastanza nascosto che sarebbe diventato presto suo.
Aveva tutti gli occhi addosso? Era normale: era il nuovo arrivato e in
quanto tale dovevano squadrarlo come si deve.
Si lasciò scappare un sorrisetto.
Si guardò nuovamente attorno, era il suo turno di squadrare
gli altri.
C'erano poche persone, doveva ammetterlo, e la maggior parte erano
ragazzi affatto degni di nota.
Solo tre persone lo avevano solleticato:
Robert, che praticamente conosceva da quando erano bambini, e che dal
giorno dopo gli avrebbe dato un passaggio obbligatorio.
Gabriel dall'altra parte dell'aula con la testa rasata, il cappellino e
la forma delle sigarette nella tasca, sarebbero diventati amici, presto.
E infine Andrew, che lo stava osservando con curiosità.
Incrociò lo sguardò con il suo ridacchiando prima
di chinarsi sulla borsa e cacciare il minimo occorrente.
Oh cielo.. aveva un sorriso davvero, davvero stupendo.
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