Animal instinct
“- Signora… lo dobbiamo
portare via… - cercò un uomo con una divisa di color blu di fermare una
donna in preda al panico – Lo facciamo solamente per il suo bene!
Carol, questo il nome
della donna, tentò in tutti i modi di svincolarsi dalla presa di un
assistente sociale, mentre i suoi occhi osservavano disperati il suo
unico figlio di 9 anni, Travis, venir portato via da altre due persone
che lo presero per le braccia.
- Figliolo… - furono le
sue uniche parole quando, una volta abbandonata a terra, vide una
macchina nera allontanarsi fino a scomparire nell’orizzonte.
E tutto ciò sotto lo
sguardo curioso dei vicini di casa.”
New York.
In un’abitazione nei pressi di Central Park, una donna dell’età di soli
25 anni, era distesa sul letto giocherellando con un triceratopo,
l’unico giocattolo che è riuscita a salvare prima che portassero via da
quella casa tutto ciò che riguardava il bambino.
E adesso era rimasta sola.
Non c’era nessuno a farle compagnia, neanche suo marito, andatosene di
casa 6 anni fa a causa di un’altra donna.
- È solamente colpa sua… - continua a chiedersi fra sé, poiché
immaginava che tutto questo caos era stato provocato dal suo oramai ex
coniuge, che aveva preteso fin da subito il bambino in maniera
esclusiva da quando aveva saputo che Carol iniziava a frequentare un
altro uomo.
Ed ogni sua mossa sbagliata era solamente un passo in più per
allontanarsi ancora da Travis.
“Due persone ripresero a
litigare in cucina a suon di spintoni, come era d’abitudine da alcuni
mesi.
- Io non ti amo più,
ancora devi metterlo in testa? – urlò Dave in faccia alla propria
moglie - Nel mio cuore esiste solamente Paris…
- Quell’oca senza
cervello della tua segretaria? – rispose a modo.
- Si, hai
qualche problema?
- E non pensi almeno a
tuo figlio?
La donna non aveva idea
che quella domanda avrebbe significato solamente la sua rovina, ma in
quel momento la delusione faceva annebbiare ogni forma di ragionamento
e di logica.
Già…
Quel maledetto
interrogativo.
Perché era uscito dalla
sua bocca?
Infatti, dopo aver
tentato inutilmente di fermarlo prendendolo per il braccio, Dave si
liberò brutalmente della presa facendola quasi perdere l’equilibrio.
- Sei fortunata che
Travis non sia a casa in questo momento, sennò l’avrei portato via con
me! – e la donna lo guardò incredula – E non avrò pace fino a quando
non sarà per sempre lontano da te!
L’uomo si voltò di
scatto e, una volta prese delle valigie dalla camera da letto con
dentro tutta la sua roba, si avviò verso la porta, la quale sbatté così
violentemente che, per la forte vibrazione, fece cadere un quadro
appeso nelle vicinanze.”
Lasciò sul letto il piccolo giocattolo e, una volta alzatosi dal letto,
i suoi passi la portarono davanti al suo armadio, dove prese alcuni
abiti che finirono dentro una grande borsa colorata.
Ma ciò non fu questo l’unico gesto che fece.
Infatti, dopo aver riafferrato il dinosauro, si preparò in modo da
poter uscire da quella maledetta casa e, una volta presi anche tutti i
suoi ultimi risparmi, abbandonò l’abitazione, mettendo in moto la sua
macchina, che partì a tutto gas.
“- Credo che in questo
momento molto particolare della sua vita lei debba stare a casa con suo
figlio, per altro molto piccolo per poterlo lasciarlo solo…
Un uomo dai lunghi baffi
grigi era comodamente seduto dietro una scrivania piena di roba e,
mentre parlava alla donna, non toglieva lo sguardo dallo schermo del
suo computer.
- La prego, a me serve
urgentemente questo lavoro! Sennò come posso far crescere Travis?
- Questo non è un mio
problema, signora… - e la guardò per un istante negli occhi -
Perché non provi a risposarsi con un ricco magnaccio e a fare la
casalinga?
La donna, a quelle
parole, cercò di reagire, ma fu fermata dalle ultime parole dell’uomo
che, alzatosi, la strascinò via dalla stanza.
- Siete licenziata! – e
richiuse a chiave la porta in modo da non poter far entrare Carol, che
corse via piangendo, seguita con lo sguardo dai suoi oramai
ex colleghi, che cominciarono a parlottare a bassa voce qualcosa di
incomprensibile.“
Sapeva che quello che stava per fare era contro la legge, visto che
qualche giorno dopo l’allontanamento del figlio aveva ricevuto una
lettera degli assistenti sociali che la vietavano espressamente, per
ordine del giudice, di avvicinarsi a suo figlio, a causa della sua non
curanza di poterlo curare e crescere da sola, senza neanche un lavoro
stabile e sicuro.
Ma non è certamente colpa sua se nessuno cerca una donna con a carico
della prole!
Per questa motivo, decisa come non mai, si diresse verso la scuola
elementare con indosso una lunga parrucca nera e un grosso paio di
occhiali neri e, prima di varcare i cancelli, fece un gran respiro.
- Andrà tutto bene… - continuava a ripetere fra sé anche quando scese
dalla macchina- Tra un po’ ti potrò riabbracciare!
Così entrò decisa all’interno dell’istituto, trovandosi davanti a sé un
vecchio bidello annoiato, che, dopo aver posato su una piccola
scrivania accanto alla segreteria una penna, visto che stava perdendo
tempo ultimando dei cruciverba, la guardò mezzo addormentato.
- Salve, sono la zia di Travis… È successo una cosa terribile: il padre
ha avuto un incidente stradale ed ha chiesto immediatamente
di suo figlio.
L’uomo non pronunciò nessuna parola e, una volta corso in classe, uscì
qualche minuto dopo con Travis , il quale, con la faccia preoccupata,
guardò attentamente la donna davanti a lei.
Carol abbassò per un attimo i suoi occhiali, facendo notare gli occhi,
per poi prenderlo per la mano e camminare a passi svelti verso l’uscita
della scuola, compilando prima tutti i moduli necessari, ovviamente
formando con un nome falso.
- Ma cosa ci fai… - incominciò a parlare il bambino, ma fu
immediatamente zittito dalla madre.
- Adesso no… ne parleremo più tardi!
La donna, con molta fretta,fece sedere il bambino nei sedili
posteriori, mentre qualche istante dopo si accomodò alla guida,
mettendo subito in moto.
- Mi sei mancato, figliolo! – e si tolse la parrucca buttandola sul
sedile accanto a lei.
- Mamma! – e il bambino, mettendosi in ginocchio su quello dietro,
abbracciò il genitore, quando poi, osservando in giro, rimase un po’
perplesso – Dove stiamo andando?
- Che ne dici di una vacanza solamente noi due? – e, voltandosi,
accennò ad un mezzo sorriso.
Da quel momento i due intrapresero il loro viaggio, ciò nonostante
Carol non aveva idea su dove andare: era sicura solamente di voler
allontanarsi per sempre dallo stesso posto dove avrebbe potuto
incontrare, per svariati motivi, il padre del bambino e suo ex marito.
“- Cosa è questo?
La donna stava
osservando nella sua mano una strana busta sigillata che aveva appena
ritirata dalla cassetta della posta, e non riuscendo ad aprirla, si
sedette sul divano, in modo da scoprire il contenuto con tutta calma.
Decise di stappare un
lato della lettera, per poi ritrovarsi fra le dita un bianco foglio di
carta con alcune scritte .
La donna si avviò a
leggere attentamente il suo contenuto, e questo gesto lo ripeté
moltissime volte finché quel messaggio non le era entrato nella sua
mente.
O forse non era sua
intenzione farlo.”
Per alcuni minuti non proferì parola.
Il suo solo desiderio era quello di voler sentire dopo tempo
di silenzio la voce del figlio cantare delle canzoncine per bambini, ma
nella sua mente comparve unicamente ciò che aveva letto qualche mese
prima in quella stupida missiva dell’avvocato.
“Una lettera di
divorzio?!?
Carol rimase senza
parole, nonostante nel suo cuore sapeva che prima o poi doveva
riceverla, specialmente dopo l’abbandono di Dave per quella stupida e
bionda sciacquetta da quattro soldi.
- Cosa faccio, adesso? –
ripeteva guardando un punto fisso davanti a sé – Cosa ne sarà di
Travis? ”
Non si sa quanti chilometri aveva percorso la macchina, e perfino il
bambino, che non capiva ancora dove stava andando, si era addormentato
sdraiatosi sui sedili posteriori, mentre la mamma guardava davanti a sé
il lunghissimo percorso non accorgendosi che erano giunti fuori la
Grande Mela.
Intanto il sole stava quasi per tramontare, perciò la 25enne decise di
fermarsi in un piccolo pub fuori città in modo da poter mettere
qualcosa sotto i denti, così, dopo aver svegliato Travis dal suo sonno,
lo prese mano per la mano avviandosi assieme verso il negozio.
- Mamma, ho fame… - incominciò a lamentarsi il figlio toccandosi la
pancia – Essa sta comincia a brontolare…
La madre come risposta gli sorrise e, con il bambino pieno
d’entusiasmo, entrò dentro, notando però il deserto che regnava là
dentro.
Ma in quell’istante non importava nulla e, una volta seduti ad un
tavolo, afferrò in mano il menù in modo da poterlo consultare.
“Che prezzi…” rifletté Carol lamentandosi del costo del cibo, ma, non
volendo fa vedere la sua faccia preoccupata al ragazzino, gli accennò
un sorriso ad ogni suo sguardo.
Decisero di ordinare due grandi coppe di gelato, entrambi al triplo
gusto di cioccolato, panna e vaniglia, come quando uscivano da soli nei
pomeriggi estivi, e, come allora, si gustarono quella enorme portata,
chiacchierando su ciò che avevano fatto nel periodo in cui non si erano
visti né sentiti.
Ma la maggior parte del tempo era Travis a parlare a raffica senza mai
stancarsi, ma alla donna non importava nulla: a lei bastava
esclusivamente osservare attentamente quella persona davanti a lei.
- Cosa c’è, mamma? – si interruppe il bambino inclinando un po’ la
testa, in segno di dubbiosità.
- Nulla, figliolo… - rispose la donna – Sono solamente felice di
passare un po’ di tempo con te!
- Anche io!
Carol si sentì per un po’ sollevata quando, si rese conto che i soldi
erano abbastanza per poter pagare ciò che avevano consumato, ma non
appena stavano per uscire da quel pub, provenire dalla televisione
accesa una voce, non troppo rassicurante, che stava annunciando la
notizia del rapimento di un bambino da parte di una persona di sesso
femminile.
E, quando avevano fatto vedere la sua foto nel telegiornale, la donna
prese il bambino per la mano e corse verso la macchina,
partendo immediatamente a tutto gas, con il bambino che la
guardava, non capendo nulla della situazione.
- Non angosciarti, avevo solo fretta di trovare un posto dove dormire!
Purtroppo quella fuga non durò a lungo poiché, proprio nei pressi di
una stazione di servizio, la macchina iniziò a fare capricci al motore,
per poi fermarsi improvvisamente proprio in mezzo al parcheggio, in
quel momento quasi vuoto, poiché vi era esclusivamente un’altra
macchina parcheggiata poco più in là con all’interno due persone
intente a scambiarsi focose effusioni.
- Accidenti a questa macchina! – incominciò ad alterarsi la donna
colpendo violentemente il volante , ma poi, ricordando di non essere
sola, si rivolse al figlio con voce dolce - Adesso sarà meglio dormirci
su, così domani, quando il sole sorgerà, posso chiamare qualcuno che
possa aggiustare questo ferrovecchio… Che ne dici?
- Per me va bene… anche perché ho un po’ sonno… - e, nel sedile accanto
a lei, il bambino cominciò a sbadigliare, pertanto la madre, una volta
abbassati i due sedili davanti, mise la sua giacca sopra di lui come se
fosse una piccola coperta, rimanendo però senza alcuna protezione per
il freddo.
- Notte mamma!
- Notte, figlio mio! – ed entrambi di addormentarono stringendosi la
mano.
Ma non passarono qualche secondo che i due si ritrovarono nei loro
sogni, come se fossero un’unica persona, correndo felici sui verdi
prati e giocando allegramente sparando in aria delle bolle di sapone
uscite da dei barattoli comparsi all’improvviso, per poi ballare tutti
e due assieme circondati da tantissimi fiori colorati.
E sembrava che niente e nessuno potesse separarli…
Che nessuno potesse dividere questo forte legame…
Ma ambedue non avevano fatto i conti con la realtà.
Difatti, quando il sole stava quasi per sorgere e con la sua luce
illuminare il cielo, Carol venne svegliata da dei rumori provocati dal
bussare fortemente sul vetro dell’auto e da delle voci che urlavano a
squarciagola.
- Signora, scenda subito dalla macchina! - e con un
manganello un uomo in divisa stava quasi per rompere il vetro, avendo
cura però di non distruggere nulla.
- Sei troppo tenero…. – e con colpo di gomito, una collega
donna lo spaccò totalmente da far cadere i frantumi sia per terra che
dentro l’auto – La dichiariamo in arresto per rapimento di bambini!
Trevis si svegliò spaventato dai rumori e, abbracciando la mamma, non
riuscì a capire cosa stava accadendo, ma quando Carol cercò di
consolarlo, la poliziotta, dopo aver aperto violentemente lo sportello,
la trascinò fuori non importando nulla di far male al figlio.
Ci pensò poi l’uomo a prendere delicatamente in braccio quest’ultimo,
anche se vennero subito raggiunti dall’uomo, il quale, uscito di corsa
da un’auto della polizia e passando davanti alla donna non degnandola
neppure di uno sguardo, abbracciò il figlio oramai ritrovato.
- Portate quella matta in carcere… - disse sottovoce ad un ufficiale
accanto a lui, per poi rivolgersi in tono serioso al 10enne – Guardala
per l’ultima volta… credo che non la rivedrai ancora per molto.
- Ma quella… - iniziò ad obiettare il bambino.
- Ed inoltre la tua matrigna Paris è molto preoccupata… - lo interruppe
ignorando l’ultima frase.
- Mi dispiace papà…
- Non devi scusarti. Non è colpa tua… - e dopo averlo baciato sulla
guancia, si allontanò da quel posto assieme a dei colleghi poliziotti,
separando così le strade del figlio e della madre, la quale, mentre
veniva ammanettata ai polsi, osservò la vettura allontanarsi fino a
perdersi nell’orizzonte.
Con quell’azione aveva perso forse l’ultima occasione di rivederlo.
Di essere di nuovo una madre.
NOTA: prima
che qualcuno mi possa accusare di plagio, mi sono ispirato al titolo e
al concept del brano (e del videoclip) omonimo dei Cranberries!
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