Capitolo
14
L’odore
del caffè lo stava risvegliando.
Aprì gli occhi e Monica, ovviamente, non c’era.
L’orologio segnava appena le
otto. Si rigirò tra le lenzuola tranquillo: aveva riposato
finalmente bene,
anche perchè Monica lo aveva ben stancato la notte prima. Si
stiracchiò e andò
a guardarsi allo specchio: aveva un grosso succhiotto proprio sotto
l’orecchio.
Gli venne da ridere.
Vide
i suoi vestiti sistemati
ordinatamente sulla sedia della scrivania: evidentemente Monica doveva
averglieli ritrovati per la casa dove li aveva lasciati, o meglio
gettati,
mentre si spogliava per portarla quanto prima a letto. La camicia era
un po’
spiegazzata e la cravatta aveva anche perso il nodo: decisamente
divertiti.
Poi
la sentì: stava cantando a piena
voce qualcosa che lui non conosceva. Appena vestito andò in
cucina e la trovò
lì. Gli stava dando la schiena, vestita solo con una lunga
canotta bianca e un
paio di slip. Alle orecchie le cuffiette dell’i-pod. Era al
fornello, stava
cucinando e non si curava del resto del mondo.
Jared
si appoggiò allo stipite del muro
a fissarla, con le mani incrociate. Aveva cambiato canzone e la stanza
si
riempì delle parole di 'Turning Tables' di Adele. Ovviamente
non aveva la
stessa voce della cantante, calda e malinconia, però
riusciva a tenere tutte le
note senza stonare e non era cosa da poco. Era uno strano quadretto il
loro,
una scena di rara intimità che da tantissimo tempo non
provava: quando erano
stati a Bossier City avevano passato tanti momenti simili, ma tra loro
c’era
comunque sempre una sorta di freddezza dovuta alla bugia che avevano
messo su a
beneficio dei parenti. Invece lì, in quella cucina, erano
solo loro, Monica e
Jared, due persone che si erano svegliate nella stessa casa e che ora
avrebbero
fatto colazione.
Due
persone normali, pensò Jared.
Per
lui la normalità era sempre stata un
concetto astratto, buono solo per le pubblicità delle
famigliole felici. Per
lui essere normale significava svegliarsi in una città
diversa giorno dopo
giorno, interminabili viaggi in bus con la band, i concerti e le serate
ai
party. Eppure non avrebbe cambiato quel momento con nessun altro della
sua
vita. Nessuno.
Era
il momento perfetto e lo
terrorizzava.
Scosse
il capo e andò a spiare cosa
stesse cucinando la ragazza.
“Uhm...
pancake, buoni.”
Lei
trasalì non aspettandosi di trovarlo
lì. “Lo spero. Non saranno buoni come quelli di
Margot, ma fanno la loro porca
figura comunque. Ah prendi lo sciroppo e mettilo in tavola.”
“A
saperlo ti aspettavo in camera.”
“Non
si mangia a letto. Oddio, non è
vero, qualche volta si fa anche quello.” Girò i
pancake e si sentì lo
sfrigolare della pasta.
“I
tuoi vicini non si lamentano mai che
canti la mattina presto?”
Monica
gli porse il piatto e lui
annaffiò i piccoli pancake di sciroppo: avevano un aspetto
delizioso.
“E
perchè dovrebbero? Li sveglio con
qualche buona canzone.”
“Ma
se sei stonata come una campana!”
Lei
gli fece la linguaccia prima di bere
un sorso di caffè. “Ah, ah, ah che
ridere.”
“Dai
che ti prendevo in giro. Non sei
male, anche se, ovviamente, non sei ai miei livelli.”
Monica
alzò gli occhi al cielo ed evitò
di rispondere. “Vanesio.”, sussurrò
prima di mangiare.
“Adorabile.”
Rispose lui. “Non male.
Brava, potrei abituarmi a fare colazione qui ogni mattina.”
“Non
dire cazzate, stai per partire per
New York, già la colazione di domani la farai da
Tiffany.”
“Vero,
ma quando torno potrei venire qui
a mangiare.”
“Manca
solo questo e la mia vita poi
sarebbe perfetta eh?”
“Che
simpatica.”
“Sarcasmo
che cola, Leto.”
Terminarono
la colazione parlottando del
più del meno. Non era il momento per discorsi seri e
pensieri su quello che era
stato il tempo passato assieme.
“Credo
che adesso dovrò andare a
recuperare le mie valigie o rischio di perdere il volo per la costa
est.”
“Non
sia mai che la tua bimba bionda
dell’altra città non ti trovi
all’aeroporto, rischierebbe di perdersi se tu non
arrivassi in tempo.”
“Vorrà
dire che mi farò venire a
prendere da Terry. O mi prenderò un taxi, così
sarai felice e non sarai
gelosa.”
“Io
non sono gelosa!”, urlò Monica
mentre lui si avviava verso la porta ridendo.
“Sì
che lo sei e la cosa, ammetto,
rinfranca il mio ego.” Aprì la porta e si
girò verso di lei sorridendole. “Mi
mancherai.”
“Ne
dubito fermamente.”
Jared
si voltò e le lasciò un bacio
sulla fronte, talmente casto da farli rabbrividire entrambi. Era
qualcosa di
così estremamente dolce e rappresentativo che fece paura
anche a lei. Oltre che
a lui, ovviamente. La fissò sconvolto e toccandosi le labbra
se ne andò, senza
accorgersi che lei si era appoggiata alla porta a bocca aperta.
Che
cosa gli stava facendo?
New
York era sempre la stessa eppure per
lui cambiava continuamente.
Gli
piaceva andare in giro in
bicicletta, sfrecciare fra le auto senza paura, lasciare i pensieri in
soffitta
per quella mezz’ora e preoccuparsi solo di evitare le
macchine.
Il
problema era che prima o poi si
doveva fermare e allora tutti i suoi pensieri ritornavano.
Inoltre
si stava annoiando fin troppo.
Terry stava cercando di fare dei servizi fotografici a delle modelle
mandate lì
da Vogue e il lavoro stava andando fin troppo per le lunghe. Prese il
suo
BlackBerry e si mise a chattare via messenger con Julie che gli stava
raccontando della sua ultima conquista. Gli sarebbe piaciuto rivederla
e magari
pure fare due chiacchiere con lei. Alla fine aveva recuperato un
rapporto che
da anni aveva perso... quasi quasi le avrebbe chiesto di andare da lui,
non
fosse stato per il suo lavoro.
Sbuffò
quando le ragazze risero
sguaiatamente: più le guardava e più le trovava
insipide, non gli interessavano
proprio.
Che
diavolo gli stava accadendo?
Vide
Terry mentre iniziava a sistemare
la macchina fotografica: non gli era sfuggita l’occhiataccia
che lui gli aveva
lanciato quando si era permesso di fare qualche commento sarcastico
verso le
sue modelle. Non voleva offendere il fotografo: con lui aveva
instraurato una
strana amicizia, nata, ovviamente, per motivi lavorativi, ma cresciuta
abbastanza per far diventare Terry uno dei pochi a cui Jared avrebbe
affidato la
sua amata chitarra. Lo stimava, nonostante sapesse che la sua
reputazione non
era esente da macchia, un po’ come tutta la sua pelle.
“Ciao.
Tu sei Jared, vero? Io sono
Annabelle e lei è Candice.”
Le
due ragazze stavano ammiccando in
maniera sexy, ma per lui erano solo ridicole.
“Ciao.”,
si limitò lui.
“Stasera
c’è una festa a Manhattan.”
“Solo
una? Questa città sta perdendo
smalto.”
Le
due ragazze si guardarono interdette.
“Veramente ci sono più feste.”, mise in
chiaro la seconda. In lontananza Terry alzava
gli occhi al cielo.
“Allora
meglio così.”
“Esatto.
Quindi ti va di venirci con
noi? Siamo simpatiche sai? Ti piacerebbe conoscerci.” Con
poca grazia si
strusciarono su di lui, ma Jared non sentì nulla. Niente
carne, niente curve,
solo un cumulo di ossa coperte di pelle.
“Vedete
quella cosa là?”, fece Jared
indicando la porta.
“Sì,
è la porta.”
“Apritela
e andate lontano da me,
grazie.” Le due, offese, se ne andarono facendogli il dito
con poca femminilità
sbattendo la porta dello studio. “Finalmente.”
“Ti
sei sfogato?”, chiese Terry,
avvicinandosi.
“Abbastanza.”
“Quindi
puoi parlare tranquillamente,
ora.”
“Sì,
credo di sì.”
“Bene,
allora scendiamo. Non andremo
alla festa di Manhattan, ma possiamo andare a berci qualcosa. Io poi ho
anche
fame.”
Scesero
in strada: nessuno, a vederli,
poteva pensare che fossero una star della musica e il fotografo
più conosciuto
al mondo. Erano due semplici uomini, uno un po’
più avanti con l’età, che
camminavano sotto una leggera pioggerellina primaverile. Terry si
fumò una
sigaretta e prima di entrare in bar, la spense in uno dei portacenere
cittadini
e fece entrare Jared in un pub. Non era uno dei locali glamour alla
moda e lì
non si trovavano paparazzi e giornalisti. Jared si guardò
attorno: il bancone
era di legno, pesantemente usurato dal tempo. Dietro stava il barista,
un uomo
alto e tarchiato che asciugava un bicchiere e che fece un cenno
d’intesa a
Terry.
I
due si sedettero lontano, in modo da
non essere disturbati da nessuno, tranne dal barista che
arrivò da loro con due
birre grandi.
“Lo
sai che io non bevo tanto.”, disse
Jared.
“Stavolta
bevi. Lo sai che l’alcol
aiuta. Un brindisi.” Alzò il bicchiere.
“All’uomo innamorato.”
Jared,
che stava iniziando a bene,
rischiò di soffocarsi con la birra. “Innamorato?
Ma stai scherzando?”
“No,
anzi, non sono mai stato più serio
di adesso. Insomma... siamo onesti, Jay, da quando in qua dici di no a
due
biondine appena ventenni? Avanti, puoi mentire agli altri, ma non ad un
vecchio
volpone come me. Ho più anni di te, Jared, e so come va il
mondo.”
“Stai
solo sparando cazzate. Io... solo
non ho voglia di scopare.” Come disse quelle parole,
capì di essere veramente
nei guai.
“Parlami
di lei.”
“Non
c’è nessuna lei. Niente di
importante.” Si rigirò la birra tra le mani.
“Passi
la balla che stai raccontando a
me, ma sei sicuro di riuscire a convincere te stesso con le tue
bugie?”
“Senti,
Terry, da quando sei diventato
un’esperto di relazioni? Non mi sembri il tipo.” La
sua voce era anche un po’
troppo acida, ma non riusciva a modularla al meglio.
“Solo
perchè ho scelto una vita da
single, non significa che non capisca niente di relazioni. E poi si
dà il caso
che anche io ho avuto qualche storia d’amore.”
“Perchè
hai scelto di stare da solo?”
Jared e Terry non avevano mai parlato di questo genere di cose, ma in
quell’istante il cantante si sentiva di dover capire il suo
amico e forse
capire se stesso.
“Dico
a tutti che è per il lavoro che
non mi sono mai legato. Fare il fotografo ad alti livelli ti porta a
girare
ovunque, una settimana a Parigi, poi Londra per poi correre a Los
Angeles. Una
famiglia con questi ritmi, mi dico, come faccio a
mantenerla?” Sospirò. “In
realtà vorrei che fosse così semplice. Quando
avevo l’età per trovarmi una
donna, ho rinunciato, dicendo che non era il tempo, che non la volevo.
Poi mi
sono detto che andava bene così, che ho avuto una gran vita,
il lavoro perfetto
per me, il meglio che potessi sperare.” Si bevette un lungo
sorso di birra
fredda e riprese. “La verità è che
avevo paura di cambiare la mia vita. Andava
così bene, perchè rischiare di rovinarla? Scopavo
abbondantemente, non avevo
relazioni stabili, ero padrone di me stesso.”
“Lo
sei ancora adesso.”
“Sono
un padrone solo di me stesso.
Quando torno a casa non ho nessuno ad aspettarmi, solo la cameriera che
mi fa
le pulizie e parla pure spagnolo e non la capisco. Normalmente non ci
faccio
caso, prendo ed esco, vado all’ennesima festa, ma ogni tanto
sento che qualcosa
mi manca.” Fece cenno al barista di portargli
un’altra birra, mentre Jared doveva
ancora terminare la sua.
“Sei
ancora in tempo per fartela una
famiglia, mica sei decrepito con un piede nella fossa.”
“Ma
figurati, ormai sono troppo vecchio
per adattarmi ad un nuovo modo di vivere. Ho preso questa scelta e in
generale
sto bene. Cerca di non perdere questo treno anche tu.”
Jared
finì in un sorso tutto ciò che era
rimasto e ne ordinò una seconda: se doveva dimenticare
nell’alcol, tanto valeva
farlo per bene.
“Allora,
adesso mi vuoi parlare di lei?
Sono curioso di conoscere la donna che è riuscito a farti
sbarellare del
tutto.”, riprese il fotografo.
Jared
iniziò a smanettare con il BB e
poi lo passò a Terry. “É lei.”
Terry
guardò lo schermo: c’era Monica
messa di tre quarti, mentre sorrideva. L’aveva scattata di
nascosto durante il
pic nic in Louisiana. Lei parlava con Julie e Sandra di non sapeva
neppure cosa
e sembrava tranquilla e rilassata, completamente a suo agio tra quelle
persone
che non conosceva. Quel sorriso così reale e dolce lo faceva
stare bene. Quando
si sentiva solo, fissava quella foto e stava meglio.
“Mi
pare una ragazza carina. Non di una
bellezza eccelsa, però, adulta e consapevole. E dimmi, cosa
ti piace di lei?”,
gli tornò il telefono sorridendo indulgente.
“Non
lo so. Se ci penso, razionalmente,
la trovo troppo sarcastica, troppo indipendente e sicuramente poco
simile ai
miei standard.”
“E
se ci pensi così per pensare?
Semplicemente chiudendo gli occhi?” La seconda birra stava
per finire. Terry se
la centellinò.
“La
vedo perfetta. La ragazza che riesce
a capirmi prima ancora che io capisca me stesso. Quella che mi fa i
pancake
quando mi sveglio o quella che mi trascina via dalle feste mondane a
cui io
stesso non voglio partecipare.”
“Sembra
veramente interessante.”
“Sì,
lo è, ma...”, Jared muoveva lento
il bicchiere facendo strani giochi di luce sul tavolo rovinato.
“Ma?
Troppo per te? Non ci sei
abituato?”
“Se
mi lasciassi andare di nuovo e poi
non andasse bene? Cioè, se mi scaricasse?”
Terry
ridacchiò. “Ti ha proprio
distrutto del tutto. Quando mai tu ti sei fatto simili problemi? In
fondo sei
tu che lasci le ragazze, anzi, neanche ti preoccupi di spezzare o meno
il cuore
di qualcuno.”
Jared
deglutì a vuoto. E per la prima
volta da quando l’aveva conosciuto, Terry vide in lui uno
sguardo da disperato,
quello di uno che non sa che cosa fare dei propri sentimenti, come se
li
trovasse improvvisamente scomodi. Gli faceva quasi tenerezza.
“Lei
è una amica e forse a me va bene
così.”, terminò Jared.
“Non
è vero e lo sai anche tu. Ti stai
facendo bloccare dalla paura e non è da te. Devi avere il
coraggio di dirle
quello che provi. Non farti dominare dalla paura, mettiti in gioco. E
quando tu
e lei starete assieme, venite da me che vi faccio un servizio
fotografico
degno. Lei sarebbe una sfida per me, essendo così diversa da
quello che
fotografo di solito.”
Jared
ridacchiò. “Basta che non me la
fotografi nuda.”
“Non
sia mai. Al massimo vi fotografo
nudi entrambi.”
Jared
posò il bicchiere e si appoggiò
allo schienale della sedia, pensando. Forse Terry non aveva tutti i
torti,
forse doveva provarci, perchè sapeva benissimo che
l’unica con cui avrebbe
potuto rischiare il tutto per tutto era solo Monica.
“Allora,
film nuovo?”
Jared
si risvegliò dai suoi pensieri.
“Probabilmente. Il provino pare sia andato bene, mi sapranno
dire a breve.
Intanto torno a Los Angeles... abbiamo il mega concerto super segreto.
Che poi non
resterà segreto a lungo. Domani credo che lo scriveremo su
Twitter. Anzi,
parlando di Twitter, aspetta che la followo, così
movimentiamo le acque.”
In
breve Jared arrivò alla pagina di
Monica: lo sfondo era sempre quello, un tramonto su una spiaggia simil
tropicale, ma la foto era cambiata. Era sempre lei, ma era una foto
più recente
e con i capelli corti.
“Sta
stronza si è tagliata i
capelli...”, mormorò.
“Ed
è un problema?”
“Le
avevo detto che mi piacevano.”,
sospirò, “E va bene, cresceranno di
nuovo.”
“Dovresti
essere il più indicato per
capire quanto fa bene un taglio di capelli nuovo. Mi manca la cresta
sai? Ti
dava quel tocco di follia in più.”
Risero
assieme. Terry stava per ordinare
la terza birra per entrambi, quando Jared si bloccò. Aveva
la bocca aperta, gli
occhi spalancati che si muovavno in rapidità da un angolo
all’altro del bar.
“Che
succede?”, chiese, incuriosito.
“Eh?
Oh, no, niente, devo fare una cosa.
Io... devo tornare a casa. Ci vediamo dopo.” Senza dire
altro, lasciò una
banconota sul tavolo e andò a recuperare la bicicletta,
mentre Terry decideva
di stare lì da solo a bere ancora.
Jared
fece una corsa in bici da record e
appena varcata la porta, andò a recuperare la chitarra
lasciata nell’angolo
quella mattina e iniziò a suonare una melodia nuova. Prese
anche il BlackBerry
e tra un accordo e un altro, scrisse alcune parole.
“Ancora
una volta...”, mormorò. Riprese
lo stesso giro di note, canticchiando tra sè quello che
aveva scritto sul
cellulare, cancellò quello che non ci stava e mise alcune
parti nuove.
Dopo
una mezz’ora di lavoro, spedì la
sua creatura a Shannon e si buttò sul letto soddisfatto.
Appena sarebbe tornato
a Los Angeles, di lì a due giorni, ci avrebbe lavorato
seriamente alla Mars
House. Non ci volle molto e il suo telefono squillò.
“Ciao
Fratellone, che te ne pare?”
“L’hai
scritta tu?”
“Certo,
chi altrimenti?” Sentiva in
sottofondo della musica da discoteca, probabilmente era fuori casa.
“Sei con
Antoine?”
“Sì,
mi hai beccato fuori, ma sono
andato nel priveè per immaginarmi la canzone e sembra
decisamente interessante.
La vuoi per il nuovo album?”
“In
realtà stavo pensando di suonarla al
concertone.” Ecco, aveva sganciato la bomba, infatti Shannon
si era zittito di
colpo. “Sei ancora lì?”
“Jared,
ti rendi conto che il concerto è
tra dieci giorni? Dobbiamo fare le prove perchè solo la
solita scaletta sia
perfetta, aggiungere una canzone nuova potrebbe essere... la rovina.
Qui non
parliamo di uno show qualsiasi, qui parliamo degli U2.”
“Lo
so, ma per me è importante portarla
lì. Tra due giorni sono in studio, cerca di farmi una
partitura di batteria e
dì a Tomo di provare la chitarra.”
“Jared,
è una follia.”
“Come
se non ne avessimo mai fatte
prima.”
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