DISCLAIMER: I personaggi di
Capitan Tsubasa non appartengono a me, ma al loro creatore Yoichi Takahashi, e
non vengono qui utilizzati a scopo
di lucro
Quella mattina
in aula faceva più caldo del solito. Il professore dopo aver scritto le formule
alla lavagna aveva allentato un po’ il nodo della cravatta e chiesto
gentilmente all’alunna del primo banco alla sua destra di aprire la finestra.
Facendo scorrere il vetro sulla sede metallica, Sanae aveva avvertito il tocco
della brezza estiva, unico ristoro dalla canicola infernale di quelle giornate d’inizio
luglio. Le vacanze erano prossime e gli studenti si stavano preparando per gli
esami di fine trimestre che si sarebbero svolti entro la metà del mese.
La ragazza si
risedette al posto sistemando la gonna del seifuku
e, come sempre, si voltò a sorridere a Tsubasa che fissava concentrato la
lavagna, cercando di carpire l’arcano dietro alle combinazioni di numeri che ne
riempivano la superficie nera. Lo vide grattarsi la testa, come faceva sempre
quando era nervoso. Soffocò una risata che stava per uscirle spontanea,
prevedeva che avrebbe chiesto il suo aiuto per prepararsi all’esame. Non che la
cosa le dispiacesse, anzi, ogni scusa per stargli vicino era la benvenuta,
perchè, purtroppo, non aveva altro modo per stare accanto al ragazzo che aveva
a cuore.
Terminò di
scrivere l’ultimo appunto, poi rivolse uno sguardo fuori della finestra, dove
si estendeva il campo da calcio, lì avrebbe passato l’ennesimo dei suoi
pomeriggi al club. Niente era cambiato, al di fuori, ma qualcosa dentro di lei sì.
Solo qualche mese prima, all’inizio dell’anno scolastico, era ancora la Sanae
di sempre, certo, ora più femminile, ma serena e soddisfatta della sua vita.
Quell’anno però, era successo qualcosa, un evento che l’aveva portata a
riflettere bene su se stessa e ciò che provava.
Al club di
calcio era arrivata Kumi Sugimoto, una kohai
iscrittasi a inizio anno e che, a differenza di tanti altri che, dopo i primi
allenamenti, avevano abbandonato, era rimasta imperterrita e il motivo di tanta
tenacia era uno: si era presa una bella cotta per Tsubasa.
I suoi modi,
quasi invadenti, non erano sfuggiti a nessuno, soprattutto a Sanae, che non
poteva nascondere che quegli ammiccamenti, quel suo precipitarsi a passare
l’asciugamano al capitano e altre fesserie simili le davano proprio sui nervi.
Certo, quando erano alle elementari anche lei aveva tenuto atteggiamenti
esageratamente espliciti, ma non per questo riusciva a giustificare il
comportamento di Kumi. Alle elementari lei era una bambina che aveva provato
una simpatia per un coetaneo, ma si cresce, si cambia. Queste erano le
considerazioni che stava facendo quella sera di marzo, mentre riguardava il suo
prezioso quaderno pieno di ritagli di giornale, tutte foto in cui era ritratto
Tsubasa. Per un attimo, il suo volto sorridente le attraversò la mente e sentì
il cuore che iniziava a bussare nel petto.
Cos’è
questa sensazione?
Aveva richiuso
il quaderno e si era infilata a letto, ma il sonno faticava a venire, poichè si
sentiva incredibilmente agitata. Il giorno dopo, al campo sportivo, di fronte
all’ennesimo teatrino messo in scena da Kumi, aveva serrato la mascella e si
era diretta dissimulando tranquillità, verso il capanno degli attrezzi. Con
stizza aveva tirato un calcio ad un secchio pieno di ferri e lo aveva fatto
rovesciare con tutto il suo contenuto. Si sentiva esplodere dalla rabbia e, non
sapeva perchè, gli occhi le si stavano facendo lucidi.
- Ma che ti
prende?!- si domandò.
Si passò una
mano sul volto e, per la prima volta, cercò di ammettere con se stessa quello
che ormai era evidente.
Sanae,
tu sei gelosa!
Ritornando sui
suoi passi, aveva incrociato Tsubasa che stava andando ai lavatoi. Lui l’aveva
guardata con quel suo sorriso dolce che come la sera precedente le aveva
mandato il cuore al galoppo. Tutto era chiaro: si era innamorata.
Scoprire i suoi
sentimenti, però, non le aveva fornito anche la risposta su come gestirli.
Aveva dovuto affrontare con pazienza le crisi di gelosia che le torcevano lo
stomaco, dissimulare tranquillità, quando dentro il petto il cuore le bussava
forte ogni qual volta Tsubasa le parlava o quando le loro mani si sfioravano
per caso. Col passare del tempo aveva imparato a convivere con la portata dei
suoi sentimenti, che si amplificava giorno dopo giorno, ma non poteva esimersi
dal sentire quella tremenda insoddisfazione per ciò che stava incatenato nel suo
cuore. Kumi, poi, non era la sola spina nel fianco, un’ombra più oscura tingeva
di grigio le sue giornate: il Brasile. Sapeva che Tsubasa era fortemente
intenzionato a partire al termine delle scuole medie e ne aveva avuto la
conferma quando, tornando a casa alla fine degli allenamenti le aveva parlato
di Carlos, il ragazzo che gli dava lezioni private di portoghese.
Sbuffò per
allontanare quella solita punta di tristezza che la coglieva e richiuse il
quaderno di matematica, mentre la campanella annunciava la ricreazione. I suoi
compagni si alzarono di scatto, felici di potersi finalmente rilassare.
- Tsubasa-kun,
tu hai capito qualcosa delle spiegazioni di oggi?- sentì Ishizaki fare la
solita domanda.
- Veramente no.-
si voltò nella sua direzione giusto in tempo per notare quel gesto d’imbarazzo
che lei trovava delizioso. I loro sguardi si incontrarono e lui tirò fuori la
lingua per gioco, ricevendo in risposta una strizzatina d’occhio.
Ho
già capito l’antifona, Tsubasa...
Dei tonfi poco
aggraziati si avvicinarono all’aula e un secondo dopo, Kumi si fiondò al suo
interno, gettandosi come un rapace verso il banco del ragazzo.
- Capitano!-
Sanae sospirò,
chiamando a raccolta tutta la sua pazienza: quella ragazza era quanto di più
simile a un incubo a occhi aperti. Tsubasa fu colto alla sprovvista e lei
approfittò del fattore sorpresa per prendergli il polso e legargli attorno tre
fili rossi intrecciati.
- Sono bracciali
portafortuna, capitano. Li ho fatti con le mie mani.- starnazzò, mentre
chiudeva i nodi di ciascun filo.
Il ragazzo non
ebbe modo nemmeno di replicare o ribellarsi, poi quando l’ultimo bracciale fu
legato, lei sorridente disse: - Sono
rossi, colore dell’amore.- e accompagnò l’ultima parola con una strizzatina
d’occhio.
Tsubasa avrebbe
preferito sprofondare per l’imbarazzo, dato che la maggior parte dei suoi
compagni di squadra era lì ad osservare e ora se la stava ridendo alla grande.
- Ehm,
grazie...- bofonchiò impacciato.
Un paio di pugni
sbattuti sul tavolo, gettarono il gruppo nel silenzio assoluto. Sanae si alzò
con stizza e afferrò con poca grazia la propria borsetta contenente il bento, per guadagnare l’uscita dell’aula.
Arrivò ai gradini che portavano alla terrazza e li salì pestando letteralmente
i piedi su ogni scalino, afferrò la maniglia della porta e una volta fuori la
sbattè con un’intensità tale da fare tremare il vetro del pannello.
Era stato troppo
anche per la pazienza che aveva imparato ad avere nel corso degli anni, il
gesto di Kumi era forse al di sopra dei normali standard a cui era abituata, ma quello che proprio non era riuscita
a digerire era stato quel “grazie” di Tsubasa.
Va
bene essere ingenui, ma accettare un gesto tanto esplicito senza battere
ciglio...
Aveva escluso
che il ragazzo potesse nutrire interesse per Kumi, non per superbia, ma perchè
sapeva bene che l’unica cosa che attirasse l’attenzione del capitano della
Nankatsu era il calcio e questa consapevolezza la portava, con rammarico, a
pensare che anche lei non avesse chissà quale posto speciale nel cuore di
Tsubasa.
Yukari si stava
lamentando del caldo infernale che impregnava l’aria di fronte agli armadietti
in cui stavano riponendo le scarpe di ricambio. Sanae l’ascoltava a tratti
annuendo e sforzandosi di sorridere.
- Yukari-chan,
oggi non me la sento di venire.- la interruppe.
La sua amica
rimase a bocca aperta, poi deglutendo chiese di ripetere.
- Mi spiace,
oggi proprio non mi va di venire al club. Tu e Kumi dovrete fare da sole.-
Sospirò. Non le
sfuggì lo sguardo perplesso della sua amica: le aveva confidato i suoi
sentimenti già da tempo e capiva quanto potesse suonarle strano che rinunciasse
a un’occasione per stare di più con “lui”.
- Tutto bene?-
chiese la seconda manager.
- Chiedilo a
Kumi.- fu la risposta piccata accompagnata dallo sbattere dello sportello
dell’armadietto, ma si pentì subito di aver usato un tono brusco proprio con
lei.
- Ti prego,
Sanae-chan. Se è lei il problema, sicuramente non risolverai le cose
abbandonando il campo, ti pare?- le prese gentilmente una spalla per
costringerla a guardarla in faccia. Mai l’aveva vista con un volto tanto
triste.
- Per favore,
oggi ho bisogno di stare da sola.- la supplicò.
Yukari lasciò la
presa e chinò il capo annuendo, Sanae la superò e si diresse verso l’uscita:
aveva bisogno, almeno per quel giorno, di staccare la spina.
Arrivata a
casa, salì in camera sua e si buttò mollemente nel letto. Si guardò attorno e
subito la sua attenzione fu catturata dalla foto sul comodino. Aggrottò le
sopracciglia, prese la cornice e la buttò con poco garbo dentro il primo
cassetto, poi si ricordò di un altro particolare e si voltò in direzione della
libreria, sfilò il quaderno dei ritagli e lo lanciò come un frisbee verso la parete opposta, dove
sbattè sulla copertina per ricadere aperto sul pavimento. Si passò
l’avambraccio sul volto per asciugare le lacrime, poi iniziò a preparare le sue
cose: con un caldo simile c’era solo un posto dove avrebbe potuto rilassarsi.
Anche l’ultimo
pallone della cesta si insaccò nella rete vuota, Tsubasa si asciugò il sudore
con la mano, poi sbuffando si avviò ai lavatoi. I suoi compagni si stavano
cambiando per raggiungerlo e le ragazze stavano finendo di sistemare le ultime
cose; era strano però che lei, che arrivava sempre in anticipo non fosse ancora
lì. Si passò l’acqua sui capelli per rinfrescarsi, poi si maledisse per non
aver preso un asciugamano. Non era un gesto che era abituato a compiere, sapeva
che c’era sempre una mano gentile che gli passava il morbido telo. Si asciugò
con poca grazia sulla maglietta, si passò una mano sul braccio sinistro e le
sue dita toccarono i braccialetti della fortuna. Portò il polso all’altezza del
viso e sbuffò scocciato.
Tsubasa,
sei proprio un imbecille.
Al mattino Kumi
lo aveva talmente preso alla sprovvista con quella pagliacciata che non era
riuscito a fermarla e dopo non aveva voluto restituirglieli per non sembrare
sgarbato. Ripensandoci gli ritornò alla mente il gesto di stizza di Sanae.
- Chissà cosa aveva
stamattina? Magari dopo l’accompagno a casa, così se ha voglia di sfogarsi...-
fece spallucce e corse verso il campo, dove tutti erano già pronti a cominciare
l’allenamento.
Il sorriso gli
morì sulle labbra quando constatò che le manager erano due.
- Sanae-chan
non se la sentiva di venire, ha detto che aveva troppo caldo oggi.- improvvisò
Yukari.
Annuì
nonostante la delusione, da quanto ricordava, c’erano state giornate in cui il
caldo era stato anche più insopportabile, ma Sanae era sempre lì a porgergli
l’asciugamano, a passargli l’acqua o a rimettergli i palloni nella cesta. Si
grattò ancora una volta la nuca, poi invitò i compagni a cominciare
l’allenamento.
Lasciò
scivolare il piede oltre il bordo della vasca per posarsi sulla scaletta, con
la mano si spruzzò un po’ d’acqua sulle spalle e sulla pancia, poi scese fino a
immergersi completamente. Sanae lasciò andare il suo corpo che spinto dalla
tensione superficiale galleggiava sull’acqua chiara della piscina. Tutta la
negatività sembrava sparire, lavata dal cullare del leggero moto ondoso. Il
sole le baciava la fronte con i suoi raggi insistenti, resi sopportabili da
quel bagno refrigerante. Andare a distendersi in piscina era ciò che ci voleva.
Un leggero colpetto sulla pancia attirò la sua attenzione e si rese conto che a
urtarla era stata una palla gonfiabile giallo canarino. Una risata a bordo
piscina spostò il suo sguardo sul “colpevole”.
- Finalmente a
godersi un po’ di riposo, eh, Sacchan?-
Tatsuya stava
chino sul bordo piscina, vestito della semplice mise “Salvataggio” e la guardava divertito attraverso gli occhiali
da sole.
- Se non
fossimo vicini di casa da anni, sarei già venuta lì per affogarti, Tacchan.- lo
rimproverò ridendo.
- Ma davvero?-
chiese beffardo e si sfilò canottiera e occhiali per entrare in acqua. Con un
paio di bracciate la raggiunse e velocemente le posò una mano sulla testa e la
spinse sott’acqua. Sanae riemerse con le guance gonfie d’acqua e ne vuotò il
contenuto sul viso di Tatsuya. Fu il segnale che scatenò una vivace battaglia a
suon di spruzzi. Entrambi, accecati dagli schizzi e incapaci di tenere la bocca
chiusa per il troppo ridere optarono per una tregua. Finalmente si sentiva
libera di divagarsi, dopo tanti giorni in cui le riusciva difficile. Tacchan
era suo amico da sempre, praticamente da quando era al mondo, dato che lui era
più grande di cinque anni. Ultimamente, però, lo aveva visto sempre meno,
perchè era andato a convivere con la sua ragazza in un altro quartiere.
Appoggiati al
bordo della piscina, iniziarono a parlare del più e del meno, Tatsuya le chiese
come trovava i suoi genitori, se gli inquilini della palazzina di fronte
avevano ancora il brutto vizio di falciare il prato a orari improponibili,
suscitando l’ilarità di entrambi. A un tratto un suono li ammutolì, Sanae fece
leva sulle braccia e raggiunse la borsa per estrarne il cellulare.
- Pronto?-
- Ciao
Sanae-chan, scusami sono Morisaki.-
Un punto
interrogativo si formò nel suo cervello.
- Scusa, so che
ti sei presa un pomeriggio libero, ma abbiamo un grosso problema. I palloni
sono sgonfi e la pompa è dentro il capanno degli attrezzi. Nessuno di noi ha la
chiave. -
E
ti pareva che quella svampita avesse gonfiato i palloni prima di andar via
ieri.
- Mi spiace,
Sanae-chan, ma se non vieni qui è impossibile allenarsi.-
Quell’ultima
parola fece lievitare un pochino il suo ego,
sembrava quasi che Morisaki volesse dirle che la sua presenza era
indispensabile. Per quanto riguardava Yukari non aveva dubbi sulla sua
competenza, di Kumi, invece, aveva capito che le sue capacità si esaurivano
nelle gentilezze da riservare al capitano.
- Ok, cerco di
fare in fretta.- sospirò.
- Grazie.-
Povero Morisaki, sembrava sul punto di piangere.
Raccolse gli
indumenti e se li rimise addosso al costume zuppo d’acqua.
- Devo
salutarti, Tacchan, mi tocca tornare a scuola.-
- Aspetta, ti
porto io in scooter. Il mio turno è
finito mezz’ora fa.-
I ragazzi
stavano facendo stretching e corsa
sul posto, perchè senza un pallone decente, era impossibile fare partite
d’allenamento. A un tratto sentirono il rumore di un motore che si avvicinava e
le grida ilari della loro prima manager. Uno scooter indaco si fermò a pochi metri dal bordo campo e dal mezzo
smontò Sanae che si tolse il casco per porgerlo, ancora in preda al riso, al
conducente.
-Sei proprio
fuori di testa, tu.-
Il ragazzo si
tolse il casco e le mostrò un sorriso a trentadue denti.
- E’ stato
bello rivederti, Tacchan.-
- E’ stato
bello essere visti.- si allungò e le posò un bacio sulla guancia, prima di
rimettere in moto e partire.
Tsubasa non
potè fare a meno di tendere i muscoli delle braccia per quel gesto tanto
confidenziale, ma subito la sua attenzione fu calamitata da ben altro. Sanae
stava rovistando nella sua borsa per trovare le chiavi che portava in un unico
mazzo con quelle di casa sua, cinta di una gonna pareo a fiori e un top attillato pregno dell’acqua
rilasciata dal costume che le lasciava scoperta la pancia, il viso incorniciato
dai capelli scapigliati e ancora umidi. Non l’aveva mai vista così, così...non
sapeva nemmeno dire lui come.
Lei porse le
chiavi a Yukari, ma non perse l’occasione per dare una raddrizzata a Kumi.
- Mi sembrava
di averti gentilmente chiesto di occuparti dei palloni ieri, ma evidentemente esaudire
le mie richieste è pretendere troppo.- le disse glaciale.
Un silenzio
imbarazzato fu l’inevitabile conseguenza di quel sottile rimprovero.
- Grazie, scusa
se ti abbiamo scocciata anche oggi.-
Finalmente
libera da ogni turbamento si voltò per regalargli un sorriso.
- Ehm, perchè,
già che ci sei, non resti?- le chiese grattandosi la nuca, nello sforzo di
mantenere lo sguardo sui suoi occhi, mentre avrebbe voluto farlo scivolare un
po’ più in basso.
Stava per
cedere, finchè i suoi occhi non incontrarono la ragione di tutta quella
baraonda, proprio lì sul polso sinistro del ragazzo, facendole riaffiorare un
po’ di rabbia. Distese i muscoli del viso e accennò un sorriso di circostanza.
- No, grazie,
non è il caso, ho un abbigliamento non accettabile per il regolamento della
scuola, in più ho ancora i vestiti umidi addosso e sarebbe meglio che andassi a
cambiarmi.- spiegò. – A domani.- disse poi rivolta agli altri.
Tsubasa la
guardò andare via, con crescente delusione e una punta di amarezza.
Tacchan...Vorrei
tanto sapere chi è quel tizio.
Sanae si
trascinò svogliatamente fino in camera sua. Nonostante la doccia calda che
aveva appena fatto, si sentiva comunque emotivamente a pezzi. L’incontro in
piscina con Tacchan era stata una boccata di aria fresca, ma il ritorno al
campo di calcio le aveva messo di fronte la scomoda realtà che stava vivendo.
Accese il suo laptop sulla scrivania,
poi si guardò attorno e notò il quaderno ancora riverso sul pavimento. Si
avvicinò per raccoglierlo e girandolo, vide la foto di lei e del capitano allo
scorso campionato. Un sospiro accompagnò la lacrima silenziosa che le scese
dalla guancia. Chiuse il quaderno e se lo strinse al petto. Un suono familiare
proveniente dal computer richiamò la sua attenzione: perfetto, aveva lasciato
l’impostazione di autoaccensione di messenger attiva.
YoshiF scrive:
Ehilà, ci sei?
Era Yoshiko che
le scriveva da New York. Da tanto non si sentivano.
Sanae scrive:
Ciao, GAIJIN!
YoshiF scrive:
SCEMA!
Sanae scrive:
.lol , scherzo, come va la vitaccia?
YoshiF scrive:
Solita schifezza...VOGLIO TORNARE IN
GIAPPONEEEEE! ç_ç
Sanae scrive:
Facciamo cambio?
YoshiF scrive:
E’ successo qualcosa?
Sanae scrive:
Ma niente, solite cose,
Tsubasa non mi considera e quell’altra cozza gli sta sempre appiccicata, oggi
ne ha combinata un’altra
YoshiF scrive:
Nah, non dirmelo, mi viene tristezza ogni
volta che me ne parli...ma per lei, non per te
Sanae scrive:
grazie
YoshiF scrive:
Per Tsubasa: ci sono passata anch’io, non
sai come mi dannavo l’anima quando Matsuyama sembrava sempre sulle sue
Sanae scrive:
vorrei avere lo stesso ottimismo che hai tu, invece sto qui
aspettando che lui si accorga che esisto e mi rattristo perchè non succederà
mai a meno che non mi vesta a scacchi bianchi e neri
YoshiF scrive:
.lol bè potresti provare, magari funziona
Sanae scrive:
rido per non disperarmi, lo faccio già abbastanza
YoshiF scrive:
Seriamente Sanae, mi spiace di sentiri
così, tra poco iniziano le vacanze estive
Ti va di venirmi a trovare?
Sanae scrive:
magari
YoshiF scrive:
non sto scherzando
Sanae scrive:
e secondo te come convinco i miei a pagarmi il viaggio?
YoshiF scrive:
vacanza studio per migliorare l’inglese?
Sanae arcuò un sopracciglio e, dopo una breve
esitazione, riprese a digitare.
Sanae scrive:
.ok IDEA FORMIDABILE!
Rieccomi con un nuovo parto mentale. A dire
il vero sono quasi tre anni che ho ideato questa fanfiction, ma non ho mai avuto l’ispirazione per scriverla,
fino a quest’estate, probabilmente tempo libero (ahimè) e la voglia di fuggire
da una realtà non sempre soddisfacente. Eccomi qui con “Il codice di
Hammurabi”, titolo un po’ pomposo, ma che ben riassume l’atteggiamento della
mia Sanae, qui un po’ fuori dal personaggio che il Taka ci ha sempre proposto.
Mi piace giocare con questo personaggio, proprio perché quando guardavo “Holly
e Benji” in tv avrei voluto vederla un
po’ più reattiva e combattiva anziché sottomessa e poco calcolata da Tsubasa.
Anche nel manga vediamo uno Tsubasa che per la maggior parte del fumetto non
considera Sanae e poi all’improvviso si precipita alla scazzottata con Kanda, è
una cosa che mi ha fatto riflettere, così come questo amore che si trascina
dalle elementari. Qui ho un po’ modificato la cosa, cercando di attenermi più
alla realtà: quando si è alle elementari il concetto di innamoramento è vissuto
in maniera ingenua e nella mia fanfiction volevo descrivere l’innamoramento di
Sanae come un percorso che si accompagna alla sua crescita nel periodo
adolescenziale. In questa fanfiction si respirano echi della fanfiction
“L’ultimo ballo” di Scandros, autrice a cui sarò sempre grata sia per avermi
fatto scoprire EFP, sia per le sue storie che sono riuscite a commuovermi.
Ringrazio anche Onlyhope, eos75 e Sakura chan, perché in questo “pazzo” mondo
virtuale si trovano delle persone stupende che ti sanno dare il massimo.
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