Niki - Cronache di una vita puttana -
Niki
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Cronache di una vita puttana -
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Allora? -
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Accolta -
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Per
come la vedeva lui, quella storia era pressoché inutile,
oltre
che ridicola.
Quando
erano venuti a dirgli che avevano trovato una famiglia disponibile ad
adottarlo, Alexander aveva perplessamente aggrottato le sopracciglia:
che
senso aveva mandarlo a casa di estranei ad ormai diciassette anni,
quando mancava solo un anno alla sospirata maggiore età?
Una
volta esposti i propri dubbi, l'assistente sociale di fronte a lui
aveva sospirato:
-
I coniugi che hanno chiesto di te hanno motivato la loro scelta
bizzarra dicendo che loro figlio è scomparso alla tua stessa età -
spiegò.
-
Quindi sarei una specie di rimpiazzo di un altro? -
L'unica
cosa a frenarlo dal sorridere con cinico scherno era stata
l'educazione che sua madre era riuscita ad impartirgli prima di
diventare un'alcolizzata.
-
Io non lo chiamerei così - rispose lei - Sei la loro seconda
possibilità: vedila così, ok? -
Alexander
si chiese se aveva davvero altra scelta se non quella di rassegnarsi,
e si rispose di no:
dopotutto,
mal che fosse andata, sarebbe dovuto rimanere con loro solo per un
anno.
-
Ho capito - si arrese infine - Va bene, andrò con loro -
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La
casa era enorme.
Alex
si disse che probabilmente erano dei ricconi,
per
poi riflettere che importava poco visto che, nonostante i soldi a
palate, loro figlio aveva deciso di tagliare la corda lo stesso.
Non
potè fare a meno di sghignazzare malignamente:
quel
Niki, così gli avevano detto si chiamava il disperso, doveva proprio
essere un cretino.
Alex
ricordava quanto avesse desiderato essere ricco, da piccolo;
in
questo modo sua madre non avrebbe mai rubato per ottenere i soldi da
spendere in alcolici, e lui sarebbe potuto rimanere con lei.
Sì,
quel Niki doveva essere proprio un idiota.
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Quando
era arrivato, la mattina del primo febbraio, ad accoglierlo c'era
stata solo una donna dall'aspetto un po' trascurato e dagli occhi
tristi.
-
Alexander! - l'aveva chiamato - Che bello che tu sia qui! Mio marito
voleva salutarti, ma l'hanno chiamato dal lavoro e non è potuto
esserci -
Scrollò
le spalle - Non è un problema -
Ci
fu un attimo di imbarazzante silenzio.
-
Vieni, ti mostro la tua camera -
Alex
non sapeva bene come inquadrare l'intera situazione:
quella
specie di mamma in affitto non gli era sembrata male,
ma
ovviamente non se la sentiva di giudicare solamente rispetto a quella
prima conversazione.
Nonostante
questo,
non
riusciva a togliersi dalla mente il suo sguardo spento e la forza
disperata con cui l'aveva abbracciato non appena varcata la soglia.
Sì,
si disse, quel Niki dev'essere proprio un idiota per far soffrire
così sua madre.
-
Era la stanza di mio figlio - gli disse una volta saliti al piano
superiore, indicandogli una porta.
Lui
non mancò di notare l'incrinarsi della sua voce a quelle parole, e
inconsciamente insultò ancora Niki.
-
Sono felice che venga riusata - disse dopo un po', sforzandosi di
sorridere - Non è giusto che divenga una sorta di mausoleo, perché
Niki non è morto, lo so -
Sembrava
che stesse dicendo qualcosa di già ripetuto mentalmente un milione
di volte,
una
sorta di mantra di cui convincere per prima sé stessa.
Alex
si morse le labbra e sorrise - Grazie - rispose soltanto, poi superò
l'uscio e si chiuse la porta alle spalle,
chiedendosi
se avrebbe mai sentito quella stanza come davvero sua.
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Avevano
pranzato in silenzio,
e
lui aveva apprezzato il fatto che Julia, il nome della sua
"matrigna", gli avesse lasciato i suoi spazi senza
inondarlo di domande.
Il
marito, gli aveva detto, sarebbe tornato nel tardo pomeriggio.
Verso
le tre, dopo aver schiacciato un breve pisolino,
Alex
si era deciso a disfare i bagagli:
sparpagliando
i suoi oggetti per la camera aveva la sgradevole sensazione di
invadere lo spazio privato di un altro,
ma
d'altronde non poteva vivere con i propri averi impacchettati per un
anno intero.
Quando
fece per riporre i libri scolastici nel primo cassetto della
scrivania,
un
foglio attirò la sua attenzione.
Era
vergato in una grafia fitta e scomposta, che Alex trovava
particolarmente interessante.
Senza
pensarci un attimo si sedette sul letto,
lasciando
da parte i suoi averi,
e
si mise a leggere...
Niki
non era mai stato un ragazzo come gli altri, e aveva sempre contato
sul suo carattere testardo ed orgoglioso per non sprofondare nel
baratro di solitudine che il suo modo di vedere la vita gli aveva
scavato attorno.
solitudine
mitigata da un unico amico,
una
sorta di fratello a cui aveva aperto il suo cuore complesso.
Tutti
dicevano che Niki era pesante, saccente, noioso, uno che si sentiva
sempre una spanna sopra gli altri e li guardava dal suo trono di
finta superiorità.
Dicevano
che Niki non sapeva divertirsi con tutti quei congiuntivi perfetti e
la sua ossessione per la scrittura ed i bei libri.
Sussurravano
che secondo loro Niki, a quasi diciassette anni, era ancora vergine,
perché chi mai avrebbe potuto volere uno come lui, uno che credeva
addirittura che il dolore
fosse qualcosa di poetico?
E'
un mezzo depresso, ecco cosa mormoravano di Niki, una
specie di emo delle parole, uno che sa fare i conti solo con la
sofferenza.
Niki
non aveva avuto una vita facile:
i
suoi genitori, persi nel loro dramma di un matrimonio fatto di poco
amore e troppo rancore, avevano passato la loro vita cercando di
rimettere a posto i cocci di un rapporto che non era mai davvero
iniziato.
Niki
ricordava le liti furiose,
rievocava
le numerose volte in cui suo padre era andato via di casa e anche
quelle in cui era tornato solo per ricominciare a litigare, facendo
stringere dolorosamente, nell'eco della loro rabbia, il suo cuore di
bambino inerme.
Rammentava
l'angosciante attesa di un bacio della buonanotte che avrebbe potuto,
da
un momento all'altro,
trasformarsi
in quello suggellante un addio troppo doloroso per il suo piccolo
animo incapace di capire il perché delle cose.
Niki
era cresciuto in mezzo alla sofferenza e alla rabbia,
e
aveva capito molto presto che,
sebbene
i suoi genitori l'amassero alla follia,
essi
erano troppo impegnati a schermare loro stessi dal dolore di
un'unione fallita per poter proteggere lui dall'amaro dalla vita.
Niki
era stato costretto a crescere in fretta per poter bastare a sé
stesso:
nonostante
in casa facesse tutto sua madre e lui non sapesse nemmeno scaldare il
latte, Niki aveva dovuto cominciare prestissimo a nascondere il
dolore e a soffocare rabbia e lacrime.
Perché
nella sua casa risuonavano già troppi singhiozzi per poterci
aggiungere anche i suoi.
Seppur
Niki, a quasi diciassette anni, non avesse ancora dato nemmeno un
bacio,
aveva
perso gran parte della sua innocenza fin troppo presto:
a
tredici anni aveva già capito che ci sono cose che bisogna tacere,
dolori che devono rimanere celati agli occhi di chiunque.
Niki,
a circa quindici anni, era caduto in depressione:
come
al solito, aveva dovuto raccogliere la sua forza di ragazzino dallo
sguardo fin troppo serio e aveva dovuto recarsi da solo da uno
psicologo,
lottando
contro i suoi familiari che non volevano andasse e contro sé stesso
per scacciare quei fantasmi che nella sua mente parlavano solo di
morte.
Niki
aveva capito immediatamente che un libro è l'unica cosa che non
potrà tradirti mai;
quando
questo concetto gli era entrato davvero dentro, aveva cominciato a
scrivere anche lui, riversando dentro ogni storia i suoi sogni e le
sue paure.
Niki
aveva desiderato morire più di una volta, e si era ritrovato a
raccontare solo di dolore perché la felicità non sapeva nemmeno
cosa fosse.
Niki
aveva bestemmiato contro Dio e l'aveva maledetto più volte, durante
quelle notti estive maledettamente eterne, nel silenzio di un bagno
buio.
Niki
a scuola era bravissimo, lo era sempre stato.
Il
suo bisogno smodato di essere in grado di controllare almeno qualcosa
nella sua vita aveva fatto sì che tutti lo lodassero per quella sua
sete di conoscenza che non sembrava esaurirsi mai.
Niki
non era mai stato in discoteca: a lui piaceva parlare a bassa voce e
confidare in un sussurro i suoi pensieri al suo migliore amico,
l'unico
che non lo trovasse strano,
ma
a volte si sentiva quasi un alieno nella sua classe, quasi si
trovasse in mezzo a gente che parlava un'altra lingua.
Niki,
nonostante la sofferenza, il dolore e la depressione, aveva sempre
creduto nell'Amore e nell'Amicizia:
aveva
pensato in continuazione che ci fosse qualcuno,
al
di là del suo sguardo,
intento
a soffrire quanto lui per quella solitudine lacerante che la vita
impone a tutti, qualcuno che versasse ogni sera le sue stesse lacrime
in attesa di incontrarlo.
Aspettami,
fratello sconosciuto, pensava allora. Un
giorno ti incontrerò, te lo prometto.
Niki,
nella sua vita, aveva sempre fatto tutto da solo:
dagli
altri non aveva mai ricevuto nulla di nulla, solo abbandono e
delusioni.
"Sono
cambiato: tu vuoi la morte, io la vita", gli aveva detto
all'improvviso il suo migliore amico,
lo
stesso che lui aveva considerato come un fratello,
l'unico
a cui avesse confidato il suo dolore e la sua sofferenza, donandogli
così la parte più segreta di sé solo per vederla disprezzata e
rifiutata.
Niki
non aveva risposto nulla.
Si
era limitato ad abbassare lo sguardo.
Perché
era colpa sua e della sua stupida voglia di fidarsi, lo sapeva.
Perché
lui era Niki il pesante ed il noioso, ed era stato stupido aver
pensato che qualcuno potesse sopportare di stargli vicino.
Dopo
quell'ultima, tremenda delusione Niki aveva smesso di credere nel
prossimo,
capendo
che non importa chi sei e cosa meriti, perché tanto la vita se ne
frega sempre.
Niki
da quel momento aveva smesso di credere nell'Amore e nel suo fratello
sconosciuto,
ridendo
di sé stesso per aver passato diciassette anni della sua vita ad
aspettare qualcuno che non sarebbe mai arrivato.
Niki
aveva deciso che non avrebbe mai più pianto,
che
le lacrime versate su quell'unica Amicizia perduta sarebbero state le
ultime della sua vita:
avrebbe
imparato a chiudere fuori il mondo e a contare solo su di sé,
avrebbe
imparato a ridere e parlare di cose futili con gli altri e a fingere
di essere uno del gruppo, uno come loro.
Niki
aveva giurato che avrebbe imparato a proteggere sé stesso da ogni
cosa,
rinchiudendosi
nel suo mondo di parole quando fosse stato sul punto di crollare.
Niki
aveva quasi potuto sentire gli ultimi barlumi della sua innocenza
scivolare via dai suoi occhi,
quasi
ondeggiando su tacchi a spillo di cui rimaneva solo un'eco lontana.
Dopo
quelle parole Niki aveva capito di essere solo.
Solo
come non era mai stato.
Quelle
ultime parole si spezzarono in bocca ad Alexander Graham.
-
Niki... - sussurrò senza quasi accorgersene.
Rimase
immobile per un tempo che gli parve infinito,
quindi
sorrise quasi dolcemente:
perché
la vita era una fottuta bastarda, è vero, una puttana che si vendeva
al migliore offerente e non guardava in faccia nessuno,
ma
adesso era sicuro anche lui che da qualche parte in quell'universo
Niki ci stesse ancora facendo i conti.
E
desiderò poterlo aiutare a non affogare,
desiderò
proteggerlo e togliere dalle sue spalle tutto il dolore che
impregnava quelle lettere.
Desiderò
abbracciarlo, dirgli che non era strano e che andava bene così
com'era;
desiderò
urlargli che il mondo aveva bisogno di gente come lui,
gente
che la vita la guardava dritta negli occhi.
Bramò
di potergli sussurrare all'orecchio di non smettere mai d'innamorarsi
dell'Amore, perché la poesia del mondo era cantata da quelli che,
come
lui,
sapevano
leggere attraverso il grigiore dei giorni per cogliere l'essenza
dell'Infinito.
Pregò
di potergli sorridere mentre gli svelava che l'unica cosa capace di
muovere la cattiveria della gente era l'invidia nei confronti di chi
aveva capito il Segreto dell'esistenza stessa.
E
poi si alzò, Alex,
si
alzò e si diresse verso il comodino su cui campeggiava la foto di un
ragazzino sorridente e dagli occhi adulti.
Senza
pensarci, allungò la mano e ne accarezzò il vetro freddo.
-
Io ti aspetto, sai... fratello sconosciuto -
N/A
Dirò poco, quasi niente:
gli inviti a recensire
servono ad un bel cavolo, quindi faccio prima e me li risparmio.
Questa storia è un pezzo
della mia anima,
vomitata con fatica e
scritta con il sangue.
Forse non è la più
bella,
forse poteva essere
strutturata meglio o sviluppata in altro modo,
ma sinceramente non mi
interessa.
Se volete recensire siete
ben accetti, altrimenti alla prossima. Sopravvivrò.
Alla prossima.
Blackbutterfly.
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