È notte.
L'aria è fredda, trasparente e
immobile.
Angeli armati si nascondono nei
coni d'ombra dei vicoli, stringendo le labbra dure e i pugnali nelle mani.
Sono giovani, ragazzini
addormentati. Sognano un mondo diverso, dove si possa vivere. E non vogliono
svegliarsi.
La figura vestita di nero resta
appoggiata al muro, li contempla in silenzio. Aspetta il momento giusto per
sorprenderli. Ma non chiama i suoi.
Preferisce aspettare ancora, e
cercare di capirli.
Non li conosce, né vuole
conoscerli. I sentimenti sarebbero di intralcio nel suo lavoro.
Ma non può evitare di ammirarli,
e rispettarli anche, nella loro folle ribellione.
C'è un rumore alle sue spalle. I
suoi l'hanno raggiunto.
E in quell'attimo un angelo si
volta, e lo guarda negli occhi.
Ha nome di fiore, l'angelo, e
iridi di azzurra trasparenza.
Giuliano sorride, e avanza di un
passo.
Iris con un gesto misurato
avverte i compagni, stringe tra le dita il coltello e ricambia lo sguardo del
soldato.
Non c'è più tempo per i dubbi,
per i pensieri.
I due si sono scelti, e il loro
duello pare una danza sensuale, scandita dall'incrocio delle lame. Sembrano
ballerini, la distanza è scordata, sono complici nel disegnare la vita.
Intorno il mondo è sparito,
restano soltanto loro due, e i loro pugnali.
Iris segue l'arcana sequenza
insegnata dai suoi padri, e per un attimo sembrerebbe impossibile una svolta,
le mosse tendono all'infinito, alla perfezione.
Ma Iris senza cambiare
espressione muta il verso della stoccata, e la mano di Giuliano, così saggia e
equilibrata, cede, mentre il ragazzo cade in ginocchio, la bocca spalancata.
Giuliano sente il freddo del
terreno sotto la schiena, e i capelli morbidi solleticano la sua guancia mentre
Iris gli sta disteso sopra, tenero angelo vendicatore, marmoreo, il respiro affannoso
che si mischia con il suo e quella corrente di attrazione che scorre tra loro,
così violenta, così detestata.
La rabbia per la sconfitta rende
lucidi i pensieri, e Giuliano osserva il ragazzino magro che lo schiaccia
contro il pavimento, e non lo trova più angelico e perfetto, diventa
semplicemente un nemico da distruggere e umiliare, un bambino troppo bello che
gioca a fare il grande.
Vorrebbe alzarsi e mostrargli la
realtà, ma non può muoversi.
Così sorride, provocante, con
disprezzo, cattivo, e mormora amabile:
-Uccidimi, dolcezza, perché se
non lo fai, troverò il modo di vendicarmi.
Iris indurisce la mascella, e
Giuliano vede la paura nei suoi occhi mischiarsi alla rabbia per gli insulti
che indovina nella voce. Lo sguardo del soldato è un arma potente, che rivela i
pensieri più nascosti. Iris preme più forte il coltello contro il collo di
Giuliano, sente la vena pulsare frenetica, ma non si decide a affondare il
colpo.
Spia negli occhi neri qualcosa
che lo convinca definitivamente, ma sotto la corazza di rabbia e disprezzo
scopre tenerezza e amore, attrazione, la stessa attrazione che lui cerca di
nascondere.
E il fischio di Libertà rende
frenetica ogni scelta.
Con un ultimo sguardo glaciale
scivola via, nel buio.
Giuliano resta disteso a terra,
ascoltando il silenzio di morte che aleggia intorno a lui, incapace di
comprendere la vita regalata.
Gli angeli corrono silenziosi
nelle vie della città.
Conoscono ogni sua strada,
saprebbero orientarsi bendati nel dedalo dei suoi labirinti, non ne temono il
buio.
Una bussola invisibile guida i
loro passi, sembrano fiocchi di neve, gelidi e bianchi.
I volti levigati non cambiano
l'espressione di distaccata concentrazione fino a quando non raggiungono il
quartiere dei ribelli, l'angolo più orientale della città, periferia di sogni.
Allora ridiventano umani,
ragazzi stanchi e spaventati.
Iris è taciturno e non ha ancora
detto una parola.
I compagni sanno quello che ha
fatto, e non approvano.
Pensano che sia rischioso
lasciare in vita un nemico, uno che li ha visti in faccia e saprebbe
riconoscerli. Pensano che sia sbagliato cambiare l'opinione che hanno i soldati
di loro, angelici figli della morte.
Ma Iris non ha mai sopportato di
uccidere a meno che ce ne fosse bisogno. Non è mai riuscito a farlo, anche se
era dovere.
Libertà gli cammina di fianco e
sorride. Lo ama per questo, per questo suo tenero bisogno di certezze, di
sentirsi migliore degli avversari, più giusto.
Quella notte dormiranno tutti
sonni agitati, ricordando l'espressione dei loro morti.
Penseranno tutti a come sarebbe
stato diverso se quegli uomini fossero nati tra loro, al posto che in quella
città, se fossero stati bambini in mezzo alla brughiera, e non in una tetra
megalopoli prigioniera.
E tutti cercheranno di scacciare
l'umanità scorta in fondo agli occhi dei soldati. Quell'umanità tranciata dai
loro pugnali, umanità ossidata dall'aria, seccata sulle gole.
Tutti tranne uno.
Iris sognerà Giuliano, sognerà
loro due a camminare sulla sabbia, sognerà le labbra del ragazzo sorridere, e
non mormorare maledizioni.
Sognerà Giuliano e si sveglierà
rabbioso, e piangerà lacrime incandescenti stretto al corpo vibrante di
Libertà. Abbraccerà l'amico e morderà le labbra per non urlare la frustrazione.
Anche Giuliano sognerà Iris,
sognerà di amarlo e accarezzarlo, e al risveglio il disprezzo provato sotto la
sua lama sarà svanitò, avrà lasciato il posto a un agghiacciante vuoto di
certezze, a un vento freddo che spazzerà la sua vita, preparandosi a cambiarla.
I morti trascorreranno la notte
su tavoli di acciaio nell'obitorio, in attesa di essere seppelliti.
Si accorgeranno troppo tardi di
aver sbagliato strada, ricorderanno gli occhi glaciali dei loro assassini e
dentro la tristezza di quei lineamenti leggeranno il dolore di mille vite
morte.
E torneranno nella loro mente i
racconti sanguinanti dei soldati reduci dalle campagne d'oriente, e
rimpiangeranno le loro risate, la loro incapacità di capire.
Poi abbandoneranno quel mondo,
annegando nel buio di un universo distratto.
E la luna continuerà il percorso
nel cielo scuro, bianco occhio di dio distante, e tramonterà all'alba per
cedere il posto al sole, al giorno, alla luce.