Ad un'amica sconosciuta

di Invader_from_Hell
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Ad un’Amica sconosciuta

Ad un’Amica sconosciuta

 

Introduzione

 

La Pace ed il suo raggiungimento sono sempre stati per gli uomini spunti di riflessione e di discussione, mai esauriti e soprattutto, mai esauribili.

Un dilemma pari a quello che avvolge il concetto di infinito e di nulla, quasi una questione religiosa. È quindi comprensibile che sia estremamente difficile capire come comportarsi, ed esporre la propria opinione con un pensiero completamente originale e frutto di una profonda conoscenza dei fattori che entrano in gioco nelle questioni internazionali.

Tuttavia, però, sono convinto – e non sono certo il primo- che tali fattori siano le dirette conseguenze dell’incapacità di vincere la natura umana nei suoi aspetti negativi, un difetto di non poco conto che l’umanità si porta dietro dalla propria comparsa sulla Terra, e che già Platone presentava nell’antica Grecia.

Sebbene questa visione rassegnata e pessimistica sia molto in voga nel nostro tempo, ho provato nelle tre poesie che seguono a rispondere a tre interrogativi che mi sono sempre posto, e che immagino si siano posti molti uomini prima di me: cosa pensa la Terra a riguardo della Pace, quali sono le sue impressioni riguardo la Guerra? Se Pace è utopia, può servire inseguirla ugualmente? C’è un modello, un comportamento che l’uomo dovrebbe seguire?

A queste domande – forse insolite in un mondo dove regna il pacifismo espresso solo da bandiere e da slogan ingenui e di dubbio significato- ho tentato di dare risposta, e l’ho fatto in versi, senza la pretesa di esibire una lirica complessa o raffinata, ma –questo sì- sperando di mostrare un modo di intendere la Pace più realista, con memoria storica ed umana, senza rinunciare al beneficio della speranza.

 

 

Ira Mundi

 

Lamenta antica incuria

esala respiro spezzato,

Da che ricorda d’esser nato

mai più turpe subì ingiuria.

 

Non d’Iddio progenie,

ma propria, terrestre, l’addolora.

 

Di sangue han colmato alvei,

tra loro si son divorati,

come cani affamati,

padri e madri han rinnegato.

 

Aulici cieli deturpati

Voli d’uccelli solo sognati.

 

Mortiferi miasmi incatenato gode,

senza lacrimar si strugge.

 

Terra, madre d’Angeli!

Chi t’ingravidò d’assassini?

O furon gli angeli che, viziati,

quando t’assopisti sguainaron la spada?

Sole, non smetter di sorgere.

 

Comuni Utopie

 

Pace cos’è?

Molto l’ho domandato,

sbalorditi volti ho incontrato.

Sorpresi poiché ciò che osannano

non lo sanno spiegare,

nessuna parola per definire.

 

Memoria storica avete

che Pace chiamate?

 

Uomo come alchimista,

formula deve scoprire,

la ruggine del sangue

in oro per trasformare.

 

Ardua è l’impresa,

natura vincer si deve:

felici, nutriti, serviti,

ruggine non ci dispiace.

 

Ma come oro ottenere

se mai a memoria umana fu visto?

Utopico sentiero indi parte,

scosceso, assurdo, ghiacciato.

Uomini, avventuriamoci!

Alla dogana dichiareremo:

“Semi d’ulivo rechiamo!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aquile

 

Ammiro dell’aquile il distacco.

Giudici e dal cielo spettatrici,

i figli nutron senza altrui danno,

dai miasmi umani non son macchiate.

 

Gran giudizio e gran celerità,

privilegio di chi bene osserva!

 

Uomo come aquila dovrebbe divenir,

e Terra dall’alto osservar.

Vergogna lo avrebbe,

cause esplorate,

speranze fomentate.

 

Come aquila sull’ulivo si posa,

e fiera di rassegnata speranza tace,

uomo sulle macerie – vinto orrore-

le braccia apre e in sè chiama la Pace.

 

 





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