Capitolo
1
Un
Anno
di
Distanza
-
E’ già passato un anno da quel giorno… sembra tutto così vicino e
contemporaneamente così lontano! Da
quando sono tornata sulla Terra Van non mi ha mai contattata. Forse sono una
sognatrice ed una stupida a chiedermelo, però … Van, stai pensando a me? Perché,
perché, perché non ti fai sentire? Mi manchi tantissimo! Questo significa che tu
non senti la mia mancanza, lo capisco… eppure non posso lasciarti andare. Se
anche questo sogno andasse in frantumi… tutto sarebbe perso se anche tu svanissi
nel nulla.
Hitomi
Kanzaki rimirava il panorama dal colle del santuario, vicino alla scuola, persa
nei suoi pensieri.
Quel
luogo così calmo le infondeva serenità non solo perché tranquillo. Da un anno a
quella parte, quella macchia di alberi che circondavano la costruzione era
diventata molto speciale: era stato lì che per la prima volta aveva salvato la
vita a Van, il giorno del loro primo incontro. O forse, come spesso le veniva in
mente, aveva rischiato di ucciderlo con le sue suggestioni? Lo sguardo della ragazza si abbassò alla
maglietta. Era lì, al centro del petto, che fino a qualche mese brillava il
ciondolo ereditato da sua nonna, un monile dall’immenso potere arrivato lì
direttamente da Gaea. Il funzionamento del potere d’Atlantide, forza racchiusa
in quella rosea pietra, non le era ancora chiaro, nonostante avesse passato
parecchio tempo a pensarci da quando era tornata sul suo pianeta
d’origine.
In
quei giorni il vento le portava il dolce profumo dei peschi, che in quel momento
dell’anno erano al culmine della loro fioritura, e le scompigliava delicatamente
i corti capelli castano chiaro.
Sul
piano fisico non era cambiata molto nell’arco di quell’anno. I suoi capelli
erano più corti, era cresciuta in altezza di qualche centimetro ed i suoi
lineamenti si erano fatti più decisi per via di un lieve deperimeto.
Ripensando
al giorno del loro primo incontro, la mente di Hitomi non potè fare a meno di
andare a finire sul pensiero del senpai Amano. Il giovane era partito da quasi
sei mesi ma i suoi sentimenti per lui erano cambiati da parecchio. Rise,
pensando che quel ragazzo dai lunghi capelli castano scuro era un ricordo
lontano già prima della sua partenza.
Da
quando la nostra giovane ragazza aveva posato gli occhi su quel ragazzo con i
neri capelli scompigliati che lottava contro un drago qualcosa era cambiato in
lei, ed il tempo passato su Gaea aveva scavato un solco profondo tra loro due,
mostrando a Hitomi quanto il suo sentimento per il senpai fosse qualcosa di
vuoto ed infantile, un sentimento basato solo sulla smisurata ammirazione che
nutriva per il corridore. La scoperta che Yukari, la sorridente amica di una
vita, provasse un affetto talmente profondo per entrambi e fosse disposta a
mettere da parte i suoi sentimenti per Amano in nome della loro amicizia le
aveva fatto capire davvero quale importanza potesse avere per lei e quanto
affetto le dimostrasse l’amica. A questo, in quegli stessi giorni, si era unita
la sensazione di vuoto e di nostalgia che aveva provato. Una sensazione che
aveva avuto un nome quando il re di Fanelia, a bordo del suo Escaflowne, era
sceso dal cielo per riportarla sul pianeta dal quale potevano essere ammirate
due lune.
-
Hitomi, adesso stai esagerando! Non puoi continuare di questo passo. Nossignore!
Hitomi
guardò in basso e vide la cara amica Yukari che si avvicinava a lei con aria
irritata, salendo con non poca fatica tra gli alberi.
-
Non ti alleni da una settimana, e questo non va, Hitomi, te lo devo proprio dire
– continuò lei, affrontando gli ultimi scalini- Le gare scolastiche sono fissate
per domani e tu non puoi tirarti indietro all’ultimo momento. Sei la nostra
punta di diamante, lo sai, quindi adesso muovi i tacchi e mi segui in pista.
Hitomi, hai sentito cosa ti ho detto?
La
ragazza dai capelli biondi, di nuovo immersa nei suoi pensieri, non la
ascoltava, troppo impegnata per ascoltare qualcosa che ormai sentiva poco,
un’attività che sentiva sempre meno vicina a sé.
“Ti
rivedrò mai, Van? Mi manchi da morire!” erano le parole che risuonavano
ripetutamente nella sua mente, e che sentiva ripetute nel vento, quasi anche
quell’elemento le fosse vicino.
-
Insomma Hitomi, vuoi rispondermi per l’amor del cielo?- disse, ormai infuriata,
Yukari, prendendola per un braccio e iniziando a scuoterla con
forza.
-
Ehi, ma vuoi staccarmi il braccio?
-
Finalmente la principessa si è svegliata! Stavo parlando di cose che ti
riguardano e tu cosa fai? Guardi il vuoto imbambolata e sospiri. Questo non va
bene, Hitomi. Cerca di concentrarti sulle gare invece di sognare ad occhi
aperti.
-
Va bene, ti ascolto. Che cosa mi stavi dicendo?- disse Hitomi con aria
irritata.
-
Finalmente sua eccellenza è tornata sulla Terra! Ti stavo dicendo che devi
muoverti o perderai la forma fisica. Domani devi correre, non dimenticartelo-
disse Yukari.
-
E chi sei tu per ordinarmi questo? Domani correrò solo se sarà mio desiderio
farlo, chiaro?- rispose un po’ sgarbatamente Hitomi.
Il
piglio di Yukari si fece più deciso. Piantò i suoi occhi direttamente in quelli
di Hitomi e, senza abbassare lo sguardo per un solo istante, le puntò un indice
sotto al naso in segno di ammonimento,
-
Primo, non fare certi scatti contro di me, signorinella, perché potresti
pentirtene amaramente. Secondo, se proverai a rispondermi in questo modo una
seconda volta non sarò così gentile da non usare le mani. E terzo, ma più
importante, sbaglio o sono ancora la tua manager, signorina Hitomi Kanzaki?
Perciò muovi quelle gambe e vai in pista, capito?
Rendendosi
conto che aveva fatto perdere le staffe la sua migliore amica, cosa assai rara
per una persona tranquilla come Yukari Uccida, Hitomi arrossì ed abbassò lo
sguardo.
-
Scusami Yukari – sussurrò - Ma non so cosa mi sta succedendo in questo periodo.
Sono… strana… e triste…. Mi dispiace darti dei problemi, credimi… ma è più forte
di me.
Piccole lacrime
iniziarono a scorrere sul volto della bionda, che lentamente portò le mani al
viso e ve lo nascose.
-
Non prendertela tanto, Hitomi. Scusami tu piuttosto, non avrei dovuto reagire in
un modo così furioso, ma cerca di capire anche le mie motivazioni. Da quando il
senpai Amano se n’è andato sei tu quella più veloce del club di atletica ed è
normale che io, in qualità di manager, debba strapazzarti un po’ ed aspettarmi
il meglio da te. Non voglio darti un carico aggiuntivo a quello che già hai...
se vuoi possiamo parlare di ciò che è accaduto un anno fa. Magari…
- Sei davvero molto gentile Yukari e lo so
che sei una persona fidata…. ma ciò che accadde un anno fa non posso
rivelartelo. Mi dispiace. Per il resto… ti capisco. Lo so che contate su di me e
che ti ho dato la mia parola che avrei partecipato… ma non me la sento proprio
di correre domani. Ho un brutto presentimento, Yukari. Sento che domani accadrà
qualcosa di spiacevole durante la gara.
-
Avanti Hitomi, non puoi lasciarci a piedi- protestò- E poi, quella sensazione
non potrebbe essere uno dei postumi dell’influenza che hai avuto? A volte
capita.
-
Forse hai ragione…. ma ho lo stesso timore di cosa potrebbe accadere domani-
disse Hitomi, sperando che l’amica la lasciasse libera dal suo
impegno.
-
Allora correrai- le chiese trepidante Yukari.
La
sua espressione, un misto tra attesa e fiducia, fecero cedere definitivamente
Hitomi.
-
Va bene, se proprio devo … lo farò. Ho dato la mia parola e farò ciò per cui ho
preso un impegno - disse Hitomi, sforzandosi di sorridere.
-
Allora allenati, oppure farai brutta figura domani- disse Yukari,
sorridendole.
-
Ok, inizio immediatamente a farlo. Ma tu devi seguirmi al mio stesso passo
almeno fino alla pista- disse Hitomi, cominciando a correre giù per i gradini,
seguita a fatica dall’amica.
Yukari,
guardando la schiena fasciata da una classica T-shirt bianca, ripensò a quanto
fosse diversa l’amica da quando era tornata da quello strano mondo. Lei non le
aveva mai detto nulla e, come più volte aveva detto lo psicologo da cui era
andata, l’allucinazione poteva essere dovuta allo stress, allo shock per la
sparizione dell’amica o poteva semplicemente essere stato un gioco di luci
dovuto a un fulmine caduto, per una strana coincidenza, in una sera di cielo
sereno.
Ma
Hitomi era svanita sul serio e quando era ricomparsa non era più lei. Per
parecchi giorni le era sembrata la stessa poi, come un fiore a cui mancano
l’acqua e la luce, Hitomi aveva iniziato ad appassire. Lentamente la sua
passione per la corsa era diminuita, usciva sempre meno in sua compagnia,
parlava meno e con un numero di parole più limitato. Sempre più spesso era
assorta nei suoi pensieri e sospirava spesso, quasi portasse nel cuore un
fardello molto pesante.
Spesso
Yukari l’aveva invitata a confidarsi ma lei aveva sempre sminuito il tutto,
raccontando quella che era definita “versione ufficiale”, ossia che lei avesse
approfittato del fulmine per allontanarsi non vista e che aveva vissuto per la
strada fino al suo ritorno.
Non
aveva mai parlato di eventi particolari oppure di incontri significativi, eppure
sembrava che qualcosa fosse accaduto. Con quella versione non si spiegava la
tristezza e l’apatia.
Scosse
il capo, vedendo Hitomi imboccare la strada ed aumentò la velocità, lasciandosi
indietro tutti quei pensieri.
La
pioggia scrosciava insistentemente sul regno di Fanelia.
Van
Slanzar de Fanel, re di Fanelia, si stava allenando nell’uso della spada
all’interno del giardino del suo palazzo, sotto l’occhio attento e molto critico
della fidata Merle.
Il
re era cresciuto molto in altezza durante quell’anno, aggiungendo anche dei
muscoli più forti al suo fisico asciutto.
I
capelli, neri come la pece, erano stati tagliati da poco, quindi non risultavano
cambiati rispetto a come erano l’anno precedente.
Improvvisamente
Van sbagliò un movimento elementare ed abbassò la guardia, cosa che in battaglia
poteva essergli fatale.
Venne
immediatamente rimproverato dal suo istruttore, un nerboruto uomo giunto dalle
terre del Nord.
-
Maestà, ma che cosa state combinando? Un errore del genere è fatale in
battaglia! Deve essere più concentrato, maestà. Non dovete distrarvi con altri
pensieri!- lo rimproverò, stando bene attento a non superare i limiti di
confidenza che aveva prefissato con il sovrano.
L’uomo
guardò il giovane che, fermo in mezzo alla pioggia, fissava l’elsa della sua
spada con aria seria.
Van
non lo stava ascoltando. La sua mente era altrove, protesa verso Hitomi, quella
che il popolo chiamava affettuosamente “la Veggente della Luna dell’Illusione”.
Pensava a come dovesse stare, a cosa stesse facendo in quel momento sul suo
pianeta e soprattutto se lo stesse pensando quanto lui pensava a
lei.
-
Vogliamo smettere per oggi, maestà? Mi sembrate un po’ fuori fase- disse
l’istruttore, rinfoderando la spada.
-
E’ sicuro che a lei non dia fastidio? – chiese il sovrano, richiamato alla
realtà dalle parole dell’uomo.
-
Certamente. Ci rivediamo qui domattina, mio re- disse l’uomo, inchinandosi prima
di congedarsi da lui.
Un
sorriso amaro si fece largo sul Van, che rimase fermo lì, sotto la pioggia, per
qualche minuto.
Pensava
a lei ed alla sua incapacità di contattarla. Sapeva che era strano, dato che
quando lei andata via, nonostante il suo cuore desiderasse il contrario, era
riuscito nel suo intento mentre in quel momento, quando il suo pensiero fisso
era quello di poterla abbracciare di nuovo, non era in grado neanche di
visualizzare la sua immagine.
Improvvisamente
fu riscosso dal suo torpore da una mano che si posava sulla sua spalla. Era
Merle.
-
Signorino Van, vada a coprirsi. Se rimane qui vi prenderà un
malanno.
-
Hai ragione Merle. E’ meglio che rientri- disse Van, dedicando un sorriso alla
gattina che gli era amica sin dalla più tenera età, una presenza che l’aveva
sostenuto in più di un momento difficile e una ragazza con cui poteva parlare di
Hitomi in completa libertà.
Le
passò un braccio attorno alle esili spalle e la strinse a sé per un attimo, poi
corse verso il palazzo, seguito a ruota da Merle.
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