You're not alone.

di ElizabethAudi
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You’re not alone.
 
 
·         Prologo.

 
Perché dovevo cacciarmi sempre in questo tipo di guai?
Corsi per le strade affollate di Rochest, nelle isole meridionali, cercando di infilarmi in un vicolo ogni volta che ne avevo l’occasione.
Era diventato un’impresa vivere, cosa mi rimaneva da fare? E poi avevano lasciato quella cesta di panini su un marciapiede, cosa avrebbero potuto pretendere?
Dietro di me due guardie correvano più veloce che potevano, impicciati dalle loro stesse armature.
Devo ammettere, che la sicurezza era abbastanza controllata in questo paesino di montagna.
Fin troppo, anzi!
Ma almeno la voce del grande tiranno veniva sentita poco e niente.
Cosa che per me e per Skyheir non era altro che positiva.
- Torna qui, screanzata bambina!
L’ordine della guardia mi fece solamente aumentare ancora di più la mia già veloce corsa.
Gira a destra e vedi di levarti quella spazzatura dai piedi.
Eseguii l’ordine, quasi scivolando nel cambio di direzione, non essendomi accorta dell’imminente vicolo alla mia destra.
Lo imboccai e capii cosa dovevo fare. Davanti a me c’era una recinzione, fatta si evidentemente male, ma dall’altro lato, a scoraggiare una possibile scavalcata, c’erano due cani molto grandi, dalla bava alla bocca e gli occhi velati da cataratta.
Fortuna che con me portavo sempre dei bocconi di carne riservati a Skyheir!
- Forza belli! Mi inginocchiai davanti alla rete, recuperando due bocconi dalla tasca. I cani annusarono l’aria e si avvicinarono immediatamente, con aria affamata e supplicante, non aggressiva.  – Dovete farmi un favore.
Le guardie si accorsero della mia presenza e imboccarono anche loro il vicolo, dopo un attimo di indecisione per che strada prendere.
Io stavo già passando dall’altro lato, quando essi si accorsero della mia presenza,
e quella dei cani, liberi.
Furiosi, abbaiavano contro le guardie, intimando loro di allontanarsi dal loro territorio e da me.
Fortuna che riuscivo sempre a creare un certo feeling con gli animali. Tuttavia quelle creature mi impietosivano per il lavoro che svolgevano, oltretutto mal pagati. Quella cataratta li avrebbe presto accecati entrambi, se le zecche non avessero prosciugato i loro corpi.
Sono nella solita radura. Sbrigati, sto morendo di fame.
Non che avesse la necessità di aspettarmi, anzi, sicuramente aveva un cervo appena catturato fra i suoi artigli, ma secondo la sua educazione, doveva aspettare che mangiassi anche io con lui.
Sempre la stessa storia.


Note dell’autrice. J
Ok, questa è una prova. A breve posterò il primo capitolo, per vedere se ne vale la pena di procedere.




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