Flesh
and Blood
Part I . Slytherin Pride
I.
Nightmares
and Falling
«Sirius!»
«Harry!
Allora non mi hai abbandonato!»
Il sorriso non
scomparve dal volto del quindicenne, si attenuò
appena. «Perché avrei mai dovuto? Sono
così felice
di averti trovato! Credevo… credevo…»
Sirius gli
restituì il sorriso. «Che non mi avresti mai
più raggiunto?» gli suggerì, in viso la
solita
smorfia divertita. «Non finirai mai di stupirmi! Pensavo che
non
avresti mai avuto il coraggio di superare il velo, ma ce
l’hai
fatta…»
«Il
velo?» chiese Harry, perplesso. «Sirius
dove…?»
Il giovane
raggelò improvvisamente. Il volto del suo padrino si
era oscurato tutto d’un colpo e ora una fredda e implacabile
espressione vi si era incisa sopra, cosa che Harry mai aveva visto.
Quando parlò, la voce dell’uomo era
irriconoscibile,
sembrava appartenere quasi a…
«Sei qui per me, Harry…
Potter…»
... Voldemort.
«Dunque non
sei morto per raggiungermi» commentò
Sirius, prima di girargli le spalle. «Non mi sarei mai
immaginato
nulla del genere da parte tua. Non desidero vederti mai
più…»
La figura di Sirius
cominciò a diventare sempre più
sfumata e lontana, mentre scompariva tra le tenebre, lasciando il suo
figlioccio solo.
«Ahahahah…!»
«Sirius!»
gridò Harry, disperato, mentre quella
risata atroce rimbombava nelle sue orecchie.
«SIRIUS!»
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«Harry!
Harry, svegliati!»
Harry balzò
seduto in mezzo al letto, il corpo tremante e il
respiro affannoso. La maglietta leggera a maniche corte che gli faceva
da pigiama gli si era incollata alla schiena, completamente sudata. Il
ragazzo si passò una mano sulla fronte grondante goccioline
perlacee e fece vagare lo sguardo sulla stanza immersa
nell’oscurità, cercando di regolarizzare la
respirazione.
La faccia pallida di
Ron Weasley apparve a poca distanza da lui,
illuminata dalla luce emessa dalla bacchetta che l’amico
teneva
in mano. «Harry, cosa succede?» chiese,
visibilmente
preoccupato.
«E’…»
ansimò l’altro, gli occhi
sgranati e il corpo ancora tremante, «…
è stato
solo un incubo…»
«Sì,
ma urlavi il nome di Sirius e ti agitavi nel letto
come…»
«Ron, sto
bene.» Harry tentò di suonare convincente,
riacquistando padronanza della propria voce e tagliando le parole
dell’amico frettolosamente. Troppo
frettolosamente. «Davvero. Torna pure a dormire,
io… credo
che andrò in bagno» aggiunse, scivolando con
cautela
giù dal letto per dirigersi verso il corridoio appena fuori
la
camera.
Sentiva lo sguardo
inquieto di Ron ancora su di se, mentre attraversava
la stanza e si accingeva a chiudere la porta alle proprie spalle; si
accorse che le mani gli tremavano ancora. Lentamente, si
avviò
verso il piano di sotto, dove sapeva che avrebbe trovato la camera di
Sirius; voleva solo accertarsi che stesse bene.
Harry sapeva che
Sirius era abituato a dormire con la porta socchiusa,
così, una volta raggiunta la stanza, gli bastò
spingerla
appena per rendersi conto che… il letto del suo padrino era
vuoto. Un tuffo al cuore bloccò il ragazzo sulla soglia
della
camera, mentre le vivide immagini dell’incubo dal quale Ron
l’aveva svegliato tornavano ad offuscargli la mente; poteva
ancora vedere aleggiare davanti a se lo spirito di Sirius e sentire le
sue accuse arrabbiate contro di lui.
Il ragazzo che
è sopravvissuto scosse la testa, scacciando i
tremiti che minacciavano di assalirlo nuovamente per poter riflettere
con lucidità; Sirius doveva essere da qualche parte di sotto
oppure di sopra con Fierobecco (ipotesi più improbabile dato
che
l’ippogrifo aveva ricevuto l’ultima visita della
giornata
da parte di Harry e Sirius poco prima che tutti andassero a dormire).
Il giovane decise così di andare a cercare il proprio
padrino al
piano di sotto, aspettandosi di trovarlo in cucina alle prese con un
certo languorino notturno.
Harry non fece in
tempo a fare più di cinque passi sulle scale
che portavano al piano terra che delle voci familiari giunsero alle sue
orecchie; con cautela, decise di sporgersi oltre il corrimano
per
poter dare una sbirciata al piano di sotto e vedere chi stesse parlando
con chi nel cuore della notte.
Una candela sospesa a
mezz’aria tra i due interlocutori, permise
a Harry di riconoscere il volto solitamente gioviale di Albus Silente e
quello tanto odiato di Severus Piton; i due erano sulla soglia della
stanza che i membri dell’Ordine della Fenice usavano per le
loro segretissime riunioni e le loro voci erano
a malapena udibili dal punto in cui si trovava il ragazzo.
«…
il rituale oscuro che intende celebrare non può
ancora considerarsi fattibile, ma se dovesse venire in possesso
del…»
«…
faremo in modo che ciò non succeda,
Severus… Per il momento, è necessario che questo
particolare piano di Voldemort resti tra noi, almeno fintanto
che…»
Harry si era
improvvisamente dimenticato di Sirius. Certo, le
preoccupazioni che l’avevano assalito nel momento in cui si
era
accorto che il suo padrino mancava dalla sua stanza non erano
scomparse, ma ora nel suo animo era subentrata quella scarica di
adrenalina che lo accompagnava ogni volta che si trovava a un passo dal
carpire importanti informazioni sui progetti di Voldemort.
Con eccitazione
crescente, scese di un altro gradino sulla scala e
rimase nella penombra, lontano dal cono di luce emanato dalla candela
proprio sotto di lui; lì probabilmente sarebbe stato in
grado di
sentire meglio quello che il Preside e Piton si sarebbero detti.
Ad un tratto, un
rumore – proveniente evidentemente dal piano
inferiore a quello su cui sostavano i due uomini – colse di
sorpresa tutti i presenti. Con enorme delusione, Harry vide Silente e
Piton smettere immediatamente di parlare e voltarsi verso le scale che
conducevano di sotto: Sirius Black era appena emerso dalle cucine con
in mano un bicchiere colmo di succo di zucca, distinguibile solamente
per la densità del liquido e per il colore aranciastro che
la
luce della candela aveva messo in risalto.
Harry si sentiva
sollevato del fatto che Sirius stesse bene, ma non
poté reprimere un leggero moto di irritazione per il fatto
che
– casualmente – il suo padrino avesse scelto
proprio quel
momento per palesarsi. Il ragazzo tornò a guardare verso
Silente
e Piton e notò che quest’ultimo non fece nemmeno
la fatica
di nascondere lo sdegno che provava per
l’interruzione
causata da Sirius, al contrario di Silente.
«Black»
sputò fuori, stizzoso, «ma che
sorpresa trovarti a origliare le conversazioni altrui. Davvero
originale» aggiunse sarcasticamente.
«Non ti devo
nessuna spiegazione riguardo a quello che faccio in casa mia, Mocciosus»
replicò duramente Sirius, prima di rivolgersi a Silente.
«Non era mia intenzione interrompervi, Albus, ero
giù in
cucina a prepararmi qualcosa da mangiare, ma non ho udito nulla di
quello che vi siete detti.»
«Nessun
problema, Sirius, io e Severus stavamo giusto per…»
Harry non
udì mai l’ultima frase di Silente.
Senza nessun
preavviso, la cicatrice aveva preso a bruciargli
atrocemente e ora la sua testa era pervasa da urla raccapriccianti e
versi disperati. Harry sentiva il segno che portava in fronte pulsare
come mai prima d’allora e – mentre si aggrappava al
corrimano con entrambe le mani, per cercare di resistere a quel dolore
lancinante – sentì l’improvviso bisogno
di gridare
per liberarsi di tutta quella sofferenza.
Persino quando
– dopo quella che parve un’eternità
– le urla strazianti parvero attenuarsi appena, il dolore
alla
testa non accennò a diminuire, anzi, aumentò
ulteriormente. Ora Harry poteva sentirla chiaramente: una risata
agghiacciante si levò nella sua testa, sollevandosi al di
sopra
di ogni altro orribile verso e rimbombando nella mente del ragazzo come
i tuoni di un furioso temporale.
Tutto
incominciò a diventare più scuro e sfuocato,
finché Harry non sentì le forze lasciarlo
lentamente;
abbandonò la presa sulla ringhiera e perse
l’equilibrio
sul gradino su cui si trovava, ruzzolando per la parte restante di
scale che lo separavano da terra, sotto lo sguardo sconcertato dei tre
uomini al piano inferiore.
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«Harry!»
Harry emise un basso
gemito. Non era ancora tornato pienamente in se
dopo il piccolo volo che l’aveva portato ad atterrare sul
pianerottolo di sotto, ma era già in grado di avvertire
delle
presenze che si muovevano attorno a lui e parlavano sommessamente.
O meglio, solo due di
loro parevano riuscire nell’intento di non destare il ragazzo.
«Come sta?
Professor Silente, che cos’ha Harry, perché non
risponde…?»
«Sirius,
ragazzo mio, calmati» la voce del vecchio mago era
poco più di un sussurro, «Harry non ha urtato
forte la
testa, ha subito solo una leggera contusione al braccio per la botta
sul gradino più basso, ma si
riprenderà»
proseguì, spostando la bacchetta sul corpo del ragazzo per
eseguire un Incanto Diagnostico.
«Notevole
come Potter non si risparmi mai quando si tratta di fare entrate ad
effetto…»
«COME OSI,
RAZZA DI…!»
«Sirius!»
Silente lo zittì appena in tempo e gli fece notare che Harry
cominciava a riprendere conoscenza.
Harry si mosse appena,
destato da tutta la confusione che Sirius
produceva nella sua testa a causa della voce estremamente elevata con
cui parlava. Il ragazzo provò a muovere leggermente una
mano,
aprendo e richiudendo lentamente le dita sulla moquette scura; avrebbe
voluto aggrapparvisi per potersi sollevare con più
facilità, ma temeva che – se anche solo avesse
osato
muovere un muscolo di troppo – tutto, intorno a lui, sarebbe
potuto tornare ad farsi confuso e indistinto.
«Harry?»
provò a chiamarlo, piano, Silente.
Dopo qualche istante,
il giovane si sforzò di aprire appena gli
occhi, quel tanto che bastava da permettergli di intravedere i volti
del Preside e del suo padrino chini su di lui. La testa gli doleva
ancora e un leggero senso di nausea minacciava di coglierlo di sorpresa
da un momento all’altro.
«Harry? Come
ti senti? Vorresti qualcosa per…»
«Molto
toccante» la voce tagliente e annoiata di Piton
sferzò l’aria come una frusta, mentre rivolgeva
uno
sguardo sprezzante a Sirius, «se non ha nulla da obiettare,
Preside, io tornerei ad Hogwarts in attesa di riprendere il nostro
discorso, così brutalmente interrotto da Black e
Potter.»
«Aspetta,
Severus, gradirei che restassi ancora un momento»
esordì Silente, voltandosi brevemente verso di lui prima di
posare nuovamente gli occhi azzurri sul ragazzo ancora a terra.
«Harry potrebbe avere bisogno di qualche pozione per il sonno
e
il tuo aiuto sarebbe certamente utile.»
Piton roteò
gli occhi verso l’alto, ma il suo volto rimase
impassibile mentre rivolgeva lo sguardo scuro in direzione di Potter.
Il ragazzo stava cercando di mettersi a sedere, aiutato dal padrino che
pareva completamente sconvolto da un’ansia quanto mai
ingiustificabile per l’insegnante di Pozioni.
Harry dovette
combattere contro la paura di rigettare lì davanti
per poter provare a rispondere alle continue domande di Sirius. Aveva
paura che, come avrebbe aperto bocca, si sarebbe sentito male tanto gli
doleva ancora la testa; faceva così male da fargli sembrare
una
sciocchezza il dolore che provava alla parte sinistra del corpo, la
quale aveva urtato contro il suolo nella caduta di poco prima.
«Harry,
riesci a spiegarci cosa è successo?» chiese
con dolcezza Silente, una volta che il ragazzo ebbe rassicurato
sufficientemente il proprio padrino.
«Mi…
mi sono svegliato di soprassalto poco fa»
iniziò Harry, incerto; non era affatto convinto di voler
raccontare del sogno che lo aveva indotto ad alzarsi nel cuore della
notte, soprattutto non davanti a Piton. «Allora ho deciso di
andare al bagno, ma passando davanti alla camera di Sirius, ho notato
che il letto era vuoto e… e così ho pensato di
venire
giù per vedere dov’era»
terminò, forse
più in fretta del dovuto. Stava per proseguire nel racconto,
quando fu Sirius stesso a interromperlo.
«Harry, il
bagno si trova anche al piano dove dormite tu e Ron,
perché avresti dovuto scendere per
andarci?»
Il ragazzo si morse
appena il labbro inferiore e guardò da
Sirius a Silente con uno sguardo che poteva essere considerato come una
sorta di ‘richiesta d’aiuto’: voleva
comunicare loro
che avrebbe preferito tenere per se i dettagli, almeno fin quando Piton
fosse stato presente. Era quasi del tutto certo che l’odiato
insegnante di Pozioni non aspettava altro che trovare
un’occasione per deriderlo del suo ‘spiccato
sentimentalismo’ nei confronti di Sirius. Ma né il
padrino
né tantomeno il Preside mostrarono segno di accogliere la
sua
silenziosa richiesta, così, con un sospiro, si costrinse a
spiegare nuovamente.
«Ho avuto un
incubo» esordì, sentendosi
incredibilmente ridicolo nel pronunciare quelle parole, «non
si
tratta del primo, insomma, faccio frequentemente incubi su avvenimenti
che sembrano reali o che di solito coinvolgono Voldemort»
(Harry
non notò che Piton aveva immediatamente distolto lo sguardo
nel
sentire quel nome e si era portato una mano sull’avambraccio
sinistro, in ciò che aveva l’aria di essere un
gesto
istintivo) «ma questa volta è sembrato tutto
più
reale delle altre…»
Il giovane
raccontò del sogno e sentì la mano che Sirius
aveva posato sulla sua spalla stringersi un po’ di
più
intorno a questa.
«Harry, lo
sai che non potrei mai essere arrabbiato con te se
succedesse una cosa del genere» disse Sirius, ignorando lo
sguardo nauseato di Piton.
«Lo so, ma
nel sogno era tutto diverso!» esclamò
Harry, guardando esasperato Silente, sperando che almeno lui capisse
quello che stava cercando di spiegare. «Dopo essermi
svegliato
sono venuto a cercarti e, quando non ti ho visto in camera, ho pensato
di venire qua giù» tornò a rivolgersi a
Sirius,
«solo che, mentre scendevo le scale, la cicatrice ha
incominciato
a bruciare e la mente ha iniziato a riempirsi di urla disumane
e… e della risata di Voldemort.» Harry sentiva
improvvisamente la gola più secca e fece fatica a
concludere:
«La testa mi faceva troppo male e l’unica cosa che
ricordo
dopo è di essere scivolato sui gradini.»
Ci fu qualche istante
di silenzio al termine del racconto; Sirius
continuava a stringere Harry per una spalla, donandogli silenzioso
conforto, mentre Silente pareva riflettere sul resoconto di Harry, i
vividi occhi azzurri che vagavano in quelli verdi del giovane.
Infine, fu proprio
Silente a rialzarsi e a rompere il silenzio.
«Molto bene, Harry, credo che tu necessiti di riposo
ora»
sospirò, mentre Sirius aiutava il ragazzo a rimettersi in
piedi.
«Domani mattina discuteremo di quanto accaduto stanotte, ma
per
il momento desidero che tu vada a letto per riprendere le forze.
Severus» si voltò verso Piton, in disparte, ancora
in
piedi accanto all’ingresso della stanza riunioni,
«potresti
procurarci una Pozione Soporifera e una Anti-Dolore che aiutino Harry a
dormire più tranquillo?»
Piton strinse le
labbra in una leggera smorfia insofferente, ma, senza
dire una parola, estrasse la bacchetta con cui fece comparire due
piccole fiale ripiene entrambe di un liquido grigiastro; si
avvicinò a Silente per porgergliele e si ritrasse subito
dopo.
«Deduco che
provengono direttamente dalle tue scorte da
viaggio» osservò Silente – chiaramente
compiaciuto
– sotto lo sguardo impassibile di Piton. «Sirius,
accompagna pure Harry di sopra e assicurati che beva queste»
continuò, passando all’altro uomo le fiale,
«io e
Severus dobbiamo scambiare ancora due parole prima di tornare a
Hogwarts. Harry, ci vedremo domani mattina, quando sarai fresco e
riposato… Buona notte.»
Harry trovò
la forza di annuire appena, sebbene la testa fosse
tornata a girargli nel preciso momento in cui si era sollevato in piedi
grazie all’aiuto di Sirius. Mentre risaliva le scale con il
padrino al suo fianco, si chiese se Silente e Piton avrebbero
continuato la discussione che l’arrivo di Felpato aveva
interrotto. Il ragazzo era stato attento a evitare di parlare di quel
poco che era riuscito ad udire.
…
il rituale oscuro…
…
piano di Voldemort…
Le parole dei due
maghi vorticavano nella testa di Harry tanto da
fargliela girare più di quanto già non facesse da
sola.
Decise che per quella sera avrebbe provato ad accantonare i pensieri
che riguardavano le possibili intenzioni del suo acerrimo nemico, per
abbandonarsi ad un sonno privo di immagini e suoni raccapriccianti.
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