Autore:
WindOfTheNight
Titolo: Remember me
Fandom: Death Note
Personaggi: Matt, Mello, Near, Rob (altro personaggio)
Fobia: Athazagorafobia, paura di dimenticare o essere dimenticati
Rating: Verde
Avvertimenti: Shonen ai, AU
Scenario/i scelto/i(se presente). Scenario E: stanza del computer buia,
sala
giochi affollata, ospedale in centro città
Nda: alla fine, ma il nome “Mail” si pronuncia come
si legge, come “Mile”, e
“Mellow” in inglese significa
“dolce”.
Remember
me
Athazagoraphobia:
The fear of forgetting or being
forgotten about.
(Urban
dictionary)
Andava
sempre in quel bar
perché assieme, lui e Nate, non c'erano mai stati. Era
l'unico luogo privo di
ricordi che frequentasse. Nate odiava i posti affollati, a malapena
riusciva a
convincerlo ad uscire fuori di casa.
Era
accogliente -accogliente
quanto sarebbe potuto essere un bar col televisore acceso tutto il
giorno sulle
corse dei cavalli- e la vodka era decente. Il barman si chiamava Rob,
un uomo
sulla sessantina, dalla pelle nera e alto quasi due metri, che teneva
le foto
dei tre figli e della moglie sullo scaffale degli alcolici. Era un uomo
che in
vita sua aveva sentito e visto di tutto, quindi Mihael per lui non era
una
novità. Un ragazzo di venticinque anni, vestito di pelle
attillata, occhi blu e
capelli biondi che arrivavano alle spalle. E cicatrici, visibili in
volto e
invisibili nell'animo.
-Ehi
Mello, il solito?
Mihael si
era appena seduto e
fece un cenno d'assenso col capo all'uomo, che riempì uno
shot di liquido
trasparente. Il biondo stava cincischiando col bicchierino di vetro
quando
sentì una presenza alle sue spalle che lo fece mettere in
tensione come una
corda di violino.
-Ehi
amico, posso offrirti
qualcosa?
-Sparisci.
Mihael non
si era voltato verso
lo sconosciuto che voleva abbordarlo, ma lo studiava con la coda
dell'occhio.
Capelli rossi e strani occhiali, maglia a righe e guanti da saldatore.
Un
dannatissimo nerd.
-Andiamo,
dai, non sta bene
rifiutare.
-Sento che
non mi metterò a
piangere.
Lo
sconosciuto scoppiò a
ridere.
-Ahi ahi,
questa brucia! Beh,
posso sedermi qui, almeno? Spero tu non stia aspettando nessuno.
A questo
punto Mello si voltò
per guardare in faccia quello scocciatore. -Stammi a sentire, pezzo
di…
-C'è
qualche problema, Mello?
Rob era
apparso dietro di loro
con un boccale di birra scura che poggiò accanto allo shot
di vodka del biondo,
proprio di fronte al nuovo arrivato.
-Il nostro
Mail ti sta
infastidendo? Non farci caso, è Irlandese, è nel
suo sangue essere una
scocciatura.
Il rosso
rise ancora, una
risata che partiva direttamente dal diaframma e che riempiva l'aria
attorno di
vibrazioni.
-Ehi,
grazie vecchiaccio!
Almeno il tuo lavoro lo sai fare bene.
Per Mihael
oramai era troppo
tardi per dire al ragazzo di smammare, perché si era
già seduto sull'alto
sgabello del bancone e stava sorbendo la birra con calma e con uno
scintillio
degli occhi, nascosto da quegli strani occhiali.
-Mi chiamo
Mail. M-a-i-l, non
M-i-l-e-s, mia madre quando è andata a registrarmi
all'anagrafe doveva essere
ubriaca, però ormai il danno era fatto. Però
chiamami Matt. Mello, giusto? E'
un bel nome, non lo avevo mai sentito, è italiano? Ho voluto
imparare
l'italiano, ma tra una cosa e l'altra…
Mihael
guardò il ragazzo che
continuava a parlare e non si fermava più con un'espressione
esterrefatta. Ma
non prendeva mai fiato?
Rob stava
sghignazzando mentre
lavava dei bicchieri nel lavandino osservando la faccia sbalordita del
biondo.
Era un ragazzo taciturno, in quattro mesi che veniva lì non
aveva pronunciato
più di una decina di parole. Ascoltava molto, in compenso.
In un bar c'era
sempre gente pronta a dare consigli e opinioni, e Rob amava il suo
lavoro
proprio perché in un locale del genere era impossibile
sentirsi soli. Dentro di
sé covava la convinzione che fosse per questo che il ragazzo
lo frequentasse.
-…
e così mi sono ritrovato a
lavorare in una fabbrica in cui si inscatola pesce in Groenlandia. Tu
non hai
idea di quanto ti paghino bene per una cosa del genere
lassù! Gente simpatica,
ma un po' troppo, come dire, "rude". Non che non mi piacciano gli
uomini rudi, ma sai, io non sono proprio un vichingo. Ma ti ho annoiato
abbastanza, che mi dici di te?
Matt si
zittì di colpo e gli
indirizzò un sorriso amabile. Mello guardò Rob
che scrollò le spalle divertito
e all'improvviso si sentì soffocare. Si alzò
barcollante dallo sgabello e
fuggì.
ooooooooooooooooo
Mihael
sapeva di essere stato
un stupido a comportarsi così, ma non riusciva a sopportare
tutta
quell'attenzione, tutte quelle parole. Gli ultimi mesi erano stati una
bolla di
solitudine, pesante ma confortante. Una solitudine appena appena
intaccata
dalla voce profonda e rassicurante di Rob e dal ronzio della vodka, la
vodka
con cui cercava di mettere a tacere i ricordi per qualche ora.
E'
quasi come se volessi
dimenticarmi.
Mihael
chiuse gli occhi e prese
un altro sorso dalla bottiglia.
-Sai che
non è così, Nate.
Silenzio
nella stanza vuota.
oooooooooooooooooo
Non sapeva
perché avesse deciso
di ritornare al bar col rischio di rivedere quel ragazzo, Mail.
Però il vuoto
dell'appartamento e il suo silenzio cominciavano a premere troppo
contro i suoi
timpani e i postumi della sbornia passavano troppo in fretta.
Prese un
gran respiro e pregò
che lo squinternato dai capelli rossi fosse assente. Ma come tante
altre volte
nella sua vita, la sua preghiera rimase inascoltata.
Eccolo
lì, che rideva con Rob.
La sua risata riempiva il bar, sovrastava la tv che blaterava il
commento delle
corse. C'era poca gente a quell'ora. Sia il barman che il ragazzo si
voltarono
quando sentirono il campanello della porta tintinnare.
Il rosso
fu al suo fianco in un
attimo.
-Mello, mi
dispiace tantissimo
per l'altro giorno! Devo averti fatto venire il vomito con tutto il mio
bla bla
bla, non volevo spaventarti, hai sentito Rob, sono Irlandese e non
riesco a
tenere la bocca chiusa…
Un'occhiata
a Rob gli fece
capire che anche l'omone si era preoccupato per lui. Da quando a
così tanta
gente importava cosa gli capitasse?
A quel
punto gli venne da
ridere. Che situazione: un barman, un Irlandese logorroico e lui che
scappa
come un ragazzino.
Matt si
interruppe quando lo
vide scuotere la testa e scoppiare a ridere. Anche Rob
sembrò incredulo.
A quel
punto il rosso si unì
alla sua ilarità e Mello sentì le spalle
rilassarsi dalla tensione che sembrava
annodargli lo stomaco da qualche tempo.
-Va bene,
Mail-chiamami-Matt,
credo che ti permetterò di offrirmi da bere.
ooooooooooooooooooooo
-…
però non ho mai visto un paese
come l'Irlanda in primavera. Ho viaggiato veramente molto in vita mia,
ma i
campi di erica viola e le vallate verdi sono impareggiabili. Anche se
non ho
mai visto l'Italia. Sì, l'Italia mi manca. Ma sono ancora
giovane, ho tempo per
andarci, no? E tu, Mello? Qual'è il paese più
bello che tu abbia mai visto?
Mello fu
preso alla sprovvista
quando fu tirato in mezzo al discorso. Lo aveva ascoltato per quasi
un'ora
parlare di città e paesi e strade da percorrere. Da qualche
giorno la presenza
di Mail si era fatta strada nella quotidianità di Mello.
Ogni sera andava al
bar, e ogni sera Mail si raccontava a lui. E Mello era contento,
incredibilmente,
di ascoltare.
-Io non ho
mai viaggiato molto.
Non con la
salute di Nate. Era
delicato, non avrebbe retto gli aeroporti, le stazioni, e i bagagli.
Anche a
lui sarebbe piaciuto andare in Italia, si ricordò, ma Mihael
aveva detto di no.
Il clima, il viaggio… Troppo pericoloso e faticoso aveva
detto. E così Nate non
aveva mai visto Venezia.
-Però
sono cresciuto in Russia.
A San Pietroburgo. Beh, a dir la verità lì
vicino, ma era un paesino talmente
piccolo che non c'era nemmeno una scuola, quindi dovevo andare fino a
San
Pietroburgo, e lì avevo i miei amici.
-Davvero?-
Matt sembrava
estasiato. -Meraviglioso! Ma non hai nessun accento, come mai?
-Siamo
andati via dalla Russia
quando avevo dodici anni, e i ragazzini della scuola dove siamo andati
mi
prendevano in giro per l'accento, così mi sono imposto di
farlo andare via.
-Oh, ma
dai! E' un vero peccato!-
Matt aveva stornato gli occhi e gonfiato le guance come un bambino che
faceva i
capricci. -Trovo che gli accenti siano assolutamente adorabili! Il mio
l'ho
conservato gelosamente…
-Nessuno
se n'è accorto, vero?-
Si intromise Rob da dietro il bancone.
-Stai
zitto, vecchio americano
inacidito! Ma dai, raccontami della Russia, com'è?
-Tanto per
cominciare, il mio
nome è Mihael, non Mello. Quello è un soprannome
che mi ha dato Rob.
Lanciò
un occhiata all'uomo che
sorrideva ironico.
-Già,
non potevo credere che
quella ragazza ti avesse chiamato dolcezza. Ma visto che non sapevo il
tuo nome
non ho potuto fare a meno di pensare che "Mellow" sarebbe stato un
bel soprannome.
E
così Mihael fu portato a
parlare. Parlò e parlò fino a quando quasi non
ebbe più voce, e Matt rimase
rapito ad ascoltarlo.
-…
D'inverno, quando c'era la
neve, mio padre mi portava fino in città con un gatto delle
nevi. Ho imparato a
guidarne uno ancor prima di togliere le rotelle alla bicicletta.
Risero
entrambi e Mihael sentì
di nuovo quel senso soffocante che lo aveva spinto a
fuggire il giorno che aveva conosciuto il
rosso. Prese un respiro perché non voleva dare a vedere che
stesse scappando e
si alzò lentamente dallo sgabello.
-Ora devo
andare, Matt. E'
bello parlare con te, sei simpatico.
Piegò
le labbra in una smorfia
che avrebbe voluto essere un sorriso e si voltò per uscire.
-Mihael,
aspetta.
Il biondo
obbligò i piedi a
fermarsi ma non se la sentì di voltarsi.
-Mello,
senti, che ne dici di
uscire una di queste sere? Voglio dire, non che il bar di Rob non sia
fantastico…
Il barman
emise uno sbuffo.
-…
però mi piacerebbe invitarti
a cena.
Mello
scosse piano la testa.
-Non credo
sia una buona idea,
Mail.
Sentì
di nuovo la presenza del
ragazzo dietro di sé come la sera che l'aveva incontrato,
però in quel momento
non si sentì teso. O meglio, non era teso per quello, ma per
qualcos'altro.
-Andiamo,
Mello. Non ti sto
chiedendo un "vero appuntamento". Trovo che tu sia una buona
compagnia. Voglio portarti in un posto. Dai, accetta!
A quel
punto il biondo non
sopportò che Matt stesse parlando alla sua schiena e si
voltò. Sul viso del
rosso c'era un'espressione speranzosa e buffa. Ancora gli venne da
ridere, e il
senso di soffocamento parve recedere appena.
-Mmm…-
Mihael era ancora dubbioso,
ma quando sentì Rob schiarirsi la gola e lanciargli uno
sguardo eloquente
cedette.
-Va bene,
d'accordo.
Il rosso
parve illuminarsi come
una lampadina e si misero d'accordo per vedersi la sera dopo.
Quando
Mihael tornò a casa,
sentì tutto il peso della giornata piombargli addosso.
Cosa aveva
in mente? Come aveva
potuto accettare l'invito? Certo, Mail aveva detto che quello non era
un vero
appuntamento, ma era evidente che al rosso lui interessava. E anche a
lui
interessava il rosso. Ma come poteva? No, non poteva. Doveva
assolutamente
annullare l'app… Qualunque cosa avesse accettato da Matt.
Sarebbe
stupido rinunciare,
e lo sai.
-Stai
zitto!
Come se
fosse stato ascoltato,
la stanza gli restituì solo silenzio.
Preso un
profondo respiro, si
diresse allo studio che era stato adibito a camera del computer. Da
lì Mello
lavorava, senza la necessità di dover uscire di casa o
recarsi in un ufficio.
La lampadina si era fulminata da diverso tempo e non si era mai
preoccupato di
cambiarla. Mosse appena il mouse e il salvaschermo apparve lentamente
con una
luminescenza bluastra.
Il volto
calmo di Nate,
sorpreso a comporre un puzzle sul tappeto, gli restituì lo
sguardo e Mihael
dovette chiudere gli occhi.
Come
poteva pensare di uscire
con un altro ragazzo?
Come
poteva anche solo
immaginare di dimenticare Nate? Con quale crudeltà poteva
pensare di andare
avanti e lasciarlo indietro?
Andare
avanti non significa
dimenticare, Mihael.
Il biondo
si accasciò sulla
sedia.
Non
trovò nulla da replicare
oooooooooooooooooo
Mancava
un'ora all'app…
all'incontro, e non aveva ancora pensato a cosa mettersi. Si
trovava in
piedi di fronte all'armadio e navigava nel vuoto totale.
Dove lo
avrebbe portato Matt?
Aveva detto che voleva mostrargli un posto, ma di cosa si trattava?
Chic? Ne
dubitava. Da come si
vestiva quel pazzo, non riusciva proprio ad immaginarlo in un posto
diverso da
un McDonald.
Pelle?
Mihael
emise un verso
sconfortato. La pelle era una scelta rischiosa. Andava bene per il
breve
tragitto da casa al bar di Rob, e non è che nel locale ci
fosse molta gente a
lamentarsi della sua dubbia scelta d'abiti, ma se fossero andati in un
posto
dove sarebbe stato guardato male e magari invitato ad uscire? Avrebbe
rovinato
la serata al rosso.
Alla fine,
Mello optò per un
paio di jeans neri e una t-shirt. Ottimo: neutro, casual, adatto per
tutte le
occasioni. Tranne che per qualche ristorante francese che probabilmente
non
avrebbe nemmeno fatto avvicinare Matt a venti metri di distanza. Si
pettinò i
capelli e li legò con un elastico: era pronto ad uscire.
Il rosso
lo stava già
aspettando all'angolo della strada dove avevano deciso di incontrarsi e
gli
fece un cenno di saluto. Matt rispose con un sorriso.
Lo stomaco
di Mihael fece una
capriola e subito si rimproverò di essere un idiota. Non era
il caso di fare la
teen-ager in fase ormonale.
Fortunatamente,
anche l'altro
era vestito in maniera del tutto casuale, sempre con con una maglia a
righe
rosse e nere, gli atroci occhialoni arancioni e un paio di jeans
stretti che
mettevano ben in evidenza il suo sedere sodo. In quel momento, Mihael
avrebbe
voluto spararsi.
-Allora,
per prima cosa, la
cena! Non hai già mangiato, vero?
Mihael
rise al tono preoccupato
dell'altro, e si rese conto, decisamente in ritardo, che era da molto
tempo che
non stava così bene. Da molto prima della morte di Nate.
Il rosso
li condusse in un
ristorante che grazie a dio non era né uno chiccosissimo restaurant
francese,
né un fast food americano. Era pulito, alla mano e si
mangiava bene. Durante il
pasto, il biondo rimase ad ascoltare ancora per un po' l'allegro
ciarlare del
suo accompagnatore.
-Era un
ragazzo meraviglioso,
te l'assicuro, e anche niente male a letto, ma aveva un complesso del
"figlio di mamma". Temo che avrei dovuto fiutare l'inghippo dal fatto
che era italiano. Ma era così carino!
-Sei
davvero ossessionato dall'Italia.-
disse Mihael interrompendo per la prima volta il monologo del ragazzo.
-Aaah,
sì. Purtroppo è il mio
punto debole. Vedi, a casa nostra, in Irlanda, avevamo una fotografia.
L'aveva
scattata il mio vecchio quando era andato a Venezia. Un tramonto
meraviglioso
nella laguna, e il campanile di San Marco illuminato di rosso. Da quel
momento
mi sono innamorato. Ho visto migliaia di immagini, e voglio andare
dappertutto.
Sicilia, Toscana, Campania… Ma Venezia! Venezia
sarà la ciliegia sulla torta.
Mihael lo
guardò con un misto
di tristezza e tenerezza. Non voleva pensare a Nate in quel momento, ma
sentir
nominare quella città gli riportava alla mente troppi
ricordi.
-E tu,
Mello? Avanti, parlami
delle tue conquiste. Sicuramente avrai una lista di cuori infranti ai
tuoi
piedi lunga come il Mississippi.
Mello
sorrise e scosse il capo.
-No, a
dire la verità. Solo
uno.
-Oh.- Matt
parve sconcertato.
-Ma come? Un ragazzo come te? Perdonami la maleducazione, ma sei
davvero uno
schianto…
Lo sguardo
che gli rivolse il
rosso lo fece rabbrividire, e non per la maleducazione.
-Se non ti
dispiace, preferirei
non parlarne, Matt.
L'altro
parve cogliere e
avvampò.
-Perdonami,
Mel. Sono un Irlandese
idiota, lasciami perdere-
Mel?
si disse il biondo
divertito. Questo ragazzo, nonostante le apparenze, non aveva vergogna.
Finirono
la cena e a quel punto
Matt cominciò ad apparire irrequieto.
-Vuoi
andare da qualche parte
in particolare? Hai già degli impegni?
-Pensavo
che tu volessi farmi
vedere un posto.
-Sì!
Voglio dire, no, cioè, se
non hai di meglio da fare.- Se Matt fosse stato un cane, probabilmente
in quel
momento avrebbe scodinzolato, eccitato.
-Matt,
portami in questo
posto.- disse Mello, fingendosi esasperato, ma in realtà
molto divertito.
Con un
breve cenno del capo e
con un notevole sforzo per calmarsi, Matt si avviò lungo una
via, con Mello al
seguito. Il biondo lo raggiunse e cominciò a bombardarlo di
domande, che però
venivano ignorate con un vago sorrisetto. Sconfitto, Mihael
lasciò che si
cambiasse argomento. Camminarono con calma per un po', quando Matt si
fermò e
guardò Mello serio.
-Adesso
devo coprirti gli
occhi.- disse con voce solenne.
-Come
prego? - Mello era
esterrefatto.
-In pochi
conoscono il luogo in
cui siamo diretti, non posso permettere che chiunque sappia come
arrivarci.
-Ehi, io
non sono chiunque!
Matt non
fece una piega.
Con un
sbuffo, Mello accettò.
-E va bene, coprimi gli occhi.
Con un
ghigno improvviso, Matt
gli andò alle spalle e gli mise le mani sugli occhi. Era
appena più alto di
lui, si rese conto il biondo. Aderiva al suo corpo dai fianchi alle
spalle, e
le sue mani erano asciutte e calde, prive di guanti. Il suo respiro gli
solleticava il collo.
Con un
brivido, si fece guidare
dalla voce di Matt ad un millimetro dall'orecchio. Forse si stava
immaginando
le cose, però gli sembrava che la voce del ragazzo fosse
calata in maniera
sensuale.
-Ci siamo
quasi…
E quasi
Mello sperò che
mancasse ancora un chilometro alla loro destinazione. Non voleva che il
corpo
di Matt si allontanasse dal proprio.
-Eccoci.
Ora tieni gli occhi
chiusi e aprili lentamente.
Mello
sentiva un gran baccano,
una cacofonia di trilli, voci umane e musichette elettroniche. Fece
come gli
era stato chiesto e dovette sbattere le palpebre un paio di volte per
mettere a
fuoco il caleidoscopio di colori che gli stava esplodendo davanti.
-Allora,
che te ne pare?- gli
chiese Matt con un sorriso a trentadue denti.
-E' una
sala giochi.- rispose
Mello non sapendo che altro dire.
-Non
è una semplice sala
giochi! E' LA sala giochi! La più grande di tutta la
città!- e detto questo
trascinò Mello dentro.
Il biondo
non era mai stato un
grande fanatico di video games, ma durante l'adolescenza aveva
ovviamente avuto
modo di frequentare alcuni parchi divertimenti e sale con gli amici.
Entrare in
quel caos fu come fare un tuffo nel passato. C'erano tutte le consolle
che
avevano consumato la sua giovinezza, e nuovi giochi virtuali che
sembravano
poter creare dipendenza.
Effettivamente
non era un posto
per un appuntamento galante… Ma chissà qual era
l'idea di galanteria per Matt?
Parlando
del rosso, sembrava
avesse raggiunto il nirvana. Tutti lo conoscevano e lo salutavano come
se fosse
il padrone del posto, e in breve Mello capì il
perché. Era un dio alle
consolles.
Il biondo
non lo avrebbe mai
detto, ma si divertì come non mai. Matt voleva fargli
provare almeno una volta
tutti i giochi della sala, e dovette strapparlo più volte
agli sparatutto che
sembravano catturare particolarmente il suo interesse. Non si accorse
nemmeno
del tempo che passava, non quando c'era ancora così tanto da
fare.
-Mel.-
Sentì una voce
all'orecchio che lo fece sobbalzare.
-Matt! Mio
dio, mi hai fatto
prendere un infarto!
Una
musichetta dalla macchina a
cui stava giocando lo informò che il suo personaggio era
morto. Emise un verso
frustrato. -E ho perso la partita.
Matt rise.
-Mi
spiace, biondo, ma dobbiamo
andare. Stanno chiudendo.
Mello si
guardò attorno
stupefatto, e vide che tutti si stavano dirigendo all'uscita.
-Oh, ok.
Però ci devo
assolutamente tornare.- disse.
Matt
sorrise solo, contento.
-Vieni, ti
riaccompagno a casa.
Si
diressero verso la macchina
che avevano lasciato al ristorante, e notò quasi a
malincuore che Matt non gli
coprì gli occhi.
-E' stata
davvero una serata
bellissima. Ti ringrazio.
Matt
scrollò le spalle,
aprendogli in modo cavalleresco la portiera della sua Camaro rossa.
-E' stato
un vero piacere.
Mello rise
e scosse il capo. Il
viaggio fino a casa fu alquanto silenzioso. La testa di Mello era
ancora piena
della cacofonia della sala giochi e delle chiacchiere di Matt, che era
una
presenza calda e sicura accanto a lui. Si sentiva felice, non poteva
negarlo.
Matt
parcheggiò fuori da casa
sua senza che il biondo se ne accorgesse, seguendo le istruzioni che
gli aveva
dato.
-Siamo qui.
Mihael si
riscosse lentamente,
uscendo dal torpore in cui era caduto.
Scese
dall'auto e registrò
vagamente il fatto che Matt lo stava accompagnando alla porta.
-Mihael.
Il rosso
dava le spalle alla
porta.
-Matt…?
Dovette
ammettere che non se lo
aspettava. Matt era stato rapido, ma anche dolce. La sua bocca aveva
accarezzato la propria prima lievemente, come una farfalla che
sfiorasse
lentamente un fiore, e poi con appena più sicurezza,
catturando quella del
biondo. Troppo sotto shock per capire cosa stesse accadendo, Mello
mosse le
labbra contro quelle di Matt senza nemmeno accorgersene. Le sue labbra
erano
calde, morbide, appena screpolate. Erano reali, ed erano lì
per lui. Mesi,
erano passati così tanti mesi da quando qualcuno gli aveva
riservato quelle
attenzioni, perché Nate, dopo quello che gli era
successo…
Nate!
Spinse
indietro il ragazzo che
adesso aveva avvolto un braccio attorno alla sua vita e lo
guardò sconvolto.
-Io…-
disse lentamente.
-Mello,
oddio, perdonami…
Non
riuscì ad ascoltarlo. Si
voltò e corse via.
oooooooooooooo
Non voleva
tornare a casa. La
mezzanotte era passata da un pezzo, ma aveva troppa adrenalina in corpo
per
pensare di dormire. Si sentiva perso, e stupido, e un'altra lunga lista
di
aggettivi che non riusciva ad elencare.
Era
scappato di nuovo, e questa
volta aveva fatto una vera cazzata.
Era
colpevole nei confronti di
Matt e di Nate. Il primo perché gli aveva lasciato intendere
di essere
disponibile per un tipo di relazione che andasse oltre l'amicizia, e
nei
confronti di Nate perché…
Tu
non mi devi nulla,
Mihael.
Cercò
di scacciare la sua voce.
Certo che gli doveva qualcosa. Gli doveva la sua memoria. Era poco,
così poco,
ma almeno questo glielo doveva.
Non poteva
dimenticarlo.
I suoi
piedi lo portarono quasi
di loro spontanea volontà davanti al bar di Rob. Le serrande
erano tirate, ma
non erano chiuse col catenaccio e una luce all'interno gli disse che il
barman
doveva essere ancora dentro.
-E'
permesso?
C'erano
poche luci accese, e
l'atmosfera aveva una sfumatura arancione. Le sedie messe a testa in
giù sui
tavoli creavano ombre strane sui muri.
-Chi
è? Oh, Mello, cosa ci fai
qui?
Rob
comparve dal retro del
locale asciugandosi le mani.
-Non avevi
un appuntamento con
Matt? Ma che ora è?
-E' tardi,
e l'appuntamento è
finito…- Mello lasciò che la frase aleggiasse
nell'aria.
Rob lo
guardò un momento, poi
sospirò.
-Perché
non ti siedi?- disse
con voce rassicurante.
Mello si
avvicinò al bancone e
tirò giù uno sgabello.
-Perdonami
se piombo così
all'improvviso, Rob. Non so cosa mi sia passato per la testa. Tolgo
subito il
disturbo, avevo bisogno di sedermi un momento.
L'uomo lo
guardò un momento in
tralice, poi prese due bicchieri di cristallo dallo scaffale degli
alcolici e
li riempì con un liquido ambrato.
-E'
successo qualcosa con
Mail.- disse in tono ovvio.
Mello
annuì soltanto, prendendo
un sorso di scotch.
-Perché
non me parli?
Il biondo
lasciò che il
silenzio si prolungasse un attimo ancora, poi prese fiato e disse con
un
sospiro: -Mi ha baciato.
Guardò
Rob quando questo non
disse nulla. L'altro ricambiava lo sguardo con un sopracciglio
sollevato,
perplesso.
-E' stato
così terribile?
Mello
scosse il capo.
-Al
contrario. E' stato
splendido. Però io… Io non posso. Davvero, non
posso farlo. Non voglio deludere
Matt. E non posso farlo.
Rob
continuava a guardarlo,
pensoso.
-Perché
no?- disse infine.
-Ecco,
io…- si morse il labbro
inferiore. -Io… Ho perso il mio fidanzato. Sei mesi fa. Mi
ci sono voluti due
mesi solo per mettere piede fuori di casa, e ho trovato questo bar. E
adesso
Matt… Io non lo so se sono pronto per qualcun altro. Anzi,
ne sono certo. Io
non posso fare questo… A Nate, o a Matt. Io oramai sono
rovinato per chiunque.
Stringeva
il bicchiere con una
presa di ferro, si aspettava quasi che il cristallo esplodesse sotto la
pressione del suo palmo.
-Perché
dici così, Mello?
Il biondo
distolse lo sguardo,
incapace di sostenere quello dell'uomo.
-Io non
posso dimenticarlo.
Rob
sospirò profondamente e
riempì nuovamente i bicchieri vuoti.
Mello
prese un respiro, e
decise di raccontare.
-Era un
ragazzo delicato.- cominciò
-Era albino. Sensibile al sole, allergico a qualunque cosa. Ma bello,
così
dannatamente bello…- Prese un sorso dal bicchiere e fece una
smorfia mentre
l'alcol gli scivolava in gola. -Ci siamo conosciuti l'ultimo anno di
liceo.
Incredibile, eravamo giovanissimi, e io ero uno stupido ragazzino ricco
e
arrogante. Lui si era trasferito da un altro liceo, era due anni
più giovane di
me, ma frequentava il mio stesso anno, ed era anche il migliore, per
giunta. Un
fottuto genio, e lo odiavo per questo. Mi avevano parlato di lui, un
introverso
malaticcio che io mi immaginavo emaciato e con un paio di spessi
occhiali.
Quanto mi sbagliavo. Era sottile, sì, però aveva
un bel viso pieno, e i suoi
occhi… Tu credi ai colpi di fulmine, Rob?
L'uomo
annuì appena con un
lieve sorriso.
-Come me e
Rosie.- esclamò
convinto. Poi fece un cenno al ragazzo. -Vai avanti, Mello.
Il ragazzo
annuì appena, con la
gola secca. Non aveva mai parlato di lui a nessuno.
-E' vero,
era un ragazzo
incredibilmente introverso. Mai avuto un amico, o un ragazzo, o una
ragazza, se
è per questo. Tutti pensavano che ad un genio cose del
genere non
interessassero, ma non era così. Si sentiva incredibilmente
solo. Lo invitai ad
uscire, e non scorderò mai la sua espressione. Una delle
rare volte in cui mi
fu facile leggergli dentro. Era un mistero per tutti, e per me non
faceva
eccezione. Però la sua salute… Quella era davvero
pessima.
Scosse il
capo. Era doloroso
pensare a tutte le corse in ospedale, alle medicine, alle rare ma
atroci
operazioni.
-Facevamo
dentro e fuori dagli
studi dei dottori. Se non era la polmonite era shock anafilattico, o
anemia, o
qualcos'altro. Epilessia. Un giorno ebbe un attacco e…
Dovette
prendere fiato. Quel
giorno gli era chiaro come fosse stato ieri.
-Non sono
sicuro di cosa sia
successo. Sta di fatto che le tende della cucina presero fuoco, e io
non ero a
casa. Solo per un fortunato caso stavo rientrando, ma i pompieri erano
già
arrivati. Sembrava che non avessero alcuna intenzione di correre dentro
per
prenderlo, lo davano già per morto, così presi io
l'iniziativa.
-E'
così che ti sei fatto
questa?- Rob si toccò la parte sinistra del viso dove,
marchiata sulla pelle,
Mello aveva la sua cicatrice.
Il biondo
annuì.
-Sì.
Però lo salvai. Per poco
non morimmo entrambi, ma lo salvai. Gli regalai quattro mesi di vita.
A questo
punto la voce gli si
spezzò.
-Siamo
stati insieme per quasi
sette anni, Rob. Quasi un matrimonio. E ho dovuto guardarlo morire. Il
fumo gli
aveva danneggiato troppo i polmoni, ha dovuto vivere attaccato ad una
macchina
per respirare. Non sono stato lì quando aveva più
bisogno di me.
Si nascose
il viso nelle mani,
sopraffatto dai ricordi. Quell'ospedale nel bel mezzo della
città con le pareti
arancioni e scrostate, lo smog e il
rumore del traffico fuori dalle finestre aperte per il caldo. E il
corpo di
Nate, i suoi occhi che si spegnevano a poco a poco ma che ancora
conservavano
la scintilla. Le sue piccole mani che stringevano quelle del biondo. La
sua
voce che si affievoliva, ma che non mancava mai di dirgli quanto lo
amasse.
-Gli ho
giurato sul letto di
morte che non lo avrei dimenticato. E non voglio che Matt stia con una
persona
che non è in grado di dargli ciò che merita.
Lui… So come andrà a finire. Sento
di provare qualcosa,
anche se lo conosco
da poco. Come posso far soffrire così un ragazzo per cui
già provo affetto e di
cui potrei innamorarmi? Imporgli il ricordo di un fidanzato morto, il
compito
di raccogliere pezzi che gli faranno solo del male?
Per
qualche minuto nel silenzio
del bar si sentì solamente il rumore del ghiaccio che si
scioglieva. Poi Rob
sospirò ancora e si decise a parlare.
-Vedi
Mello…- L'uomo sembrava
addolorato per il racconto del ragazzo -La mia cara moglie, che credimi
ha
sempre ragione, una volta mi ha detto: "Andare avanti non significa
dimenticare,
ma ricordare in modi diversi".
Mello
quasi smise di respirare
a quelle parole.
-Una cosa
del genere non si può
dimenticare. Non è un mazzo di chiavi che perdi dietro al
divano. Tu non puoi
dimenticare Nate. Ma non credo che lui avrebbe voluto che ti scordassi
di
vivere per ricordarlo. Mail è un bravo ragazzo. Conoscevo
suo padre, un bravo
poliziotto del quartiere, la cui più grande soddisfazione
era portare a casa la
cena per il figlio e la moglie e che per questo ha dovuto lasciare la
sua
patria. Quel ragazzino è dovuto crescere troppo in fretta,
abbandonare la sua
casa, e non è uno stupido. Ha notato te molto prima di
quanto tu non abbia
notato lui. Deve aver visto qualcosa che si può ancora
salvare. Se Nate ti
amava sul serio allora avrebbe voluto vederti felice e credimi, Matt
vale il
tentativo.
Mihael
poggiò la testa sulle
braccia, allungandosi sul bancone. Perché le parole di Rob
parevano
maledettamente ragionevoli ma dannatamente difficili?
Il ragazzo
si sentì toccare una
spalla e per poco non fece un salto di due metri.
Occhi
verdi. Matt aveva gli
occhi verdi.
Quegli
occhiali orribili erano
appesi al collo, lasciando scoperti gli occhi più verdi ed
espressivi che Mello
avesse mai visto.
-Mihael…
Il ragazzo
scuoteva la testa,
come per schiarirsi le idee.
-Mio dio,
Mihael…
Matt aveva
sentito tutto.
Glielo leggeva negli occhi.
-Matt, ma
da dove…
-Era nel
retro.- si intromise
Rob. -Ora devo andare, ragazzi. Vi lascio le chiavi. Mettete a posto le
sedie.
Rimasero
soli nel bar in
penombra, uno di fronte all'altro. Mihael non aveva il coraggio di
guardarlo in
faccia. Si sentiva scompensato e vulnerabile.
-Mihael,
ti prego, guardami.
Il biondo
dovette fare violenza
su se stesso per riuscire ad alzare lo sguardo.
-Mihael,
mi dispiace.
Il biondo
si mise una mano
sugli occhi e fece un cenno secco con la testa.
-No Matt,
non è colpa tua. Mi
spiace anche che tu abbia sentito la mia triste storia strappalacrime.
Devo
farti pena.
Tutto
questo è patetico, si
disse il biondo. Adesso Matt lo avrebbe visto come il povero ragazzo
sfortunato
come in un triste telefilm di seconda categoria.
-Non
scherzare, Mel! Colpa tua
per cosa? Non avrei dovuto origliare, ma questo spiega molte cose.
Spiega
perché io abbia visto qualcosa di diverso in te. Qualcosa di
speciale.
Mello si
tolse la mano dal viso
e guardò l'altro.
-Mello,
sei una persona forte.
So che lo sai, ma voglio che ti renda conto che anche chi ti sta
attorno se ne
accorge. Nessuno è qui per avere pietà di te. Io
di sicuro no. E non sei rotto,
sei tutto tranne che da buttare via.
Matt
allungò una mano e prese
quella di Mihael.
-Ciascuno
di noi ha le sue
battaglie da combattere, e ciascuno di noi ha bisogno di qualcuno che
lo aiuti
a vincerle. Quindi chiedo a te di essere quel qualcuno. E lascia che
quel
qualcuno sia io. Lasciami tentare.
Una
lacrima rotolò lungo la
guancia del biondo mentre guardava Matt tendergli una mano. Non doveva
per
forza essere solo.
Andare
avanti non significa
dimenticare, ma ricordare in modo diverso.
-Non
voglio che tu dimentichi
Nate- proseguì il rosso. -Dio, non posso nemmeno pensare
come una cosa del
genere potrebbe accadere. A meno che tu non venga rapito dagli alieni.
Mello
rise, perché era giusto,
perché questo era il modo di Mail di aiutarlo.
-Ma ti sto
chiedendo di
ricordarlo assieme a me, e di costruire qualcosa di nuovo da ricordare.
Smettila di scappare, Mihael.
Il biondo annuì
appena, e Matt gli sorrise.
Mello era
stanco di scappare, e
sapeva che per quanto ne avesse paura, dimenticare sarebbe stato
impossibile.
Alcuni
mesi dopo.
-Mello, ma
non hai ancora
finito di fare la valigia?!
Nella
camera da letto regnava
il caos più totale, e Mello ne era esattamente al centro.
-Non so
cosa prendere, Matt!
-Che vuol
dire che non sai cosa
prendere?! Non hai letto la lista che ti ho preparato?!
-Sì
che l'ho letta, ma non è
possibile che per un viaggio così lungo servano
così poche cose!
Matt
sbuffò e si coprì la
faccia con le mani per nascondere il ghigno divertito che gli piegava
le labbra
ed esalò uno sbuffo divertito.
-Mello,
non stiamo andando nel
deserto del Sahara. Se dovesse mancarci qualcosa sono sicuro che in
Italia
potremmo comprarlo. E in Russia andremo a stare dai tuoi, no? Quindi
è inutile
caricarci di roba. Dammi retta, e segui le istruzioni della lista.
Il biondo
mise su un broncio
che fece scoppiare a ridere l'Irlandese, che lo abbracciò e
gli posò un bacio
sulle labbra sporgenti.
-Mi piace
quando fai la
signorina.- gli disse sulle labbra e scostandosi prima che l'altro
potesse
morderlo.
Mello
esibì un sorriso da
Ghignagatto. -E a me piace quando fai l'uomo maturo ed efficiente.
-Shh!-
esclamò Matt. - Non
vorrai far saltare la mia copertura!
-Certo che
no. - rispose il
biondo baciandolo un'ultima volta. -Ora sparisci, devo finire di fare
la
valigia.
Matt fece
per uscire, ma prima
di allontanarsi diede una veloce pacca sul sedere di Mello e
fuggì per evitare
di essere ucciso.
La foto di
un ragazzo col viso
incorniciato da boccoli bianchi sorvegliava la scena con un
impercettibile
sorriso sulle labbra pallide.
Sì,
tutto sarebbe andato bene.
Note
dell’autore:
Credo di dover ringraziare l’influenza per la riuscita di
questa storia, senza
un paio di giorni di ferie da scuola non ce l’avrei mai fatta!
Dunque, il
titolo
non c’entra nulla col film di Robert Pattinson (che tra
l’altro non ho visto).
Ho voluto trattare la mia fobia, che affligge la memoria delle persone
in una
maniera più intimista e meno eclatante di quanto avessi
pensato inizialmente.
Mello
è ossessionato
dalla memoria: sembra volersene allontanare, ma in realtà vi
si aggrappa con
tutte le sue forze. Non può lasciare andare il ricordo, o
meglio, non vuole
rischiare di creare nuovi ricordi, perché è
terrorizzato all’idea di scordare
il suo primo amore Nate. Credo che solo un personaggio solare come Matt
e uno
paterno come Rob avrebbero potuto aiutarlo a superare la sua fobia di
dimenticare. Anche Matt, tuttavia, anche se a prima vista non si
direbbe, ha
una parte ossessionata dai ricordi: quelli dell’Irlanda, e la
sua passione per
gli accenti, che altro non sono che parti di un paese che ha paura di
dimenticare. Spero di aver tracciato bene il percorso psicologico del
protagonista e il dolore della sua perdita con la conseguente comparsa
della
fobia, e quello degli altri due personaggi, senza scadere nel banale.
Spero
anche di aver ben delineato Near che qui è una presenza
incorporea ma decisiva
per la riuscita della trama. Ho cercato di attenermi al personaggio
come ho
potuto, considerando che questa è una AU.
Ringrazio
ancora per
il bellissimo cotest!
N.d.A 2.0:
Dunque,
non metto qui il giudizio perché credo che verrà
inserito nelle recensioni. XD
Sono piuttosto soddisfatta da questa storia, nonostante i numerosissimi
errori
e sviste, che ho corretto grazie al giudizio dettagliatissimo della
giudice. Sono
riuscita a scriverla nei due giorni antecedenti la scadenza del
contest, una
specie di record per me XD Ammetto di dover ringraziare la febbre e il
film “Letters
to Juliet”, di cui non ricordo assolutamente nulla, ma che mi
ha fatto da
sottofondo alla storia XD
Va bene, dopo
queste
lunghissime note dell’autrice vi informo che recensioni e
commenti sono sempre
molto graditi, e vi ringrazio per aver letto ^__^
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