dama del lago
Ciao a tutti^^ E’
parecchio che manco su questa sezione, ed è da molto che non
scrivo su Slayers. Oggi, facendo un backup del mio vecchio computer, mi
sono imbattuta in una cartella dimenticata da tempo, ed è
saltata fuori questa fic che avevo scritto tempo fa e mai pubblicato.
L’ho riletta e mi sono detta ‘Perché
no?’ Così ve la propongo, dopo qualche modifica e
qualche correzione.
Per motivi di lunghezza, ho deciso di dividerla in più capitoli.
Spero che chi leggerà avrà il tempo e la pazienza di farmi avere la sua opinione.
Buona lettura!
La dama del lago
Non volevo spiarli, davvero. Avevo
aperto la porta convinta che la stanza fosse vuota, ma quando avevo
scorto il profilo di Aislin ero rimasta bloccata sullo stipite,
trattenendo il respiro. Stava parlando con Gourry, in modo tanto
sommesso che non riuscivo a cogliere che strascichi di discorso. Una
parte però la afferrai con chiarezza: “…Non devi
preoccuparti, sarò sempre con te…”. Deglutii e feci
un passo indietro, sentendo pizzicare gli angoli degli occhi. Ma non
riuscii a smettere di guardare. Aislin si piegò leggermente su
Gourry, baciandolo, poi lo abbracciò, mentre il sole del
crepuscolo si rifletteva sulla sua armatura d’argento, creando
bagliori rossastri sui loro capelli dorati. Quell’abbraccio mi
spezzò il cuore. Perché sapevo cosa sarebbe successo.
Ad una prima, fugace,occhiata potevo sembrare perfettamente padrona di me.
“Ti prego, ti pregooo…”
Ma in realtà, mi stavo decisamente umiliando.
Zel, tuttavia, non sembrava raccogliere ed era perfettamente immune
alle mie implorazioni ed ai miei occhioni supplicanti. Dannazione.
Il vociare degli avventori della locanda ‘La guerriera’,
dove eravamo alloggiati per quella notte, irrompeva allegro e
schiamazzante, rendendo il mio umore ancora più tetro.
Voltai lo sguardo altrove, livida di rabbia e sempre con il broncio
infilzai con la forchetta le due patate supersiti che mi occhieggiavano
dal piatto. Eppure, doveva esserci un sistema per convincere Zel a
farmi dare un’occhiata al prezioso testo magico su cui era
riuscito a mettere le mani quel pomeriggio.
Sbuffando mi voltai verso Gourry, che estraneo alla questione si stava
servendo generosamente la terza porzione di cinghiale arrosto.
“Gourry, digli qualcosa…” Mi lamentai, lanciando
un’occhiata furente verso Zel, che sorseggiava tranquillamente il
suo caffè, del tutto sordo alle mie richieste.
Gourry sollevò leggermente le spalle, lanciandomi una brave
occhiata della serie ‘non-tiratemi-in-mezzo’ e
continuò a riempirsi il piatto, limitandosi a dire: “Se
fossi in te desisterei Lina. E tutto sommato…non credo che Zel
abbia tutti i torti. Non so che tipo di libro sia, ma se non
vuole lasciartelo devo concludere che in mano a te possa fare
più male che bene, quindi…” Il suo sguardo ora era
nuovamente concentrato sulle rape lesse, così non vide
l’occhiata assassina che gli lanciai: “Ti ringrazio
Gourry!” Esclamai, al colmo dell’indignazione.
“Ti ringrazio anch’io, Gourry.” Escalmò Zel,
con tranquillità, portandosi la tazza alle labbra “Lieto
di sapere che la pensi come me.”
“Ognuno fa quel che può per salvare il mondo da
Lina…” Ribattè Gourry, con aria da esperto in
materia.
“Vero, vero…” Commentò Zelgadiss.
“La volete piantare voi due?!” Sbottai, guardandoli in
cagnesco prima di infilare la forchetta nel piatto di Gourry e
fregargli l’ultima fetta di arrosto.
“Lina!” Protestò il mio amico.
“Ben ti sta, traditore!” Esclamai, cacciandomi in bocca l’intera porzione e masticando rabbiosamente.
Bene, un modo per dare una sbirciata a quel libro l’avrei
trovato. Con o senza l’autorizzazione di Zelgadiss. E poi, non
era stato forse lui ad accendere la mia curiosità, quel
pomeriggio, commentando con gli occhi luccicanti che quella volta aveva
finalmente svoltato nella ricerca su una cura?
Insomma, conoscevo Zel da anni, e non l’avevo mai visto
così ottimista. Perciò quel libro meritava almeno una
sbirciata. Forse Zel aveva addirittura bisogno del mio aiuto, con
l’incantesimo, ma era troppo impacciato per chiedermelo
direttamente…
Si, doveva essere così per forza, conclusi lanciando da sopra il
piatto una fugace occhiata alla chimera che mi sedeva di fronte.
Sbattei il pugno nel palmo della mano.
“Sono sempre disposta ad aiutare un amico! Capisci?”
Gourry mi osservò levando un sopracciglio. La luna brillava
piena e rotonda attraverso una delle finestre della sua stanza e si
rifletteva sul lago vicino cui sorgeva ‘La guerriera’, una
locanda abbastanza confortevole, tutto sommato, che doveva il suo nome
ad una leggenda popolare molto famosa in quella zona.
Avevo appena finito di chiedere al mio amico se voleva contribuire alla
nobile causa di aiutare Zel a tornare umano, assecondandomi nel mio
progetto del ‘distrai Zel mentre sfoglio il libro’, per una
buona causa, si capisce.
“E’ una questione seria, capisci Gourry? Se non diamo
un’occhiata a quel libro…Zel potrebbe fare qualcosa di cui
potrebbe pentirsi, forse potrebbe addirittura peggiorare la
situazione!” Esclami, portandomi la mano al cuore e dando
un’intonazione drammatica alla mia voce.
L’espressione di Gourry divenne eloquente.
“Ok, forse peggiorare no…Del resto…Ma comunque capisci? Dobbiamo aiutarlo!”
A quel punto lo sguardo di Gourry si addolcì: “Lina, lo
sto che stai letteralmente morendo dalla voglia di dare
un’occhiata a quel libro. Ma Zel mi sembra sia stato chiaro. E se
veramente in quel libro c’è un incantesimo che potrebbe
farlo tornare umano…Devi lasciarlo fare di testa sua. Lo sai
com’è fatto, potrebbe addirittura decidere di non parlarti
più.”
Incrociai le braccia al petto, imbronciata: “Capirai, non
è che adesso come adesso sia molto loquace in ogni
caso…”
Gourry sorrise, poi allungò una mano e mi scompigliò i
capelli sulla fronte: “Vuoi uscire a fare quattro passi? O, che
so…Una partita a carte?” Esclamò, allungando la
mano per prendere lo sgualcito mazzetto ci carte che si portava
appresso e che molto spesso usavamo per ingannare le attese.
“E’ un modo indiretto per assicurarti che non me ne vada in
giro a fare pazzie?” Gli chiesi, inarcando un sopracciglio.
Gourry ci pensò sopra alcuni secondi: “Potrebbe sembrare,
ma…no. E’ un modo come un altro per impedire che tu te
torni in camera e che stia tutta la notte ad ossessionarti su quel
libro.”
Mio malgrado dovetti sorridere. Gourry mi conosceva davvero meglio di
chiunque. Per un attimo presi in considerazione la sua proposta di
rimanere in camera sua a giocare a carte fino all’alba. Qualche
volta l’avevamo fatto. Anche se in effetti erano state volte in
cui entrambi eravamo ben forniti di grana. In effetti non giocavo mai
senza soldi, non ne vedevo l’utilità. E poi dubitavo che
quella notte sarei riuscita a concentrarmi sul gioco col pensiero
ricorrente che qualche camera più in là Zel stava
sfogliando un libro antico e prezioso e che forse avrebbe tentato
qualche arcano incantesimo…
E se fosse veramente successo qualcosa e il libro fosse stato
danneggiato prima che potessi dargli almeno un’occhiata? Sentii
aggrovigliarsi qualcosa nel fondo del mio stomaco. La curiosità
mi stava uccidendo, maledizione!
“Ti ringrazio, Gourry…” Mormorai, guardando
distrattamente la luna rotonda e piena attraverso la finestra. Le
increspature del lago frammentavano il suo riflesso in tanti tremolanti
spicchi argentati. “Ma alla fin fine credo che me
andrò a dormire.” Sbadigliai vistosamente “Sono
esausta, e poi quel libro non doveva essere nemmeno così
interessante. Smetterò di pensarci.” Conclusi, con
un’alzata di spalle.
Gourry mi osservò con una leggera apprensione. Non mi sembrava del tutto convinto.
“Lina…Non so perché, ma ho una brutta
sensazione.” Il suo sguardo si spostò lentamente per la
stanza, fino a raggiungere la finestra. Gourry si accostò ad
essa e guardò assorto il lago.
“Quale brutta sensazione?” Gli domandai seguendolo,
leggermente impaziente. Sapevo che molto spesso le sensazioni di Gourry
non erano da sottovalutare, ma in quell’occasione temevo volesse
solo tirarla per le lunghe.
Il mio amico fece spallucce. “Boh, non saprei. Forse è
questo posto…E’ come se ci fossi già
stato…Ha un’aria…sinistra. Lina…Puoi
giurarmi che non andrai a cacciarti in qualche casino prima di domani
mattina?” I suoi occhi azzurri erano come ipnotizzati dal leggero
incresparsi delle onde del lago. Soppesai le sue parole. Dovevo
ammettere che i suoi discorsi mi avevano messo una strana inquietudine,
ma cercai di scrollarmela di dosso.
“Tranquillo, Gourry! Cosa vuoi che possa succedermi stando chiusa
in camera mia? Perché è lì che starò, te lo
assicuro. Vuoi che lasci la porta aperta, così puoi venire a
controllare?” Poi per fargli capire che ero totalmente tranquilla
e serena mi alzai sulle punte dei piedi e allungando una mano gli
scompigliai a mia volta i capelli sulla fronte. Era un modo un
po’ idiota che usavamo entrambi per ‘scacciare’ dalla
mente i brutti pensieri.
Gourry sembrò rasserenarsi.
“Non ce né bisogno, mi fido. Ok…Allora, buona notte.”
“Buona notte Gourry.” Gli sorrisi, poi mi chiusi la porta alle spalle.
Ragazzi, ero la maga del bluff!
Ok, avevo mentito a Gourry. Ma lui non l’avrebbe mai saputo,
quindi perché preoccuparsene? Quando una bugia non viene
scoperta, è come se non fosse mai stata detta, no?
E poi il piano che avevo congegnato era pressoché perfetto:
usare il levitation fino alla stanza di Zel, lanciare uno sleeping su
di lui, entrare con cautela, sfogliare il libro, prendere qualche
appunto, e rimettere tutto com’era prima di levare le tende.
Geniale no? Non se ne sarebbe accorto mai nessuno.
Quando spalancai le finestre della mia stanza la fredda brezza
invernale mi inebriò, mentre sentivo in sottofondo il leggero
sciabordio del lago. Era un paesaggio davvero magnifico con quella luna
bianca e magica che brillava sull’acqua, e non capivo cosa Gourry
potesse trovarci di sinistro. Ad ogni modo io avevo cose più
pratiche da fare che perdermi nella contemplazione.
Saltai giù dalla finestra e volai fino alla camera di Zel. La
luce era spenta. Buon segno, forse aveva deciso di farsi un pisolino
prima di cominciare con i giochi. O forse aveva concluso che non ne
avrebbe cavato un ragno dal buco, e aveva abbandonato il progetto
e…il libro. In quel caso mi avrebbe facilitato di non poco le
cose.
Quando mi accostai alla finestra, tuttavia, mi ritenni ancora
più fortunata: di Zel non c’erano tracce, mentre il libro
giaceva aperto sulla scrivania, accanto ad una pozione che bolliva
lentamente grazie ad un incantesimo.
Forse Zel era uscito col favore dell’oscurità per
procurarsi qualche ingrediente, e questo mi dava tutto il tempo di
entrare, sfogliare il testo e sparire.
Ottimo.
Aprii la finestra con la magia, e mi introdussi furtivamente nella
stanza del mio amico. Appena ebbi appoggiato un piede sul pavimento,
tuttavia, un lieve scricchiolio delle putrescenti assi mi fece
immobilizzare, ma nulla si mosse nella stanza: non mi ero sbagliata,
ero veramente sola. Mi avvicinai con cautela alla pozione che bolliva e
annusai sospettosa, mentre un’espressione nauseata mi compariva
sul volto:
“Puah! E’ disgustoso!” Mormorai, distogliendo
immediatamente il naso da quell’intruglio stomachevole.
“Spero in cuor mio che Zel non abbia intenzione di trangugiare
questa roba…O risolverà i suoi problemi andando
all’altro mondo…” Considerai tra me e me, mentre
tutta la mia attenzione si concentrava sul testo magico, ora a mia
completa disposizione.
Mi avvicinai piena di curiosità e sfiorai la consistenza delle
pagine prima ancora di cercare di decifrare che tipo di incantesimo
fosse stampato sulla pagina che Zel aveva aperto. Era pergamena antica,
talmente sottile e friabile da aver quasi paura a toccarla per il
timore di vedersela sbriciolare sotto agli occhi. Doveva essere
indubbiamente molto remoto.
“Fin troppo…” Mormorai, guardando meglio e notando
come anche la simbologia delle lettere fosse assolutamente arcaica.
Quel che i miei occhi vedevano era un ammasso di minuscoli segni
aggrovigliati tra di loro, tracciati sulla pergamena con uno sbiadito
inchiostro color seppia.
O meglio…
Sospirai tra me e me e infilai la mano destra in una delle tasche del mio mantello magico.
Era una cosa che detestavo, ma ormai non ne potevo fare a meno. Almeno,
in quel caso, ero sola, e non avrei dovuto sorbirmi i
‘simpatici’commenti di Gourry in proposito. Estrassi dalla
tasca un paio di rotondi occhialini con la montatura in corno, e me li
appoggiai sul naso, schiarendomi la voce.
Di sicuro era una seccatura, per me, ammettere di non poterne fare a
meno in certi frangenti, ma indubbiamente risolvevano la situazione.
Gli aggrovigliati simboli dai contorni sbiaditi infatti, come per
magia, si composero davanti ai miei occhi in una ordinata sequenza di
lettere. Indubbiamente antiche, ma non più sconosciute, come
avevo in un primo momento pensato.
Era un tipo di alfabeto usato secoli addietro, ormai in disuso. Una
lingua morta, ma i cui rudimenti venivano ancora in parte insegnati
alla gilda. Per mia fortuna, la testardaggine a voler essere migliore
degli altri mi aveva spinto ad interessarmi anche a ciò che si
presumeva non servisse ad un buon mago.
Era questa la differenza tra un buon mago ed un mago eccelso, categoria
alla quale, modestamente, mi potevo vantare di appartenere.
Con un sorriso compiaciuto mi sistemai meglio gli occhialini sulla
punta del naso e mi apprestai a tradurre, mentre il piccolo lightin
tremolava sopra di me.
Pronunciai a bassa voce le prime due o tre parole
dell’incantesimo, quando mi imbattei in un simbolo sconosciuto.
“Dannazione” Biascicai, avvicinandomi il più
possibile al libro. Non osavo sollevarlo, per timore di rovinarlo.
Avevo una dannata paura che le pagine mi si sbriciolassero nelle mani,
ero sempre un po’ tesa quando si trattava di libri così
antichi, un retaggio derivato dall’istruzione della gilda,
probabilmente. Molti libri racchiudevano in sé incantesimi
capaci di farli letteralmente polverizzare, se non si prestava la
giusta attenzione. E dovevo ammettere che in quel caso la semplice
curiosità inappagata non bastava a farmi essere prudente:
contribuiva non poco il fatto che avrei dovuto spiegare a Zel come mai
al posto del suo libro non giaceva che un mucchietto di polvere. Con
chi credete se la sarebbe presa in una circostanza del genere?
Il lezzo della pozione mi riempiva le narici, e provai a scacciare il
fumo insistente che si levava dal pentolino in ebollizione. Mentre
muovevo distrattamente la mano sopra alla pozione, tuttavia, un lieve
crepitare, proveniente dall’intruglio, attirò la mia
attenzione…
Come se qualcosa vi fosse inavvertitamente caduto dentro e fosse
lentamente sfrigolato nel miscuglio, prima di dissolversi. Guardai
interrogativa verso le bolle che si formavano minacciose sulla
superficie vischiosa del composto, ma non ebbi tempo di chiedermi
cosa mai vi fosse piombato dentro: la porta si spalancò in quel
momento e Zel fece il suo ingresso nella stanza.
Notai che tra le mani reggeva alcuni rametti di Salvia, probabilmente
sottratti nelle cucine, e che il suo viso, man mano che si rendeva
conto della situazione, ovvero io che mi facevo gli affari suoi nella
sua stanza, stava via via assumendo le sembianze di un orso bruno
davanti ad un favo di miele.
Detesto fare la parte del favo.
“Zel, ti posso spiegare…” Cominciai, levandomi per
prima cosa gli occhiali dal naso. ‘Stavo passando qua fuori,
quando ho visto che non c’eri, e ho pensato di venire qua a
rimestare la pozione per te…’ come sarebbe suonato? Si,
Lina Inverse nella parte dell’amica premurosa ed affettuosa,
poteva andare.
“Stav…”
“Avrei dovuto immaginarmelo!” Sbottò Zel,
interrompendo il mio discorso sulla solidarietà e la
fratellanza. Come un falco si lanciò verso di me, perdendo
Salvia da tutte le parti.
“Ti prego, dimmi che NON hai toccato niente!!”
Esclamò, guardandosi febbrilmente intorno alla ricerca di
qualche disastro. Fortunatamente non c’erano danni visibili.
Anzi, non c’erano danni e basta.
“Hei, volevo solo dare un’occhiata veloce al libro che ti
sei RIFIUTATO di mostrarmi!” Mi misi subito sulla difensiva.
Zel, appurato che tutto era come lo aveva lasciato si rilassò
quel tanto che bastava per passare dallo stato di orso bruno a quello
di chimera inferocita. Il che era pressappoco la stessa cosa.
“Se mi sono rifiutato di mostrarmelo un motivo c’era, Lina!” Borbottò, le mani sui fianchi.
Incrociai le braccia al seno, sbuffando:
“Bene, ma come vedi le tue erano semplici fisime. Tutto è
come lo avevi trovato, e se mi avessi lasciato dare un’occhiata
al libro, questa sera a cena,come ti avevo chiesto, non mi sarei
nemmeno dovuta disturbare per venire fin qua!”
Zel mi osservò levando un sopracciglio:
“Oh, dunque la tua infrazione di proprietà privata sarebbe colpa mia?!”
“Esattament…”
In quel momento, un gorgoglio alquanto sinistro lasciò la mia frase sospesa a metà.
Entrambi ci voltammo verso la pozione che bolliva, Zel con aria pensierosa, io vagamente colpevole.
In cuor mio speravo che qualunque cosa ci fosse caduta dentro a causa
del mio spostamento d’aria, una mosca, un batuffolo di polvere,
qualunque dannatissima cosa, non compromettesse il suo
incantesimo. O avrei fatto meglio ad emigrare nel
continente…
Il lieve borbottio che la pozione aveva prodotto fino a quel momento si
tramutò rapidamente in un gorgogliante ribollire, mentre, con
mio grande sgomento, la gelatinosa schiuma giallastra cominciava a
colare lentamente lungo i bordi del piccolo paiolo.
A Zel si rizzarono i capelli sulla nuca: “Lina…” Mormorò, lentamente.
Io non ebbi il coraggio di distogliere gli occhi da quella disgustosa
visione, se non altro per evitare di guardare Zel negli occhi. Ma
quando il mio amico pronunciò nuovamente il mio nome, questa
volta con una punta di isterismo nella voce, provai a replicare.
Ma non ne ebbi il tempo.
L’esplosione ci investì in pieno, senza darci nemmeno il
tempo di creare uno scudo difensivo. Una luce abbagliante seguì
il boato, costringendoci a piegarci con le braccia incrociate davanti
al volto.
Non volevo morire in un modo tanto stupido, ma non avrei potuto fare
granché per evitarlo. Tutto ciò che riuscii a pensare,
prima che il cervello mi esplodesse nel cranio, fu che avevo tradito la
fiducia di Gourry. Lo immaginai che metteva mano alla spada. Lo
immaginai correre per il corridoio, allarmato, il volto stravolto
dall’angoscia.
Prima che la forza distruttiva di quanto io e Zel avevamo provocato non investisse anche lui.
‘Perdonami’
Poi, tutto svanì nel nulla.
Riaprii gli occhi lentamente. I timpani mi ronzavano ancora
furiosamente, come se un esercito di mosche avesse deciso di
trasmigrare direttamente nelle mie orecchie.
Con circospezione staccai le braccia dalla testa. Il cervello non mi
era esploso nel cranio, come avevo inizialmente temuto, e questa era
una buona notizia. Mi tastai lentamente il volto: la fronte, le
guancie, la punta del naso. Non mi ero liquefatta, ne tantomeno
polverizzata.
E anche questa era una buona cosa.
Dopodiché, mi azzardai a lanciare un’occhiata
all’ambiente circostante. Tutto era pressappoco come lo avevamo
lasciato.
Anche Zel.
E questa non era esattamente una buona cosa.
Nemmeno la sua espressione sembrava suggerirlo.
“Maledizione!” Imprecò. “D…Dannazione! M…Maledizione!”
“Anch’io sono felice che tu stia bene, Zel…” Borbottai sollevandomi e spolverandomi le ginocchia.
Ok. Avevo quasi ucciso entrambi e, molto probabilmente, fatto fallire il suo esperimento.
Ma, hei! Eravamo vivi e vegeti, non era un motivo sufficiente, non dico per essere felici, ma almeno per sentirsi sollevati?
Il modo in cui Zel pestava i piedi al suolo sembrava dire il contrario.
Ma io so prenderla con filosofia quando qualcuno fa il difficile. E’ una mia qualità. Una delle tante, si intende.
“Suvvia, Zel…Hai ancora il libro dopotut…” Lo
sguardo mi cadde sul tavolo su cui, solo pochi secondi prima, erano
posati il libro magico e il pentolino con l’intruglio.
Era vuoto.
Ok.
Presi un respiro profondo.
Non ero un tipo che scappava davanti alla difficoltà.
Ma in quel momento avrei tanto voluto.
“Sai Zel, ci sono ancora tanti di quegli incantesimi che non hai ancora provato…”
La vena sulla tempia del mio amico iniziò a pulsare.
“Inoltre, dovresti considerare che, dopotutto, il verde ti dona parecchio…”
Ora tendeva al violetto però…
“E poi, che vuoi che siano quattro pietruzze sulla facc…”
“LINA!” Abbaiò la chimera, portandosi le dita alle tempie. “Io…Tu…”
“Zel, prima che tu dica alcun che vorrei ricordarti che
l’omicidio non è mai una buona soluzione. Ci si sporca di
sangue e…e si è perseguibili legalmente!” Esclamai
tutto d’un fiato.
Diavolo, quand’era l’ultima volta che l’avevo visto tanto arrabbiato?
Forse durante la caccia al drago di lago. Sì, doveva essere
stato in quell’occasione che l’avevo visto davvero fuori
dai gangheri…Per una cosuccia come quella dell’ancora,
poi! Zel era decisamente uno che se la prendeva più del
dovuto…
Arretrai leggermente, ma mentre mi dirigevo inconsciamente verso la porta, questa si aprì di colpo.
‘Gourry!” Pensai, sollevata. Ma non era affatto Gourry.
Un cavaliere in una scintillante armatura argentata entrò a
passo spedito nella camera di Zel, prima di fermarsi di colpo davanti a
noi.
Ci fu un attimo di tensione, dopodiché, con una velocità
che avevo visto solo in una persona, estrasse la spada dalla cinta e ce
la puntò contro.
“Chi siete, e cosa ci fate nella mia stanza?” Echeggiò, attraverso l’elmo che gli copriva il volto.
Io e Zel ci osservammo un attimo smarriti.
“Ho detto chi siete?” Intimò nuovamente il
cavaliere, in tono minaccioso “Siete spie di Lord Elrod? Ma
certo! Ebbene, ditegli che non scenderò mai a compromessi con
lui, e per quanto mi riguarda può andare al diavolo!”
Era veramente arrabbiato.
Ma chi diavolo era Lord Elrod?
“Scusi, ma temo sia del tutto in errore. Questa non è la
sua stanza, messer, e noi non siamo affatto spie, ma avventori in
regola e abbiamo tutto il diritto di stare qua. E adesso, se vuole
avere la cortesia di andare nella sua stanza a brandire
quell’arma, avrei due parole da dire alla signorina.”
Esclamò secco Zel.
Tutto sommato preferivo essere una spia di Lord Elrod.
Il cavaliere sembrò tentennare. Ma non abbassò la spada, che teneva ancora levata verso di noi.
Zel sembrava davvero sul punto di perdere del tutto la pazienza, e
correvamo seriamente il rischio di finire tutti e tre coinvolti in una
rissa, quando un lamento, proveniente dal letto alle nostre spalle, ci
gelò tutti e tre di colpo.
Qualcosa, o meglio, qualcuno, si muoveva lentamente sotto le lenzuola.
Sgranai gli occhi, voltandomi verso Zel.
Una donna? Zel aveva una donna nascosta tra le lenzuola?!
Non poteva essere!
A ben pensarci, non poteva davvero essere.
Certo però…
Fu il cavaliere sconosciuto, tuttavia, quello che mi lasciò
maggiormente perplessa, dato che si lanciò con un balzo verso il
letto.
“Se gli avete torto un solo capello…Io vi uccido!” Esclamò.
“Guardi che lei è totalmente in errore, noi…”
Ma quando dal bozzolo di lenzuola il cavaliere estrasse quello che
aveva tutta l’aria di essere un bambino piccolo, prossimo alle
lacrime, a me e Zel per poco non caddero le braccia a terra.
“Ma che significa?” Esclamammo insieme.
Il cavaliere non ci ascoltava più. Cullava il bambino, mormorandogli qualcosa a bassa voce.
“Se non siete spie, chi siete?” Domandò infine, quando l’infante sembrò essersi riaddormentato.
“Io sono Zelgadiss Grayword, e lei è Lina Inverse. E le
assicuro che siamo del tutto estranei alla sua questione. Ma la
domanda, signore, è chi siete voi? Questa è la mia
stanza.”
Il cavaliere riadagiò il bambino tra le lenzuola,
rimborsandogliele bene intorno al volto. Poi, lentamente, si
slacciò le fibbie dell’elmo.
Una lunga matassa di capelli biondi ricadde sulle sue spalle.
“Io non ho nome. Non più.” Mormorò
lentamente. La sua voce ora che non risentiva più del cupo eco
metallico sembrava dolce e poco appropriata al suo aspetto.
Solo quando si voltò mestamente verso di noi, risultò
perfetta. Assolutamente appropriata al volto che ci trovammo davanti.
Perché era quello di una bellissima ragazza.
“Potete chiamarmi semplicemente Aislin”
Il sole iniziava appena a sorgere. La ragazza si era levata l’armatura, rimanendo in calzoni e camicia.
Era alta per essere una donna, e aveva un volto mortalmente pallido e un’aria stanca.
“Non sapevo che l’oste avesse già affittato questa
stanza. Sono giunta in tarda serata, avevo bisogno di un posto dove
stare, per il bambino, sapete. L’ho messo a letto e sono scesa a
legare il cavallo. Non c’era nessuno quando sono salita.”
Si giustificò guardando Zel con espressione sincera e diretta.
Aveva qualcosa di familiare nel volto. Possedeva lineamenti gentili,
molto femminili, ma la linea del naso era dritta, e la mascella
altrettanto decisa. Eppure c’era qualcosa, nella dolcezza dello
sguardo, che suggeriva un’indole più tranquilla e mite di
quella che aveva voluto far credere.
Zel, seduto sulla sedia davanti allo scrittoio, dondolava avanti e indietro il piede.
“Signora, evidentemente deve esserci stato un errore
dell’oste. Ma vedo che avete più necessità di me di
occupare questa stanza, perciò ve la cedo volentieri. Del resto,
ho un amico alloggiato qualche camera in là e posso chiedere
eventualmente ospitalità da lui. Oppure Lina può cedermi
la sua stanza.”
“Hei!”
“Credo che tu me lo debba, Lina.” Il suo tono non ammetteva repliche.
La ragazza sospirò.
“Non discutete a causa mia, vi supplico.”
“Non discutiamo affatto a causa sua. Anzi, probabilmente il suo
arrivo tempestivo mi ha fermato in tempo dal commettere un gesto
inconsulto, perciò Lina dovrebbe solo ringraziarla.”
Scoccai un’occhiata di fuoco a Zel.
“Forse dovremmo lasciar dormire Aislin e proseguire la nostra conversazione fuori di qui, non trovi Zel?”
La ragazza sgranò i grandi occhi azzurri.
“Oh, no. Non dormirei comunque, non preoccupatevi. Un po’ di compagnia non mi dispiace, in effetti.”
In quel momento il bambino emise una nuova, debole, protesta.
Aislin si affrettò a sollevarlo dal letto, cullandolo tra le braccia.
“Non riesce a dormire bene. Abbiamo viaggiato molto, in questi giorni.”
Vidi che il piccolo aveva gli stessi capelli biondi della madre. O
almeno, supponevo che lei ne fosse la madre. Ne aveva tutta
l’aria.
“Venite da molto lontano?”
“Da Elmekia. Siamo in viaggio da giorni. Sto tornando alla casa dei miei genitori.”
“E’ un bel pezzo di stada, da Elmekia a qua.”
“Già.”
Sedette con il bambino tra le braccia, Doveva avere poco più di
un anno, e aveva le guancie soffici e paffute e due vivaci occhi
azzurri.
“Gaaaaah.” Esclamò, osservandomi e tendendo una manina verso di me.
Cercai di ignorarlo. Non è che avessi tutta questa confidenza con i bambini.
Anzi, se proprio vogliamo dirlo, non ne avevo affatto.
Mi facevano anche un po’ senso. Erano carini e paffutelli,
persino teneri, se vogliamo, ma io sapevo che potevano trasformarsi in
orribili mostri pronti a spaccarti i timpani alla prima occasione e a
tormentarti notte e giorno con i loro piagnistei.
O almeno, questo era quello che Luna mi aveva raccontato di me.
E io non contraddicevo mai le opinioni di Luna.
“E’ un po’ piccolo per un viaggio così lungo.” Considerò Zel.
Aislin annuì.
“Probabilmente. Ma non avevamo alternative.”
Il bambino si tendeva verso me, emettendo versetti di pura gioia.
“Lei gli piace. Devono essere i capelli, è attratto dal
colore dei suoi capelli.” Considerò la madre, aggrottando
le sopracciglia.
“Hehehe…” Emisi una risatina nervosa.
“Vuole prenderlo?”
“No!” Esclamai, forse un po’ troppo precipitosamente.
“Cioè…Io non ci so proprio fare con i bambini. Uh,
il mio amico Gourry però impazzirebbe, glie lo assicuro. Solo
che a quest’ora starà dormendo come un
sasso….”
Gourry adorava i ‘cosi’. Ogni volta che in qualche
villaggio ci imbattevamo in una fiera non perdeva occasione per
vezzeggiare e riempire di dolci qualche bambino.
Cervelli affini, si capisce. Di quelli che non riescono a mettere insieme più di tre nozioni di seguito.
“Gourry?” Mormorò la donna, con una certa sorpresa.
“Andranno d’accordo di sicuro, allora. E’ anche il
suo nome.” Mormorò, guardando il bambino, che tendeva
impaziente le mani verso i miei capelli.
“Davvero? Coincidenza singolare…”
Gourry non era un nome così comune, in fondo.
Aislin sorrise, e in quel momento capii di colpo chi mi ricordava con tanta insistenza.
“Gourry Gabriev, a quanto pare non sei più l’unico
Gourry che conosciamo…” Sussurrò all’orecchio
del bambino, mentre io e Zel spalancavamo all’unisono la bocca.
All’improvviso, era chiaro cosa era andato storto nell’esperimento.
O meglio, cosa aveva funzionato, in maniera del tutto imprevista.
Eravamo tornati indietro nel tempo. Ma non al momento in cui Zel
avrebbe potuto cambiare la sua situazione, fermando Rezo prima che
compisse l’incantesimo che l’aveva reso ciò che era.
No.
Eravamo tornati all’infanzia di Gourry. E quella che ci sedeva dinnanzi era niente di meno che la sua giovanissima madre.
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