La maschera

di Sophos_
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Mi confondo tra la folla. Anche se io preferisco chiamarli “gli altri”. Sono loro che mi hanno dato questo castigo. Sono loro che mi hanno costretto a portarla. Non posso più uscire senza di lei.
Per colpa loro io sono quello che sono. È colpa loro se li odio. È a causa loro che io devo indossarla.
Non sono mai riuscito a tirarmi fuori. Mi hanno sempre guardato con occhi indagatori. Avevo il loro sguardo su di loro e non riuscivo a toglierli. Erano come piccoli pugnali che si infilavano sotto la mia pelle. Non facevano male ma ogni qual volta qualcuno li toccava, iniziavo a sanguinare.
È tutta loro la colpa se ora non posso farne a meno. La mia maschera.
Grazie ad essa riesco ad aggirarmi tranquillamente in mezzo “agli altri”, riesco a prendere un posto in prima fila dando spallate senza ricevere accuse. La mia maschera mi protegge. Non sanno chi sono, ne cosa voglio.
La indosso da 4 anni, ormai. È diventata parte di me. Non riesco a ricordare il mio vero volto, neanche i miei genitori lo ricordano. La maschera lo cela, lo rende invisibile agli occhi.
Il mio “marchio” se così si può definire non l’ho sviluppato in una notte, bensì in anni e anni di rapporti con le persone. Ogni volta che mi allontanavo da una persona  concretizzavo un pezzo del ricordo che avevo di lei su della porcellana, fino a costruire una vera e propria maschera.
Nessuno ricorda il mio viso, nemmeno io. E più passano i secondi ,i minuti, gli anni e più lo dimentico. Mi sono rassegnato all’idea di non riconoscere neanche me stesso. Mi sono arreso al mio destino.
Una volta cercai di toglierla, tentai di vedere cosa è rimasto del mio vero volto, ma è diventato deforme. Quasi cadaverico.
Questa maschera  mi sta distruggendo, ma non posso farne a meno.
Devo nascondere il mio viso, preferisco distruggermi con le mie stesse mani che essere annientato “dagli altri”. 




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