~Gli occhi del
Baltico.
La pioggia cadeva, incessante, colpiva la terra milioni di volte,
invisibile contro il cielo nero di quella notte.
Niente luna, niente stelle, tutto stava celato sotto anguste nubi di
tenebra che parevano inghiottire ogni cosa.
Era una pioggia gelida come il ghiaccio, distruggeva i fiori, staccava
le foglie dalle piante, una raffica di piccoli colpi di pugnale.
Ogni volta che quelle gocce gli arrivavano addosso sentiva il ghiaccio
entrargli sotto le vesti, arrivare alla pelle e passare anche quella,
giù fino alle ossa.
Era bagnato da capo a piedi, sporco di qualunque cosa quell'acqua
maledetta rendesse una melmaglia dal cattivo odore: sabbia, sale,
terra, sterco di animale, anche.
Dietro di lui suo padre tuonava assieme al cielo, sempre più
frequentemente squarciato da saette di luce che lo illuminavano da capo
a piedi.
Quelle folgori cadevano vicine l'una a l'altra, e la paura che una di
loro lo potesse colpire gli urlava nelle orecchie, terrorizzandolo a
ogni tuono, ma si impegnava a non ascoltalra, continuava a dar
velocità a le gambe, correndo a un ritmo rotto, sregolato,
lontano dalla sua velocità, dalla sua forza, dal suo stesso
piccolo corpo.
<< Gilbert, torna indietro! >>
La Grande Germania urlò ancora più forte in
direzione del figlio, facendo nitrire per lo spavento il cavallo bianco
dalle alte gambe sporche di terra, ma l'unico effetto che
provocò sul bambino fu quello di fargli voltare la testa
bianca per pochi secondi, gli occhi rossi che si accertavano che la
figura inseguitrice fosse abbastanza lontana da lui.
La fanghiglia e le rocce scogliose rallentavano i cavalli, mentre
le sue gambe corte non ci mettevano molto a saltare da una parte
all'altra, seppur le ginocchia avessero impattato più volte
a terra a causa di quei sassi così maledettamente scivolosi.
Ma lui continuava a correre, senza fissare né la pioggia che
gli feriva le guance, né le rocce che gli tagliavano le
ginocchia, né i muscoli che pulsavano imploranti a ogni
passo.
Era vicino, era vicino, era vicinissimo, era a due salti di quelle
corte gambe.
Saltò dall'ennesimo scoglio, scalato in pochi minuti e
appendendosi con le unghie a qualunque cosa le sue mani arrivassero su
quella roccia bagnata e levigata, per un attimo ci fu il brivido del
vuoto, poi atterrò e i suoi piedi impattarono con un rumore
sordo. La pioggia arrivò al contrario, dal terreno.
Abbassò lo sguardo e, con un qualcosa di simile alla
preoccupazione, si accorse che l'acqua marina gli arrivava sopra la
caviglia, là dove il mare, in una normale situazione, doveva
essere finito da circa quindici metri.
Il baltico ruggiva, invece, sempre più vicino, una distesa
di ossidiana liquida.
Non si lascio però intimidire e, spostandosi dagli occhi
qualche ciocca bagnata, riprese a correre, facendo schiantare le gocce
d'acqua marina contro quelle di acqua piovana.
Una luce emergeva dalla parete scogliosa, a pochi metri da lui, un sole
che si era rifugiato in una grotta per sfuggire a quella fortunale.
Era arrivato!
Corse verso quella roccia, notando che sulla parete stavano scavati
degli stretti gradini; doveva stare attento nel salirli, altrimenti
sarebbe volato giù di sotto e, seppur l'altezza non fosse
esagerata ( circa due metri ), lui, bambino, sarebbe finito con l'acqua
alla gola.
Ma pure questa volta quella strana forza nelle gambe prevalse sulla
coscienza e, a passi rapidi, corse su per quella rampa naturale,
inciampando più di tre volte e rimettendosi in piedi ancor
prima che impattasse a terra, barcollando verso il vuoto e trovandosi a
fare sul suo bordo estremo l'ultimo scalino.
Fu allora che poté finalmente sentire tutti i rumori che la
pioggia fino ad allora aveva coperto: passi affrettati, voci di donne
giovani e vecchie, il pianto di due bambini.
Il suo respiro.
<< E lui che ci fa qui!? >>
Una donna vestita di bianco, una sacerdotessa o qualcosa del genere,
per quanto Gilbert ne poteva sapere, gli si avvicinò a passi
veloci, mentre l'albino compieva tre passi all'interno della grotta,
illuminata da svariati fuochi accesi in vari punti e tenuti sotto
controllo da alcune delle donne.
Gilbert si guardò attorno, cercò il motivo per
cui era corso fino a lì tra tutte quelle gonne, fino a
trovarlo disteso in un largo giaciglio di paglia che prendeva tutto il
fondale della caverna.
La sacerdotessa, intanto, gli si era parata davanti e non lo lasciava
passare, gli sventolava sulla testa un ramo.
<< Sta fermo, non puoi entrare senza essere purificato!
>>
<< Smettila, fammi passare, Strega! >>
Urlò Gilbert, con la sua stridula voce bambinesca, mentre la
donna apriva la bocca, sorpresa e, soprattutto, estremamente offesa.
Alzò quindi la mano nella quale teneva l'alloro rituale
nella più che evidente intenzione di punire quel bambino
insolente, ma il prussiano non fu così stupido da starsene
fermo e aspettare la pena e approfittò di quell'occasione per
scivolare sotto le vesti della religiosa, in un gesto che sorprese le
sue aiutanti e le altre donne, e superare così quell'ultima
odiosa barriera.
Corse fino al giaciglio, urtando quacuna di quelle, e si
fermò, ansimante e con il cuore a mille, solo quando
riuscì a vedere la persona che vi stava distesa, notando per
primissima cosa i lunghi capelli castani impiastrati di paglia e sudore
e le gambe piegate e aperte sotto un velo sporco di sangue all'altezza
di un ventre ancora gonfio.
Le ciglia impiastrate di lacrime si aprirono lentamente, attratte dal
rumore e dal vociare che prima non c'era, rivelando così un
paio di grandi occhi azzurri; lo stesso colore del Mar Baltico.
Essi lo fissarono, poi colei a cui appartenevano tirò i
lembi delle labbra e sorrise, esausta.
<< Gilbert, sei venuto a trovarmi? >>
<< Undinė...! >>
Il bambino la chiamò, osservandola con aria quasi incredula.
Non riconosceva in quella tremante, ma sorridente, figura la donna che
fino a pochi giorni prima vedeva camminare sulla costa con il ventre
pieno e l'arco sotto braccio.
<< Che ti hanno fatto!? >>
Undinė rise, ma in modo debole e fievole, guardando le rosse pupille
lasciate scoperte dalle palpebre di Gilbert, che continuava a
fissarla, rendendosi agli occhi di tutte quelle donne il bambino
più ingenuo del mondo ( se se ne fosse reso conto sarebbe
andato certamente su tutte le furie! ) .
<< Nulla di male, piccolo, sto solo partorendo. Guarda
qui... >>
Fece, indicando la donna alla sua destra, la quale stava allattando due
bambini avvolti in tanti panni: erano quelli che il prussiano aveva
sentito piangere quando era arrivato, due piccole teste bionde.
<< Due maschietti, esattamente com'era stato predetto...
tuo padre ha vinto la scommessa. >>
Continuò, con tono quasi ironico, mentre le faceva finta di
non sentire le ragazze che insistevano con il ricordarle di non
sforzarsi troppo.
Lo guardò da capo a piedi, continuando a sorridergli, mentre
tutto il corpo tremava.
<< A proposito di lui, mi... >> Prese un
respiro, interrompendosi. << mi sembra strano che ti
abbia lasciato venir qui da solo... cosa hai fatto? Guarda come sei
ridotto... >>
Gilbert afferrò il mantello bianco della sua divisa,
cercando di coprire le misere condizioni in cui era: bagnato da capo a
piedi, il tessuto era passato da bianco a essere di un marrone fangoso,
la melma lo ricopriva fino al polpaccio, i pantaloni all'altezza delle ginocchia si
era strappate assieme a buona parte della pelle, grattata via dalle
cadute.
Così come le ginocchia, anche i polpastrelli erano rossi di
sangue, le unghie sporche di tutto ciò su cui si era
arrampicato, un paio si erano rotte senza che se ne acorgesse.
Altri graffi stavano sul viso, ben visibili a causa dello sporco che si
era appiccicato ad esse, così come sopra le ciglia e nei
capelli: un nido di rondini fatto di acqua salmastre e piovana
impastata con sabbia, sassi, foglie e tutto ciò che il vento
di mare portava con se.
<< Mio padre mi ha lasciato avanzare! >>
Mentì spudoratamente, parlando con lo stesso tono di un
soldato vanaglorioso di prima scelta.
La sua bugia venne però miseramente scoperta nell'esatto
momento in cui, accompagnato dal nitrito di un esausto cavallo e da un
tuono, Magna Germania apparì alle soglie della grotta.
Esattamente come i mostri fanno le loro entrare in scena negli incubi,
I suoi occhi, due lastre di ghiaccio, cercarono immediatamente quelli
di Gilbert, fulminandolo; il bambino deglutì, consapevole
che non poteva di certo scappare da lui adesso.
Sarebbero state botte, eccome se lo sarebbero state.
<< Germania, sei arrivato. >>
<< Baltia. >>
L'uomo smontò da cavallo, aveva i lunghi capelli interamente
bagnati, ammassati in gruppetti dall'acqua, che li aveva resi anche
più scuri rispetto al biondo grano di cui essi erano
normalmente.
Aspettò, a differenza del figlio, che la sacerdotessa
compiesse il suo rituale ( e la donna fu particolarmente soddisfatta
della buona riuscita di questo, eseguito senza opposizioni ), poi si
avvicinò a passi larghi e veloci, una corsa che tentava di
mascherare, fino al giaciglio.
<< Con te faccio i conti dopo. >>
Disse, veloce e severo, rivolto a Gilbert, che però si
sentì rincuorato; dopo nulla lo avrebbe ostacolato nel
darsela a gambe come era solito fare in certe occasioni.
Le guerre e le mareggiate si affrontavano, gli sculaccioni
assolutamente no.
La Grande Germania s'inginocchiò vicino alla donna, che lo
guardava dritta negli occhi con un leggero sorriso sulle labbra, tanto
gentile quanto cortese.
<< Hai ancora la forza di sorridere e parlare. Sei
incredibile. >>
<< Sto solo partorendo... è normale per noi
donne e c'è chi ha decine di figli. I miei sono solo tre.
>>
Rispose lei con una calma sorprendente, mentre i pugni stringevano con
forza il terreno sotto lei, frantumando in migliaia di pezzi la paglia,
la terra e le lenzuola; le contrazioni stavano nuovamente tornando,
l'aria iniziava nuovamente a sparirle dai polmoni, i battiti a
accellerare e poi perdersi nel petto.
L'uomo strinse le pupille blu, cercando di mantenere la sua solita
espressione; come al solito non voleva che nessun sentimento solcasse
la maschera di guerriero, ma un simile stratagemma poteva tradire
Gilbert, bambino che non si rendeva conto nemmeno di cosa fosse un
parto, non Undinė. Lei lo conosceva fin troppo bene.
<< Non è solo quello, lo sai bene.
>>
Disse, le labbra che appena si muovevano, quasi non volessero far
uscire quella frase; ma lei continuava a sorridere, mentre Gilbert
continuava a non capire e altro non poteva fare oltre a guardare.
Non era mai stato così silenzioso, nemmeno lui sapeva cosa
diavolo gli era preso in quel momento! La figura di Undinė in quelle
condizioni l'aveva... paralizzato.
Germania distolse lo sguardo per un po', puntandolo sulle mani di
Baltia, poi tornò ai suoi occhi, sempre dipinti della
medesima emozione, sempre bagnati da tutto quel dolore.
<< Sei sempre meno visibile all'orizzonte.
>>
<< Lo immaginavo. >>
Commentò serenamente, stupendo per un attimo quell'uomo così
imponente;
" E' ovvio che non si veda. " pensava, intanto, Gilbert. "Con questa
burrasca non ci si vede nemmeno i piedi, figurarsi un'isola. "
Continuava a non capire.
<< Undinė, uno dei due nati è il prescelto?
>> In quella domanda si sentì una punta di
speranza, o qualcosa di simile a essa. << Se
così fosse tu... >>
<< No. >>
La risposta, ancora secca e ancora serena, fece nuovamente incrinare la
maschera, o l'elmo, di Germania, che si ritrovò per
l'ennesima volta a abbassare lo sguardo.
Lei portò una mano ( la sollevò come se pesasse
tonnellate ) al ventre, carezzandolo con infinita tenerezza.
<< Lui è ancora qui. E non vedo l'ora di
stringerlo, almeno per un poco. >>
Gilbert strinse gli occhi scarlatti, non capendo il perchè
di quell'ultima frase; un poco? Perché mai Undinė avrebbe
dovuto stringere suo figlio solo per poco?
Insomma, mica stava per...
L'intuizione gli spezzò un battito.
Il respiro affannoso che aveva durante la corsa tornò di
nuovo, così come il tremore e tutto il resto. Ma
perché!? Perché mai a Baltia doveva succedere una
cosa simile?!
Roma aveva avuto ben tre figli, ma a Grecia, o chiunque altra fosse
stata la sua amante, non era capitato assolutamente nulla.
Fece per aprir bocca, ma la voce di Undinė tolse fiato alla sua.
<< Ormai io non sono più quella piccola
isola... sono anche e soprattutto la voce dei popoli arrivati
lungo queste terre dopo tanto girovagare. Ed è giusto che
essi abbiano, a seconda delle loro differenze, tre differenti anime. Io
non posso certo bastare. >>
Affermò, osservandoli entrambi , prima che qualcosa,
prepotentemente, assumesse il controllo sulla sua persona.
Gilbert rabbrividì nel sentire l'urlo che Baltia
lanciò, così acuto e grave, mentre apriva
nuovamente le gambe in quel modo che gli pareva così
innaturale e brutto, poi suo padre lo tirò indietro per un
braccio e lui venne scavalcato da tutte e sette le donne,
più la sacerdottesa, che già aveva iniziato a
recitare, urlandole a gran voce, quelle che dovevano essere le
preghiere.
Né Prussia né Germania seppero dire per quanto
tempo le urla raggelanti di Undinė continuarono, ma ad entrambi
sembrò che delle ere stessero trascorrendo in quella grotta,
mentre il livello del mare si faceva sempre più alto.
Gilbert ad un certo punto udì con chiarezza la voce di suo
padre seguire nella preghiera quella delle donne e, senza che se ne
potesse render conto, anche lui iniziò a ripetere quelle
parole con voce acuta, una sporca formula pagana di cui non conosceva
assolutamente il senso, ma sperava che dasse un aiuto, qualunque esso
potesse essere.
E poi un urlo diverso da tutti gli altri: un lamento forte e dolce, una
voce piccola che di faceva sentire con tutta la forza che aveva,
assaggiando per la prima volta l'aria.
<< E' nato, il Prescelto è nato!
>>
Le donne riniziarono a correre, chi alle fasciature, chi all'acqua, chi
lo faceva senza nemmeno un senso e chi ancora, bagnata di lacrime,
continuava a pregare.
Gilbert, per la seconda volta, si fece spazio tra loro, e anche
ora i richiami di suo padre non servirono proprio a nulla.
Cadde in ginocchio davanti a lei, che però sorrideva a
qualcosa di urlante che teneva tra le braccia tremanti.
<< Gilbert, guarda... >>
Disse con un filo di voce Undinė, spostando un pezzetto del velo umido
che era avvolto attorno a quel tuonare infantile.
Gibert si chinò con gli occhi spalancati e curiosi: il corpo
del neonato era ancora bagnaticcio e leggermente sporco di sangue, i
capelli castani aveva la stesso color cioccolato di quelli della madre
e anche altre somiglianze tra quei due erano notabili in quella piccola
creatura.
<< Ti somiglia molto. Siete due gocce d'acqua.
>>
Commentò Germania, mentre il fantasma di un sorriso passava
sulle sue labbra.
<< Ne sono onorata, in tal caso. >>
<< Come si chiama? >>
Chiese infine Gilbert, trovando nuovamente la voce dopo esser restato
in silenzio per così tanto tempo.
Fu in quel momento che una foglia cadde dalla sua testa, scivolando
prima davanti ai suoi occhi e poi sulle minuscole mani del piccoletto,
così piccino che entrambi i pugni sparirono sotto di essa.
Era una foglia di alloro, molto probabilmente si era staccata dal ramo
quando la sacerdotessa aveva provato a compiere il rituale purificatore.
Undinė osservò quella fogliolina, poi si lasciò
scappare l'ennesimo e dolce sorriso.
<< Toris. >> Proclamò con voce
decisa, guardando poi i due germanici. << Il suo nome
è Toris. >>
Poi, dal nulla, un'onda s'infranse con forza preropente contro le
parteti e un'ombra calò sulla faccia di Undinė; Toris
scoppiò a piangere.
<< Pare che sia ora... di già. >>
Il suo volto lasciò esprire in quelle due parole tutta la
tristezza che il suo cuore tratteneva, gelando gli animi delle persone
che erano radunate attorno, compresi gli unici due uomini presenti.
Per la seconda volta Prussia sentì il padre boccheggiare
qualcosa alle sue spalle: una frase senza senso e parole, che
sembravano sparire ogni volta che l'uomo prendeva aria con
l'intenzione opposta.
Anche Gilbert avrebbe voluto dire qualcosa, ma non ci riusciva; una
donna e un bambino lo avevano reso completamente impotente.
Undinė strinse forte Toris e i denti, serrò con loro anche
le palpebre, prima di riaprirle e scambiarsi uno sguardo, per ora lei
era l'unica a cui il piccolo aveva rivelato gli occhi.
<< Gilbert, vieni qui... apri le braccia...
>>
Fece, tendendogli il bambino; in quel preciso momento Gilbert
provò la stessa sensazione di quando il padre per la prima
volta gli aveva messo in mano una spada dopo avergli mostrato i rischi
che il cavaliere correva nel maneggiarla incautamente e con
stupidità.
Lo prese e, non appena avvertì che le dita della madre
scivolavano definitivamente via da quel peso, se lo portò al
petto, premuto contro la croce della divisa, e il piccolo parve
accorgersi che il battito che ora udiva era ben diverso da quello di
chi fino ad allora lo aveva stretto.
Un battito vivo.
Anche Gilbert poteva avvertire il cuore del bambino battere forte e
velocemente, così piccolo... gli sembrava il quello di un
pettirosso.
Era il rumore del cuore che Baltia gli aveva ceduto.
<< Avrei voluto che tu e Toris diventaste ottimi amici,
ma ho come l'impressione che il destino abbia per voi dei piani
diversi. Nel caso avessi ragione, siate due leali avversari di spada,
forti e imbattibili. Così, se un giorno vi si
parerà davanti un nemico comune, vi troverete dalla medesima
parte e con tanta forza da usare. >> sorrise, quindi,
osservando quelle due figure infantili che stavano cuore contro cuore.
<< In un caso o nell'altro, il mio più grande
desiderio è quello di sapervi, in qualche modo, legati l'uno
all'altro. >>
Poi il suo sguardo passò a Magna Germania, lasciando quelli
di Gilbert e Toris, persi, spettatori di un'opera troppo
complicata che non avrebbero potuto comprendere a causa della tenerezza
delle età.
Lei gli sorrise in quel modo dolce e paziente che Gilbert le aveva
visto addosso tante volte e anche lui portò sul viso la sua
espressione, con quelle labbra serrate e gli occhi azzurri
impenetrabili.
Lei stesa su quello sfasciato giaciglio, lui in piedi, dritto e
immobile come una colonna.
Perchè mai comportarsi diveramente del solito? Altro non
avrebbe fatto che accentuare la consapevolezza che quello era un addio.
<< Allora... Addio, Haal. >>
<< Addio, per adesso, Undinė. >>
Un boato risuonò alla bocca della caverna e alcune donne
sull'entrata urlarono, terrorizzate alla vista di un'onda che si
schiantava contro l'entrata, entrando repentina e potente.
Gilbert chiamò suo padre, tenendo stretto tra le braccia il
fagotto piangente di Toris, l'uomo la guardò un'ultima
volta, poi, con uno scatto, avvolse le braccia attorno ai due bambini,
proteggendoli con la schiena.
Undinė chiuse gli occhi e sorrise ancora.
L'onda non aveva fatto male a nessuno, né provocato danni,
ma il risucchio si era portato via Undinė, lasciando a loro solo della
schiuma bianca e un odore salmastro.
Gilbert guardò il padre, che però non ricambiava
il suo sguardo, perso nella paglia di un letto vuoto.
<< Avresti dovuto almeno abbracciarla. >>
Nessuno disse nulla per una lunga manciata di minuti. Tutti stavano
aspettando che la mareggiata finisse definitivamente - da dopo l'Onda
il cielo aveva iniziato a farsi sempre più chiaro e ora
aveva anche smesso di piovere- , i due bambini non fiatavano,
dormienti, mentre il terzo, sveglio ma silenzioso, era ancora tra le
braccia di Gilbert, seduto lì sul bordo della grotta a gambe
incrociate. Non l'aveva mai mollato.
Poi, all'improvviso, successe qualcosa che Gilbert non si sarebbe
aspettato:
<< Ehi! Gente, ha aperto gli occhi! >>
Disse, gridando in malo modo ( inutile dire che svegliò gli
altri due piccoli ) e in un attimo tutti si precipitarono. Magna
Germania sussultò.
Gli occhi di Toris erano proprio come quelli di Undinė: il blu che si
vede quando si è immersi nelle profondità marine
e si guarda su, in alto, verso il cielo, le due tonalità che
si fondono con la luce del sole.
Quella vista accese qualcosa nel cuore dei presenti che la scomparsa di
Baltia aveva oscurato.
Le donne, con rinnovato entusiasmo, corsero a accudire gli altri due
piccoli, la sacerdotessa andò alla ricerca del suo alloro,
bofonchiando di dover ancora fare qualche preghiera propiziatoria.
Haal, silenzioso, si sedé accanto al figlio, osservarono
Toris allungare una mano verso l'orizzonte, ove stava il mare che,
ormai, era scompigliato solo da qualche onda.
<< Tutti e tre sono bambini fortunati. >>
fece, l'uomo, con il solito tono severo. << Baltia
vivrà per sempre qui con loro, abbracciando le loro terre.
>>
Gilbert lo guardò inizialmente con fare interrogativo, poi
capì.
Undinė non era scomparsa, ma era tornata a quella che era la sua vera
essenza, casa sua. Non un'isola mitologica, non il territorio
europeo... ma il Mar Baltico.
<< Che hai intenzione di fare? >>
<< Io!? Che diavolo c'entro io!? >>
Rispose Gilbert, stizzito e arrogante come sempre; si era ritrovato,
finalmente, e anche il padre, storcendo un angolo della bocca, l'aveva
notato.
<< Ricordi ciò che ti ha detto Undinė, spero.
Sarete alleati o rivali? >>
L'albino guardò con gli occhi rossi il faccino di Toris,
così pacifico, rilassato, che contraccambiava con
curiosità amorevole lo sguardo; rise e mise le mani sul viso
del prussiano, toccando il naso e poi la bocca.
Aveva un faccino adorabile, un qualcosa che o lo si amava o lo si
amava, espressione, oltretutto, di quello che pareva essere un
carattere angelico.
E questo a Gilbert bastava per decidere.
<< Mi sembra ovvio. >>
Un ghigno storse le labbra di Prussia che, con un movimento da
predatore, aprì le fauci e punse con i canini le dita
cicciottelle di Toris, che lanciò un grido acuto di sorpresa.
<< Sarà la mia vittima preferita, oh
sì! Alla faccia di quella stupida sacerdotessa boriosa, lo
convertirò alla vera religione, la mia! >>
Sghignazzò, continuando a mordicchiare la piccola mano di
Toris, mentre il poverino strillava e si agitava, con le
sopracciglia e gli angoli della bocca piegati verso il basso e il naso
sporco di moccio.
<< Gilbert, non farlo piangere! >> Lo
ammonì severamente il padre ( e il suo parlare tuonale non
aiutò l'inquietudine del povero nato ) <<
Augurati solo che non somigli troppo a sua madre. >>
<< Perche!? Perchè potrei prendermi una cotta
come hai fatto tu!? >>
Disse, ridendo sguaitamente e totalmente da solo, prima di prendersi un
sonoro schiaffo sulla nuca che provvedé a zittirlo.
<< No. >> disse Haal, con tono non troppo
fermo. << Baltia era un'ottima guerriera e tra le sue
fila contava un protettore temibile. >>
<< Oh, che paura. >> Fece Gilbert,
mostrando tutta la sua ironia. << Sai che timore mi fa un
gridare al... >>
In quel momento quelli che sembrarono cento ululati arrivarono da sopra
la testa di Gilbert, dove tutti i capelli bianchi si erano rizzati per
lo spavento.
Fece scattare la testa in alto, ma l'unica cosa che vide fu una coda
argentea che si scuoteva nell'aria e spariva via.
Toris guardava in alto anche lui, ma rideva, gioioso.
<< ... lupo.
... Maledetti spiriti pagani...! >>
Mormorò a denti stretti, facendo scappare un sorriso a
Germania.
Da quel giorno le tribù del Baltico iniziarono ad assumere
una conformazione precisa, tre divisoni dovute a caratteri,
particolarità, famiglie.
Quando Gilbert tornò dopo una decina d'anni, con la divisa
appena più grande e la stesso ghigno sulla faccia, sulle
coste che abitavano quelli chiamati "lituani", vide un bambino alto quanto lui, con un arco in
spalla e dell'ambra tra le mani.
I suoi capelli erano leggermente lunghi e castani, gli occhi avevano il colore
di un'onda che si schianta contro il cielo.
Il bambino, quando vide così vicino il suo compare, gli
sorrise in modo timido e cordiale. Gilbert non gli tese la mano ma,
traboccante di una fiamma di febbrile spirito di battaglia gioioso, gli
puntò la spada addosso.
Aveva una promessa da rispettare.
<< E' arrivata l'ora di combattere, Toris!
>>
______________________________________________________the begin.»
Note
dell'Autrice
~
* "Undinė" è un nome lituano il cui significato
è "Onda".
* "Haal", che non è il nome originale di Magna Germania,
è la lettura germanica della runa "Hagalaz", il cui
significato è ode, inno; rappresenta il ghiaccio.
* Il significato del nome "Toris" è "Alloro".
* Baltia è un'isola vicina alle coste d'ambra della Lituania
di cui si parla nella mitologia romana, ma viene considerata l'anima
stessa di questo mare, madre di Toris, Eduard e Raivis ( se la Livonia
è intesa come il passato di quest'ultimo... incaso contrario
si può parlare di Lettonia come nipote, non ho specificato
chi erano gli altri due bambini per questo. ) .
* Alla fine della storia compare il Lupo di Metallo, protagonista della
leggenda della nascita di Vilnius ( non sto a spiegarvi tutto, comunque
questa storia è narrata anche da Toris stesso in un episodio
delle World Series... il 44, forse...! )
Emh, che dire?
Toris è il mio personaggio preferito, quello che interpreto
in modo migliore e di cui vesto i panni più spesso. Mi
è venuto naturale scrivere com'è nato secondo la
mia fantastia.
Baltia è nata dopo aver visto una fanart; il carattere, il
nome e il resto sono opera mia.
Spero che sia stata di vostro gradimento...!
Kitas ~
Valkyrie
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