Oscar night
SORPRESA! :D
Indovinate
chi è qui, di nuovo, a proporvi un'altra super mega
fantastica storia?! *___* (sì, sì, la panna....).
Ebbene
sì. Forse non ci contavate più, forse molte di voi lo
sanno già (grazie Letizia.... -___-"), ma c'è poco da
dire...
Se non che noi siamo insieme e... JOY'S BACK!!! *____* awwwwwwww
ENJOY! *____*
PS: vi lasciamo ai vostri tripudi (tradotto in lingua comprensibile = festeggiamenti) di GIOIA! <3
PPS: nel
caso ci fosse qualcuno (pfft!) che non lo sapesse, questa FF è
un continuo della FF "Qui dove batte il cuore" :)
Ci leggiamo sotto ;)
CAPITOLO 1 (Fio)
OSCAR NIGHT
POV KRISTEN
“Perseguire
un obiettivo singolo; si riesce con il sorriso, l’abbandono della
rabbia, con una respirazione attiva, con lo stimolo dei cinque sensi,
guardando in alto, imitando chi si stima, favorendo il sonno,
riflettendo, delle piccole e delle grandi cose, che diventano chiare,
acquisite. Nel pensiero, nelle idee, nelle parole e nelle azioni
positive... Nella calma.”
“Papaaaaaaaaaaaaà, ho finiiiiiiiiiiiitoooooooooooo”.
Espirai l'intera riserva di fiato
che ero riuscita ad accumulare e, cercando di non perdere il controllo
e la concentrazione, tornai a rilassarmi.
“Lasciare
le sciocchezze, le frivolezze. Capire che ci sono quattro stadi:
conoscere, riflettere, sintetizzare, elaborare in modo creativo.”
“Papaaaaaaaaaaaaaà”
Storsi la bocca in una espressione
contrariata e disturbata. Mi concentrai sulla voce che veniva dallo
stereo, sul mio corpo, sul mio pancione.
Rilassati, Kristen. Rilassati.
Quasi a volermi rassicurare, il bimbo scalciò e sorrisi automaticamente. Era stato un bel calcio.
“La
memoria sia senza interferenza della mente e del ragionamento, senza
fatica fino all’entusiasmo; ma è ancora l’inizio,
poi si ha chiarezza, la coscienza di essere nel giusto.”
“PAPAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA'”
L'urlo quasi disumano di Joy mi
scosse la mente in modo definitivo; non sapevo se essere più
tentata dallo strangolare mia figlia, che aveva preso la brutta
abitudine di urlare, o mio marito che mi aveva detto espressamente di
rilassarmi, non fare nulla, perché tanto “Penso a tutto io, tranquilla!”
Cercai di fidarmi delle sue parole
ma combattere l'istinto di alzarmi dal letto e andare a vedere di cose
avesse bisogno Joy era difficile.
Proposi a me stessa di contare un minuto e decidere di conseguenza.
Dio, lo yoga diventava uno stress
fatto in quel modo. E, con quello che mi aspettava quella sera,
ulteriore stress era l'ultima cosa di cui avevo bisogno.
Cercai di non pensarci.
Respirai ed espirai mentre la musica rilassante invadeva la camera e io iniziavo a contare mentalmente i sessanta secondi.
Aprii gli occhi e, nonostante fosse impossibile non sentire Joy, feci attenzione ad ogni suono fuori.
Niente.
Chiusi gli occhi sollevata,
beandomi di trovare nuovamente un po' di pace, quando sentii la porta
schiudersi e scricchiolare fastidiosamente.
Stavolta il respiro divenne una specie di sbuffo, strinsi le mani attorno alle ginocchia e chiusi gli occhi più forte.
“Rob... la porta...”
Sapeva quanto mi dava fastidio
essere distratta, soprattutto dal momento in cui era stato lui stesso a
presentarsi con un kit di corso potenziato di yoga, semplice e pratico,
con tanto di videocassetta e dischi di signorine dalla voce sensuale.
Quando l'avevo fatto notare a Rob
lui aveva detto che, ovviamente, per lui non erano affatto sexy ma
aveva rifiutato la mia proposta di trovare un corso tenuto da un uomo.
La porta scricchiolò ancora.
Ero sul punto di perdere tutta la concentrazione guadagnata finora e
saltargli addosso quando la voce che mi arrivò fu un'altra.
“Mami...”
Aprii gli occhi di scatto e voltai
il capo verso l'entrata. La mia bambina era lì, la porta chiusa
lasciava intravedere solo il suo faccino che sembrava mortificato per
avermi interrotto.
“Joy, amore. Che succede?” le chiesi prima di abbandonare la posizione accovacciata che avevo assunto.
Lei, in risposta, spinse un po' la
porta lasciandola aprirsi completamente e mostrandomi il suo stato, con
i pantaloni e le mutandine abbassate e la farfallina che si intravedeva
dalla maglia non troppo lunga.
“Oh...” facendo forza contro il materasso mi misi in piedi e la raggiunsi.
Dall'alto, con quella pancia di sette mesi, quasi non riuscivo a vederla.
Mi chinai alla sua altezza. “Amore, dov'è papà?”
“Non lo to”
scrollò le spalle. “No lipponde e io avevo finito...
Pelò non sono liussita a pulilmi...”
Un sorriso abortì sulle mie
labbra quando mi fece vedere le mani che reggevano un po' di carta
igienica. Peccato che non fosse solo quella ad essere sporca.
“Oh, Joy...” storsi la
bocca cercando di non vomitare. Non che si sentisse la puzza o che non
avessi mai visto della cacca prima d'ora ma in gravidanza ero
ipersensibile ad alcune cose, e questa era una di quelle.
“Potto accalezzale il flatellino?”
Vidi le sue mani avvicinarsi pericolosamente alla mia pancia e riuscii a fermarle appena in tempo.
“No!” quasi urlai bloccandole nelle mie. “Ce le laviamo prima, okay?” le sorrisi.
Scrollò di nuovo le spalle.
“Okay...” acconsentì per poi allungare le braccia
verso l'alto quando io mi fui rialzata.
Oh-oh.
“Amore, la mamma non ce la fa a prenderti in braccio...”
“Ti plego”
riprovò ma il medico era stato chiaro. Non avrei dovuto fare
sforzi per tutto il corso della gravidanza e non avevo intenzione di
rischiare per un capriccio di Joy. Poteva benissimo fare a piedi quei
cinque passi che ci separavano dal bagno.
“Andiamo, su.” dissi,
risoluta, prendendola per i polsi e facendola camminare avanti a me.
Risi quando vidi un pezzo di carta igienica penzolare dal suo sederino.
Quando fu di nuovo pulita e
profumata le aggiustai i capelli e mi abbassai per scoccarle un bacio
sulla guancia. Lei si buttò su di me per abbracciarmi facendomi
sbilanciare e cadere per terra.
Per fortuna ero così vicina
al pavimento da non aver avvertito il minimo dolore ma ciò non
impedì a Rob di urlare preoccupato e terrorizzato.
Lo sentii correre su per le scale e precipitarsi verso di noi.
“Kristen! Che è successo?”
Riuscii a percepire il terrore
nella sua voce, tirò un sospiro di sollievo solo quando ci fu
accanto e vide che ridevo e stavo perfettamente bene.
“Cavolo Kris, devi per forza
farmi crepare di paura così?” sospirò rilassato
mentre mi porgeva le mani e mi aiutava ad alzarmi.
“Papi ma dov'eli?”
“Già, dov'eri? Ho
dovuto ripulire le mani di tua figlia dai suoi stessi escrementi
perché qualcuno che ha tanto insistito di badare a lei, mentre
io mi prendevo tutto il tempo per rilassarmi, non l'ha fatto...”
“Oh, chiedo scusa.” fu
la sia unica risposta mentre prendeva in braccio Joy che si stringeva a
lui prendendosi le coccole che aveva desiderato da me ma che non avevo
potuto darle.
“Bè, allora dov'eri?” chiesi di nuovo visto che non avevo ottenuto risposta.
“Come ti senti?”
“Bene. Dov'eri?”
“Il piccolo?”
“Sta bene, Rob. Non eludere
la mia domanda o inizierò a pensare che hai un'amante che ti
aspetta dietro il vialetto...”
“Certo, e io avrei aspettato
un anno e mezzo che ti liberassi da quella scimmia e ti accorgessi di
me, ti avrei sposata dopo aver messo al mondo la bimba più bella
del mondo, aspettato un altro paio d'anni per ingravidarti di nuovo
solo per il gusto di farmi una scappatella con la postina...”
“Il nostro postino è maschio...” gli feci notare.
“Appunto, Kristen. Le uniche donne della mia vita sono qui, tutte e tre.”
Sorridemmo insieme e lui mi attirò a sé.
“No vi capisco quando pallate cotì...”
Joy, tra le braccia di Rob, fece scontrare i nostri visi per un bacio a stampo.
“Pelò mi piase quando
vi basate.” ci mostrò il suo sorriso sdentato, complice
della sua s moscia. “Zio Tom dise che lo fate sempe... “
Sia io che Rob ridemmo e lo stimolo giunse prima ancora che potessi finire di ridere.
“Con permesso, la gravida avrebbe bisogno di fare una pipì.”
“Ti serve aiuto?”
Non avrebbe mai imparato.
“Oh, si! Facciamo
così. Joy mi abbassa i pantaloni, tu le mutande e poi mi porgi
le tue dolci manine così posso riempirle col mio caldo e
invitante liquido, che dici?”
“Siiiii fazzamolooooo” esultò Joy che, della cosa, doveva aver solo immaginato che sarebbe stato divertente.
Rob strizzò un occhio e
sorrise. “Ok, scusa. Non voglio interrompere un momento tanto
importante tra madre e figlia” aggiunse serio solleticando il mio
pancione e guardandolo con sguardo adorante. Lo sguardo che riservava
solo a me e a Joy. E ora al piccolo che da sette mesi cresceva in me,
in noi.
“Continui ad essere convinto che sia una femmina, eh?”
“Sicuro. Solo le donne sono così preziose.”
Sorrisi sulle sue labbra che si posavano sulle mie per un altro bacio.
“Papi mi fai fale
l'aloplanooo?” stavolta fu Joy stessa ad interromperci ma Rob
continuò a baciarmi per un'altra manciata di secondi facendomi
dimenticare ogni cosa.
La mia domanda, il mio bisogno del bagno e l'ansia per quella sera.
L'effetto durò solo per qualche secondo purtroppo perché, due ore dopo, ero sull'orlo di una crisi di nervi.
“Non può essere sparita!” sbraitai rovistando in ogni cassetto.
Joy mi guardava curiosa mentre,
accovacciata sul letto, era intenta a coccolare Bear e Cake. Grazie a
Dio aveva imparato a farlo senza tirar loro le code o le orecchie.
C'era voluto un po' per farle capire quello che poteva o non poteva
fare con loro ma ne era valsa la pena visto che ora era completamente a
suo agio con gli animali che, tanto per cambiare, stavano sul nostro
letto.
Rob si sarebbe arrabbiato da
morire. Non voleva che qualsiasi forma di pelo fosse a contatto con
superfici delicate, soprattutto se si trattava del piumone sotto cui
dormivamo ogni sera.
Avevamo toccato quel tasto dolente
anche quando aspettavo Joy e non voleva che mi avvicinassi a Jella ma
ora, come se potesse essere possibile, era ancora più protettivo
e pignolo.
Quando entrò in camera notai
subito i suoi occhi diventare due palle enormi quando vide gli animali
sul letto ma non gli diedi il tempo di adirarsi perché mi
scagliai contro di lui.
“Tu!” lo minaccia col dito e col pancione. “Dove hai messo la mia maglia?”
“Quale maglia?”
“Quella con i lupi sopra.”
“Non l'ho vista in giro.”
“Stai mentendo. Te lo leggo
negli occhi, Rob. Hai sempre adorato quella maglia ma non ti è
mai andata. Che fine le hai fatto fare? Te la sei messa e l'hai
stracciata? Eh?”
Il mio tono iniziava ad essere ridicolo.
“Kristen, ti giuro che non ho fatto niente alla tua maglia.”
“E allora dov'è finita?”
“Non lo so!”
“L'hai presa tu, lo so.” insistetti, cocciuta.
“Non ho preso niente, Kris.”
“Allora dev'esserci qualche
presenza in casa perché non è possibile che le cose
spariscano così!”
“Devi averle dimenticate a Londra...”
“No, no. Ci siamo stati un mese fa a Londra. Queste cose non le trovo da qualche giorno!”
“Magari ti sbagli...”
“Rob, sono incinta. Non sono idiota. Sono sparite diverse maglie e anche un paio di jeans.”
“Ma se metti sempre lo stesso”
“Perché gli altri sono
spariti! Non trovo nemmeno le converse bianche!”. D'improvviso mi
voltai verso Joy con sguardo indagatore ma non notai alcun segno di
colpevolezza sul suo viso.
“Io non ho fatto nente” si limitò a dire e capii dal suo sguardo sicuro che era la verità.
“Che devi farci con quella
maglia e le converse?” Rob sembrava non capire la gravità
della situazione. Lo fulminai con uno sguardo.
“I coriandoli.” sbottai acida e ironica. “Indossarle, Rob. Che credi?”
“Kristen, siamo a Febbraio. Quella maglia è leggera.”
“Non mi importa! E' larga e mi va comoda e non mi fa sentire una balena.”
“Amore, non sei una balena. Dovrò ripetertelo ogni volta che aspetterai un bambino?”
“Vacci piano, amico. Non
metterti contro di me oggi. Sono incinta, sono in ansia, sono
terrorizzata e non voglio andare a quel cazzo di evento vestita rosa
confetto.”
“Kristen, stai scherzando?”
“No!”
“Dobbiamo andarci.”
“No, non dobbiamo. Dove sta scritto?”
“Sui nostri inviti.”
“Bruciali.”
“Kristen sei nominata a un Oscar, ti rendi conto?”
“NO!” urlai nervosissima. “Cioè, sì. Insomma, lo sono?”
“Che vuoi dire?”
Sospirai. “Oh ma che ne so, Rob! Non so se ce la faccio ad andare lì... e...”
“Accettare una sconfitta?”
“Accettare una
vittoria...” fui costretta a confessare mettendo a nudo le mie
paure, nonostante fossi sicura che Rob le conoscesse già. Si
avvicinò a me quando dovette sentirsi salvo da un mio eventuale
attacco alla gola. Mi posò le mani sulle spalle e si mise dietro
di me. Con estrema calma e con la precisione di un vero istruttore di
yoga fece scivolare le sue mani lungo le mie braccia nude in movimenti
continui e cadenzati. Le sue dita sembravano essere nate per il mio
corpo e la mia pelle era così sensibile che divenne subito d'oca
al suo tocco.
“Chiudi gli occhi.” sussurrò Rob al mio orecchio.
Chiusi gli occhi cercando di respirare bene e di rilassarmi.
“Ora ripeti dopo di me: Io.”
“Io.”
“Sono.”
“Sono.”
“Una fantastica attrice.”
“Rob...” alzai gli occhi al cielo.
“Ripetilo.”
“Una fantastica attrice.” quasi sbuffai.
“Bene, ora dillo tutto d'un fiato.”
“Rob, per cortesia...”
“Fallo.”
Mmm...
“Io sono una fantastica attrice.” lo accontentai sentendomi una perfetta idiota egocentrica.
“Perfetto. Ora continua a ripeterlo finché non te ne convinci tu stessa!”
Non gli dissi di quanto mi sentissi
idiota nel farlo però davvero continuavo a ripeterlo a me
stessa, almeno mentalmente, mentre le mani di Rob erano scese sul
pancione, il mio punto debole ormai, abbassando ogni mia difesa, e con
le sue labbra che assaggiavano piano il mio collo avrei potuto credere
a qualsiasi cosa.
“Mmm...” mugolai
sentendo un'improvvisa voglia di lui. Strinsi le mie mani nelle sue,
sopra la mia pancia, ma dovetti davvero trattenermi quando ricordai che
Joy era ancora nella stanza con noi e che, inoltre...
“E' tardi. Dobbiamo andare.”
Rob anticipò i miei pensieri riportando alla luce l'ansia.
“Okay...” riuscii a sussurrare con voce rotta dalla voglia che avevo di lui.
“Hai intenzione di venire in reggiseno o...?”
“Posso mettermi una maglietta?”
“Fino a casa dei tuoi genitori, sì.”
“Posso metterla anche stasera?”
Mi volta circondando le mie braccia
attorno al suo collo e sentendo il contatto caldo che la sua felpa
creava contro il mio pancione.
“No...”
“Perché no? Io ti piaccio anche in jeans e maglietta...”
“Se è per questo mi
piaci ancora di più senza vestiti ma ciò non ti autorizza
ad andare nuda per strada.”
“Sarebbe divertente! Potrei affittare un cavallo e protestare per qualcosa, tipo Lady Godiva!”
“Sarebbe perfetto solo se l'unico spettatore fossi io.”
Mi strinse a sé e mi aggrappai a lui ancora più forte.
“Ma dove sono finite le mie maglie, allora?” piagnucolai sul suo collo mentre mi cullava.
“Te l'ho detto, le avrai lasciate a Londra...”
Sospirai, iniziando a convincermi che fosse la verità. “Sì, forse hai ragione tu...”
Mi prese il viso tra le mani e mi baciò. “Vestiti. Io e Joy sistemiamo le bestie.”
“Pappaaaaaaaaaaa” urlò Joy che non si era lasciata sfuggire le parole di Rob.
Bear e Cake saltarono giù
dal letto a quella parola e in due secondi furono in fondo alle scale.
Rob sorrise e fermò Joy prima che facesse la stessa fine.
“Dove corri tu?” disse
con tono minaccioso caricandosela sulle spalle e causando una sua lunga
risata che mi accompagnò per molto. Potevo sentirla riecheggiare
nella casa, dal piano di sotto, scaldarmi il cuore e darmi la forza di
affrontare tutto.
Avrei portato quella risata con me
quella sera e ne sarei uscita viva, pensai sorridendo, ma dovetti
ricredermi quando, ormai in macchina, Joy si ammutolì
completamente.
“Amore, che succede?” le chiesi portando un dito sotto il suo mento chino.
Aveva lo sguardo triste.
“Pecchè non posso
venile co voi?” sussurrò con voce flebile mentre le dita
stringevano forte il suo peluche.
Oh...
Lanciai un'occhiata a Rob sperando che fosse lui a parlarle approfittando del potere che aveva su di lei.
“Hey, vieni qui...” bisbigliò prendendola dal seggiolino e portandola sulle sue gambe.
Joy continuò a tenere il viso basso mentre le dita stringevano la maglietta di Rob.
“Amore, ne abbiamo già parlato, ricordi?”
Joy annuì poco convinta.
“Sei ancora piccola piccola
per queste cose e lì ci sono tanti grandi e non potresti giocare
con nessuno. Invece dai nonni ci sono gli zii, c'è Jella, non
vuoi giocare con lei?”.
Sospirò pesantemente alzando le spalle.
“Ma poi mi venite a plendele?”
“Certo che ti veniamo a
prendere. Ti prometto che ti sveglierai nel tuo lettino”
intervenni io prendendole la manina e sorridendole. “Okay?”
“Okay...” sussurrò infine col morale ancora a terra.
Lanciai un'occhiata a Rob, incerto
quanto me. Non riuscivo a capire da dove nascessero tutte quelle
piccole paure. Joy era sempre stata molto attaccata a noi ma non aveva
mai fatto storie per andare dai miei genitori. Immaginai che l'aver
passato quegli ultimi sette mesi sempre con lei, lontani dal lavoro e
dagli impegni, avesse influito sulla cosa.
Mi chiesi cosa potesse passarle per
la testa per tutto il resto del viaggio fino a Los Angeles; non mi resi
nemmeno conto che eravamo arrivati finché la macchina non fu
ferma.
Scesi per prima salutando i miei
genitori che erano già fuori ad aspettarci. Rob mi seguì
e stava per far scendere Joy quando lei puntò i piedi in
macchina e allungò le braccia verso di me.
“Voio la mamma.”
“No, tesoro. La mamma non ce la fa. Ti prendo io.”
“Nooooo, voio
mammaaaaa.” iniziò a sbattere i piedi a terra e fu
istintivo per me avvicinarmi a lei e allungare le braccia per prenderla
in braccio ma Rob me lo impedì.
“No, Kristen. Deve capire. Joy, basta. La mamma non può prenderti.”
Rob cercò di prenderla ma lei ritirò le braccia e assunse un'espressione tra il triste e il deluso.
“Non puoi fale più
nente con me!” urlò scoppiando a piangere e, saltando
giù dalla macchina, ci superò e corse da mio padre.
Si buttò tra le sue braccia e si lasciò cullare mentre Rob ed io ci scambiavamo uno sguardo perplesso.
“Ci penso io...” disse
Rob dirigendosi verso mio padre e prendendo Joy dalle sue braccia.
Iniziò a sussurrarle qualcosa che non riuscii a sentire per poi
portarla dentro casa.
“Ma che succede?” chiesero i miei genitori all'unisono.
“Vorrei tanto saperlo...” fu la mia unica e onesta risposta.
Avrei tanto voluto saperlo.
“Come ti senti per stasera?”
Ora peggio di prima. Una merda.
“Normale...” scrollai
le spalle fingendo indifferenza ma i miei genitori mi conoscevano bene,
così bene da non chiedermi né dirmi nient'altro se non:
“Andrà tutto bene.”
Sospirai stanca e preoccupata
finché non vidi Rob uscire di nuovo con Joy in braccio. Sembrava
più calma ora ma quando si avvicinarono a noi...
“Dai, saluta la mamma.”
“No” ribatté lei
stringendo le braccia attorno al collo di Rob e nascondendo il viso.
“Non la voio più!”
Per un secondo, per quattro parole, mi si ruppe il cuore.
Non mi voleva più. Non mi voleva più ora, non mi voleva più come mamma?
“Joy!” la riprese Rob ma lei non mosse un capello.
“Ragazzi, dobbiamo andare o faremo tardi.”
Mio padre, responsabile tecnico, si
sarebbe unito a noi così da non dover andare con due macchine.
Ormai eravamo liberi di uscire senza terrore ma per eventi del genere
Rob preferiva ancora avere due guardie del corpo e una macchina che ci
accompagnasse e ci venisse a prendere.
Rob passò Joy a mia madre. Di nuovo nascose il suo viso senza darmi la possibilità di vederlo.
“Le passerà.” bisbigliarono Rob e mia madre nello stesso istante e pensai che era vero.
Non era la fine del mondo.
Le sarebbe passata sicuramente,
mentre io ancora non sapevo se e come avrei passato quella serata ora
che non avevo nessuna risata a cui aggrapparmi.
“Non mi lasciare!” sussurrai con voce stridula afferrando la mano di Rob che stava per allontanarsi da me.
Lui sorrise quasi divertito. “Kris, andrà tutto bene.”
Perché sembravano esserne tutti convinti tranne io?
Lo guardai ancora terrorizzata di
restare da sola. Non ero pronta ad affrontare tutto questo, non a
ventitré anni. Non ora. Non senza di lui.
Okay, forse la gravidanza mi stava
trasformando in un melodramma vivente. In fondo si trattava di stare
separati solo un paio d'ore per organizzare il trucco, i capelli, il
vestito e... Oddio, non ce l'avrei mai fatta.
Rob tornò verso di me e mi carezzò una guancia.
“Che c'è?”
“Non mi va di stare senza di
te...” sussurrai storcendo il naso per le mie stesse parole. Da
quando ero così dipendente da lui? Certo, Rob era sempre stato
il mio cavaliere, da sempre. Da quando avevo diciassette anni non aveva
fatto altro che venire in mio soccorso quando non sapevo cosa dire,
quando l'ansia prendeva possesso di me. Mi bastava sussurrare il suo
nome e lui era lì, anche solo per dirmi che ero bellissima.
“Ti sei vista, Kristen?
Centinaia di donne vorrebbero essere al tuo posto ora, tantissime ti
stimano e vorrebbero imparare da te.”
“Mi sento piccola, Rob...”
Lui annuì, capendo perfettamente.
“Non lo sei. Sei una donna, Kris. E una madre fantastica...”
“Mh!” sbuffai ironica.
“Non ci giurerei.” sussurrai rattristandomi al ricordo
delle parole di mia figlia.
“E' questo il vero problema? Stai pensando a quello che ha detto Joy?”
C'era davvero bisogno di rispondere? Chinai il viso lasciando che fosse quel gesto a dargli la risposta alla mia domanda.
“Hey...” mi alzò
il viso con un dito. “Ha tre anni. Vedrai che stasera non se lo
ricorderà nemmeno...”
“Già...”
O, in alternativa, non avrebbe nemmeno voluto darmi il bacio della buona notte.
“Non puoi venire a vestirti
nei camerini delle donne?” piagnucolai. “Ho la sensazione
che non darebbe fastidio a nessuna...” alzai un sopracciglio.
Lui rise. “E io ho la sensazione che dopo un po' darebbe fastidio a te...”
Non aveva tutti i torti. Di certo
non avrei retto gli sguardi di altre donne su mio marito. Non ora che i
miei ormoni erano a mille. No, meglio di no.
“E poi non sei sola,
ricordi?” le sue mani scesero sul mio pancione e lo carezzarono
dolcemente mentre mi guardava negli occhi.
Il bambino scalciò proprio in quel momento e Rob si aprì in un sorriso a sessantaquattro denti.
“No, infatti...” sorrisi io portando le mie mani sulle sue.
Avvicinò le labbra e
lasciò sulle mie un bacio dolcissimo finché Ruth
reclamò la mia attenzione. “Kristen, lo rivedi tra un'ora
e mezza al massimo!” mi disse con tutta la calma di cui era
capace. La stavo sicuramente facendo innervosire ma nessuno osava
mettersi contro di me quando ero in dolce attesa.
“A tra poco.” Rob mi fece l'occhiolino. “Ciao piccola.” sussurrò al pancione.
“Ciao.”
Lo guardai allontanarsi per il lungo corridoio finché non voltò l'angolo.
Sospirai e mi voltai verso Ruth che mi aspettava con un falsissimo sorriso stampato in faccia.
Con pollice e indice mimai una zip
che si chiudeva sulla bocca per intimarla a non fiatare. Lei
alzò le mani in segno di resa e accondiscendenza.
Le sorrisi cercando di calmarmi ma era difficile.
Ruth mi prese sotto braccio e iniziammo a camminare lungo il corridoio.
Il mio pancione arrivava sempre un secondo prima di noi.
“Non lasciarmi!” pregai anche lei prima di mettere piede nel camerino.
“Tranquilla, non ti lascio.”
Non ti lascio, un corno!
Dopo soli dieci minuti ero seduta,
sola, su quella cavolo di sedia piccola e scomodissima. Possibile che
non avessero accortezza per donne incinte?
Certo, il mio sedere non era poi così grosso ma i miei fianchi si, e lì ci stavano decisamente troppo stretti!
E dove cavolo era finita Ruth? E
quel diamine di parrucchiere che avrebbe dovuto farmi l'acconciatura? E
dov'era Rob ora? E Cosa stava facendo Joy? E perché quella sedia
era così maledettamente piccola?!
Feci forza sui braccioli e mi misi in piedi cercando di reprimere una crisi di nervi.
Ci mancò poco che prendessi
a calci quella stupida sedia. Chiusi le tempie tra le dita e ringraziai
la voce che attirò la mia attenzione bloccando l'istinto.
“Tutto bene?”
Scossi il capo prima di voltarmi e quando lo feci rimasi a bocca aperta.
Cazzo. Kate Winslet era accanto a
me. La stessa Kate Winslet che avevo incontrato ai BAFTA circa quattro
anni prima. La stessa Kate Winslet davanti alla quale avevo
boccheggiato come una cretina. La stessa Kate Winslet che ora mi
fissava aspettando che dicessi qualcosa.
“Wow.”
Cazzo, Kristen. Perché devi essere così idiota?!
“Nervosa?”
Stai calma,
stai calma. Respira e rispondi come se fosse una persona qualunque e
non una delle attrici che più stimi al mondo.
“Un po'...” annuii cercando di darmi un contegno.
Lei sorrise come se capisse
perfettamente la situazione e sicuramente la capiva davvero essendo
stata la più giovane attrice a ricevere due nomination a soli
ventidue anni.
“Ti capisco. Stavo esattamente come te circa venti anni fa.” un sorriso accompagnò il suo ricordo.
“E come hai fatto a restare calma?”
“Oh non ce l'ho fatta. Ero
terribilmente in ansia e, credimi, devi esserlo perché è
la sensazione migliore del mondo...”
Riflettei sulle sue parole per
qualche secondo e dovetti darle ragione quando mi resi conto che se non
fossi stata agitata non sarebbe stata la stessa cosa. Si trattava di un
Oscar e avevo tutto il diritto di sentirmi come mi sentivo.
“Bè, pare che abbiamo
lo stesso team trucco-capelli.” commentò lei riportandomi
indietro di quattro anni, quando aveva detto le stesse esatte parole e
io ero nella stessa esatta posizione in cui ero ora: insicura,
spaventata e... incinta.
Trovai ironico averla incontrata di
nuovo nella stessa condizione, con la sola differenza che stavolta era
decisamente più evidente.
“Forse se ti siedi è meglio...” consigliò lei sorridendo al mio pancione.
“Oh... ehm...” il mio
cervello era totalmente disconnesso dalla bocca e finii per dire
proprio quello che non volevo. -Non ci entro.-
Bene. Ottimo. Perfetto.
“Cioè... è un po' stretta... i braccioli...”
“Ti hanno dato una sedia
stretta”- chiese lei incredula alzandosi e venendo verso di me e
studiando la sedia. “E' inconcepibile!” sbottò
quando si rese conto che in effetti la sedia sarebbe stata scomoda ad
ogni donna incinta di sette mesi.
Prima che potessi rendermene conto
aveva fermato un responsabile. “Le sembra normale che una donna
incinta debba sedere su una cosa del genere?”
“Oddio, no, davvero. Non c'è bisogno...”
“Sì che c'è
bisogno. Non puoi restare in piedi.” mi disse per poi voltarsi di
nuovo verso il povero giovane ragazzo che si era beccato le lamentele.
“Non crede anche lei?” Per fortuna addolcì i toni.
“Gliene procuro subito
un'altra.” boccheggiò il ragazzo. Sembrava quasi
terrorizzato e, in un certo senso, lo ero anche io.
“Sarebbe perfetto.”
sorrise lei tornando in sé e osservandolo anche da lontano per
assicurarsi che la sua richiesta fosse la sua nuova priorità.
“Non... non ce n'era bisogno... Grazie...”
“Non dirlo nemmeno.” mi fece un occhiolino. “Allora, a quanti mesi sei?”
“Sette.”
“Posso?” chiese gentile e mi sentii così lusingata che non avrei mai potuto dirle di no.
“Certo!”
Lei mi sorrise mentre le sue mani esploravano la mia pancia.
“Maschio o femmina?”
“Non si sa. Si nasconde..”
“Scommetto che è una femmina!” esclamò dopo qualche secondo.
“Davvero?”
“La pancia è estesa
anche ai fianchi e ha una forma più ovoidale. Hai avuto nausee
mattutine all'inizio?”
“Sì, a volte sì...”
“Allora è sicuramente
una bambina.” confermò lei con una sicurezza che non
riuscivo a comprendere. Avevo letto anche io di diversi modi per capire
il sesso del bambino ma non mi ero mai fidata ciecamente né ne
avevo parlato con Rob per dirgli che tutti i segni portavano a una
femmina e sentirmi dire: Che ti avevo detto?!
Avrei potuto aspettare benissimo.
“Anche Robert è sicuro che sia una femmina...” commentai dopo un po' non avendo altri argomenti.
A proposito: Grazie piccolino, mi carezzai la pancia.
“Ne hai già una, vero?”
“Sì, una bambina. Ha
tre anni e mezzo ora... E sono abbastanza sicura che mi odi al
momento...” chissà perché lo stavo dicendo anche a
lei.
“Perché?”
“Non so cosa le prende... E'
un po' scontrosa, mi risponde male... Ce l'ha con me... Ed è
assurdo perché era così contenta all'idea...”
Lei annuì e alzò le sopracciglia con l'aria di chi la sapeva lunga.
“Lascia che ti dica una cosa:
quando aspettavo il mio secondo figlio, mia figlia non mi ha parlato
per una settimana quando non la portammo all'ecografia.” disse
scuotendo il capo.
“Quindi si tratta di gelosia?”
“Sì, una strana forma.
Anche se è felice all'idea di avere un fratellino o una
sorellina può succedere qualcosa, anche piccolissima, che mette
il suo mondo sottosopra e le fa credere che sta per cambiare
tutto...”
Strinsi gli occhi e mi morsi le
labbra annuendo piano e assimilando ogni parola di quella teoria che
non era per niente assurda, anzi.
“Vedrai che le
passerà... Potrebbe peggiorare con la nascita, potrebbero
esserci alti e bassi ma prima o poi le passerà.”
cercò di rassicurarmi non sapendo di aver peggiorato le cose.
La sola idea che il comportamento
di Joy cambiasse ancora dopo la nascita mi mandava al manicomio, ma non
potevo pensarci al momento.
La ringraziai per i consigli che mi
stava dando quando Ruth rientrò seguita da un responsabile con
una nuova sedia per me.
Salutò Kate con garbo e mi
informò che avrei dovuto prima vestirmi visto che il
parrucchiere non mi avrebbe sistemato i capelli col rischio che si
rovinassero infilando l'abito.
“D'accordo...” le risposi confusa e desiderosa solo che qualcuno pensasse al posto mio.
“Comunque tu cosa preferiresti?” mi chiese Kate prima che andassi via.
“Di cosa?”
“Un maschio o una femmina?”
Ci pensai su qualche secondo e
diedi l'unica risposta possibile a quella domanda. -Io voglio solo che
stia bene. Il resto non m'importa.- sorrisi scrollando le spalle.
Lei ricambiò il sorriso e mi prese una mano per stringerla.
“In bocca al lupo, Kristen.” mi disse sincera. “E, mi raccomando, stai in ansia.”
Sorridemmo entrambe finché non fui costretta a salutarla e seguire Ruth.
Ognuno che incontravamo lungo la
strada mi salutava congratulandosi per il mio pancione e la cosa
aumentò di intensità un paio d'ore dopo, quando ero ormai
in quel vestito color bordeaux che fasciava la mia vita alla
perfezione, con grazia ed eleganza; trucco leggere come sempre, i
capelli raccolti lasciavano libera solo qualche ciocca che cadeva lungo
il mio viso.
“Sei bellissima...” mi disse Kate.
“Sei bellissima...” mi disse Ruth.
“Sei bellissima...” mi disse mio padre.
Ma nessun di quei sei bellissima avrebbe mai avuto lo stesso tono e la stessa intensità di quello di Rob.
Era di spalle mentre mi aspettava alla limousine e per un secondo mi sembrò quasi di rivivere il giorno del matrimonio.
Si voltò lentamente e dalla
sorpresa che lessi nei suoi occhi quando mi vide, capii che non mi
stava aspettando, non ancora.
Accompagnò ogni mio
movimento con il suo sguardo ammaliato, il suo sorriso perfetto, i suoi
occhi lucidi quando furono di fronte ai miei.
“Sei... bellissima...”
sospirò e le sue labbra sorrisero dolci sulla mia guancia per
poi lasciarvi un bacio delicato.
“Come ti senti?” mi chiese in macchina.
“In ansia.” confessai.
“E va bene così...” sorrisi stringendo la sua mano
un momento prima che le portiere si aprissero.
Erano mesi che non vedevamo
così tanti flash tutti insieme e, nonostante tutto, mi fecero
quasi sentire bene. Raccolsi tutta la forza che avevo in ogni riserva
di amore per Rob, per Joy, per quel piccolo dentro di me.
Istintivamente portai una mano
sotto il pancione mentre Rob mi teneva l'altra e insieme camminavamo e
posavamo sul tappeto rosso.
Fummo dentro prima ancora che
potessi accorgermene e immaginai che Rob aveva progettato di fermarci
per non più di tre minuti per la mia salute mentale.
Salutammo diverse persone
all'interno del teatro. Ci congratulammo con Anna che era di nuovo
candidata, abbracciai Sean Penn, Jodie Foster ed Emile Hirsch che non
vedevo da una vita e al quale ero, in un certo senso, sempre stata
riconoscente.
Ci fermammo a parlare con Kirsten, Garret e Sam, nominato come miglior attore protagonista.
Walter si aggiunse a noi augurando buona fortuna a tutti e a se stesso per la nomination come miglior film.
Rob restò accanto a me tutto
il tempo partecipando ad ogni tipo di conversazione in cui fossimo
coinvolti che, ovviamente, non escludeva mai un “Congratulazioni
ad entrambi!”
Gli strinsi la mano mentre eravamo
indirizzati ai nostri posti decisi, di proposito, all'esterno della
fila così che, se avessi vinto, non avrei avuto
difficoltà ad uscire.
Io e Rob parlammo e spettegolammo
un po' sulla gente attorno a noi, ma senza malizia; un gioco che ci
piaceva fare ad un qualsiasi evento nell'attesa che iniziasse.
Quando si spensero le luci iniziai
ad avvertire un buco enorme allo stomaco che sembrò sprofondare
completamente quando fu presentata la categoria “Migliore attrice
non protagonista” e Natalie Portman salì sul palco per
annunciare la vincitrice.
Strinsi la mano di Rob così forte che ebbi paura di avergli rotto le ossa, sudai freddo e mi morsi le labbra.
“E l'Oscar va a Kristen Stewart, On the Road.”
Sentii ogni muscolo del mio corpo
rilassarsi all'istante, ogni paura affievolirsi, ogni ansia lasciarmi
andare, completamente libera.
Incredula, mi alzai e Rob insieme a
me. Mi diede un bacio sulla guancia e, tenendomi per mano, mi
accompagnò fin sopra le scale dove mi aspettava il mio premio.
Il mio Oscar. La ricompensa per l'amore verso il mio lavoro.
“Congratulazioni!”
esclamò Natalie sorridendomi e abbracciandomi quando la
statuetta era ormai nelle mie mani.
“Grazie...” fu tutto
quello che riuscii a dire mentre l'emozione mi mangiava da dentro e il
bambino iniziò a scalciare come non aveva mai fatto prima.
Presi un lungo sospiro e affrontai il microfono davanti a me.
“Wow...”
Tutto d'un fiato, senza interromperti, mi dissi.
“Grazie... Così
tanto... perché anche solo avere un'opportunità era
più di quanto potessi volere perciò... Grazie mille,
è assurdo. La ricompensa più grande per me è
lavorare con persone stupende di cui ho stima profonda. Sono
così grata di aver avuto tutto questo e la possibilità di
fare il lavoro che faccio. Voglio ringraziare i miei genitori per
avermi dato la mia vita e... per avermi supportato fin da quando ero
piccola e avermi insegnato come essere una persona umana. Voglio
ringraziare il mio Team che ha fatto e ancora fa così tanto per
me. La mia agente, i miei amici che sono tutto per me. Walter per aver
creduto in me e avermi scelta per questo ruolo dandomi la
possibilità di far diventare realtà un sogno di bambina.
Chiunque mi abbia mai dato un'offerta di lavoro e tante persone in film
di cui nessuno parla mai. Sono sempre stata attratta per film che
nessuno mai vedeva perciò... vedere quanto una cosa possa essere
apprezzata è... stupefacente e inspiegabile. Ringrazio ogni
persona che mi ha permesso di arrivare qui; più di tutti la mia
famiglia, i miei amici, mia figlia, e l'uomo che è sempre con
me, qualunque cosa accada. Grazie...”
E prima che potessi evitarlo, due copiose lacrime mi solcarono il viso.
“Ti ho già detto che sono orgoglioso di te?”
“Almeno trenta volte, sì...” sorrisi e baciai Rob seduto in macchina accanto a me.
Mi sentivo molo stanca ma anche
ancora piena di energie. Era una sensazione strana. Sembrava che il mio
corpo volesse dormire la mia mia mente fosse ancora totalmente attiva.
Sotto consiglio di mio padre avevo
rilasciato le interviste e fatto qualche altra foto con e senza Rob ed
eravamo andati via. Troppe emozioni tutte insieme per una donna in
stato interessante, secondo lui.
Rob aveva lasciato che fossi io a
decidere e saltare l'after-party era una prospettiva davvero troppo
invitante per rifiutare e, tenendo conto del fatto che potevo essere
automaticamente giustificate, avevo appoggiato la proposta.
Così ora eravamo in
macchina, verso casa dei miei genitori: io stringevo la mia statuetta
tra le mani ma in realtà non avrei voluto stringere altro se non
Joy.
Entrammo in casa e sperai con tutta
me stessa che mi corresse incontro e si gettasse tra le mie braccia.
L'avrei afferrata e l'avrei tirata su, in ogni caso.
Mia madre ci intimò subito il silenzio e ci indicò la nostra bambina che si era addormentata sul divano.
Avrei voluto prenderla io ma Rob mi precedette. Dovetti accontentarmi degli abbracci di mia madre e dei miei fratelli.
Ci fermammo a parlare per almeno un
quarto d'ora e, considerando la mia stanchezza e quella di Rob che
continuava a tenere Joy in braccio, era fin troppo.
Usai il loro bagno per cambiarmi
dato che non avevo alcuna intenzione di viaggiare fino a Santa Monica
con quel vestito lungo. Un comodo vestitino premaman sarebbe andato
decisamente meglio.
La mia famiglia mi abbracciò
di nuovo, si congratulò di nuovo, pianse per me, di nuovo?
Sì, mamma mi aveva confessato che le erano scese due lacrime
quando aveva visto le mie.
I miei fratelli pretesero di vedere la statuetta quindi ci accompagnarono in macchina.
Altri cinque minuti passarono a contemplare l'oggetto, dopo di che fummo finalmente liberi di tornare a casa.
Appoggia il capo alla spalla di Rob e iniziai a carezzare il viso e i capelli di Joy.
Stava diventando così bella che era impossibile non stare ore a fissarla e contemplarne ogni lineamento.
Le guance lisce, il nasino all'insù, i capelli dorati. Era un piccolo angelo. Il nostro piccolo angelo.
Si stiracchiò un po' e,
senza svegliarsi, afferrò il mio dito e lo strinse, come faceva
già da quando aveva pochi mesi. Fu difficile farlo scivolare via
quando arrivammo e Rob avrebbe dovuto metterla nel suo lettino. Le
carezzai la guancia e vi posai un tenero bacio.
“Torno subito...” disse
lui e salì le scale mentre io andavo in cucina per soddisfare
un'improvvisa voglia di cioccolato.
Preparai qualche fetta biscottata
con la nutella, una tisana per me e una birra per Rob e mi spostai nel
salotto con la compagnia di Bear e Cake.
Rob non disse nulla quando scese, ormai abituato alle mie voglie improvvise.
Erano le due passate, ero stanca ma
non volevo ancora andare a dormire. Parlare con lui fino a tardi, con
il sottofondo delle dolci canzoni notturne trasmesse alla radio, mi
riportava indietro nel tempo, ad ogni tempo passato con lui.
Era semplicemente troppo bello
stare lì, sul divano, stesa con lui. La mia testa sulle sue
gambe, la sua mano sulla mia pancia e le sue labbra sulle mie una volta
ogni tanto.
Avrei potuto vivere così in
eterno o almeno fino alla mattina ma Rob non ammetteva che dormissi in
posizioni scomode onde evitare ulteriori mal di schiena e io non potevo
non assecondarlo dati i rischi corsi in passato.
Non avevo fatto niente se non stare
a riposo da quando avevamo scoperto che ero incinta e, dopo tutto,
andava bene così. I soldi non ci mancavano come invece ci
mancava goderci un po' la vita, nostra figlia e una gravidanza
tranquilla che, fortunatamente, procedeva nel migliore dei modi.
“Stai dormendo?” sentii la voce di Rob quasi in lontananza, persa com'ero nei miei pensieri.
“Mmm, non ancora, ma quasi...”
“Andiamo, su, prima che ti addormenti completamente.”
Furono le sue mani a rimettermi eretta e a farmi alzare dal divano ma i gradini preferivo farli da sola.
“Vengo subito.” dissi a
lui quando fummo davanti la camera di Joy. Rob mi sorrise e si
avviò in camera nostra mentre io entravo in quella illuminata
dalla fioca luce del lumino sul comodino.
Mi posai sul suo lettino con quanta più leggerezza possibile e le scostai i capelli dal viso.
Lei prese un profondo respiro e sbadiglio mentre apriva piano gli occhi.
“Mami...”
“Ssssh, dormi...”
Ma lei non mi diede ascolto e aprì gli occhi completamente, anche se ancora assonnati.
“Hai vinto...”
Non era una domanda.
“Sì, ho vinto...”
“Lo tapevo... vi abbamo vitto alla TV...”
Le sorrisi e lei allungò una mano per toccare il mio viso.
“Eri bellittima...”
sussurrò piano e non potei credere di aver trovato qualcun altro
che nel pronunciare quelle parole le facesse arrivare davvero al cuore.
“Sei più bella tu...”
Lei sbadigliò di nuovo, potevo vedere che era molto assonnata ma nonostante tutto si mise a sedere nel suo lettino.
“Mami, cusa pel
plima..” bisbigliò col viso chino e tono rammaricato.
“Non è velo che non ti voio più, io ti voio
ancola!” si mise in piedi in un secondo, così da arrivare
alla mia altezza, e mi gettò le braccine al collo, stringendo
forte.
Io affondai il mio viso nel suo piccolo collo e la strinsi a me.
“Lo so, amore mio. Lo so...” sussurrai tra i suoi capelli cullandola e baciandola continuamente.
“Tu mi vuoi ancola bene, velo?”
Mi pianse il cuore. “Certo che ti voglio bene. Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo, okay?”
La sentii annuire contro la mia
spalla e dovetti prendere il suo piccolo viso tra le mani per bloccare
le lacrime che, sapevo, stavano per scendere. Infatti incontrai i suoi
occhi lucidi e mi aggrappai a uno dei modi che le avrebbero fermate
sicuramente.
“Che ne dici se vieni a dormire in mezzo a mamma e papà stasera?”
Le si illuminò il viso. “Davvelo???”
“Si, davvero. Andiamo.” Feci per alzarmi con lei in braccio ma lei fece forza verso il basso.
“No, cammino!” esclamò scivolando via dal mio abbraccio e correndo verso la nostra camera.
Arrivai sulla soglia della porta giusto in tempo per vederla tuffarsi nel letto e mettersi accanto a Rob, nel mezzoo del letto.
“Hey, che ci fai tu qui? Che ci fai sveglia a quest'ora?” chiese Rob con aria minacciosa.
“La mamma ha detto che potto dolmile co voi.”
Sentii che Rob mi stava lanciando
uno sguardo ma nel buio non riuscimmo a coglierci finché non fui
anche io nel letto e potei vedere i suoi occhi curiosi e felici.
Feci una piccola smorfia che avrebbe dovuto significare: una volta ogni tanto ci vuole, e lui la colse.
“Mmm, d'accordo, se l'ha detto la mamma va bene. Venite qui, principesse mie...”
Joy si strinse a Rob dandomi le spalle che io coprivo con un mio braccio.
E così, alle quattro di
notte, con la mano di Rob che si alternava tra il carezzare i nostri
capelli e l'altra ferma sul pancione, ci addormentammo.
Fui svegliata dal suono del mio
cellulare. Strizzai gli occhi e mi stiracchiai alla luce del sole che
entrava dalle finestre. Ero sola nel letto enorme e dire che me ne ero
completamente appropriata sarebbe stato riduttivo.
Lanciai una rapida occhiata alla
svegliava che segnava le undici del mattino e afferrai il mio cellulare
che continuava a squillare.
Oh, era Rob.
Un secondo, era Rob?
Corrugai la fronte e risposi.
Restai in silenzio per qualche secondo. “Rob...?”
“Svegliati. La colazione
è sul comò e i tuoi vestiti sulla poltrona. Mangia,
lavati, vestiti e scendi. Ti aspettiamo fuori. Hai trenta minuti. Non
fare domande.”
Stavo per replicare quando mi resi conto che aveva già attaccato.
Non cercai nemmeno di capire che cosa potesse avere organizzato e mi limitai a seguire le sue istruzioni.
Sul comò c'era un vassoio con un cornetto e un cappuccino, e una rosa.
Sulla poltrona c'era uno dei vestitini più comodi che avessi; ne usavo parecchi in gravidanza.
Mangiai la colazione, mi lavai e mi vestii ansiosa di capire cosa stesse succedendo.
Scesi le scale sorpresa di non trovare Bear o Cake a farmi le feste.
Solo quando aprii la porta e uscii fuori capii il perché.
Rob era appoggiato a un taxi fuori
il vialetto, teneva lo sportello aperto e giocava con Joy che era
già sistemata nel suo seggiolino.
Mi avvicinai cauta e quando si accorse di me sorrise estasiato.
Aveva i capelli al vento, un sorriso luminoso e gli occhiali da sole che mi facevano morire. Era bellissimo.
“Rob...”
“Ce l'abbiamo fatta”
“Rob ma... che significa?”
“Sali, sali”
“Rob...”
“Sali!”
“Tao mamiiiii” mi
salutò Joy da dentro la macchina e non potei fare a meno di
salire per salutarla con un bacio. “Ciao, amore mio.”
Fu in quel momento che notai due valigie dietro di noi. Oddio ma dove mi stava portando?
“Joy, tu lo sai dove stiamo andando?”
“Ti ma papà ha detto
che non devo ditti nente.” rise soddisfatta di essere complice
del padre che, dopo aver chiuso casa, si era messo al posto davanti.
“Rob, posso sapere cosa succede?”
“Lo saprai quando arriveremo?”
“Arriveremo dove?”
“Sorpresa.”
Alla settimana prossima e fate girare la voce ;)
(Frà, Marti, Paola, Vero, Annie, e tutte voi... contiamo su di voi u.u).
A tal proposito, se volete
aggiungerci su FB per spoiler, anticipazioni, per parlare o anche
mandarci a quel paese :D ci trovate QUI.
Un bacioneeeeeeee,
Cloe&Fio. xx
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