oki
Se anche voi
adiate a morte Josh …
Se anche voi avete
fatto un salto alto tre metri quando Kate l’ha piantato …
Se anche voi avete escogitato mille
maniere per ucciderlo …
Se anche voi avete pensato a infiniti modi con cui
l’autore potesse cancellarlo dalla serie ( e dal cuore di Kate) questa è la
fanfic che fa per voi, progettata esclusivamente per sottolineare la felicità
nel vederlo sconfitto davanti all’indiscussa magnificenza di
Castle!
Buona lettura!
DESTINY
“Il dottor Davidson è atteso in
pronto soccorso! Dottor Davidson in pronto soccorso”
<< mi vorranno per un
consulto >> disse fra sé e sé chiudendo i suoi abiti dentro
l’armadietto.
<< ho sentito per radio che
si tratta di un incidente stradale >> commentò amaramente Simon Ganth, il
giovane collega chirurgo, guardandolo dispiaciuto <<
chiameranno anche un neurologo: un ragazzo ha la testa spaccata in due
>>
<< viaggiano senza casco …
incoscienti >>
<< dai il buon esempio,
almeno tu! >> ridacchiò Ganth dandogli una pacca sulla
spalla << sbrigati, ti staranno aspettando >>
<< bel modo di cominciare il
turno di notte >> sbottò dopo un sospiro affranto. Era stanco, stanco di
tornare dal terzo mondo, dove bambini e madri morivano di influenza e avere a
che fare poi con ragazzini incoscienti e viziati pronti a dare la vita per il
brivido del sabato sera. Che ingiustizia ,si ripeteva contando i giorni
che mancavano per ritornare a prestare servizio a Nairobi.
A New York nulla lo tratteneva,
nemmeno quei pochi amici che aspettavano impazienti il suo ritorno.
Odiava quella città, odiava ciò
che rappresentava e odiava rivedere il volto di Kate i ogni donna che passava
per la strada.
Era un fallito, si ripeteva quando
si rendeva conto di pensare ancora a lei dopo due anni, un uomo fallito
accortosi dei suoi sbagli quando oramai era troppo tardi . Più volte lei gli
aveva rimproverato di non essere presente eppure credeva erroneamente che quella
presenza della sua vita non se ne sarebbe mai andata. Non era stato così.
L’aveva vista in fin di vita,
aveva pianto credendo di perderla e poi era stata lei a gettare la spugna.
“ Sei perfetto, mi piaci tanto ma
… non sei abbastanza”
Quelle parole l’avevano segnato
nel profondo. Come fare ad non essere abbastanza per una persona a cui piaci?
Figurarsi per una a cui non piaci.
Dopo di lei non c’era stata più
nessuna, nemmeno qualche avventura di una notte poteva riempire quel vuoto. Non
essere abbastanza per lui non aveva senso, lui che faceva sempre più di quello
che la gente si aspettava.
Passando dal corridoio si guardò
in una superficie riflessa.
Era affascinate, colto, laureato,
con un buon lavoro, impegnativo sì ma gratificante, aveva una moto, una bella
casa sempre vuota e il cuore a pezzi da due anni. Possibile che non riuscisse ad
andare avanti? Per lui la sua vita era come imprigionata in un limbo, aspettava
che quella scintilla di felicità di riaccendesse eppure il suo Io interiore
continuava a urlargli che quella scintilla poteva riaccendersi solo con Kate, la
donna che amava e non vedeva più, nemmeno per caso.
Molte imbarazzanti situazioni
erano capitate in tempi passati quando una delle sue ex si
ripresentava in ospedale per una visita medica.
“ Ehi, che coincidenza , come
stai? E’ tanto che non vediamo” civettavano ostentando soddisfazione per la loro
nuova vita senza di lui.
No, a Josh non sarebbe mai
ricapitato di rincontrare Kate e ostentare felicità o soddisfazione davanti ai
suoi occhi magari tristi, magari no, perché lui non era
abbastanza, forse nemmeno per restare amici e prendere un caffè una volta al
mese.
Scosse la testa e si diresse verso
il pronto soccorso: se per una donna non poteva essere abbastanza almeno per i
suoi pazienti voleva essere tutto.
<< sono qui, qual è
l’emergenza? >>
<< uomo, trentacinque anni ,
coinvolto nell’incidente … lamenta dolori addominali >> lo
informò il dottore di turno, Aaron Stewart, un uomo stempiato e ricurvo a cui la
vita aveva riservato più difficoltà di tutti, ma che al contrario di lui ora
aveva tutto ciò che Josh desiderava.
Josh annuì e scostò la tenda
divisoria controllando la situazione del paziente: era tempestato di lividi e
contusioni, aveva la testa bloccata da fasce rigide e un braccio steccato
provvisoriamente dai paramedici, gli occhi chiusi lividi e labbra cianotiche
<< è grave ma stazionario >>
<< l’hanno portato qui in
elicottero . Sono in arrivo altri cinque feriti non gravi
>>
<< Mark mi sente? >>
disse Josh alzando la voce. L’uomo mormorò un poco convinto sì << dove
sente dolore? >> Mark indicò l’addome.
<< Sospetto un’emorragia
>> commentò il dottore ancora ricurvo sulla cartella abbassando il tono di
voce per non essere sentito dal paziente << la moglie sarà qui fra
poco >>
Josh scostò la maglia dell’uomo e
notò che tutta la superficie era ricoperta di lividi blu e rossi, chiaro segno
di emorragia interna.
<< è da operare,
immediatamente , me ne occupo io >>
<< ti seguo >>
<< Mark? Stia tranquillo, la
faremo stare meglio … adesso la operiamo e quando si risveglierà sarà in piena
forma >>mentire spudoratamente faceva parte del suo lavoro, era il giusto
prezzo per non far agitare i pazienti: il cuore batte più veloce, l’emorragia si
espande ed arriva la fine prima che possano raggiungere la sala operatoria. Non
doveva accadere.
Il pungente e monotono ritmo dei
macchinari lo stava portando alla pazzia eppure l’operazione era riuscita
perfettamente tanto che, superate le prime ore critiche, Josh e Aaron si stavano
dedicando alle chiacchiere rigeneratrici mentre cauterizzavano i vasi sanguigni
interessati. Le infermiere lo chiamavano “occasional friends” o “Tweet after
stress” quando i medici, occupati nel salvare una vita, si rilassavano dopo la
riuscita dell’operazione mentre richiudevano il paziente. Secondo Josh, era
quello il momento più bello del suo lavoro, accadeva anche a
Nairobi quando chiacchierava con medici che nemmeno capivano la sua lingua, solo
per allentare la tensione snervante delle ore passate.
<< così …
torni in Africa? >> domandò il suo collega con un sorriso
orgoglioso.
<< sì, la prossima settimana
>>
<< io non so come fai … io
non riuscirei a vivere lontano dalla città e lavorare con pochi strumenti di
fortuna, impazzirei … sei in gamba! >>
<< non mi sento così …
>> sospirò chiamando l’infermiera strumentista << ago da 1 grazie
>>
<< subito dottore >>
glielo passò in fretta.
<< sai Aaron, ti invidio …
hai tutto ciò che vorrei avere io >>
<< cosa, una moglie isterica
e tre figli petulanti? >> sdrammatizzò con un
sorriso.
<< no … ma una famiglia
>>
<< e come puoi? Sei sempre
via … >> commentò ingenuamente. Colse nel segno.
“Come puoi pretendere
di avere me, una famiglia se non ci sei mai? Come posso sentire che ci sei
quando anche se non ho bisogno di aiuto scompari?” gli venne in mente
la loro ultima litigata prima che se ne andasse per sempre. Kate, Kate sempre
Kate. Lei era diventata il metro per misurare tutto, ogni donna, ogni situazione
che gli si presentasse davanti .
<< scusa … detta così sembra
che sei senza speranze >> Aaron sospirò e cercò di sorridergli nascondendo
il suo imbarazzo sotto la mascherina.
<< lo sono …
>>
<< devi solo trovare quella
giusta. Sai, qualcuno che ti capisca … mh, una dottoressa che lavora con te a
Nairobi … >>
<< non ci vedremmo mai
comunque. E’ questo il punto … lei me l’aveva detto
>>
<< lei è … Kate? Quella
detective? Sono passati due anni amico >> lo rimproverò bonariamente,
esasperato da quella lagna tediosa che si ripeteva ogni volta che lui tornava a
New York.
<< sai Josh, se New York ti
fa stare male forse è il caso che resti più tempo a Nairobi. Stai lì uno , due
anni … prova a sentire quella sensazione di nostalgia di casa e poi torna. Credo
che sia la cosa giusta … >>
<< vuoi
liberarti di me ? >> ironizzò con un sorriso nascosto dal velo verde. Il
collega scosse la testa.
<< dico solo che forse
troveresti la persona giusta e dimenticheresti lei … o quantomeno la rabbia e la
delusione che provi scomparirebbe … sai due anni sono tanti per dimenticare non
capisco perché tu non ci sia mai riuscito >>
<< sei un dottore mellifluo
Aaron te l’hanno mai detto? >> ironizzò ancora lanciandogli
rapide occhiate mentre passava il filo nero lungo la profonda cicatrice del
paziente. Si sarebbe vista per sempre.
<< ne sono consapevole, ma
ho ragione >>
<< non riesco ad andare
avanti perché ogni volta che incontro una donna rivedo lei … lei che mi dice di
non essere abbastanza … >>
<< per ogni donna non sarai
mai abbastanza. Persino mia moglie mi urla il sabato sera di non essere
abbastanza produttivo in casa, ma sai … dopo un turno di dodici
ore trovo difficile persino respirare >>
<< mi dai saggi consigli
adesso? >> ancora quel tono sprezzante e evasivo. Aaron non lo sopportò
più.
<< senti, tu al contrario di
me sai come conquistare una donna, hai le possibilità di averle tutte ai tuoi
piedi … adesso impara a tenertene una >> Aaron alzò per un secondo gli
occhi dal tampone rosso sangue che stava passando sulla ferita e lo fissò
<< lei non era quella giusta Josh … >>
<< lo era …
>>
<< no, vi ho visti insieme
quando siamo usciti quella sera . Eravamo al Plaza . Ho visto come ti guardava e
poi ho visto come i suoi occhi si sono illuminati quando le era squillato il
cellulare >>
<< era annoiata da te ! E
poi non aveva risposto >> obbiettò con un sorriso sfuggitogli al suo
controllo.
Aaron lo guardò male e depositò
gli strumenti nel vassoio allontanandosi di qualche passo << ah di sicuro
era qualcuno che riusciva a farla sorridere più di come riuscivi
tu >> uscì dalla sala operatoria bruscamente togliendosi il
camice e i guanti in poco tempo.
Quella giornata era stata
terribile, colma ricordi piacevoli resi orrendi da quegl’ avvenimenti che erano
riusciti a cancellare tutto ciò che c’era di positivo nel ricordarsi di lei.
Josh sospirò e chiuse la porta
della stanza 407 dove Hanna Perkins stava riposando accanto al
marito finalmente fuori pericolo. Mark sarebbe guarito.
Decise di andare verso la
reception e invitare Lilian, l’adorabile vecchietta del turno di notte, a
prendere un caffè prima di tornare a ricevere pazienti al pronto soccorso. Lei
era una delle poche persone che aveva piacere di rivedere: era prossima alla
pensione, logorroica ma simpatica che in chissà quale modo riusciva sempre a
strappargli un sorriso quando New York lo rendeva malinconico come quella sera.
La salutò da lontano e lei si alzò
dalla sedia facendogli cenno che stava per staccare dal turno per una pausa.
<< Dottor Davidson, è sempre
un piacere rivederla sa? E’ così gratificante ricevere la corte da un così bel
giovanotto … >> sorrise divertito e si appoggiò al bancone .
<< sono pronto ad offrirle
il miglior caffè dell’ospedale >> la vecchietta chiuse gli occhi azzurri e
arrossì .
<< oh grazie … >> si
voltò verso l’infermiera che era di turno con lei ricomponendosi e
le comunicò: << Melanie ,vado a fare una pausa ti occupi tu
di tutto? La dottoressa Gomez vuole l’ECG della 231 , quando ti arriva chiamala
>>
<< ma certo, stai tranquilla
>> rispose e la ragazza bionda si voltò appena in tempo per vedere
piombare verso il bancone un uomo stralunato e senza fiato che gesticolava a
ritmi alterni . Josh non prestò molta attenzione, avendo Lilian che gli copriva
la visuale però Melanie mentre, con la sua inesperienza, che
quell’uomo fosse pazzo.
<< signore, si calmi, cosa è
successo? Sta cercando qualcuno? >>
<< no! No … cioè sì … un
dottore! La dottoressa … Preston! Sì, Preston! >>
<< Non è di turno al momento
>>
<< come non è di turno?
>> gridò . Lilian lanciò un’occhiata a Josh il quale si rassegnò a
prendere il caffè da solo, abbassando lo sguardo per rispondere ai messaggi dei
colleghi. Lilian così si voltò verso l’uomo e domandò in modo chiaro e conciso.
<< Signore, si calmi per
favore e ci … >>
<< Calmarmi! Io sono
calmissimo!! Vede? >> si raddrizzò e ricominciò a gesticolare nervosamente
pasticciandosi i capelli scuri già scompigliati .
<< bene, senta …
neuropsichiatria è di là … >>
<< Lei non si rende conto!
C’è un emergenza qui! >>
<< Signore si calmi >>
ripeté Lilian più lentamente. Non stava capendo niente di cosa volesse eppure
non sembrava pazzo.
<< Come
posso calmarmi?! E’ grave vi dico! Mia moglie … no
cioè non è mia moglie perché non vuole sposarmi
… la mia fidan… beh non vuole nemmeno che la chiami
così … insomma lei è … è …
qui >> l’ultima parola fu pronunciata con profonda
rassegnazione quando la donna arrivò guardandolo esasperata .
<< Castle rilassati … sto
bene, per adesso, ma se non la smetti di sproloquiare ti tiro addosso qualcosa
di pesante >>
Josh s’accigliò. Riconobbe quella
voce . Nascosto dalle due infermiere alzò lo sguardo incrociando il viso di Kate
, contratto, ansioso ma … sereno. Il cuore gli si fermò in gola.
Quale destino crudele poteva
realizzare i suoi pensieri esattamente contrari a ciò che aveva
appena affermato, presentandogliela lì, proprio nelle due settimane in cui lui
era a New York? E ovviamente con lei c’era lo scrittore.
Quando l’aveva lasciato gli aveva
giurato di non sentirlo da tanto tempo e invece dopo due anni erano ancora
insieme. Che stesse male? Che fosse ferita, di nuovo? Kate si strinse nel
cappotto e si appoggiò maldestramente al bancone cercando di
calmarsi.
<< suo marito è un po’
agitato … >>
<< non è mio marito … ancora
… >> rispose lei con un sorriso tirato. Gli strinse la mano e per Josh fu
un’altra fitta dolorosissima al cuore. Lo amava, lo aveva sempre amato e aveva
vinto. Si amavano da prima che lui arrivasse. Il destino aveva voluto che Josh
fosse solo un interludio di qualche mese prima che lei capisse di chi era
davvero innamorata .
Josh si nascose meglio abbassando
il capo e osservò la scena con la coda dell’occhio.
<< Rick, hai spiegato che ci
serve la dottoressa Preston? >>
<< dicono che non c’è!
>>
<< la chiamiamo subito …
>> rispose Lilian sorridendo << Melanie porta anche
una sedia a … >> Castle sibilò scuotendo la testa con timore.
<< no, si trascinerebbe fino
in sala parto pur di non essere spinta come un’invalida … mi creda >> Kate
rise ma alzò le spalle prima che una contrazione la piegasse in due. Castle la
sorresse apprensivo e l’abbracciò.
Dovevo esserci io al
suo posto, io!! Non lui! Si ripeteva Josh osservando
quella scena che avrebbe fatto invidia ad un film da
oscar.
<< chiamo Alexis e mia
madre, hanno parcheggiato ad un isolato da qui . Sicura che non vuoi …
>>
<< no, sto bene … davvero
>>
<< fingerò di crederti
>> lei gli accarezzò il viso e sorriso convincendolo del contrario.
<< la dottoressa Preston
sarà qui fra venti minuti al massimo … vi accompagno nella vostra stanza …
>> disse Lilian lanciando uno sguardo preoccupato allo scrittore
visibilmente scosso, più di Kate ovviamente.
<< Lanie sarà qui in
mezz’ora … stai bene? >>
<< Rick! Quando anche tu
avrai la possibilità di provare la fantastica sensazione di partorire ti rifarò
la stessa domanda e ti meraviglierai di te stesso quando ti
tratterrai dallo strozzarmi >>
<< scusa … sarò più
silenzioso , più reattivo e consolatorio possibile >> Kate sorrise e si
strinse a lui mentre Melanie avvertiva il decimo piano dell’arrivo dei due.
Josh pensò in fretta. Non aveva
voglia di salutarla, di dirle “ ehi vai alla grande” quando invece non lo
pensava affatto e passare davanti a lui mentre stringeva fra le sue
braccia la donne che amava. Loro avrebbero avuto una famiglia, come lei
desiderava, a lui restavano solo i ricordi e l’aereo che entro quattro giorni
sarebbe partito per Nairobi. Cercò una via di fuga ma loro erano rivolti verso
l’entrata e l’avrebbero visto. Non era mai stato un codardo ma quella situazione
proprio non riusciva a reggerla. La donna che amava incinta di un uomo che aveva
da sempre detestato e che due anni prima aveva preso a pugni.
Poi due donne, che conosceva si
precipitarono verso di loro emozionate .
<< la macchina è vicina !
Abbiamo avvertito il tuo capo e chiamato Lanie e … oddio! Sto per diventare
nonna di nuovo! >>
<< Kate stai bene? Papà ti
sta facendo arrabbiare? >>
<< non più del solito … ma
ho la strana sensazione che le gambe non mi … ahi … >> Castle la prese i
braccio e lei si aggrappò stringendogli capelli e maglia per non urlare.
<< perché le infermiere
spariscono quando c’è bisogno? >>
<< ah eccola! >> gridò
Alexis << andiamo! Non vorrai mica partorire in mezzo al corridoio!
>>
<< mh, no grazie … ma non mi
lasciare >> tremò, Josh era sicuro di non averla mai vista tremare.
<< stai tranquilla … io sono
qui sempre … >> sorrise ancora .
<< Rick …
qualunque cosa dirò o griderò sappi che ti amo >>
<< siamo qui per questo
Katie … ma per ogni evenienza ti ho nascosto la pistola >> per un attimo
lei chiuse gli occhi sorridendo, poi li riaprì indirizzandoli verso Josh.
Lo riconobbe a stento avendo gli
occhi lucidi dall’emozione e dal dolore e si scambiarono uno sguardo, incredulo
lei, sprezzante lui . Kate lo guardò attentamente avendo presente a malapena gli
sfocati ricordi che li vedevano insieme prima che Castle sconvolgesse così tanto
la sua vita da rendere evanescenti i momenti meno importanti che non lo
riguardavano . Lui non era importante. Due anni prima avrebbe giurato che gli
piaceva Josh, solo perché ancora non sapeva cosa la vita le aveva riservato.
Sospirò in un attimo di calma mentre Castle si muoveva per raggiungere
l’infermiera. Chiuse gli occhi e affondò il viso all’incavo del collo dello
scrittore con un sorriso.
Kate aveva visto il suo passato
allontanarsi da lei.
Josh aveva visto quello che, anni
prima aveva creduto essere il suo futuro, andare via per sempre.
Incurvò le spalle e rispose alla
chiamata del cercapersone che gli comunicava un’emergenza in chirurgia e alzò
ancora una volta lo sguardo per vederla sparire dentro l’ascensore abbracciata a
Castle, felice come ogni donna diretta al decimo piano.
L’aveva persa per sempre , l’aveva
persa due anni prima ma solo ora se ne accorse come se per tutto
quel tempo avesse negato la realtà a sé stesso nascondendosi dietro i ricordi .
Lei non era mai stata sua, mai.
Si voltò e proprio in quel
momento, Josh Davidson, si rassegnò alle sorti del suo destino
crudele.
Oh povero ( sarcasmo
malefico) … ahah quanto mi sono divertita a scriverla! E lei non
l’ha quasi riconosciuto ! XD
Spero che a voi sia
piaciuta !
Grazie di aver letto questa
pazzia!
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