Note iniziali: ho pubblicato questa storia traendo
l'input dalle recensioni dei miei lettori alla fanfic 'Le prime volte
che ti vidi, eri...', in cui lascio scoprire i pensieri di Mamoru
nell'incontrare per le prime volte Usagi. Per come ho descritto il
rapporto tra i due nella mia fanfic 'Verso l'alba' - maturo,
appassionato - era quasi assurdo immaginare che un tempo lui fosse stato
tanto ostile nei confronti di Usagi. Più di una volta nei commenti ho
letto cose come 'Se solo Mamoru sapesse...'
Perciò ho pensato di far incontrare un Mamoru del passato, ragazzino,
e un Mamoru del futuro.
Le età che scelgo sono arbitrarie, ma basate su fatti che spiego nelle
due fanfic sopracitate.
Buona lettura.
Faccia
a faccia tra Mamoru
Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non
mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi
e della Toei Animation.
Dove mi trovo?
Mamoru Chiba, diciassette anni, si era svegliato in un incubo. Un
torrente di acqua gelata lo aveva travolto durante il sonno, massacrando
i suoi sensi. Era saltato giù dal letto e si era immediatamente reso
conto di due cose.
La prima: i suoi vestiti - pantaloncini e maglietta - non erano fradici
neppure su un lembo.
La seconda: si era addormentato a casa sua e si era svegliato da
un'altra parte. Nel nulla, ad una prima occhiata.
Si trovava in un universo di materia bianca.
Strizzò gli occhi, per essere sicuro che funzionassero.
Perse ogni dubbio quando abbassò la testa: le sue mani apparivano
nitide e ben definite. Il suo letto sparì non appena lui smise di
toccarlo, privandolo dell'unica àncora che aveva avuto.
Si pizzicò sul dorso della mano, poi su un braccio, con più
cattiveria. Siccome non bastava, si diede uno schiaffo. Infine, ricorse
ad un metodo che gli lasciava poco onore ma che aveva molta efficacia:
gridò a squarciagola.
La realtà non gli capitò addosso come un miracolo. Rimase
irraggiungibile, separata dal nuovo mondo in cui era finito. L'incubo
peggiore era quello da cui non poteva più scappare.
Un brontolio improvviso, non suo, lo fece indietreggiare di scatto. Ci
volle un secondo lamento per farlo voltare.
Sul bianco del pavimento invisibile giaceva una seconda persona. Un
uomo in pigiama, di spalle, che si stava lentamente mettendo seduto.
«Ma che...?»
A parlare era stato l'estraneo.
Per un momento Mamoru si lasciò quasi convincere dalla commedia di
confusione. «Chi sei tu?»
L'uomo si voltò. Quando lo vide sgranò gli occhi, e Mamoru diventò di
pietra.
Il viso dell'uomo era uno specchio, la sua faccia stampata sulla testa
di un'altra persona. Non un quadro immobile, ma una realtà fatta di
muscoli che si muovevano e iridi che si rimpicciolivano, sospettose.
«Chi sei?» Mamoru ripeté la domanda con la gola secca. Cauto, fece un
passo all'indietro.
Era un incubo, tentò di convincersi. Solo un incubo, il peggiore che
avesse mai vissuto.
«Tu sei me» dichiarò l'uomo, nascondendo il tono di domanda. Si levò in
piedi, osservandolo come fosse un animale raro. La sua sorpresa si era
stabilizzata in un'espressione di studio.
Mamoru comprese ogni cosa. «Perciò... tu sei me.» Ovvero, una
proiezione inventata del suo futuro? L'uomo sembrava più grande di lui.
Annuì nella sua direzione. «Oggi pensavo a come mi sarebbero andate le
cose tra qualche anno. Be', non mi interessa più. Puoi tornartene da
dove sei venuto.»
«Come?»
Era ora di ignorarlo e chiudere gli occhi. La chiave era la
tranquillità. «Non ti sto più ascoltando. Voglio svegliarmi.»
Accontentandolo, la sua proiezione rimase in silenzio.
Per sicurezza Mamoru iniziò a contare fino a cento, respirando a fondo.
Arrivato a venti, sentì di non stare andando da nessuna parte.
«Sta funzionando?» gli domandò l'altro.
Mamoru provò a ignorarlo. Non c'era nessuna voce in quel luogo. Anzi,
quello non era neppure un luogo, solo un angolo trascurato della sua
mente da cui doveva uscire subito.
«Non è un incubo» disse l'altro se stesso. «Non mi è mai capitato di
trovarmi davanti un sogno che fosse convinto di sognare proprio come
me.»
«Smettila.»
«Ragiona: ti sei mai apparso in sogno da solo?»
Quel tizio cercava di trovare una logica in quella situazione? Davvero?
«Sto sognando!» gli ringhiò contro Mamoru. «Non è possibile che stia
conversando con me stesso se non sono in un sogno.»
L'estraneo fece una pausa significativa. «Già. Può sembrare
impossibile, a non sapere alcune cose. Tu quanti anni hai?»
Mamoru serrò gli occhi fino a non vedere più un singolo spiraglio di
luce.
Sogno, sogno, sogno... Doveva
convincersene!
«Io ne ho... meno di venticinque e più di venti, diciamo. A guardarti
mi sembra che tu ne abbia meno di diciotto, o sbaglio?»
Non avrebbe continuato a conversare con un sogno. Passava già
abbastanza tempo a parlare con la principessa che lo tormentava da anni,
senza ricevere da lei una sola risposta diversa da 'Trova il cristallo
d'argento'. Non poteva mettersi ad assecondare una seconda figura
immaginaria! Sarebbe stato preoccupante. Se sceglieva la strada delle
allucinazioni, avrebbe fatto prima a ricoverarsi in una clinica
psichiatrica.
«Sembri tormentato. A meno che tu non provenga da un universo
parallelo, devi essere ancora nella fase 'Non ricordo nulla della mia
infanzia, mi tormenta una ragazza in sogno e cosa diavolo sto facendo
qui, ad ascoltare questo tizio che ha la mia faccia?'»
Allora era la sua coscienza! Stesse in silenzio almeno! «Non voglio più
ascoltarti.»
«La chiave per uscire da questa specie di sogno secondo me è
comunicare. Non saremmo finiti qui se non ci fosse un motivo. Hai detto
che oggi hai pensato al tuo futuro?»
Se aveva delle risposte, che gliele desse invece di fare domande.
«Tra i due sono quello che ne sa di più. Non dovrei confonderti
chiedendo a te cosa sai.»
Esatto.
«Ti racconto una storia breve che ti sembrerà fantascientifica, ma...
siamo in un sogno, no? Se credi a questo, prendila sul ridere.»
Mamoru aprì un occhio.
L'altro accennò un sorriso e annuì. «Quando avevo più o meno la tua età
ho scoperto di avere dei poteri magici. Mi sono messo a combattere per
la salvezza della Terra.»
... quel tipo era pazzo. «Sì, è sempre stata una delle mie aspirazioni.
Supereroe.»
Si guadagnò una risata. «Il mio sarcasmo mi piace!»
A lui non piaceva sentirsi deriso. «Parla, se non vuoi che smetta di
ascoltarti.»
Il suo io immaginario incrociò le braccia, pensieroso. «Va bene. Quando
ho iniziato a vivere questa nuova vita ho conosciuto persone che
avrebbero la capacità di creare un giochetto come quello che stiamo
vivendo. Mi riferisco a me e te - presente e passato - messi l'uno
davanti all'altro. O, dal tuo punto di vista, presente e futuro.»
Cosa?
«Non è gente cattiva, quindi credo che l'abbia influenzata il tuo
desiderio di conoscere l'avvenire. Anche se non capisco come possiamo
esaudirlo senza creare un illogico temporale che influenzerà il futuro
in maniera irrevocabile.»
Eh?
L'altro iniziò a massaggiarsi il mento con una mano. Bofonchiò. «Sarà
stata Setsuna?»
Mamoru lo udì comunque. «Chi sarebbe questa Setsuna?»
«Niente. Una tipa.»
Nel cielo bianco brillò un lampo d'ira e dal nulla si formarono ombre
minacciose all'orizzonte, in rapido avvicinamento.
Mamoru le osservò a occhi sgranati.
«Okay» continuò l'altro, «è stata proprio Setsuna. Non volevo dire 'una
tipa', ma 'fidata compagna di battaglie e onorevole custode delle Porte
del Tempo'!»
Il bianco sopra le loro teste tornò sereno.
Il Mamoru del supposto futuro non sembrava turbato. «Se Setsuna ci sta
supervisionando, possiamo parlare con calma di qualunque cosa tu voglia.
D'altronde sono sempre più convinto che siamo qui a causa tua. Forse
Setsuna ha avuto pietà della tua solitudine perché ti ha visto
abbattuto. Sai, una volta mi ha confessato che, nel futuro, aveva un
debole per me-»
Piombarono nel buio. Un tuono violento squarciò il nulla assoluto.
Terrorizzato, Mamoru spalancò la bocca.
«Nel futuro, Setsuna!» urlò il suo alter ego. «So che era una cotta
innocente e poi hai cambiato idea! Prometto che ti rispetterò e non
parlerò mai più male di te! Sei un'alleata preziosa!»
Il bianco li circondò di nuovo.
Mamoru si mangiò il primo commento che gli venne in mente.
Questa Setsuna è una pazza scatenata e permalosa, fatemi uscire di
qui!!!
Deglutì e si rimise dritto.
L'altro Mamoru lo invitò a parlare con un movimento veloce della mano.
«Avanti, prendila come se fosse un sogno e liberati. Cosa vorresti
chiedere al te stesso del futuro?»
Tu non sei il me stesso del futuro.
Mamoru evitò anche quel commento. Cosa gli costava assecondare quel
tizio? Avrebbe cominciato a preoccuparsi se quel sogno fosse tornato a
infastidirlo nelle prossime notti, ma per ora poteva far finta di
credergli. «Hm... Quanti anni hai detto che hai?»
L'altro esitò nel rispondere. «Tra venti e venticinque. Preferisco non
essere più preciso, non si sa mai.»
«Non si sa mai, cosa?»
«Potresti conservare il ricordo di questo momento.»
Non aveva mai incontrato un sogno che si prendeva tanto sul serio.
Sospirò. «Ho una domanda semplice. È cambiato qualcosa?»
«Cosa vuoi dire?»
Sarebbe stato comodo se quel sogno gli avesse letto nel pensiero. «Vivo
da solo? Ho nuovi amici? A proposito, ho finito l'università? Ah, e ho
ricordato qualcosa del mio passato? Ho risolto il mistero del sogno
della principessa?»
«No, sì, non posso dirtelo, qualcosa. Sì.»
«Eh?»
L'altro Mamoru sorrise con condiscendenza. «Se ti dico dell'università,
ti svelo quanti anni ho. Il mio passato non è più così importante per
me. Ho molti nuovi amici e... non sto più da solo.»
Oh, pensò Mamoru. Non gli sfuggì il modo in cui l'ultima sua domanda
era stata ignorata, ma lasciò perdere. «Ho preso un inquilino?» Per
qualche tempo aveva meditato sulla possibilità di farlo.
«No» disse dubbioso l'altro. «Parliamo di una ragazza. Una donna.»
Mamoru sgranò le palpebre. Davvero?
«Ah.» A meno di venticinque anni? Conviveva con una donna?
Incredibile.
«Già» commentò l'altro. Si permise una risatina. «Se penso agli
inizi...» Il suo divertimento crebbe. «Anzi, magari tu li stai già
vivendo.»
Di che parlava? E cosa c'era da ridere?
«Setsuna!» gridò l'altro Mamoru. «Posso parlarne se me lo chiede?»
La risposta fu un sereno silenzio.
«Deduco che posso parlarne» annuì il futuro se stesso. «Ma risponderò
solo a domande precise. Voglio uscire anche io da qui e tornare da...
Insomma, voglio tormarmene nel mio letto e ci riuscirò prima se ti
assecondo.»
Mamoru odiava essere trattato come un bambino. «Sei davvero un
supereroe?» Era sua intenzione scavare a fondo sul grado di pazzia di
quel sogno.
«Non era questo che mi volevi chiedere. Stabiliamo che non è
importante.»
La propensione alla logica del suo alter ego aveva un che di
rassicurante.
Mamoru si decise a prenderlo sul serio, nel limite dell'impossibile.
«Quindi tu abiti... con questa donna.»
«Sì.»
«Da quanti anni?» Ritrattò la domanda da solo. «Già, non vuoi dirmelo.
Bene, allora... lei è la tua ragazza?»
«Hmm... no.»
Come? «Allora non avete una relazione?»
«Non ho detto questo» sorrise furbo l'altro.
«Siete stati insieme e adesso avete rotto ma continuate a convivere?»
«Sei fuori strada.»
Vi era stato mandato apposta. «Ti stai divertendo?»
«Sì» dichiarò fiero il suo irritante futuro. «Su... Pensaci bene.
Convivo con una donna che non è la mia ragazza.»
«È una tua amica? Avete una relazione di amicizia?»
«No.»
Occavolo! «È mia madre! La mia vera madre che in realtà non è mai morta
ed è tornata a cercarmi!»
«Ero davvero così stupido alla tua età?»
Maledetto! «Mi stai dando delle false speranze!»
«Perché non leggi tra le righe? Convivo con una donna che non è la mia
ragazza.»
Era un terribile indovinello.
L'altro sospirò, mesto. «Convivo con una donna che non è solo
la mia ragazza.»
... e quindi, lei era anche 'cosa'? Donna delle pulizie? Manager, per
caso era diventato pazzo in quel sogno e si era dato al mondo dello
spettacolo? Dannazione, forse si riferiva alla padrona
dell'appartamento? Ma era una donna di quarant'anni che-!
«Mia moglie» dichiarò l'altro, rassegnato. «Parlavo di mia moglie.
Siamo sposati da pochi mesi-» Una mano tappò la bocca fonte di quelle
affascinanti informazioni.
«Tua moglie?»
«Sì, mia... Tua, nel futuro. Non pensare ai riferimenti temporali.»
Si era sposato?!
«Non fare quella faccia. Non è un incubo. Il matrimonio, intendo dire.»
Mamoru digrignò i denti. «La compagnia continua sarà... piacevole. Ma
pensare di essermi legato così giovane, di non poter fare quello che
voglio, di dover condividere le mie decisioni con un'altra persona...»
Che non conosceva ancora...
«Facciamo sesso cinque volte a settimana.»
Mamoru si zittì. Tentò di aprire bocca, ma non riuscì a formulare una
sola protesta.
«E ci amiamo, ma non so se interessa a un ragazzino come te.»
«Finiscila.» Lo stava prendendo in giro, trattandolo come un
adolescente con la testa piena di ormoni.
«Allora fai qualche altra domanda.»
Già. «Cinque volte...» Si interruppe e volle sbattere la testa contro
un muro. «Allora... Andate d'accordo?»
«Ti pare di no?»
In effetti stava facendo lo stupido, ma l'informazione che aveva
ricevuto era davvero da sogno. Onirica e totalmente fittizia. Non
sarebbe mai stato così fortunato, anche se lo sperava con tutte le sue
forze. Con tutta la sua immaginazione.
«All'inizio lo facevamo anche tutti i giorni» offrì il suo alter ego.
Mamoru deglutì. «Io non penso solo al sesso.»
«Già, alla tua età pensavo anche a quanto ero depresso. Volevo tirarti
un po' su.»
«Tu vuoi prendermi in giro.»
«È divertente.»
Poteva capire la sensazione. «Va bene. Com'è questa moglie?»
«In che senso?»
«Alta, bassa? Capelli, occhi, carattere?»
«Non ti farò la carta d'identità. Che gusto ci sarebbe?»
Quel tipo non era mai d'aiuto. «Quando incontrerò questa donna?»
«Hm...»
L'esitazione non gli parve di buon auspicio.
«Quanti anni hai?»
Quel sogno era insistente quando si metteva in testa una cosa.
Voleva informazioni temporali ma si rifiutava di darne.
«Diciassette anni e quattro mesi.» Mamoru fu preciso solo per non udire
la richiesta di altri chiarimenti. «Perché ti serviva saperlo?»
«Per capire se hai già incontrato la ragazza di cui parliamo.» Un
sorriso segreto marchiò i tratti del suo supposto futuro. «La risposta è
sì.»
Mamoru sussultò. Aveva già incontrato la sua futura moglie?
Non era possibile. A meno che... «Ti riferisci a qualcuno che ho
incontrato casualmente? Che ho visto di sfuggita e a cui non ho prestato
attenzione?»
«No. Ci hai parlato diverse volte.»
Maledizione! «Non è Rei Hino, vero? È bella, ma parla troppo e a volte
mi annoia.» Aveva iniziato a cercare un modo per dirle - molto
gentilmente - che era meglio non uscire più insieme.
«No, non Rei Hino. Anche se è ancora nella mia cerchia di conoscenze.»
Il sospiro di sollievo non gli uscì dalla gola. «Chi, allora? Qualcuna
con cui ho parlato di recente?»
L'altro Mamoru fece mente locale. «Sì. Spesso.»
«Ma è ovvio che lei ancora non mi piace.» Non gli piaceva nessuna al
momento, non tanto da pensare un giorno di farne una ragazza fissa,
figurarsi una moglie.
La faccenda era preoccupante, anche se si trattava solo di un sogno.
Covava un'attrazione nascosta per qualcuna?
«Diciamo che lei non ti piace. Ma ricavi un piacere perverso dal
parlarci insieme.»
Eh?
«Prova ad arrivarci per deduzione. Ascoltare le tue supposizioni mi
farà morire dalle risate.»
Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così crudele con se
stesso.
Maledetto sogno. «Ti stai vendicando di me?»
«Mi sembra che ti sto premiando piuttosto. Io sono felice, quindi sarai
felice anche tu. Che male possono fare due risate innocenti?»
Quel tizio stava cominciando ad esasperarlo. «Lei ha più o meno la mia
età?» Era una sua compagna di università?
«No.»
«È più grande di me?»
«No.»
«Quindi frequenta le superiori.» Lui frequentava medicina da nemmeno
sei mesi.
«No.»
«Lei non va a scuola?»
«Le tue ipotesi sono esilaranti!» scoppiò a ridere l'altro. Indossava
un pigiama di un colore azzurro chiaro che lui non avrebbe mai scelto.
Doveva essere stata un'idea della moglie misteriosa.
«Perché non segui un ragionamento logico tutte le volte? Ti ho detto
che è più piccola di te e non va alle superiori. Quindi...»
Maledizione! «Una ragazzina delle medie! Ma allora è Rei Hino!»
«No.»
Ma lui non parlava con nessun'altra ragazzina delle medie, era una vita
che non ne frequentava qualcuna! A volte gli capitava di vederle nella
sala giochi di Motoki, ma non rivolgeva loro la parola, non ne aveva
motivo. Si limitava a prendere in giro Odango quando la vedeva guardare
adorante il suo amico, e quando la incontrava per caso per strada, ma...
Lo fulminò un'idea che si rivelò la più stramba e assurda di tutte. Ne
rise lui stesso.
«Cosa c'è?»
«Niente, ti farei ridere di nuovo. Lasciami pensare ancora.»
«No, dimmi chi avevi in mente adesso. Hai fatto una faccia che
riconosco."
Si sbagliava. «Ti sarai già dimenticato di lei.» In quel sogno futuro
che stava cominciando a sembrare reale, nonostante tutto. Era quasi
piacevole parlare del suo presente in libertà, senza dover dare
spiegazioni ma sapendo che sarebbe stato compreso immediatamente.
«Quando avevi la mia età, ti capitava di incontrare una ragazzina con
una pettinatura a odango.» Imitò i due chignon con le mani, posandosele
sulla testa. «Non studiava mai ed era un po' ridicola. Mi fa ridere
tutte le volte che la incontro, è uno spasso.»
L'altro Mamoru annuì molto lentamente. «Oh sì. Me la ricordo. Molto
bene, se capisci cosa intendo dire.»
No, non lo capiva.
Il suo futuro scrollò le spalle. «La ragazzina si chiamava Usagi
Tsukino. Aveva quattordici anni, due code bionde, occhi blu. Mi faceva
tenerezza, anche se fingevo che mi facesse solo ridere. Era ridicola,
certo, ma divertente. E appena l'ho conosciuta meglio...»
«Siete diventati amici?» Impossibile.
«Non abbiamo avuto tempo di diventare amici.»
«È rimasta una tua conoscenza?»
«No.»
Perché era così criptico?
L'altro scosse la testa. «Tu ti rifiuti di vedere la realtà. Mi ricordo
di quando lo facevo io.»
«Quale realtà?»
«Secondo te insisto a parlarti di Usagi Tsukino per puro divertimento?»
«Sì, mi hai già dimostrato di voler ridere di me.»
«Questa volta non sto ridendo.»
Oh, ma rideva lui. «Puoi cercare di farti beffe di me quanto ti pare,
ma io mi conosco. L'unico requisito di cui non potrei mai fare a meno in
una ragazza è l'intelligenza! E forse un petto che vada oltre la prima
misura, ma sto divagando! Usagi Tsukino mi attrae quanto un paio di
patate interrate!»
«Perché interrate?» rise il suo alter ego adulto, con una luce maligna
negli occhi.
«Per dare l'idea!»
«Sarà, ma ieri i due odango che chiami patate sembravano morbidi quando
li accarezzavo."
Mamoru fu colpito da una crisi d'infarto.
Si accasciò a terra, sostenendosi con le mani. «Ho appena avuto la
prova che questo è un incubo.»
Il suo falso futuro si avvicinò. «Che orrore, hm?»
«Basta prendermi in giro! Certo che è un orrore, non riesco a pensare a
niente di peggio! Quella ragazzina ha la faccia di una bambina-»
«È cresciuta.»
«L'intelligenza di un asino-»
«Attento.»
«La serietà di un'alunna dell'asilo! E se mi dici di stare attento
ti picchio io! Nemmeno in sogno riesco a immaginare di essere caduto
tanto in basso! Se sei il mio dannato subconscio, cosa stai cercando
dirmi?!»
«Datti una calmata e respira.»
Mamoru fu costretto ad accogliere il consiglio solo perché l'aria non
gli entrava più nei polmoni.
L'altro si inginocchiò, arrivando col volto alla sua altezza.
Nel viso che si trovò di fronte Mamoru non notò vere e proprie rughe,
ma qualche linea o forse qualcos'altro che fece apparire l'uomo davanti
a lui diverso e più maturo. Più minaccioso, anche.
Il sorriso calmo del suo alter ego ebbe un'aria violenta. «Non sono il
tuo subconscio, ma il tuo futuro. E qui sono io quello che è quasi
convinto di stare sognando, perciò non mi farò scrupoli a picchiarti se
insulterai di nuovo mia moglie. Sai, nella convinzione che sia tu il mio
subconscio nascosto. Non mi va di avere questo tipo di pensieri su di
lei, quindi ti punirò come se fossi me. Ti ho mai detto che con me
stesso sono crudele? Penso che tu lo sappia.»
Mamoru represse un brivido. «Tu sei pazzo.» E si stava rivolgendo anche
a se stesso, perché non aveva mai avuto un sogno più assurdo di quello.
Con un sospiro l'altro si lasciò cadere all'indietro, sedendosi. «Non
dovrei essere tanto severo. In fondo l'avrei presa così, come la stai
prendendo tu.»
Mamoru strisciò piano all'indietro. Non si fidava della troppa
vicinanza.
«Col tempo ne passeremo di ogni tipo, sai? Come quando scopriremo di
avere una figlia.»
MALEDIZIONEEEE! «Una figlia illegittima?!?» Come aveva potuto?! In
quale universo?!
«Non è come pensi. Lei viene dal futuro.»
Dall'immaginazione del suo io futuro, vero? Che era totalmente pazzo,
matto da legare!
«È figlia mia e di Usagi.»
Mamoru svenne.
Mamoru Chiba, futuro re della Terra e marito da pochi mesi di Usagi
Tsukino, scosse la testa.
Incredibile. Quel sogno non era ancora finito, ma il suo io ragazzino
aveva perso i sensi.
Evidentemente c'entrava davvero Setsuna. Ma qual era lo scopo di lei?
Si decise a dare qualche piccolo schiaffo alla personificazione del suo
passato.
Era meglio darsi una mossa. La mattina successiva doveva lavorare e
ogni volta che sognava troppo poi era sempre stanco. «Ehi.»
Il suo io diciassettenne brontolò.
Un nuovo schiaffo, più incisivo, gli fece riprendere conoscenza ma non
lo portò ad aprire gli occhi.
«... Dimmi che sei sparito.»
Quel ragazzo era talmente comico. «Sono ancora qui. Non devi avermi
fatto le domande giuste, Mamoru.»
«Non chiamarmi così» lo guardò deciso l'altro.
«Col nostro nome?»
«Guardarti e sentirti mi crea confusione. Sembri davvero me, ma la tua
vita non può essere la mia.»
Mamoru non credeva a tanto rifiuto. «Non volevi questo? Essere
circondato da persone che ti amavano?»
Rimanendo sdraiato, il suo giovane alter ego voltò la testa dall'altra
parte.
«Io sono felice» lo rassicurò Mamoru. «Con Chibiusa avrò la famiglia
che desideravo. Con Usagi, adesso, ho tutto quello che voglio.»
«Mi chiedo da dove sei uscito.»
Farne un riassunto non era semplice. «Da una serie di circostanze,
prove e avventure. Non ho rimpianti per il mio percorso.»
«Io ne ho.»
Era un testardo, ma Mamoru non si aspettava nulla di meno da lui. «Sono
arrivato a convincermi che svegliandoti non ti ricorderai nulla, non
potrebbe essere altrimenti. Sempre che tu sia il mio passato e non il
mio subconscio.»
«Sei tu il mio subconscio.»
«Spero di suggerirti di trattare un po' meglio Usagi, ma non sarà così.
Un giorno la tratterai meglio perché ti accorgerai di quanto è effimera
la tua vita e di come ti piacerebbe avere quella di lei.»
«... cosa vuol dire?»
«Una vita spensierata, con meno preoccupazioni, con più allegria. Una
vita in cui ridere come fa lei, di tutto.»
Il suo giovane io guardò verso l'alto. «È già accaduto.»
Mamoru rimase ad osservarlo. Aveva stimato male il presente di quel suo
passato? O subconscio che fosse?
«Ma non ho dato tutta l'importanza che pensi a... Usagi. Odango. Forse
tu sei questo? La personificazione della speranza di avere una vita come
la sua?»
«No. Noi avevamo una vita nostra di cui stavamo imparando ad essere
soddisfatti. Avremmo trovato un nostro percorso anche senza Usagi, ma...
quando la conoscerai meglio, capirai perché non riuscirai più a
farne a meno dopo." Mamoru ebbe voglia di dirgli anche di non lasciarla
mai - sia nel senso di non rompere con lei che di non partire per
l'America - ma naturalmente sarebbe stato inutile. Erano esperienze già
passate.
«Sentiamo un po'. Come si comporta questa tua moglie giorno per
giorno?»
La domanda lo sorprese.
Come se non stesse più parlando con lui, il Mamoru del passato continuò
a rimanere sdraiato, le palpebre chiuse. «Era questa la domanda che mi
facevo oggi. Stavo pulendo la casa. Lavavo i piatti, cucinavo, facevo il
bucato. Era domenica. Mi chiedevo se ci sarebbe stato qualcuno a farmi
compagnia tra qualche anno. A fare queste cose con me.»
Il ricordo della sensazione lo colpì così a fondo che Mamoru seppe
esattamente cosa dire.
«Mi sono trasferito in una casa più grande. È ancora modesta, ma per
noi due va bene. Abbiamo una stanza in più, per quando arriverà
Chibiusa.» Il suo meraviglioso futuro, sempre più a portato di mano.
«Era domenica anche da me oggi. Ho cucinato io. Usagi lo fa durante la
settimana, dato che io lavoro sempre fino a tardi. Lei non è molto
brava, ma sta migliorando. Si impegna soprattutto col bucato e finora mi
ha scolorito tutte le camicie. Puliamo la casa insieme, nei fine
settimana. Io passo l'aspirapolvere e lei lava i pavimenti. La sua
faccenda preferita è fare la spesa. Spendo sempre più di quello che
pensavo quando andiamo al supermercato insieme, ma va bene così.»
Il respiro del suo giovane io era calmo ora. Il ragazzo si era
addormentato.
Mamoru si sdraiò accanto a lui, nel verso opposto guardando il cielo
bianco.
Che strano sogno.
Se lo avesse ricordato, gli sarebbe piaciuto raccontarlo ad Usagi.
Il suono della sveglia gli trapanò i timpani.
«Mamo-chan, ucciderò quel tuo aggeggio.» Usagi si agitò sotto le
coperte fino a coprirsi la testa con il cuscino. «È orribile!»
Ma efficace, pensò Mamoru. La spense con un colpo ben assestato della
mano.
Sbadigliò e provò a mettersi seduto. «Sapessi che sogno ho fatto...»
«Un sogno?» domandò assonnata lei.
«Sì, parlava di...» Del passato. "Di...»
Wow. Non se lo ricordava più.
Usagi ridacchiò piano. «Te lo sei dimenticato!»
Ma era come se lo ricordasse ancora. La sensazione era ancora con lui,
dentro il suo petto.
Usagi scattò a sedere. «Su, preparati per il lavoro!» Gli voltò la
testa a forza e gli stampò un bacio sulla guancia. «Guarda che era la
seconda volta che quella sveglia stava suonando. Non farti contagiare da
me.»
La seconda volta? Mamoru
guardò l'ora e saltò giù dal letto.
Sua moglie tornò a dormire.
Ti-ti-ti-ti-tiii!!
Mamoru spense la sveglia.
Il suo ultimo sogno era stato incredibile, il più folle che avesse mai
avuto. Alla faccia di principesse e sogni di supereroi mascherati; stava
ufficialmente impazzendo. Sognare del futuro e di sposare proprio...
Sposarsi?
Si strofinò gli occhi e si girò su un fianco, cercando il calore delle
coperte.
Non aveva sognato di sposarsi, sarebbe stato inconcepibile.
Aveva sognato che in futuro avrebbe fatto... qualcosa?
Non ricordava più.
Sbadigliò.
Tutti i sogni importanti gli rimanevano sempre in testa, perciò quello
doveva essere stato ininfluente.
Stiracchiò le braccia e si tirò su con uno scatto.
Era ora di alzarsi! Non voleva fare tardi all'università.
«Siete soddisfatto, maestà?»
Endymion annuì. «Sì, Pluto. È stato divertente e... consolante. Sapevo
che il mio io passato poteva dare forza al mio io ragazzino meglio
di quanto avrei potuto fare io.» Sorrise. «Tu non ti confondi mai con i
concetti di passato e futuro?»
«No, maestà.»
«Ed era vero anche che avevi - cioè, che hai - un debole per me?»
Sailor Pluto tenne lo sguardo basso. «Credo che il vostro io passato
sia confuso.»
Endymion credeva piuttosto che Mamoru sapesse di cosa stava parlando,
anche se lui - Endymion - se lo era quasi dimenticato, tanto tempo era
trascorso.
«Non ti dico niente di nuovo, Pluto, se ti faccio sapere che troverai
sicuramente un uomo adatto a te? Nel passato in cui andrai a vivere.»
«È una speranza, maestà, riguardo alla prima cosa. Sul mio futuro nel
passato ero già informata.»
«Vivi bene così? Sapendo cosa accadrà?»
Sailor Pluto tornò alta con la testa. «Ma non si sa, maestà. Il nostro
presente è fatto di emozioni e pensieri. Anche se pretendiamo di
mescolarlo col futuro e col passato, il presente rimane sempre tale.
Ignoto, possibile solo sul momento.»
Era una filosofia concepibile solo da una guardiana del tempo. «Ritieni
che ti abbia coinvolto in un esercizio inutile? D'altronde, nessuno di
loro due ricorderà qualcosa.»
«No, maestà. A volte ho la sensazione che la me stessa del futuro
faccia lo stesso con me.»
Endymion non credette alle proprie orecchie.
«Mi rimane dentro una sensazione di pace... di una speranza che si è
incastrata al suo posto. Ho fiducia nell'avvenire; mi rifiuto di
conoscerne i dettagli proprio grazie a queste sensazioni.»
«È un bel pensiero, Pluto.»
«Mi è piaciuto aiutare vostra maestà a metterlo in atto.»
«E io ti ringrazio della tua amicizia, sempre. Più tardi manderò la
piccola Lady da te. Mi hai detto che non avete più molto tempo da
trascorrere insieme."
«No, maestà. Stiamo per girare su un'altra ruota nel nostro destino,
che porterà un futuro nuovo per tutti noi. Soprattutto per la
piccola Lady.»
Endymion guardò verso le Porte del Tempo.
«Passato, futuro... hai ragione tu, la nostra vita è solo nel
presente.»
Il suo di presente non sembrava roseo nell'orizzonte più prossimo, ma
non gli importava. Aveva vissuto in solitudine i primi anni della sua
vita ed era stato felice per secoli assieme a quell'Odango che, a
diciassette anni, non aveva voluto nemmeno sentir nominare.
Aveva davanti ancora molti anni - felicemente sconosciuti nei dettagli
- ma il futuro oramai era di altri. Di sua figlia e persino della
giovane Pluto, che in un passato che lui aveva già conosciuto
aveva vissuto una vita intera, piena.
Avrebbe voluto dirlo a lei come il vecchio Mamoru Chiba lo aveva detto
al Mamoru diciassettenne - un ragazzino con tanti timori e speranze.
Ma, in fondo, il presente faceva il suo corso. Trasformava il passato
in futuro ininterrottamente, senza aiuti.
In balia di quel flusso, qualunque essere umano trovava la sua strada.
Si fermò sulle Porte del Tempo. «Arrivederci, Pluto.»
«I miei saluti, vostra maestà.»
Mamoru Chiba, Endymion, ritornò al suo presente e lasciò passato e
futuro alle proprie spalle.
FINE
NdA: ecco qui. Surreale, ma più
seria di quanto avessi inteso all'inizio: ho dentro di me questo gene
che a volte non vuole saperne di uscire dalla mia testa :D
Ho lasciato almeno un piccolo indizio su un concetto che intendo
sviluppare nella mia saga di Sailor Moon, ma questa storia può essere
letta come fanfiction a sé stante.
Come tale, l'ho pubblicata come one-shot a parte.
Grazie di aver letto fino a qui, il mio premio è sapere cosa pensate di
questa storia :)
Alla prossima!
ellephedre