Ad Elisa

di Dante_Chan
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Amore opera spesso con freccia avvelenata,
lo sa chi il suo fiele ha provato.
Un compagno mio ha il cuore intossicato
e colei che ha l’antidoto non l’usa.
Mentre un pomeriggio mesto
guardavo una immagine di questa,
che assai bella appariva
e ornata di luce come astro,
Amore m’ha presa
e m’ha buttata in corpo estraneo;
o forse il cuore d’altro
m’ha messo in petto, non so.
Qualunque fosse, all’amico mio apparteneva.

E per un attimo eterno
i miei occhi le stelle sue han bramato
e osservavano con meraviglia
i suoi caldi raggi mori
che incorniciavano quelle,
indorati dalla luce del ritratto.
E facevan ciò con brama,
ché dal vivo non avrebber sostenuto la vista
(come è impossibile mirare il Sole dal vivo,
ma in foto non acceca).
E se il profumo che la sua chioma emana
come ‘l calore che arriva da’ raggi
sentivo m’avrebbe scottata,
pensavo «Il suo tocco m’arderebbe».
E provavo dolore
e riconoscevo l’effetto del veleno
nel battito del cuore accelerato
e nella gola secca
e nelle membra incapaci
di sostenere movimento alcuno.

E quando l’effetto si diradava:
«Povero ragazzo! Come può un uomo
trovare amor lieto in una stella?
Ella sempre brucerà per altra persona,
virtuoso dei segreti di lei
e della gente sua.»




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