DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono. Se così fosse, riderebbero un pochino di più.
Sarà il periodo, sarà stato il ponte lungo, sarà stata la mia
voglia di fare un c***o dalla mattina alla sera, sarà
perché Sid è il mio patologo preferito tra quelli di CSI,
fatto sta che la mia
mente bacata ha deciso di partorire questa cosa.
Per una volta volevo
cimentarmi in una fanfic seria ma, come vi accorgerete fin troppo presto, la mia
missione è fallita miseramente... -__-'
Spero vi piaccia.
P.S. Quella che canta Sid alla fine, e che dà anche il titolo alla
storia, è la prima canzone di "The nightmare before Christmas".
THIS IS HALLOWEEN
Sid correva lungo un corridoio male illuminato. Le lampadine nude
dondolavano mosse da un vento inesistente, dando ai muri sporchi un
che di inquietante. Stava correndo da non sapeva più nemmeno
quanto tempo. Stava scappando. Già, ma da cosa?
Si azzardò a gettare un'occhiata alle sue spalle e vide che non
c'era nessuno. Si fermò a riprendere fiato, ormai
stremato. Ansimando si appoggiò al muro con una mano ma subito
dovette ritrarla disgustato. La parte che aveva toccato era umida e
appiccicosa. Si guardò la mano e la scoprì rossa.
Alzò lo sguardo e vide che la parete stava letteralmente
grondando sangue. L'intero corridoio era rosso, ormai si stavano
formando larghe pozze scure sul pavimento. Qualche goccia
cominciò a cadere dal soffitto finendo anche sulla sua spalla.
Un rumore improvviso lo fece voltare. Era uno stridio, come di metallo
su metallo. Una risatina lugubre e compiaciuta seguì subito dopo.
Con il sangue che ormai gocciolava copioso dal soffitto Sid
ricominciò a correre. Non sapeva che fare o dove andare; sapeva
solo che doveva continuare a scappare altrimenti sarebbe stato preso.
Nascondersi era inutile.
Dopo quella che gli sembrò un'eternità intravide una
possibile via di fuga, o almeno così sperava; su un lato del
corridoio c'era una porta. Scivolando sulle pozze di sangue che ormai
ricoprivano il pavimento quasi per intero, la raggiunse e vi si
gettò contro a peso morto pregando con tutte le sue forze che
fosse aperta. Lo era.
Osò ricominciare a respirare solo quando si fu richiuso la
porta alle spalle. Non aveva chiave però, solo uno stupido
pomello; non c'era modo di bloccarla. Si lasciò sfuggire
un'imprecazione.
Cominciò freneticamente a guardarsi intorno ma la stanza era
buia e non vedeva praticamente un accidente. All'improvviso si accese
una luce abbagliante e una voce familiare lo apostrofò con un: -
E tu chi cacchio sei? -
Quando gli occhi di Sid si furono abituati al repentino cambio di
luminosità si accorse che a parlare era stata Stella. Prima di risponderle
notò a poca distanza da loro un tavolino con delle sedie
ribaltate sopra. Ne afferrò una e la incastrò sotto la
maniglia; ora sarebbe stato al sicuro... almeno per un po'.
- Allora, mi vuoi dire chi stracacchio sei? -
Il medico legale si voltò verso di lei ed esclamò: - Sono Sid, non mi riconosci? -
- Dovrei? -
- Non sei Stella? Stella Bonasera? -
- No. -
- E allora chi sei? -
Lei diede un colpetto di tosse, si rassettò la gonna,
protese una mano come se lui dovesse baciargliela, gli sorrise come se
fosse un povero idiota a cui si dovessero spiegare anche le cose
più elementari e proferì con: - Io sono Titania, regina
delle fate. -
Sid la squadrò con un sopracciglio sollevato per qualche secondo e
invece di prostrarsi ai suoi piedi come lei sembrava aspettarsi che
facesse, le chiese: - E perché sei vestita come una Winx? - Con
un dito indicò il top striminzito, la minigonna vertiginosa e gli stivali zeppati, tutti molto colorati e paiettati.
- Non ti devo certo spiegazioni sul mio modo di vestire - ribadì
lei con tono di superiorità. - E poi guardati te come sei
conciato. -
Sid era in pigiama. Solo in quel momento si accorse di non essere
più macchiato di sangue. Addosso non ne aveva neppure una goccia.
- Ero lì fuori... qualcuno mi inseguiva... almeno credo... Dal
soffitto pioveva sangue... - si guardò le mani stranito, quasi
che il sangue dovesse riapparire da un momento all'altro.
- Mi sa che non era tabacco quello che hai fumato. - Fu il turno di Stella di prenderlo in giro.
- No! Qualcosa mi stava davvero inseguendo! - Come evocato, si
udì un leggero bussare all'entrata. Qualcuno stava tamburellando le dita sulla porta. Il misterioso inseguitore
tentò poi di aprirla, ma la maniglia girò a vuoto un paio di
volte. Quando capì che era inutile si abbattè contro la
porta, tentando di sfondarla.
Stella afferrò una mano di Sid. - Vieni con me! - e lo
trascinò nell'ampio locale. - C'è un'uscita sul retro. -
- Che posto è questo? - C'erano tavolini sparsi e, sul fondo della sala, un palco.
I colpi alla porta divennero furiosi, come se chi era dall'altra parte
sentisse che la preda stava per sfuggirgli. Quando il legno
cominciò a cedere prese a echeggiare una risata malvagia.
- Presto! Non c'è tempo per le spiegazioni! - La donna tirò Sid dietro le quinte. - Aspetta. -
- Cosa? Quell'essere là fuori sta per entrare! - La porta stava scricchiolando paurosamente.
Senza prestargli attenzione lei si mise in posa, portò le
braccia sopra la testa, pronunciò la formula magica - ENCHANTIX!
- e si trasformò in una fatina delle dimensioni di Trilli. Con
le
piccole ali trasparenti che fremevano nervose nell'aria svolazzò
leggiadra e andò a posarsi sulla spalla dell'uomo. Lui la
fissò con la coda dell'occhio in attesa di una spiegazione.
- Sono pur sempre una regina - si giustificò lei. - Sarai la mia portantina. -
Stava per ribattere seccato sull'inutile perdita di tempo prezioso
quando il legno letteralmente esplose nella sala e l'essere
entrò.
- Sto venendo a prenderti - cantilenò con voce intrisa di gioia sadica.
Stella sussurrò all'orecchio di Sid: - Se ci tieni al tuo
pigiama dei puffi ti conviene cominciare a correre. - Non ebbe bisogno di farselo ripetere due volte.
Si inoltrò nei meandri di quello strano locale seguendo le
indicazioni che la fatina gli impartiva. Imboccava porte, corridoi...
si infilò persino in una toilette e in una sala ristoro... Quel
posto sembrava non finire mai.
Dietro di lui i passi dello sconosciuto erano sempre più vicini,
e anche quell'altro sembrava saperlo perché ormai rideva
sguaiatamente senza più freni.
- Sto arrivando. -
- Ecco! - Stella indicò col minuscolo indice la meta; la porta
con maniglione antipanico con sopra scritto EXIT. Stavano per farcela.
Con un ultimo sforzo Sid si scagliò contro l'uscita di sicurezza e si ritrovò in un vicolo umido.
- Aiuto! - gridò la piccola Stella in preda al panico. Era
rimasta invischiata in un'enorme ragnatela che occupava l'intero vano e
che fino ad un attimo prima non c'era. - Aiuto! - ripetè
tentando di liberarsi. Inutilmente però perché più
si dibatteva e più rimaneva invischiata nella sottile tela appiccicosa.
L'uomo tentò di liberarla ma sembrava che più fili
rompesse e più se ne formassero. All'improvviso qualcosa
sbucò dal buio e lo spinse brutalmente a terra. Si accorse con
raccapriccio che era una gigantesca zampa di ragno.
- Lei è mia! - grugnì una voce orrenda, profonda, uscita
da una bocca che sembrava contenere troppi denti. Fu l'unica cosa che
disse prima di richiudere la porta troncando sul nascere l'urlo
disperato della fatina.
Il medico legale si rialzò immediatamente ma non c'era maniglia
all'esterno perciò non poteva rientrare per aiutare Stella.
Frustrato picchiò selvaggiamente pugni e calci sul metallo ma
questo non si mosse di un millimetro. Invano chiamò l'amica.
- Ti ho trovato - disse la voce che lo inseguiva. Sid alzò lo
sguardo e sulla scala antincendio scorse la figura di un uomo. Due
occhi bramosi e malvagi brillavano nell'ombra. Si
appoggiò alla ringhiera con fare annoiato; una delle mani indossava un
guanto con lame simili ad artigli. - Fammi un favore, smettila di
scappare. - Cominciò a far scorrere piano le lame sul ferro rugginoso
provocando un cigolio orribilmente fastidioso. A quello Sid si
riscosse e ricominciò a correre. Con un gesto rabbioso che fece
scaturire scintille dagli artigli, l'incubo si lanciò al suo
inseguimento. Quel secondo bastò ad illuminare un volto
pesantemente sfigurato dalle ustioni.
La città era deserta. Non sapeva a chi chiedere
aiuto, dove fuggire. Diamine, non sapeva nemmeno dov'era. Prendeva vie
a casaccio, strade alla cieca... Qualsiasi percorso seguisse sembrava
che il paesaggio fosse sempre uguale.
In una delle tante traverse in cui si infilò si accorse di un
furgone parcheggiato e di tre persone che vi stavano caricando
qualcosa. Sid annaspò fino a loro. Quando fu vicino riconobbe
Mac, Danny e Adam, o almeno qualcuno con le loro stesse sembianze.
Erano vestiti in maniera strana però; indossavano tutti e tre
dei body attillati con dei foulard stretti in vita.
Quando capì da cosa erano vestiti quei tre uno sbuffo gli
uscì dalla bocca. Con Stella la situazione era sembrata
paradossale, ora invece sembrava più che altro imbarazzante.
- Non ditemelo... - rantolò, tentando al contempo di respirare e non ridere. - ...Occhi di gatto? -
- Sì - rispose Mac per nulla preoccupato dalla figura da fesso
che stava facendo mostrandosi al mondo conciato così. - E tu
come fai a conoscerci? Chi sei? Non sarai mica un poliziotto? -
- Se è così, devono aver rivoluzionato le uniformi -
lo sfotté Danny, alludendo al suo fantasioso pigiama.
- Ma si può sapere in che razza di sogno, incubo o fantasia strana sono capitato? -
domandò Sid, più a se stesso che a qualcuno in
particolare.
- Non è colpa nostra se guardi troppi cartoni animati - borbottò Adam continuando a caricare il furgone.
- E questo che c'entra? - Chiese con una punta di stizza.
Da una stradina laterale si udirono dei passi in avvicinamento; erano
lenti e misurati, come se sapessero che tanto il bottino non poteva
essere troppo lontano.
- Ho bisogno di aiuto! Per favore, un pazzo sta cercando di uccidermi! -
- Tu che ne dici, capo? Aiutiamo Quattrocchi? -
"Senti chi parla." pensò Sid, ma poi capì che forse il
detective si stava nuovamente riferendo al suo bizzarro indumento. Ma
da dove l'aveva tirato fuori? Nemmeno da bambino avrebbe indossato
quell'orrore. (*)
- Possiamo fidarci? - Mac scrutò negli occhi del
medico legale per qualche secondo in cerca di una risposta. -
Avete finito di caricare la refurtiva? -
- Proprio ora, Kelly - ansimò Adam collocando l'ultimo pesante scatolone sul retro del furgone.
- Perfetto. Salta su, ti daremo un passaggio. - Mac sorrise e gli
fece cenno di salire. Sid obbedì seguito a ruota da Adam che si
chiuse lo sportello alle spalle. Gli altri due uomini presero invece il
posto di guida e quello del passeggero.
Con una sgommata che ribaltò i due sul retro, partirono a tutta
velocità per le strade deserte illuminate solo dai lampioni e
da una luna talmente pallida da sembrare malata.
- Lo chiami Kelly anche se è un uomo? - Domandò Sid ad Adam quando riuscì a rimettersi seduto.
- Certo. Come vuoi che lo chiami visto che è il suo nome? -
- E il tuo qual'è? -
- Io sono Tati. -
Sospirò. - Chissà perché ma me lo
immaginavo... Tu, il patito dei computer sei Tati, Mac è
Kelly,
il capo saggio. E Danny immagino che sia... -
- Sheila, quello figo - finì per lui il biondino seduto davanti.
- Sì, certo, come no? -
- Ma che...? - Mac sterzò tanto bruscamente da mandare nuovamente Adam e Sid a gambe all'aria e far
rimanere il furgone in equilibrio precario su due ruote per qualche
interminabile secondo. - Reggetevi là dietro. Abbiamo compagnia. - Una
macchina della polizia era infatti sbucata da un vicolo laterale e si
era messa al loro inseguimento; presto se ne aggiunsero altre due. I
loro lampeggianti avevano qualcosa di strano. Invece di essere rossi e
blu erano rossi e verdi.
- Come hanno fatto a sapere dove avremmo compiuto il furto, Kelly? -
chiese Danny sporgendo rabbiosamente la testa fuori dal finestrino.
- Non lo so - rispose Mac, impegnato a tentare di seminare le auto.
Fece un sorriso sghembo. - Chissà, forse abbiamo una spia a
bordo. -
- Li hai avvertiti tu? - Danny si girò verso il retro del furgone impugnando una pistola.
- Ma sei scemo? E vi avrei chiesto aiuto se avessi avvertito la
polizia? - I discorsi che facevano quei tre erano senza senso ma la
pistola sembrava dannatamente vera. Prudentemente Sid alzò le
mani in segno di resa.
- Magari hai un microfono nascosto. Tati, strappagli quel ridicolo pigiama di dosso e controllalo! -
- E tu che vuoi fare? - Mac aveva scorto un unico poliziotto fermo al
centro della strada una cinquantina di metri più avanti. Quello
impose l'alt con una mano guantata munita di artigli. Con un ghigno il
capo della scientifica accelerò. - Ora ti sistemo. -
Sid ebbe appena il tempo di dare un'occhiata alla strada e tentare di
esclamare un - Non farlo! - che si schiantarono contro il finto
poliziotto.
L'impatto fu terribile, come schiantarsi contro un pilone di
cemento. I due che sedevano davanti finirono oltre il parabrezza, gli altri invece colpirono violentemente i sedili.
Quando il patologo si riscosse,
intontito e dolorante, scoprì che fortunatamente non aveva
niente di rotto, solo un graffio sulla guancia. Lo stesso non si poteva
dire per il tecnico di laboratorio; il collo si trovava in una posizione innaturale, gli occhi fissavano il vuoto. Ormai non
poteva fare niente per aiutarlo. A tentoni raggiunse lo sportello del furgone ed uscì; forse poteva fare
ancora qualcosa per Danny e Mac.
Purtroppo anche il guidatore non ce l'aveva fatta; il suo corpo
sporgeva per metà dall'abitacolo. L'urto era stato così
improvviso
che non aveva avuto il tempo di proteggersi il volto che così si
era riempito di schegge. Una di queste, particolarmente grande, sbucava
dalla sua gola. Era stata quella la causa della morte. Una larga scia
di sangue si allungava sul cofano accartocciato, andando a
gocciolare placidamente sull'asfalto.
Sid si guardò intorno ma non vide traccia di Danny, poi un
rantolo soffocato lo fece voltare di scatto. Illuminato dall'unico faro
ancora funzionante, l'uomo dal corpo ustionato aveva afferrato il
detective Messer per il collo e lo teneva sollevato da terra con una
mano sola, come se stesse reggendo un fuscello.
- Lascialo andare. In fondo è me che vuoi. -
- Ma come stiamo diventando eroici - lo canzonò.
- Lascialo e non scapperò più - disse Sid spaventato a morte ma determinato.
Il mostro sembrò trovare la cosa quasi interessante. Si
sfiorò il naso con la lama dell'indice con fare pensoso. - Sai
che ti dico? Non mi hai convinto. - Detto questo piantò tutte le
lame nello stomaco di Danny che prima di morire riuscì a sputare
un insulto al suo assassino assieme ad una notevole quantità si
sangue. Poi il suo corpo privo di vita venne lasciato cadere con
noncuranza al suolo.
- NO! -
- SI'! - gli fece il verso, pulendosi distrattamente le
lame sui pantaloni. - Ed ora tocca a te. - Fece due passi verso il medico legale ma
questi ricominciò a scappare per l'ennesima volta. L'altro
rimase lì, sulla strada deserta, fermo per qualche
secondo. Poi, rimuginando qualcosa sul fatto che mai una volta le
vittime se ne stavano buone e ferme per farsi uccidere, riprese
l'inseguimento con fare svogliato.
Di nuovo Sid era solo, di nuovo era braccato... la cosa cominciava ad
essere ripetitiva ma sembrava che non dovesse ancora avere termine.
Mentre entrava in una strada perfettamente uguale alla precedente si ritrovò in un vicolo cieco. E ora?
Sentiva i passi dell'uomo dietro di lui avvicinarsi inesorabilmente. I
muri erano altissimi, non poteva scavalcarli e non c'erano appigli per
arrampicarsi. Era in trappola. Era finita.
- Di qua. - Si sentì tirare per una gamba, cosa che gli
provocò quasi un infarto, ed in un secondo venne trascinato nel
tombino.
- Ahi! - Era atterrato sul coccige.
- SHHHH!!! - Chi lo stava salvando gli premette una mano sulla bocca. -
Fa' meno rumore Topson o Rattigan ci sentirà. - gli
sussurrò all'orecchio.
Sid venne aiutato a rimettersi in piedi da, ormai aveva capito le
regole del gioco, uno che somigliava solamente a Don Flack. Questi
indossava un lungo impermeabile, un cappello strano e stringeva tra i
denti una pipa spenta.
Spazzolandosi i pantaloni gli disse: - Primo: io non mi chiamo
Topson. - Venne nuovamente zittito. Continuò bisbigliando. -
Secondo: non so chi sia Rattigan e terzo: tu chi diavolo sei?
Perché ho come la sensazione che tu non sia il detective Flack,
vero? -
- Elementare Topson, io sono Basil l'investigatopo. -
Sid lo fissò con espressione di pietra. "Ok, è ufficiale. Abbiamo raggiunto il ridicolo" si disse.
Come se gli avesse letto nel pensiero l'altro lo consolò con la
sua famosa frase: - Ricordati Topson che eliminato l'impossibile,
quello che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità.
-
- E questo che c'entra? -
Sopra di loro sentirono dei passi pesanti e strascicati risuonare
proprio sopra il tombino e qualcuno che borbottava: - Che vita grama
fare il cattivo... -
Flack fece segno a Sid di seguirlo ed in silenzio si allontanarono lungo il condotto.
Presto furono nel buio più totale, allora Basil-Flack estrasse
una torcia dalla tasca dell'impermeabile. Entrambi infatti si erano
già schiantati diverse volte contro il muro o avevano fatto una
conoscenza molto ravvicinata con un tubo particolarmente basso. Per un po'
proseguirono tranquillamente.
- Certo che sei stato fortunato a trovare me. Rattigan può essere un nemico veramente ostico da sconfiggere. -
Sid non era molto in vena di fare conversazione con uno che credeva di
essere un topo investigatore ma tentò lo stesso. - Veramente
quello non era Rattigan, quello era... - Flack gli spiaccicò una
mano sulla bocca impedendogli di finire la frase.
- SHHH Topson! Non fare rumore! - Prese a lanciare sguardi furtivi attorno a sè come se stesse cercando qualcosa.
"Io non sono Topson" voleva ripetergli nuovamente il medico
legale ma quello che gli uscì fu solo un mugugno indistinto.
- Non senti per caso odore di formaggio? - Finalmente si decise a lasciarlo libero di parlare.
- E c'era bisogno di dirmi di fare silenzio? - Comunque lo
accontentò e annusò un po' l'aria stantia. - Io non sento
niente, a parte il fatto che siamo in una fogna. -
- Vieni con me. - A Sid non restò che seguirlo, in fondo era lui
ad avere la pila. E poi non avrebbe saputo dove andare. Inoltre c'era sempre il
rischio di imbattersi nel suo inseguitore... Anche se, per come stava
evolvendo la scena, intuì che probailmente l'avrebbe incontrato
presto. Sbuffando, allungò il passo per raggiungere Flack.
Dopo qualche minuto notarono un bagliore provenire da un po' più
avanti e si avvicinarono circospetti. Sid per lo meno, visto che il
detective sembrava ormai ipnotizzato da ciò che percepivano le
sue narici. Ci mancava poco che camminasse ad una spanna da terra.
La fonte di luce era costituita da una montagnola di formaggio
illuminata da luci lampeggianti di vari colori. Accanto, il suo tormento
personale travestito da Nonno Nanni che incitava una folla
inesistente con - Venghino, signori venghino. -
Si fermò esterrefatto, Flack invece proseguì per la sua
strada, ignaro. Il patologo si era accorto che il tutto non era altro che una
grossa trappola per topi. Tentò disperatamente di avvertire il
poliziotto ma questi non sembrò sentirlo. Lo strattonò,
tentò di fermarlo piantandoglisi davanti, provò anche a
dirgli che quello era tutto un tranello di Rattigan, ma ormai era
completamente perso. Non vedeva e non sentiva altro che quello stupido
formaggio. A Sid non restò altro che guardarlo
avvicinarsi alla sua fine. Distolse lo sguardo solo quando la trappola
scattò.
- Lui non era il più intelligente tra i tuoi colleghi, vero? -
Pure il mostro sembrava stupito che un piano tanto idiota avesse
funzionato.
- No, in effetti no - dovette ammettere a malincuore. Comunque non
resistette alla tentazione di dare una sbirciatina, giusto per
soddiisfare la sua curiosità di medico legale. Non gli sarebbe
capitata mai più l'occasione di vedere qualcuno schiacciato
da una trappola per topi gigante. Lo spettacolo però era
troppo
splatter e doloroso, dopotutto era un suo amico, e si voltò di
nuovo verso il suo aggressore.
- Ti arrendi? - Si avvicinò questi, speranzoso.
- No. - Cominciò ad arretrare cercando con lo sguardo una via di fuga.
- Chissà perché me lo immaginavo. Dai, ti do due minuti di vantaggio. -
- Perché? - Sid era giustamente sospettoso, temeva un nuovo inganno.
- Perché tanto ti riprendo. - Sembrava così ovvio.
- Come fai ad esserne così sicuro? -
- Fino adesso cosa ho fatto, scusa? - In effetti come ragionamento non
faceva una piega. - Questo è il mio mondo, perciò per
quanto tu possa scappare, - gli sorrise malevolo pregustando già
la nuova caccia, - non potrai mai sfuggirmi. - Dal tono sinistro che
aveva usato Sid capì che il conto alla
rovescia era partito. Riprese a correre, sperando di allontanarsi
il più possibile. L'ultima crudeltà che gli venne inflitta
giunse con un'eco ma fu più micidiale di una fucilata. - E poi
ormai non ti restano più tanti amici. -
Dopo aver imboccato qualche conduttura a vicolo cieco, superata
l'ennesima svolta intravide finalmente una scaletta per risalire in
superfie. In pochi
attimi fu di nuovo all'aria aperta.
E fu veramente aria aperta perché sbucò proprio in mezzo ad un prato rigoglioso illuminato dal sole.
- E adesso dove sono capitato? - Lanciò uno sguardo al tombino
da cui era uscito ma questo era già scomparso. - Tanto vale
andare avanti. - Si mise in cammino.
- Non fare un passo di più. Sei sulla mia proprietà, non
sei stato invitato e per di più non ti conosco - disse un'ostile voce femminile
alle sue spalle. Qualcosa gli venne premuto al centro delle scapole. -
Sono armata e non ho per niente paura di farti male. Anzi, - spinse un
po' più forte il qualcosa nella schiena di Sid. - Dammi solo una
buona ragione per fartene e mi renderai più felice la giornata.
- L'uomo alzò prontamente le mani, arrendendosi. Lei
scoppiò a ridere. - Adesso dimmi chi sei. -
- Mi chiamo Sid Hammerback e sono medico legale. - Poi, visto che aveva riconosciuto la
voce, tentò: - Lindsay, sei tu? -
- Non so chi sia questa Lindsay. Io sono il vecchio della montagna. -
Sembrava però che avesse superato l'esame perché lei
abbassò l'arma permettendogli di voltarsi.
In effetti era Lindsay solo che, come tutti gli altri, non lo era.
Portava pesanti vestiti da montanaro e una folta barba finta; gli
elastici sbucavano da dietro le orecchie. Lo aveva
minacciato con un semplice bastone da passeggio.
Sid non riuscì a fare a meno di sorridere. - In un certo senso ha una sua logica: Montana... Montanaro. -
- Non è colpa mia se non hai fantasia per i sogni! - Sembrava
quasi indispettita dalla parte che le era toccato interpretare. - Seguimi
fino alla mia capanna. Ti offrirò un po' di formaggio di mia
produzione. - Con un gesto del bastone gli indicò il sentiero che si inerpicava su per la montagna.
Memore della recente fine di Flack tentò educatamente di declinare
l'offerta ma Lindsay parve prenderla come un'offesa personale
perciò non gli restò che seguirla lungo il sentiero.
- Guarda che il formaggio che faccio io è il più buono di questa parte della Svizzera. -
Lui però non la stava ascoltando; era distratto da ciò
che stava vedendo. Poco lontano da loro, in mezzo al prato fiorito,
c'erano delle bambine vestite di bianco che saltavano la corda. Erano
troppo distanti per riuscire a sentire la lugubre filastrocca che
stavano recitando ma Sid la conosceva molto bene. Quello che stonava nella
scena familiare era CHI stava saltando la corda. Invece della solita
bimba c'era un uomo con lunghi capelli biondi che indossava un ridicolo
vestitino da bambina.
"Che strano", pensò tra sè. "Sembra quasi un elfo."
Quando l'altro si accorse di essere osservato si mise a gesticolare
freneticamente nel tentativo di attirare ulteriormente l'attenzione ma
venne prontamente atterrato dalle due bambine che presero a frustarlo
con la corda. A Sid parve di sentirlo supplicare: - Vi prego,
rimandatemi al Fosso di Helm, lì almeno un orco aveva la
pietà di finirmi. - E poi: - Autrice di m...... - ma una valanga
improvvisa investì tutti e tre prima della fine della frase. (**)
"Certo che ora stiamo rasentando la farsa".
- Ehi genio, mi stai ascoltando? -
- Eh? -
- Ti stavo parlando del formaggio di capra che produco. Il migliore della Svizzera. -
- Svizzera? Aspetta un po'. - Rallentò il passo. -
Svizzera... il vecchio della montagna... le capre... - Non appena vide
la casetta sbucare all'orizzonte la riconobbe. - Tu sei il nonno di
Heidi? -
- Che ti aspettavi? - Sembrava ancora risentita per il ruolo che le era
toccato. Infatti borbottò: - Quell'altra,
perché è una gran figa, fa la Winx; a me invece tocca
fare il nonno di Heidi... -
Un grosso San Bernardo corse loro incontro. Sid si bloccò sul sentiero, un po' spaventato.
Lindsay lo superò con un : - Tzè - sibilato tra i denti. -
Tranquillo, è solo Nebbia, il mio cane. Vieni bello! -
Incitò il bestione a farsi più vicino. Cosa che non ebbe
bisogno di farsi ripetere perché accelerò il passo.
Il patologo però si accorse che qualcosa non andava. Nebbia non
aveva mai avuto gli occhi spiritati di chi è fatto di cocaina,
non correrva a zanne scoperte e soprattutto non aveva mai avuto una
sospettosa bava alla bocca.
- Credo sia meglio non lasciarlo avvicinare... sembra rabbioso. -
- Sciocchezze! Il mio Nebbia non farebbe del male a nessuno. Vero piccolo? -
Il cane ormai li aveva raggiunti e si lanciò sulla padrona. Per
la precisione si fiondò sulla sua gola e riuscì a
portargliene via più di metà con un solo morso prima
ancora che lei potesse anche solo pensare di urlare dalla sorpresa.
Nel veder finita sbranata la povera Montana, Sid si lasciò
sfuggire un lamento soffocato. "Non finirà mai?" pensò.
La solita sghignazzata cattiva lo raggiunse. Un
braccio inguainato in un maglione a righe gli cinse le spalle e
l'incubo, con fare cospiratore, gli mostrò il collare del cane.
Non c'era scritto Nebbia, bensì Cujo.
- Scherzetto - sogghignò. Il medico legale gli diede una gomitata nello
stomaco, terrorizzato ed insieme nauseato da tanta vicinanza, e si
lanciò verso la porta della casa. In pochi secondi la raggiunse
ed entrò.
Le finestre erano chiuse e le persiane accostate perciò l'unica
fonte di luce era costituita dal fuoco che scoppiettava nel camino.
Qualcuno che gli dava le spalle stava mescolando il contenuto del
grande paiolo posto sulla fiamma. Sperò che non fosse di nuovo
Lui; c'era mancato veramente poco questa volta. Era riuscito ad
arrivargli troppo vicino. L'altro, sentendosi osservato, si
voltò.
Nonostante la situazione fosse oltremodo disperata, Sid
non riuscì a non scoppiare a ridere in maniera fragorosa. Non
capitava certo tutti i giorni (ed era probabile che nella realtà
non sarebbe mai successo) di vedere il dottor Sheldon Hawkes travestito
da Hatsune
Miku.
C'era tutto. Il vestitino attillato con minigonna, i lunghi codini
verde-azzurri, la cuffia con microfono che gli sfiorava la guancia...
Persino l'immancabile porro stretto in mano.
"Ed infine siamo giunti al delirio."
- Beh? Che hai da ridere screanzato? -
- Niente. - Tentò di darsi un contegno ma ogni volta che
l'occhio gli cadeva sull'ex collega non poteva fare a meno di ricominciare a
ridere in maniera quasi isterica. Doveva essere colpa dello shock. - In
effetti non ci sarebbe niente da ridere. Un mostro-maniaco-assassino
dei sogni mi dà la caccia e tutti i miei amici sono morti
nell'attimo in cui hanno deciso di aiutarmi. -
- Dì un po', non è che porti sfiga? -
Finalmente riuscì a smettere di sganasciarsi e a darsi un po' di
contegno. - Mah, a questo punto potrei anche dirti di sì. -
- Piuttosto, io ho fame. Qua nel pentolone c'è solo acqua. Che c'è per cena? -
- Minestra di porri. - Una mano artigliata comparve dal buio. Con un
colpo ben assestato sbudellò Sheldon che, sorpreso, cadde a
terra qualche secondo dopo i suoi intestini.
Sid cercò di raggiungere la porta ma questa era bloccata.
Tentò di abbatterla a spallate ma era inutile. Era fatta di
legno spesso, adatta a resistere alle tempeste invernali. Questa volta pareva essere giunta la sua ora.
- Dai, rimani a cena. Non ti piace lo stufato di porri arricchito da un qualche pezzetto di Sheldon? -
Buttò un occhio al pentolone che sobbolliva
sul fuoco ma dovette voltarsi, orripilato. L'acqua era
rossa e brandelli del suo amico vi galleggiavano dentro.
Il mostro staccò un mestolo dal muro e assaggiò. -
Mmhhhhhhhh, delizioso. Devi assolutamente provarlo. - Fece due passi
verso Sid.
- No, grazie. - Non riusciva a spostarsi dalla porta, era paralizzato dalla paura.
- E' da maleducati rifiutare quando si è ospiti in casa di
altri. Vuoi forse farmi arrabbiare? - Avanzò ancora di
più, minaccioso.
Non aveva idea di cosa fare. Il suo cervello riusciva solo a pensare: "E'
impossibile! Non può finire così! E' impossibile!
Impossibile..." E in quell'attimo, come folgorati, i neuroni ripresero a
funzionare.
"Impossibile... Eliminato l'impossibile... tutto ciò
che rimane..."
- Ma certo! -
- Cosa? -
- Gli altri hanno cercato di dirmelo per tutto il tempo. -
- Che cosa? -
- Troppi cartoni... poca fantasia... Situazioni fin troppo surreali..
Questo, dopotutto, non è altro che un sogno... - Per la prima
volta lo fissò negli occhi senza timore. - ...Un sogno che posso
controllare e da cui posso uscire quando voglio. - Un sorriso gli scoprì i denti.
- No... -
- Sì, Krueger. - Una volta datogli un nome, il Male non faceva
più così tanta paura. Posò fiducioso una mano sul
chiavistello; sapeva che ora si sarebbe disincastrato senza problemi. - Una
volta aperto, mi sveglierò e tutto questo non sarà stato
altro che un bruttissimo sogno. - Lo ruotò.
- NOOOOO!!!! - Freddy gli si gettò contro, lame protese, ma fu
troppo lento. Sid spalancò la porta ed in un secondo fu fuori.
Si svegliò di soprassalto; si era appisolato in ascensore. Si
scostò bruscamente dalla parete a cui era appoggiato, quasi che
Fred Krueger potesse uscirne da un momento
all'altro. Non fece però in tempo a tirare un sospiro di
sollievo che il campanello gli annunciò che era arrivato al
piano. Tenendosi una mano sul cuore rise nervoso della sua stessa paura
immotivata.
Quando le porte scorrevoli si aprirono si trovò davanti Mac.
- Ehi Sid, che hai? Sembra che tu abbia visto un fantasma. -
- Qualcosa del genere. -
- Non hai una bella cera. Perché non vieni nel mio ufficio. Ti offro un caffè. -
- Perché no? Così non correrò il rischio di addormentarmi di nuovo. -
- Hai detto qualcosa? - chiese il capo della scientifica mentre gli faceva strada.
- No, niente. Parlavo da solo. -
- Sai cosa si dice di quelli che parlano da soli? - Scherzò Mac entrando nell'ampio ufficio e facendolo accomodare.
Dopo un minuto Sid reggeva tra le mani una tazza di caffè fumante. L'ex marine lo scrutava attento.
- Che c'è? - chiese il patologo soffiando piano per far raffreddare un poco la bevanda.
- Sei sicuro di star bene, amico? Mi sembri pallido. -
- Tranquillo Mac. Ho fatto solo un brutto sogno. -
L'altro si alzò dalla sua sedia. - Perché non ti stendi
un po'? - Gli si fece più vicino e gli tolse gentilmente la
tazza di mano.
- Davvero, non è niente. - Ma il capo parve non sentirlo.
Con un gesto fulmineo del braccio Mac fece volare via tutto dalla
scrivania. Carte, rapporti, il computer... persino la lampada. Finì tutto sul pavimento.
- .........Ok. Adesso sono io a doverti chiedere se va tutto bene. -
Sid cominciava a preoccuparsi. Senza contare che quella scena, vista da
fuori, poteva risultare un po' equivoca.
- Stenditi qui, starai comodo. -
- Credo che me ne tornerò in obitorio. - Fece per andarsene ma
Mac lo trattenne. Mettendogli una mano sulla spalla lo fece voltare e
lo diresse nuovamente verso la scrivania appena liberata.
- Resta. -
- No, veramente avrei da fare... - ma Mac gli strinse la spalla fino a farlo gemere di dolore.
- Resta - ripetè, questa volta con un ghigno malevolo. Con forza
lo fece stendere sul tavolo e in un attimo tutto cambiò.
Una lampada posta proprio sopra il viso abbagliò Sid che non
riuscì a capire dove si trovava. Tentò di muoversi ma
aveva mani e piedi bloccati da spesse cinghie di cuoio.Voltò la
testa a destra e a sinistra e improvvisamente capì.
Era in obitorio, imprigionato su uno dei suoi tavoli operatori.
Finalmente la lampada gli venne levata dagli occhi ma quello che vide
fu peggio del non vedere niente. A pochi centimentri da lui c'era
Freddy Krueger che gli sorrideva come un bambino davanti ai regali la
mattina di Natale. Era vestito esattamente come lui quando stava per
effettuare un'autopsia; il bastardo si era pure messo i suoi occhiali.
- Non sai che non si scappa dai miei sogni? - Gli fece notare sornione,
poi si alzò e prese ad affilarsi le lame. Sembrava uno strano
incrocio tra un gatto e un macellaio.
Tentò disperatamente di liberarsi ma era inutile, più
si scuoteva e tirava e più le cinghie si stringevano attorno a
polsi e caviglie. Un angosciato lamento di impotenza gli sfuggì
dalle labbra.
- Ed ora a noi. - gongolò Krueger. Una veloce sforbiciata che strappò un urlo al povero patologo
e la camicia che indossava fu in pezzi, lasciandolo a petto nudo. - Preferisci l'incisione a Y o quella a T? -
Era troppo spaventato per rispondere. La sua più grande paura si
stava orribilmente avverando; stava per subire un'autopsia da vivo.
Il medico legale ricominciò ad agitarsi in maniera forsennata sperando,
vanamente, che le cinghie che lo tenevano imprigionato si rompessero, o
almeno si allentassero dandogli una qualche possibilità di liberarsi. Era tutto
inutile. Più tentava e più queste si serravano. Ormai
aveva le mani viola e lo stesso poteva dirsi dei piedi.
- Tranquillo, non sentirai niente. - Gli avvicinò la lama
dell'indice alla spalla. - ...Almeno all'inizio. - Rise sguaiatamente
dei suoi futili tentativi di scostarsi.
- Ora rilassati... - Gli sfiorò una clavicola con fare quasi premuroso. - ...Sid. - L'incubo si bloccò.
Aveva pronunciato il suo nome con la voce di Stella.
Aggrottò le sopracciglia e si guardò in giro, confuso.
Visto che non successe nient'altro, con una scrollata di spalle
tornò a concentrarsi sulla sua vittima. Gli sorrise. - Come
stavo dicendo... -
Di nuovo la voce di Stella. - Sid. -
- Ma porc... - Freddy ricominciò a girasi attorno tentando di
capire da dove proveniva la voce. Il patologo riprese a sperare.
- Ehi Sid... -
Sid si svegliò, questa volta per davvero. Stella
gli stava scuotendo delicatamente una spalla. Alzò la testa per
guardarla. - Sono venuta a cercarti visto che non arrivavi più. -
Un po' stralunato il medico legale si guardò attorno. Era nel suo ufficio, alla sua scrivania.
- Stai bene? - L'amica sembrava preoccupata.
- No. Cioè, sì. E' che devo essermi addormentato. -
- Questo l'ho notato. Dai sbrigati! Ti stai perdendo la festa. -
- Festa? Ah, sì. Giusto. La festa di Halloween. Dovevo solo
finire il rapporto su... - diede un'occhiata allo schermo del computer
e rimase a fissarlo per qualche attimo, senza parole. Abbioccarsi con
la faccia sulla tastiera non era stata una grande idea.
Sospirò, mandò mentalmente affanculo il pc e lo spense
con un - Ma chi se ne frega! - Poi si alzò, prese le mani di
Stella e la fece girare su se stessa, facendo ruotare l'ampia gonna del
suo vestito da sera color ghiaccio. Era terribilmente contento che
fosse stato tutto un brutto sogno.
- E tu chi saresti, bella principessa? -
- Io sono Titania, regina delle fate. - Per un secondo il sorriso di
sollievo si marmorizzò sul suo volto ma poi si
rilassò.
Qualche giorno prima lei stessa gli aveva parlato del costume che
avrebbe indossato. Il suo cervello aveva semplicemente immagazzinato
l'informazione e l'aveva trasferita nel sogno.
- E se non ti sbrighi ti perderai Mac, Danny e Adam vestiti da Lupin, Jigen e Goemon. -
- Davvero? Allora ho solo sbagliato cartone animato - borbottò tra sè.
- Che hai detto? Che cartone? -
- Niente. Non ha importanza. - Sorrise di nuovo. - Dammi solo qualche minuto e arrivo. -
- Muoviti. Giù di sotto ti stiamo tutti aspettando. - Stella fece per andarsene.
- E mi concederai anche un ballo? - chiese lui.
- Ovvio. Ho già parlato anche con il DJ. - La detective uscì dall'ufficio.
- Che razza di sogno. - Si disse una volta rimasto solo. Sospirò
e si passò distrattamente una mano tra i capelli. Poi
lasciò anche lui l'ufficio e si diresse verso gli
spogliatoi
dove prese una borsa con l'occorrente per il suo costume. L'anno prima
si era travestito da Pico de Paperis, cosa cha aveva semplicemente
comportato l'indossare un camice da laboratorio, ma questa volta aveva
voluto fare le
cose per bene. Aveva pensato molto al costume da indossare e forse era
stato quello a condizionarlo tanto.
Mentre si preparava gli tornò in mente una canzoncina. - Boys and
girls of every age... - era proprio adatta alla serata. Sorrise alla
propria immagine allo specchio e seguitò a cantare.
- Would you like to see something strange... - Indossò un
vecchio paio di pantaloni e scarpacce da lavoro che avevano visto
giorni migliori.
- Come with us and you will see... - Infilò un maglione tarlato
a righe rosse e verdi accuratamente sporcato di fuliggine e che sapeva
vagamente di cherosene. - This, our town of Halloween... -
Continuò a mugugnare la canzone anche mentre si truccava il
viso. Aveva visto ustioni di ogni tipo nella sua carriera,
perciò sapeva quali colori adoperare e quale intensità
dare loro. Un'amica che lavorava in teatro gli aveva prestato tutto
l'occorrente.
Aveva fatto numerose prove a casa quindi non ci impiegò
troppo tempo. Dopo pochi minuti il suo viso era completamente coperto
di ustioni. Smise un secondo di canticchiare per rimirarsi. Sembrava
proprio che la sua pelle fosse bruciata; era quasi inquietante.
Ripetè l'operazione anche su collo e mano sinistra; la destra non ne avrebbe avuto bisogno.
Si calcò sulla testa un usurato cappellaccio marrone e polveroso
e, infine, indossò il guanto. A vederle, le lame parevano
quasi vere.
Si studiò per qualche secondo, dando gli ultimi ritocchi al trucco. Ecco, era pronto.
Mentre si dirigeva verso l'ascensore spense tutte le luci del
laboratorio e diede un'ultima trepidante occhiata al tavolo operatorio
sul quale stava per essere squartato
- This is Halloween... This is Halloween... - schiacciò il
bottone e attese pazientemente. Sì calcò meglio il guanto
sulla mano. Il campanello gli ricordò ancora per un attimo il
sogno. Entrò e premette il tasto per scendere. Un sorriso
storto gli si dipinse sulle labbra.
- Halloween, Halloween, Halloween... - Le porte si chiusero mentre si
posizionava il cappello sulle ventitrè.
- Halloween... -
(*) La recente uscita del film ha prodotto una serie quasi sterminata
di gadget a tema... purtroppo devo ammettere che la frenesia del momento ha contagiato anche me.
(**) In una mia precedente fanfiction Haldir è diventato mio
schiavo per un po'. Era ora di cominciare a fargli pagare pegno.