Cave
canem!
Quinto
capitolo ~
L’erba cattiva non muore mai
Lily
aveva sempre pensato che avere un ragazzo fosse una cosa meravigliosa:
abituata
fin da piccola a vedere nei libri e negli sceneggiati in televisione
l’affiatamento
totale e completo tra due persone tanto decantato dal popolo femminile,
aveva avuto
il buon diritto di ritenere che quella fosse un’ottima
prospettiva di vita. Non
aveva messo in conto che la favola perfetta esiste solamente quando si
è disposti,
nelle difficoltà, ad aiutare l’altro, anche
venendo a patti con il proprio orgoglio
o facendo cose che si preferirebbe evitare, e che non sempre
è tutto rose e fiori.
Non
le piaceva la situazione attuale; non era certa di cosa provasse Sirius
nei suoi
confronti, e odiava non capire
qualcosa.
Senza contare che aveva sempre ammirato molto l’amicizia che
regnava tra quei quattro
debosciati e riteneva infantile e irragionevole gettare tutto alle
ortiche per uno
stupido litigio. Era assurdo, come se i tre moschettieri e
D’Artagnan si fossero
sciolti e non avessero intenzione di tornare insieme.
Una
cosa che sua madre le aveva rimproverato spesso era la pessima
abitudine di intromettersi
negli affari altrui, perché poi era sempre lei quella che ne
faceva le spese; ma
stavolta non era come se fosse direttamente colpevole di tutto?
Sirius
e James avevano litigato e, casualmente, il giorno dopo il primogenito
dei Black
aveva cominciato a ronzarle intorno; era semplice ripicca per portare
via al suo
migliore amico la ragazza che popolava i suoi sogni da anni, oppure un
contorto
modo per fargli capire quanto si potesse star male ad essere
improvvisamente ritenuti
i numeri due?
Erano
giorni che si arrovellava su questa questione; aveva provato a parlarne
con Sirius,
girandoci attorno, ma dato che quest’ultimo era una volpe
l’aveva scoperta subito
e le aveva concesso unicamente dei sorrisi sibillini e irritanti,
dicendole di piantarla
di comportarsi come una gattina in calore e di smetterla di
preoccuparsi di questioni
di cui non sapeva nulla. La suddetta aveva soffiato un’irata
imprecazione e aveva
deciso che quel figlio di troll non aveva bisogno del suo aiuto.
Non
erano passati due giorni che già non riusciva a concentrarsi
sullo studio, rischiando
la vita di Lumacorno facendo quasi esplodere il calderone al suo
passaggio.
Il
professore l’aveva ripresa bonariamente, adducendo la sua
piccola disattenzione
(piccola? Aveva sbagliato metà degli ingredienti!) ad un
mero cambio del tempo.
Lily, che era rimasta al fatto che fosse al massimo la primavera a
rendere sbadati,
e non certo l’inverno, aveva sorriso con vergogna e aveva
annuito, ringraziando
per la prima volta in vita sua la fortuna sfacciata di essere nelle
grazie di Lumacorno.
Si
era anche sentita osservata, ma non aveva faticato ad immaginarsi Remus
che tentava
di leggerle la mente; Sirius aveva ridacchiato piano, Peter si era a
malapena accorto
dell’incidente, preso com’era dalla sua pozione, e
James aveva continuato a sostenere
quell’indifferenza nei suoi confronti che tanto la feriva.
Scuotendo
la testa, Lily si era detta che era ridicolo ed infantile sentire la
mancanza di
quelle attenzioni fin troppo asfissianti, ma era con una punta di
disagio che era
costretta ad ammetterlo, almeno a sé stessa. Provava
l’istinto suicida di andare
da lui e chiedergli scusa, anche se, a conti fatti, non avrebbe neanche
saputo lei
dire di cosa. Era simile ai primi litigi con sua sorella Petunia
riguardo ad Hogwarts:
non poteva farci niente se lei possedeva poteri magici e
l’altra no, ma questo non
le aveva impedito di chiederle scusa, almeno fino a quando Petunia non
aveva cominciato
ad offenderla pesantemente.
Quando
si vuole bene ad una persona, aveva riflettuto, si è in
grado di ingoiare l’orgoglio
pur di superare una crisi. E lei era finita con il volere davvero bene
a quello
scriteriato di Potter.
La
fine della lezione l’aveva sorpresa in questi pensieri; si
era girata ed aveva visto
la schiena di James allontanarsi in fretta.
Fu
in quel momento che decise di fare qualcosa.
*
«Potresti
smetterla, cortesemente, di inseguirmi per tutto il
corridoio?»
«Da
quel che so io, è proprietà della scuola, quindi
è legittimo per me attraversarlo».
Sirius
roteò gli occhi al cielo, decidendosi finalmente ad
interrompere la marcia con cui
aveva - inutilmente - tentato di seminare la ragazza.
Per
Merlino, ora ricordava perché non aveva mai voluto
impelagarsi in una relazione
seria. Le donne hanno la capacità di diventare terribilmente
noiose e asfissianti.
«Cosa
c’è, Evans?», le domandò, con
irritazione. Lily sbuffò e gli lanciò
un’occhiataccia.
«Cos’è,
torniamo ai primordi della nostra conoscenza, Black?»,
ribatté causticamente lei, facendo attenzione a sottolineare
il cognome dell’altro. Le dava il nervoso quando si
atteggiava a superiore, una
maschera che aveva portato fino a quando non avevano deciso di mettersi
insieme.
In
realtà, Sirius non era così male come si ostinava
a voler far credere, non era nemmeno
così indifferente come si sforzava di sembrare. Lily si era
però anche resa conto
di non essere lei quella in grado di far crollare il solido muro che si
era costruito
intorno; per ora ci erano riusciti solamente gli altri Malandrini, e
questo sembrava
bastargli. A ben pensarci, l’unica cosa di cui veramente
Sirius si curava erano
gli altri tre compagni.
«Al
nostro primo viaggio sull’Espresso?», chiese lui,
con un immediato sorriso a stirargli
le labbra al ricordo dell’istintiva antipatia verso
Mocciosus. «Vuoi davvero tornare
all’undicenne saccente che eri?»
«E
tu vuoi davvero tornare al nanetto impertinente che eri?»,
sibilò lei, facendogli
il verso inviperita. Sirius fece per ribattere, un po’ offeso
e un po’ divertito,
ma lei stroncò sul nascere qualsiasi tentativo atto a farle
perdere il filo. «Noi
due dobbiamo parlare», scandì, con uno sguardo
determinato che gli fece subito intuire
qualcosa.
«Quando?»,
si limitò a chiedere, e Lily sospirò di sollievo
per non essere stata costretta
a Schiantarlo davanti a testimoni per portarlo al luogo
dell’incontro.
«Direi
fra una mezz’ora. Fatti trovare davanti al campo di
Quidditch».
«Lily,
è dicembre, fa un freddo cane, che bisogno
c’è di-»
«Fai
come ti ho detto. Ti prego», aggiunse lei, sperando che il
suo piano andasse come
doveva. Lui rimase a studiare diversi secondi la sua espressione
supplice con aria
indecifrabile, ma poi si arrese.
«D’accordo.
Ma, se dovessi prendere un malanno, poi sarai tu quella costretta a
farmi da infermiera»,
ridacchiò, di colpo gioviale. La ragazza scosse la testa,
rinunciando a comprendere
gli sbalzi d’umore di un Black, e si limitò a
picchiettare il suo petto con l’indice:
«L’erba
cattiva non muore mai».
Si
era già voltata e se ne stava andando via, quando Sirius
aggiunse, alzando la voce:
«Ma
può prendersi comunque un raffreddore!»
Lily
accelerò il passo e cominciò a correre non appena
fuori dalla visuale del ragazzo,
letteralmente volando giù per le scale e pregando di fare in
tempo. Aveva appena
varcato il portone che venne investita da un’aria gelida che
la fece rabbrividire;
maledì sé stessa per essersi scordata come una
stupida il mantello, ma temeva di
far danni Appellandolo (tipo investire Gazza e beccarsi una punizione),
così si
risolse ad aumentare l’andatura per tenersi al caldo.
Arrivò
agli spogliatoi giusto in tempo per vedere la squadra Grifondoro
entrare a cambiarsi,
e scambiò un cenno d’intesa con Webb, nei cui
confronti aveva un debito di riconoscenza,
ora. Quella mattina l’aveva supplicato di trattenere James
dentro con le buone o
con le cattive dopo l’uscita della squadra, per
“appianare una certa faccenda”.
Il buon caro vecchio Adam non aveva mosso un ciglio, anzi, i suoi occhi
si erano
illuminati: “Non so cosa sia preso
a
James, ma sta giocando da schifo. Risolvi la situazione e ti
dedicheremo la
prossima vittoria”.
Passarono
i primi dieci minuti, poi il primo quarto d’ora; Lily
cominciava ad innervosirsi
ed aveva appena preso la decisione di provare a spiare quando si
sentì un grido
ed un tonfo. Preoccupata, corse verso l’ingresso, e venne
quasi travolta da tutti
i giocatori che ridacchiavano e si scambiavano pacche comprensive sulla
schiena.
«Ehm,
cosa…», provò a domandare, ma venne
subito bloccata proprio da Webb, uscito in quel
momento.
«Petrificus
Totalus. Vallo a recuperare quando vuoi», le
spiegò, con una certa aria sadica nello
sguardo. Lei annuì e rimase a guardarli andare via, senza
avere il coraggio di entrare
a verificare lo stato di James. Stava giusto meditando sul suo attuale
atto di codardia
indegno di Grifondoro, quando cominciò ad intravvedere una
figura scendere il pendio
erboso. Ringraziò Morgana e Merlino - stare fuori per tutto
quel tempo sudata e
accaldata non era stata certamente l’idea del secolo - e
aspettò che si avvicinasse
abbastanza per prenderlo per un braccio e trascinarlo dentro.
«Lily,
co-»
Sirius
si bloccò immediatamente, e con lui anche la ragazza,
perché James era davanti a
loro, con il didietro scoperto all’aria e gli occhi che
sembravano poter sputare
fuoco.
Ci
fu un attimo di silenzio, prima che Sirius scoppiasse a ridere
sguaiatamente e Lily
corresse a sciogliere l’incantesimo, lasciando che James,
paonazzo in faccia, si
risistemasse come meglio poteva e cominciasse ad urlare contro
l’altro:
«Non
osare ridere di me! Erano tutti contro il sottoscritto, e mi hanno
preso alla sprovvista,
completamente alla sprovvista! Ah, quegli infami me la pagheranno, me
la pagheranno
cara!»
Ma
Sirius non l’ascoltava, troppo preso a rotolare sul pavimento
come… una specie di
cane impazzito, pensò Lily, che nel frattempo non sapeva
proprio come risolvere
quell’ulteriore inghippo.
«Scusate,
penso che-»
«Ahahah!
Ma ti sei visto? Il grande Cacciatore James Potter ridotto al silenzio
e all’immobilità
con le viril terga al vento! Per Godric, dove sono Lunastorta e
Codaliscia quando
servono? Questa batte persino lo scherzo a
Lumacorno…»
Inaspettatamente,
soprattutto per Lily, che già era pronta a domare gli
spiriti, James scoppiò a ridere
insieme all’amico.
«No,
il peggio è stato quando Silente si è visto
volare fuori dalla finestra quello gnomo
nudo…»
Lily
era sicura di non voler sentire altro.
«Sirius
Black e James Potter!», strillò, in una
riproduzione abbastanza fedele della
McGranitt. I due si fissarono negli occhi e cominciarono ad ululare
insieme.
«Cielo,
è uguale!», sfiatò Sirius, con le
lacrime agli occhi, mentre l’altro gli faceva
eco. La già citata piccola, dolce e tenera Lily
sfoderò la bacchetta e la puntò
contro i due, che tentarono inutilmente di darsi un contegno, sdraiati
com’erano.
Molto, molto inutilmente.
«Allora,
non siamo qui per ridere e scherzare, ma per risolvere la questione una
volta per
tutte. Voi due vi volete bene, un bene dell’anima, quindi
siete stati due idioti»,
e la bacchetta espulse delle involontarie
scintille rosse e dorate che fecero morire il ghigno sulle loro labbra,
«a litigare
a causa mia. Potter, potresti amarmi anche più di tua madre,
ma non è comunque un
buon motivo per trascurare i tuoi migliori amici o per sfinirli con
assurde lodi
a mio nome… Black, come si suol dire: è stato
breve ma intenso. Finisce qui».
La
ragazza si voltò e uscì di gran carriera,
ignorando i due, stesi per terra, che
si guardavano con aria complice.
«Che
dici, facciamo pace, vecchio mio?», chiese Ramoso, facendo
sbuffare Sirius.
«Lo
dici solo perché mi ha mollato davanti ai tuoi
occhi», ribatté lui, fingendo di
essere offeso a morte.
«Be’,
ammetto che la cosa abbia aiutato parecchio, sì…
Ma mi mancavi, Felpato, molto semplicemente».
Sirius
rimase steso a fissare il soffitto della stanza per un po’,
prima di rispondere:
«Anche
tu mi sei mancato. Ma non costringermi a ripeterlo».
«Tranquillo,
non intendo neppure litigare più con te. Non
così, perlomeno, e non per lei».
«Non
c’è problema, ora è tutta tua. Ammetto
di essere stato un po’… geloso… di voi
due,
ma conoscendola meglio mi è passata: non posso provare
invidia per il poveretto
che se la sposerà, no davvero!»
«Ehi!»,
replicò James, mollandogli un pugno sul braccio.
«Non mettere in discussione le
mie decisioni!»
«Figurati,
sapevo già com’eri quando siamo diventati
fratelli», rispose l’altro, alzandosi
in piedi e offrendo una mano per aiutare l’altro. Una volta
faccia a faccia, tornarono
seri entrambi.
«Felpato,
mi spiace davvero tanto, sono stato un idiota»,
mormorò, incerto. Sirius aveva sempre
pensato che avrebbe provato una profonda soddisfazione nel sentirgli
pronunciare
quelle paroline magiche, ma in realtà era troppo sollevato
dal fatto che le cose
si fossero sistemate - finalmente - per poterci badare davvero. Non si
sa come,
finirono abbracciati come i due fratelli mancati che erano, con Sirius
che rispondeva:
«Lo
siamo stati entrambi, ora mettiamoci una pietra sopra e non pensiamoci
su».
Uscirono
dagli spogliatoi insieme, uniti come lo erano sempre stati, ridendo e
scherzando
mentre il sole tramontava e regalava ad Hogwarts gli ultimi raggi di
luce.
Ora
era di nuovo tutto come doveva essere.
«Felpato,
scusa, cosa significa: “è stato breve ma
intenso”?!»
«Continua
a mangiare, Ramoso…»
Mea
culpa, è passato un po’ di tempo
dall’ultimo aggiornamento ^^”
Direi
che manca un capitolo e l’epilogo, e poi ci siamo.
Ovviamente
i commenti sono graditi, dato che come al solito si riconferma la
pigrizia intellettuale
di chi mette nei preferiti e poi non commenta… =P Ovviamente
scherzo, ma rimane
comunque un invito a farmi sapere cosa ne pensate.
Alla
prossima!
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