Bimbo mio
Insieme al buio, anche il
silenzio è calato sulle stradine di Little Whinging, insinuandosi tra le
villette a schiera tutte uguali, in ogni stanza di ogni casa. Solo al numero 4
c’è ancora una voce che strilla e una luce accesa.
“Se non la smette di piangere”
bofonchiò Vernon rigirandosi su di un fianco, “Sveglierà Dudley.”
La moglie, Petunia, scostò la
coperta e si alzò, “Vado a vedere di farlo smettere” disse riluttante, non
voleva certo che il suo adorato bambino si svegliasse per colpa di quella peste
di suo cugino!
Gettatasi la vestaglia sulle
spalle uscì dalla sua camera da letto per raggiungere quella del bambino che,
più che una vera e propria stanza era uno stanzino da lavoro momentaneamente
riadattato a cameretta.
Aprì la porta, senza troppo
curasi di non fare rumore, dopotutto il bambino era già sveglio per dare tanto
fiato ai polmoni.
Harry, di appena due anni, era in
piedi nel suo box, tendeva le braccia verso l’unica finestra presente, aprendo e
chiudendo le mani ritmicamente come a voler acchiappare qualcosa, non sembrava
che stesse piangendo, piuttosto…rideva!
Petunia stava per entrare nella
stanza per rimettere il bambino a dormire e poterci tornare finalmente anche lei
ma qualcosa la trattenne sulla soglia.
Dalla finestra chiusa, un raggio
di luna illuminava l’intera cameretta, sembrava esser quello ciò che Harry
desiderava tanto prendere, era talmente sporto in avanti che per poco non
rischiava di cadere.
Come con un forte colpo di vento,
la finestra si spalancò all’improvviso, facendo gridare il bambino sempre più
forte.
Nella luce della luna che ora
inondava tutto, Petunia ebbe l’impressione di vedere una figura definirsi sempre
più nitida.
Prima un piedino scalzo si posò
sul freddo pavimento, seguito da uno svolazzante vestito, le braccia candide e
poi il viso sereno, sorridente e i capelli d’argento che le ricadevano morbidi
sulle spalle.
Aggrappato al box, Harry cominciò
a saltellare allegro, mai visto bambino più felice e, di tanto in tanto lanciava
gridolini per attirare l’attenzione della donna fatta di luce.
Lei sorrise di nuovo e si
avvicinò, sembrava volare, tanto era leggero il suo passo, anche lei tendeva le
braccia, anche lei desiderava tanto quell’abbraccio.
Prese il bambino e, dopo averlo
guardato teneramente negli occhi, lo strinse al seno e cominciò a cantare.
Bimbo mio, vieni qui.
Petunia portò una mano alla
bocca, per soffocare un grido, sebbene fosse fatta solo di luce di luna, l’aveva
riconosciuta, quel profilo…quei gesti…e quella canzone.
No, non pianger così
Lily, sua sorella Lily. Per tanti
anni l’aveva disprezzata, odiata ma vederla così le fece sprofondare il
cuore.
Non l’aveva detto a Vernon, ma
quando era morta aveva pianto.
Quando aveva raccolto Harry sulla
porta, aveva pianto nel vedere i suoi occhioni verde smeraldo come quelli di
Lily che la guardavano come aveva sempre fatto la sorella. La rimproveravano
silenziosamente.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma
erano anni che le mancava la sorella perduta…tanti anni…
Ti terrò stretto al mio cuor con tanto
amor
Harry rideva forte quando la mano
della donna gli carezzava i corti capelli neri e le guance rosee e si stringeva
sempre di più per non farla andare via.
Era tardi, la luna stava per
cedere il suo posto al sole della mattina, allora Lily si mise in piedi e, dopo
aver dato un bacio sulla fronte del suo bambino lo rimise nel lettino.
Con tanto amor.
La luce della luna scomparve, la
finestra si richiuse e Harry, chiusi i suoi occhi, trovò finalmente il suo
meritato sonno.
Verrò ancora due volte e poi non
più.
“Petunia, non hai dormito bene?”
le chiese Vernon, l’indomani mattina a colazione l’intera famiglia Dursley era
riunita intorno al tavolo, ma Petunia sembrava assente, “È colpa di quello,
vero?” disse facendo cenno al bambino seduto sul seggiolone.
La donna guardò Harry, ora non
sembrava più felice come la notte prima, teneva in mano il biberon
svogliatamente, come se dovesse mangiare per forza, gli occhioni verdi erano
umidi e il capo leggermente chinato, sentiva la mancanza di qualcosa…di
qualcuno…
“Diddy tesoro” disse Petunia
rivolgendo l’attenzione al suo bambino, “Perché non vuoi mangiare?”
avvicinò il cucchiaino con la
pappa, Dudley voltò il capo, sempre a fare capricci, “Fallo per la mamma.”
Harry alzò la testolina ricciuta
e cominciò a guardarsi intorno con aria curiosa, aveva cominciato a bere il
latte più tranquillamente. Era bastata una parola a fargli tornare il buon
umore.
La giornata si svolse
monotonamente come tutte le altre che l’avevano preceduta, il piccolo e
arrogante Dudley non la smetteva un attimo di tormentare il cuginetto e
quest’ultimo, essendo non solo più minuto ma anche meno forte e troppo buono, lo
lasciava fare, reagendo solo di tanto in tanto.
Quella famiglia non gli piaceva,
non si trovava bene con loro, solo di notte gli ritornava il sorriso.
Nel cuore della notte, dopo
essersi accertata che sia Vernon che Dudley dormissero, Petunia si alzò di nuovo
per tornare in camera di Harry, voleva vedere se l’episodio del giorno prima si
sarebbe verificato di nuovo.
Il bambino era di nuovo in piedi
nel suo lettino, non stava piangendo né ridendo, semplicemente aspettava,
tendeva le manine di tanto in tanto, sempre più convulsamente mentre la luce
della luna si faceva più intensa.
Poi la finestra si spalancò e la
stessa voce melodiosa riprese a cantare, dal punto in cui si era interrotta la
sera prima.
E allora si che a Harry tornò il
sorriso.
Se si burlan di te
Lily lo prese in braccio e,
invece di cullarlo come aveva fatto, lo reggeva tra le braccia e insieme a lui
volteggiava per la stanza.
Non badarci perché il mio amor sol ti darà
felicità
Anche Lily stava ridendo, neppure
la morte era riuscita a separarla dal suo amato bambino.
Felicità.
Gli diede un bacio sulla fronte,
proprio sulla cicatrice e lo rimise nel lettino.
Un ultimo sguardo, un ultimo
sorriso e gli rimboccò le coperte, col suo passo leggero volò alla finestra, Verrò ancora una volta e poi non più e
sparì.
Petunia era scivolata lentamente
per terra, reggendosi allo stipite della porta, lacrime inconsapevoli le stavano
bagnando le guance.
La sorella morta…il nipotino
abbandonato…e lei che non riusciva a fargli da madre per paura.
“Possibile che questo bambino sia
allegro solo quando deve andare a dormire?” fece Vernon.
Erano tutti in salotto, pronti
per andare a dormire. Naturalmente Dudley cominciò a frignare e a fare il
diavolo a quattro, pur di rimanere ancora alzato a giocare con i suoi
innumerevoli giocattoli. Harry invece no, era sempre più tranquillo quando il
sole cominciava a calare, solo la zia ne sapeva la ragione.
Petunia guardò l’orologio, stando
a quanto aveva detto Lily quella era l’ultima volta che sarebbe andata a trovare
il suo bambino, anche Harry sembrava averlo capito, quella era l’ultima volta
che avrebbe rivisto la sua mamma.
Scoccata la mezzanotte, Petunia
era di nuovo in camera con il bambino, sempre seminascosta dall’ombra per non
farsi vedere e non rompere l’idillio fra madre e figlio.
Harry non stava in piedi, questa
volta, era semplicemente seduto, non staccava gli occhi dalla finestra, ma stava
piangendo.
Il raggio di luna tornò ad
assumere l’aspetto di Lily Evans Potter, stava sorridendo, ma anche lei sembrava
sul punto di piangere.
Quando il bimbo la vide non
riuscì più a trattenersi, i singhiozzi e i singulti riempirono la stanza, il
viso di Harry era contratto e rosso e le lacrime non avevano intenzione di
smettere.
Bimbo mio non temer
Lily lo prese in braccio e lo
strinse forte, gli carezzava la testolina e lo cullava, anche le sue guance
erano rigate da lacrime d’argento.
La tua mamma è con te
Ma Harry non la smetteva, proprio
non ci riusciva. Capiva tutto quello che succedeva intorno a lui, tutto quello
che gli veniva detto.
Fa brillar gli occhioni tu
Lo depose nella culla dolcemente
e finalmente riuscì a tranquillizzarlo.
Non pianger più
Con una mano cancellò le ultime
tracce di lacrime dal visetto del bimbo che al contatto con quella mano calda e
tranquilla sorrise di nuovo.
Non pianger più.
Strettagli la manina per l’ultima
volta, la lasciò andare piano, piano mentre si innalzava verso il raggio di luna
che la stava portando via, una lacrima candida le scivolò via.
Grazie Petunia, grazie per esserti presa
cura del mio bambino.
Fine
Si, si…lo so che è molto triste…Padfoot ha
versato perfino qualche lacrimuccia…ma fatemi sapere!
Muoio dalla voglia di leggere i vostri
commenti su questa storia!
Grazie per aver recensito le mie altre
storie! Siete fantastici!!!
A presto!
Prongs
P.S. La canzone a cui mi sono ispirata per
questa storia è tratta dal cartone di “Dumbo” e si intitola proprio “Bimbo
mio”.
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