I just haven't met you, yet.

di Human_
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I just haven't met you, yet.
#1.

«Dovete capire, ragazzi, che il latino è una lingua meravigliosa».
Ceeeerto. Che film ha visto?
Do un'occhiata all'orologio, tanto per capire quanto durerà ancora questo supplizio. Due minuti.
Argh.
«Scusi prof, le posso fare una domanda?».
No, chi cazzo si mette a fare una domanda a due minuti dall'intervallo? Chi è il genio? Chi?!
Mi guardo intorno con gli occhi pronti a lanciar fulmini, e identifico il pirlotto come Luca. Prima fila, orribile, capelli che sembrano un roveto, jeans che non metterebbe neanche mio nonno e maglietta metallara che è praticamente l'unica cosa decente nella sua figura.
Metto a cuccia i fulmini e sbuffo. Tanto ormai è una causa persa. Scemo è e scemo rimane, non ci si può far niente.
«Dimmi Menconi».
«Gesù Cristo è nato ai tempi d'Augusto, giusto?».
Ma pensa te che domande di merda si mette a fare. Perché sopprimono i cani e non certi soggetti?
«Sì, esatto, tant'è che il censimento che spinge Maria e Giuseppe...»
Bla bla bla. Ma chissenefrega. Guardo di nuovo l'orologio. Ancora un minuto. Oddio.
«E infatti mi sembrava» E allora cazzo hai chiesto a fare? «Ma allora perché Gesù ha detto “Date a Cesare quel che è di Cesare”, se Cesare è già morto?».
Alzo gli occhi. «O signore, dammi la forza» bisbiglio.
«Pensa che tra un po' suona» risponde il mio compagno di banco, coprendo l'interessantissima spiegazione della mia professoressa.
«Se così non fosse avrei già chiesto d'andare in bagno».
Sorride e prepara i soldi per la macchinetta del caffè, l'unica ancora funzionante, che tra l'altro fa solo il the.
«Vuoi che corra avanti anche per te?» mi chiede.
«Sì, grazie, così io vado dall'uomo focaccina».
Gli do i miei spiccioli e guardo di nuovo l'orologio.
Tre, due, uno...
Olè! Mi alzo pronta a scappare, ma la voce della mia professoressa mi blocca.
«Alt! Fermi tutti dove siete!» grida.
«È una rapina?» domando smarrita, aggrottando la fronte.
Mi guarda male e continua. «Non vi ho dato i compiti. Tutti seduti e scrivete».
Una mano dalle ultime file si alza quasi timida.
«Che vuoi Genovesi?».
«Se tipo io i compiti di latino non avessi nessuna intenzione di farli... potrei uscire?».
«Non ti degno neanche di risposta» sibila, e inizia a dettare.
Batto ritmicamente il piede mentre scrivo, e non so se è una ripicca o meno ma i compiti di latino sono infiniti. Ma porca miseria.
«...Ah, e poi fate anche il quindici. Okay, potete andare».
Mi alzo e credo di non aver fatto uno scatto del genere neanche quando il mio professore di ginnastica mi ha obbligato a fare la campestre.
Esco dalla classe travolgendo una che stava entrando a fare non so che cosa, e m'avvio per il corridoio puntando alle scale.
Poi succede tutto in fretta. Un tizio, o sarebbe meglio dire il tizio, quello dietro cui sbavo da mesi, sbuca dal nulla, materializzandosi davanti a me, e non faccio in tempo né a fermarmi né a girargli intorno, così, senza neanche accorgermene, senza avere il tempo di realizzare niente, sbatto prima contro di lui, poi col culo sul pavimento. Violentemente.
Ahia.
Chiudo gli occhi, dicendomi che non se n'è accorto. Dai, mica deve essersene accorto per forza.
Certo, tu lo ammazzi e quello non se ne accorge.
Zitta, cazzo di voce interiore guastafeste!
Alzo gli occhi. Tanto non se n'è accorto.
Eddaje.
E invece se n'è accorto. Mi fissa e sta trattenendo una risata. Ma porca trota.
Ho lo guance dello stesso colore di un pomodoro maturo maturo. Quasi ammuffito. Mi guardo intorno e appuro che tutto il piano inferiore della scuola mi sta fissando. Porco cazzo.
Porto le mani a coprirmi il viso e conto fino a tre. «Che figura di merda!» mi lamento.
«No, dai, neanche più di tanto».
Mi scopro gli occhi e vedo la sua mano, quella del tizio che ho travolto, per intenderci, che si offre come appiglio. Anche gentile.
Afferro la sua mano e mi isso, guardandomi le scarpe imbarazzatissima pulendomi i pantaloni con le mani.
«Jacopo» si presenta, sorridendo e tendendomi la mano.
Vorrei rispondergli “Lo so”, ma mi pare abbastanza scortese. «Amy» rispondo, e gliela stringo, per la seconda volta. Non vorrei pensarlo, ma è calda, e morbida, e mi fa venire i brividi e, Dio, non è a contatto con la mia mano che vorrei i suoi polpastrelli.
Amy, cazzo, un po' di contegno.
«Dove andavi così di corsa?» chiede, sempre sorridendo. In un altro momento avrei pensato mi stesse prendendo per il culo. Volendo, lo penso anche adesso.
Mi trattengo dall'usare il mio tono sarcastico solo perché ha tutto il diritto di sfottermi, dopo la figura di merda che ho fatto. «A pr-prendere la focaccia».
Ho anche balbettato, santa merda.
Basta, non mi parlo più.
Devo commentare?
No, vocetta, per il bene mio e tuo, taci.
«Andiamo allora, vieni. Stavo andando anche io».
Gli sorrido, ancora rossa, e m'avvio, accanto a lui, con le nostre spalle che quasi si sfiorano.
«In che classe sei?» s'interessa, mentre la gente ci passa vicino. Chissà cosa pensano.
Ma chissenefrega.
«Quella di fronte alla tua».
No! Ma cazzo, sono idiota? Così capirà che gli sbavo dietro, porca miseria!
Lo guardo quasi terrorizzata, e lui si blocca. Mi guarda con la fronte aggrottata, fa per iniziare una domanda, poi sembra ripensarci e, inaspettatamente, sorride.
Accenno un sorriso, tanto per non restare impalata a sbavare, e riprendiamo a camminare.
Arriviamo, ancora guardandoci negli occhi sorridenti, davanti al rivenditore di focacce che ci informa che, di focacce, non ce ne sono più.
E, per una volta,
non me ne importa niente.  








Ma salve.
Sì, ho ancora il coraggio di pubblicare cose che richiedono un certo impegno senza provare un minimo di vergogna. Perdonatemi.
Questa è – per chi mi segue da un po' – la famosa raccolta che dovevo pubblicare, poi non più, poi di nuovo e blablabla. Spero non vi aspettaste qualcosa di meglio, onestamente.
Comunque, entriamo nel dettaglio.
La storiella che avete appena letto è nata a scuola, l'anno scorso, tipo. La protagonista è una disgraziata che mi sopporta (e che devo sopportare a mia volta) da un sacco di tempo, che una mattina in cui io ero assente si è quasi schiantata contro il tizio in questione e, alle mie fantasie romantiche, si ostina a rispondere con irritante pessimismo. La picchiate voi?
Anyway, fatemi sapere che ne pensate, se vi va, ed io giuro che farò il possibile per aggiornare in tempi decenti.
Un abbraccio,

Human_ ( che ha una tosse da far invidia ai vecchi fumatori di sigaro dei film. )




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