Io, lui e gli altri di Leitmotiv (/viewuser.php?uid=153188)
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Ooooops! Correggendo i capitoli ho invertito il capitolo 6 con il 7, e se non era per un'amica con il cavolo che me ne sarei resa conto!!Chiedo scusa a chi ha letto la storia sino a quel punto ed improvvisamente non ci ha capito un fico secco :D
furbizia
FURBIZIA
Come al solito pioveva.
Dalla gonna grigia a pieghe della divisa, di una lana decisamente
idrorepellente, scivolavano gocce che le andavano ad inumidire i
calzettoni e i mocassini. Camminava a passo spedito,
arrabattandosi con l'ombrellino pieghevole che si ribaltava a causa di
forti ed umide folate di vento; aveva un'aria decisamente infastidita,
celata dai capelli chiari, lunghi e disordinati.
Pochi passi dietro di lei, un ragazzo dall'espressione furba aveva
tutta l'aria di tampinarla; usava uno zaino di tela per ripararsi la
testa, ed ogni volta che la ragazza girava l'angolo accorciava le
distanze fra di loro con una breve corsa.
La ragazzina termino' la sua fuga una volta giunta davanti ad una della
tante terraced house impilate lungo la strada. Frugo' nello zaino alla
ricerca di un piccolo mazzo di chiavi, abbandonando l'ombrello
sulle scalette che sopraelevavano l'abitazione dal marciapiede, ed
entro' , lasciando la porta aperta alle sue spalle.
Il ragazzo che la seguiva si fermo' davanti alla porta spalancata,
osservando la ragazzina scalzare i mocassini, incerto se entrare o
aspettare un invito.
- Entra. Mia madre tornera' fra meno di un'ora, e non ho voglia di spiegarle che ci fa un ragazzo sconosciuto in casa sua.
- Ah...pensavo fosse anche casa tua... - pronuncio' sarcastico,
poggiando zaino e giacca su una lucidissima panca di legno.
- Tecnicamente una casa appartiene a chi l'ha pagata, no? Puoi lasciare le scarpe qui, vicino alle mie.
- Tecnicamente tu...usi troppo la parola "tecnicamente"...!
Lei alzo' le spalle, con la sua solita, spesso
involontaria, aria scostante - Non e' vero, uso un buon
vocabolario linguistico, io.
- Ogni tanto parli come una persona anziana, pero' - rilancio' lui, seguendola su per una rampa di scale - Mi ricordi una zia...
- Non mi conosci abbastanza per giudicarmi. Quante volte avremo parlato fino ad ora?
Sorrise - Sai, io mi faccio abbastanza alla svelta un'idea sulle persone con cui ho a che fare.
- E ci azzecchi sempre? Io non credo proprio.
- Vuoi mettermi alla prova?
- No, anche perche' sono sicura che il piu' delle volte t'informi in
giro...potresti averlo fatto anche con me. Quindi non mi
impressioneresti affatto se ti mettessi a snocciolare qualche dettaglio su di me o la
mia famiglia.
- Non hai tutti i torti. Ma io mi sono fatto un'idea di te caratterialmente, non so quasi nulla di te all'infuori di questo...
- Mph! Sbrigati e togliti la camicia. Puoi sederti sulla sedia della
scrivania, così riesco a fartelo meglio - gli indico' una
banalissima sedia girevole di ecopelle nera, decisamente seriosa e
forse poco adatta alla cameretta di un'adolescente - C'e' lo stereo, ma
niente musica...ho bisogno di concentrarmi in silenzio.
Cain non aveva accennato a nessuno stereo, ma annuì,
sbottonandosi la camicia bianca dal colletto inamidato, metodicamente
stirato da mani casalinghe ed esperte - Non dice molto di te la tua
camera - disse, osservando i pochi oggetti ordinatamente disposti
sulla mobilia.
Pile di libri dai generi senza un filo logico, una manciata di prodotti
cosmetici dall'aria essenziale, una larga poltrona da lettura
antiquata, ed altri oggetti che ci si aspetterebbe di
trovare in una qualsiasi camera da letto. Tuttavia, una camera quasi priva di
colore.
- Ho molti libri. Forse potrebbe piacermi la lettura - disse,
infilandosi un paio di guanti in lattice - Ne ho altri
sotto il letto e nell'armadio. La stanza non e' grande, non e' semplice
disporli senza ritrovarmeli fra i piedi.
- Non e' carino da dire..sembra quasi che li disprezzi, così! E
poi... - sollevo' un paio di tomi che si trovavano sulla scrivania -
non c'e' logica in quel che leggi. Ci sono titoli e generi che sembrano
pescati a caso. E tu leggeresti " Dal big-bang ai buchi neri"
contemporaneamente a " Storia dell'araldica imperiale"..? - le
sventolo' i due libri davanti alla faccia - Sembra quasi che tu li
abbia acquistati per dimostrare che sei intelligente.
Pia avvicino' uno sgabello imbottiito alla sedia su cui sedeva il
ragazzo, e poggio' un apparecchio compatto, dal'aria pesante, sul
pavimento - li ho presi in prestito alla biblioteca, mi interessano le
illustrazioni, non il contenuto.
- Se tu non avessi quell'espressione seria, penserei che stai scherzando...
- Senti...posa quei libri e alza il braccio, mi ci vorranno giorni per
fartelo, altrimenti! La mia non e' una stanza interessante, quindi
possiamo anche smettere di chiaccherarci sopra.
Alzo' la mano guantata, impugnando una specie di pennina alla cui
estremita' partiva una lunga molla, ed avvicino' il viso al fianco del
ragazzo - Il disegno e' ancora ben visibile, non hai fatto la doccia
come ti avevo raccomandato. Ripassare il disegno ci avrebbe tolto
dell'altro tempo.
- Di un po', ma siamo sicuri che quell'inchiostro non mi uccidera'? -
chiese scettico, indicando un dispenser ammezzato in cui s'intravedeva
dell'inchiostro nero.
- Secondo te rischierei il carcere minorile uccidendo coetanei con un inchiostro fuorilegge?
- Fai tatuaggi senza licenza. Hai pure comprato l'attrezzatura su
internet, lasciami il beneficio del dubbio... Ma e' un apparecchio di
seconda mano, poi?
Pia si alzo' in piedi, poggiandogli la punta della penna sotto il
mento - Se provassi piacere nell' uccidere, sarebbe piu' divertente
farlo ficcandoti questa nella carotide. Ma siccome sono una comune
ragazzina che preferisce farsi pagare facendo tatuaggi, gradisco
di piu' usarla per lo scopo per cui e' stata creata -
concluse, sedendosi nuovamente.
Cain si sfioro' appena la gola, muovendosi sulla sedia; le ruote
scricchiolarono sul parquet - "Comune ragazzina" non fa pandant con
"farsi pagare per fare tatuaggi". Comunque non credo tu sia una
sprovveduta. Sono seduto qui in camera tua, e ti ho gia' dato
l'anticipo pattuito, non me ne andrei via solo per un ragionevole
dubbio. Era solo per chiedere...
- Posso cominciare? - chiese lei, con una punta di sarcasmo.
Il ragazzo rilasso' il braccio, per poi rialzarlo e sorreggerlo
con l'altro arto, così da lasciarle campo libero sul proprio
fianco - Suppongo che pero' fara' un po' male.
- Ci puoi scommettere...
La macchinetta ronzo' rumorosamente per una buona mezzora. Pia
aveva proceduto piuttosto lentamente, poiche' il ragazzo non riusciva a
sopportare granche' l'ago sulla propria pelle; il tatuaggio era ancora
ben lontano dall'essere finito. La ragazza alzo' lo sguardo al led
dell'orologio che aveva sul comodino, sospirando.
- Non andiamo avanti oltre, per oggi. Mia madre stara' per rincasare -
gli disse, ponendo fine al ronzìo monotono dell'attrezzo -
Penso che domani potresti venire dopo cena. I tuoi te lo
permetterebbero?
- Mia madre e' una fanatica del bingo, e' difficile che rimanga a
casa proprio il sabato. Verro' sicuramente - disse, mentre lei
ricopriva il tatuaggio con un ritaglio di carta velina e dei cerotti
trasparenti - Ma i tuoi staranno via molto?
Pia pose con delicatezza i cerotti, scorrendone la superficie con il
pollice per farli aderire - Niente doccia anche stavolta, mi
raccomando....- dissse, rialzandosi- Il sabato sera di solito i
miei escono a cena insieme, e poi vanno al cinema d'essai o in
qualche altro posto intellettualoide.
- E tu il sabato trasformi la casa in uno studio di tatoo? - sorrise.
- No di sicuro. Faccio quest'eccezione solo per gli studenti della nostra scuola.
Lui si riabbottono' la camicia, mentre la ragazza si era tolta i guanti
e gli stava passando la cravatta della divisa - E perche' solo
noi?
- Perche' se dovesse succedere qualcosa saprei dove
rintracciarvi...qualcosa di poco pulito, intendo - aggiunse,
ammiccando al letto.
Come ogni adolescente a cui si accenna di sesso, Cain sorrise - Ha
senso quel che dici. Sei furba... - le si avvicino' d'un passo - pero'
anche chi conosci potrebbe fare i suoi comodi e poi ricattarti in
qualche modo .
Le afferro' il polso ed assunse un'espressione piuttosto seria, anche
se nei suoi occhi chiari si poteva leggere un certo divertimento.
La ragazzina serro' il pugno, ma non si mosse, razionalmente
sapeva che sua madre sarebbe rincasata fra pochi minuti, inoltre il
ragazzo che si trovava a fronteggiare era poco piu' alto di lei e
decisamente magrolino. Le sembro' possibile liberarsene, poteva
immaginarsi correre lungo le scale ed uscire in salvo fuori della
porta, quindi rimase concentrata, in attesa di una qualsiasi sua mossa.
Cain parlo' nuovamente - Sarebbe molto semplice ricattarti, tu che
nascondi un segreto inammissibile per il buonsenso degli adulti -
e con adulti si riferiva alla categoria "genitori, professori,
polizia" - A questo non avevi pensato - affermo'.
Pia sbatte' le lunghe ciglia castane. Quel che gli stava dicendo non la
sorprendeva, dopotutto - Certo che ci ho pensato. Ma io ho gia'
immaginato cosa farei, nel caso.
- Avresti una scappatoia? - disse, allentando la presa, forse un po'
spiazzato da quella risposta. Poi anche la sua bocca torno' a sorridere
- Sarebbe?
Lei ne approfitto' per allontanare il braccio dalla presa di lui, e lo
supero' di qualche passo, simulando una certa calma -Sarebbe stupido
che io te lo rivelassi, non credi? Ora devi veramente andare.
Scalzi, i due ragazzi scesero al piano di sotto. Il corridoio si
era rabbuiato, se non per i fari delle macchine che proiettavano
sprazzi di luce dalle finestrelle laterali alla porta d'ingresso.
- Piove ancora, puoi prendere il mio ombrello, me lo renderai domani -
gli disse, captando lo scrosciare della pioggia sul selciato -
Ricordati che devi rimanere asciutto... - lo addito' - Domani sera
vedro' di finire il tatuaggio, ma tu devi impegnarti a rimanere
piu' immobile possibile.
- Avrei dovuto farmi tatuare da un'altra parte...non pensavo che
il fianco fosse così' delicato - ammise, ravviandosi i
capelli ancora umidi di pioggia - Mi spiace per il
bagnato... - disse, accennando alla panca imperlata d'acqua, dove aveva
lasciato zaino e giacca .
Lei alzo' le spalle - E' solo un po' d'acqua.
Lui rimase un attimo interdetto, come se avesse altro da dirle, ma non
riuscisse a formulare una frase convincente. Sposto' lo sguardo dalle
proprie scarpe bagnate alle gambe magre di lei - Io comunque... prima
non volevo farti niente, lo avrai capito - disse, alzando lo sguardo
verso quello della studentessa. Rise nervosamente, per poi aprire la porta di casa.
Pia annuì, ma non disse nulla. Ma una volta che il ragazzo
fu fuori dall'abitazione, chino sull'ombrello che lei aveva lasciato
sulle scale, si sporse oltre la porta - Non ti scordare il resto
dei soldi, domani-
Stavolta fu lui ad annuire, nascondendo la propria espressione dietro la circonferenza dell'ombrellino scozzese.
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