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COME DINE WITH ME, TONIGHT
Erano parecchi
giorni che i Guardiani l'avevano notato, ormai, e non solo loro, ma tutti coloro
che facevano parte della Famiglia si erano accorti della cosa.
Tsuna si comportava
insolitamente, da un po' di tempo a quella parte.
Oddio, le
stranezze, nella Decima Generazione, erano all'ordine del giorno, tra
esplosioni, battaglie a suon di tonfa e tridenti, grida e piagnistei, ma nulla,
fino ad allora, aveva mai coinvolto il Decimo Boss in prima persona: al limite,
i Guardiani, ma non lui.
Il primo ad avere
sentore che qualcosa non andava, nel suo adorato Boss, era stato Hayato.
Tarda notte, e
il Guardiano della Tempesta, appena tornato da una missione, si trascinava
stancamente lungo il corridoio, con l'intento di non svegliare nessuno, men che
meno il boss, e spalmarsi sul proprio letto da quel momento fino ad almeno 24
ore dopo.
Ma
all'improvviso, giusto all'altezza dello studio del Decimo, vide una fioca luce
passare sotto la porta e udì chiaramente uno scartabellare frenetico di fogli,
segno che qualcuno era ancora al lavoro quando avrebbe dovuto essere a letto
ormai da ore.
Con un sospiro,
fece per aprire la porta, ma si accorse subito che questa era stata chiusa
dall'interno, e pure a doppia mandata.
La cosa lo
sorprese enormemente.
Da quando,
quello studio gli era precluso?
Preoccupato,
bussò.
“Juudaime,
sono io. Sta bene?” chiese, cercando di tenere sotto controllo il tremito della
voce; al suo orecchio, giunse uno strano rumore, come di un qualcosa messo via
in fretta e furia, poi la Tempesta sentì lo strascicare di passi tipico del
bruno e infine la porta s'aprì appena, mostrando l'espressione stanca di Tsuna.
“Hayato,
quando sei tornato?” gli chiese lui, con un sorriso appena accennato sul viso
esausto: “Per il rapporto, posso anche aspettare domattina, non c'è fretta.
Dovresti andare a riposare, sembri proprio uno straccio.” gli disse con tono
paterno, sfregandosi l'occhio destro.
Gokudera lo
fissò per parecchi istanti, poi ripetè la domanda: “Juudaime, sta bene?”
scrutandolo al contempo con ansia.
Il sorriso che
Tsuna gli rivolse era pieno di affetto ma non fu sufficiente per scacciare
l'orrenda sensazione che il Decimo gli stesse nascondendo qualcosa.
Da allora,
l'attenzione già maniacale dell'argenteo nei confronti del bruno, se possibile,
diventò quasi soffocante: secondo gli altri, stava esagerando ma Gokudera era
convintissimo che stesse per accadere qualcosa, e non era certo che gli sarebbe
piaciuta.
Dopo quasi una
settimana, però, anche il resto della Famiglia dovette ammettere la realtà:
benché Tsuna si mostrasse sempre sorridente e allegro dinanzi a loro, non erano
rari i momenti in cui spariva, letteralmente, e ricompariva solo dopo ore, senza
che Reborn o chi altro avesse la benché minima idea di dove andasse.
Ma la cosa che
forse lasciava più perplessi era la reazione del tutor in casi del genere.
Perchè l'Arcobaleno
del Sole, a ogni loro agitata ricerca per ogni dove, semplicemente scrollava le
spalle, restando concentrato su ciò che stava facendo in quel momento e
rassicurandoli blandamente con due parole.
È vivo.
“E
grazie tante...” borbottava tra sé e sé la Tempesta, stringendo i pugni: “Ci
mancherebbe altro.”.
Un copione che
ormai si stava ripetendo da parecchio tempo e che sembrava logorare i nervi di
chiunque: tra le stranezze del Boss e il menefreghismo apparente di Reborn, la
sanità mentale, già labile, dei Guardiani, riceveva ogni volta un brutto colpo.
D'accordo, avevano
tentato di parlarne col diretto interessato ma questi faceva letteralmente
orecchie da mercante e riusciva sempre a sviare brillantemente il discorso.
E come se non
bastasse, anche le ragazze avevano preso a comportarsi come il Decimo.
“Cos'è,
una malattia!?” esclamò un giorno Hayato, del tutto esasperato: giusto il giorno
precedente, infatti, Yamamoto aveva visto Bianchi in giro per la città assieme a
Tsuna, ma prima che potesse raggiungerli, entrambi si erano dileguati tra la
folla e non era servito a nulla frugare ogni singolo negozio.
Erano scomparsi.
Quando poi,
rientrato alla Base, lo spadaccinò riuscì a informare la Tempesta, la situazione
sembrò precipitare, del tutto: perchè Lambo, piombato nella stanza con le
lacrime agli occhi, aveva riferito che I-Pin l'aveva liquidato con un breve sms,
dicendogli che non potevano vedersi per un po'.
E che ogni suo
tentativo di chiamare Haru-nee o Kyoko-nee per chiedere consiglio era risultato
vano.
E Ryohei, che aveva
provato a chiedere alla sua fidanzata riguardo alla sorella, dopotutto Hana era
ancora una delle migliori amiche di Kyoko, si era visto rispondere picche.
L'istinto dei
Guardiani, a quel punto, fu direttamente quello di sfrecciare fuori dalla base,
correre a casa Sawada e parlare con Nana-mama, chiedere consiglio a lei, ma una
breve consultazione tra loro bocciò quell'idea: non volevano farla preoccupare
per qualcosa di cui non erano sicuri neppure loro.
Così, l'unica cosa
che potevano fare era attendere, attendere che quel momento passasse, ed evitare
che peggiorasse.
§§§
Tsunayoshi, sei
davvero convinto?
La voce che gli
parlava nella testa fece sorridere il Decimo, che annuì, mentre indossava il
grembiule sopra la camicia e risvoltava le maniche: “Si, voglio che loro
sappiano. Dopotutto, se non sbaglio, una cosa simile l'hai organizzata anche
tu.”.
Una lieve risata,
simile a una carezza affettuosa, confermò le sue parole.
Però quella
volta non mi arrischiai a mettermi ai fornelli, lasciai fare a qualcuno di
capace. Imparare a cucinare è difficile, non so quanto tu sia riuscito a
imparare in una settimana.
“Giotto-jiichan,
davvero, non preoccuparti. Se è per loro, posso imparare anche a volare.”.
Il nome affettuoso
con cui Tsuna si rivolse al Primo strappò un sospiro infuso di tenerezza allo
spirito, che galleggiava nell'aria alle spalle del nipote, mentre una cascata di
ricordi prendeva possesso di lui.
Il lungo giro in
città, coi suoi Guardiani che lo pedinavano...
I molteplici negozi
di anticaglie alla ricerca di ciò che reputava adatto...
La baruffa nel
negozio di Talbot...
La cena...
E il brindisi.
Tutto ciò che era
accaduto quel lontano giorno, Tsuna lo sapeva, i loro cuori erano talmente
simili da provare gli stessi sentimenti per le persone a loro più vicine, e il
giovane Decimo aveva coraggiosamente preso la decisione di mettersi a nudo, di
mostrare il proprio animo a coloro che portavano gli Anelli.
La sua preziosa
Famiglia.
I suoi amati
Guardiani.
Giotto si sentì
orgoglioso nel vedere il suo discendente armeggiare tra i fornelli, impegnandosi
al massimo per rendere il tutto indimenticabile.
Era fiero di lui.
“Giotto-jiichan,
tu regalasti ai tuoi Guardiani un orologio da taschino, cosa potrei regalare io
ai miei?”.
§§§
“Sono
contento che abbiate trovato il tempo di venire qui.”.
Tsuna si era alzato
dal divano per accogliere i Guardiani quando questi ebbero fatto il loro
ingresso nel suo studio: per la prima volta da quando era cominciata quella
storia, la porta della stanza si era spalancata per farli entrare.
Titubanti e
incerti, in fila ordinata, i sette si erano radunati davanti al Boss, fremendo
nel vederlo esausto, con gli occhi segnati e l'aria esaurita, malgrado il
sorriso che gli increspava le labbra; Lambo si morse il labbro inferiore,
trattenendosi dal chiedergli qualunque cosa.
Anche Gokudera era
rimasto zitto, intento a studiare con attenzione il viso pallido del Decimo:
sembrava malato...
“Da
quant'è che non dormi, eh, Tsuna?”
A sorpresa, fu
Yamamoto a rompere il silenzio tra loro. Lo spadaccino mosse un passo in avanti,
preoccupato, prese tra le mani il volto smorto del Cielo, avvicinandolo al
proprio: “Sono passato in camera tua prima, e il letto era intatto. Non è
possibile che tu ti sia alzato prima, perchè ho chiesto alle cameriere e mi
hanno detto che quando entrano da te, trovano tutto perfettamente in ordine.”.
Tsuna sgranò gli
occhi ma non disse niente.
“Se
ti è successo qualcosa, noi possiamo aiutarti, Sawada.” anche Ryohei aveva preso
coraggio e si era portato accanto al bruno: “Siamo amici e-”.
Ma Tsuna scosse la
testa, poggiando le mani sulle spalle di entrambi: “Sto bene, vi giuro che non è
successo nulla.”.
“Juudaime,
abbiamo fatto qualcosa di sbagliato?”.
Sawada sobbalzò a
quelle parole, aveva preventivato, fin dall'inizio, la possibilità che quella
storia potesse causare qualche problema, ma che destabilizzasse in quel modo
perfino Gokudera... Beh, quello doveva ammettere che non l'aveva affatto
previsto.
Si voltò di scatto,
poggiando le mani gelate sulle guance della Tempesta: “Assolutamente. Di questo
non dovete dubitare neppure per un secondo. Vi chiedo solo questo, solo questa
giornata ancora, poi vi rivelerò tutto.”.
Non era concepibile
per i Guardiani il provare risentimento nei confronti del Cielo, non erano in
grado di provare un simile sentimento, e neppure dirgli di no.
Acconsentirono,
ricevendo gli incarichi che il Decimo aveva preparato per loro, e ritrovandosi
tutti quanti separati in svariati angoli della città.
Non chiesero nulla,
non sapevano neppure come fare, semplicemente obbedirono, sperando che le parole
dette da Tsuna corrispondessero al vero.
Non appena se ne
furono andati, e Tsuna fu tornato lungo disteso sul divano, una luminescenza
perlacea prese forma alle sue spalle, mutandosi nella sagoma perplessa del
Primo: “Giotto-ojiichan, non dire nulla.” lo prevenne il nipote con voce stanca,
“So che sto sbagliando, ma ormai è quasi tutto pronto.”.
Non ti sto
criticando, Tsunayoshi. Solo mi preoccupo per la tua salute
Sawada sorrise,
affossando il viso sul cuscino: “Grazie, ma sto bene... Ho passato tutto ieri a
cucinare, e stanotte ho aspettato fino a tardi Basil per farmi portare alcune
cose... Sono solo un po' stanco.” ammise, sbadigliando.
Una mano gentile si
poggiò sulla sua testa, e all'improvviso il Cielo si sentì intorpidito, non
riusciva a tenere gli occhi aperti.
Dormi un po', ti
farà bene.
§§§
“Finito!”.
L'annuncio che
Tsuna fece nella sala deserta fece sorridere il Primo, che lo guardava dalla sua
posizione privilegiata in poltrona: l'italiano si alzò, avvicinandosi
all'entusiasta Boss e osservando l'opera che aveva finalmente concluso.
“Questi
segnaposto non saranno una meraviglia.” convenne il bruno, posizionando il
simbolo della Nuvola al posto che solitamente occupava Hibari in quei rari
giorni che trascorreva alla Base: “Ma mancavano solo loro.”.
Quando li
richiamerai?
La domanda dell'avo
fece sogghignare Tsuna, che prese di tasca il proprio cellulare e cominciò a
battere forsennatamente i tasti.
“Adesso.”.
Un attimo dopo,
quasi in simultanea, i cellulari di tutti i Guardiani squillarono, recapitando a
ciascuno di loro la piccola missiva elettronica contenente il messaggio del loro
Boss.
Tornate a casa.
Inutile dire che
non persero neppure un attimo a pensare: in qualunque posto si trovassero,
semplicemente cominciarono a correre, dirigendosi verso l'HQ della Famiglia,
incontrandosi a metà strada e percorrendo l'ultimo tratto di cammino assieme.
Non aprirono bocca
né proferirono parola, neppure quando, una volta all'interno della villa, si
ritrovarono tutti immersi nell'oscurità, senza che vi fosse alcuno dei
collaboratori ad accoglierli e a indirizzarli, men che meno Tsuna.
Fu Lambo, che
stringeva con forza il braccio di Ryohei, a sentire per primo l'odore penetrante
di cibo provenire, quasi sicuramente, dalla sala da pranzo.
E fu sempre lui a
rompere il silenzio in cui i compagni si ostinavano a restare: “Qualcuno deve
esserci.” notò il quindicenne, tirandosi dietro il pugile, e di conseguenza
tutti gli altri.
Chrome, che non
aveva lasciato il fianco di Mukuro, socchiuse gli occhi, sorridendo appena: “Il
Boss è lì dentro.” affermò con tono sollevato, indicando la porta socchiusa che
s'era materializzata davanti a loro, da cui filtrava un raggio di luce.
Gokudera e Yamamoto,
assieme, spinsero l'uscio, illuminando il corridoio buio.
Ci fu un attimo di
impasse, dovuto all'improvviso flash, che sembrava averli accecati per un
attimo, poi la voce piena di affetto del Decimo giunse a carezzare loro l'udito:
“Bentornati.” li salutò.
Affacciatisi
all'interno della stanza, i Guardiani si ritrovarono davanti a uno spettacolo
incredibile.
Il caminetto era
acceso e il fuoco, che vi scoppiettava, scaldava a meraviglia la grande sala
mentre, presso il tavolo, Tsuna stava sistemando gli ultimi bicchieri: aveva
ancora indosso il grembiule sporco sopra le vesti ufficiali della Famiglia, e
sul viso faceva bella mostra di sé uno schizzo di sugo, ma era raggiante.
Con un gesto, li
invitò ad entrare e a sedersi presso i divanetti attorno al fuoco: “Fuori si
gela, scaldatevi qui, io intanto vado a cambiarmi.” annunciò il ventenne,
levandosi nel frattempo il grembiule e sparendo nella stanza attigua.
Incerti e
stupefatti per la piega inaspettata che avevano preso gli eventi, i sette
mossero qualche timido passo all'interno, spargendosi per la stanza come
fantasmi, confusi e pieni di domande: Hibari si avvicinò alla tavolata
apparecchiata con espressione neutra, ma nei suoi occhi si leggeva grande
curiosità.
Hayato si era
avvicinato alla porta oltre cui era sparito il Decimo, fissandola con
espressione ebete mentre Takeshi e Ryohei avevano semplicemente seguito gli
ordini di Tsuna, andandosi a spalmare sul primo divanetto capitato loro a tiro:
“Fuori fa estremamente freddo...” borbottò il Sole, sfregandosi le mani.
Chrome e Lambo
erano rimasti fermi in mezzo alla stanza per pochi istanti ma subito seguirono
Mukuro, che aveva raggiunto la Pioggia e il Sole.
“Perchè
quei musi lunghi? È successo qualcosa?”
La voce di Sawada
suonava inquieta, al suo rientro: vedendo le espressioni cupe dei suoi uomini,
non aveva potuto fare a meno di preoccuparsi per loro.
Questi però
scossero la testa, avvicinandosi a lui.
“Allora
venite qui, sedetevi pure. Ho cercato di preparare dei segnaposto ma non so con
quali risultati... Invece sono più che convinto che almeno quello che ho
cucinato sia commestibile. Non sarà buono come i piatti che preparano Kyoko-chan
e Haru però...”.
Il sorriso che
illuminava il volto di Tsuna era contagioso, tutto di lui emanava allegria e
soddisfazione, anche l'onnipresente macchia di sugo che era rimasta sulla
guancia.
Chrome tirò fuori
di tasca il proprio fazzoletto e gliela pulì: “Allora stava preparando tutto
questo, Boss...?” chiese con un filo di voce.
Il Cielo annuì:
“Sono settimane che ci sto lavorando! Ho dovuto promettere a Reborn di
recuperare tutte le pratiche che non ho concluso in questo periodo anche a costo
di dormire sulla scrivania dello studio, ma ne è valsa la pena.”.
Yamamoto scoppiò a
ridere, abbracciando il bruno da dietro e rivolgendosi alla Tempesta: “Visto,
Hayato? Il nostro Boss non ci stava evitando, anzi, ci stava preparando una
cenetta coi fiocchi!” esclamò la Pioggia, affondando il viso nei ciuffi
spettinati del ventenne, “Il nostro Tsuna ha mille risorse!”.
Gokudera non
rispose subito ma osservò a lungo la tavolata imbandita, coi piatti da portata
pieni di antipasti vari, sia italiani che tipicamente giapponesi, poi spostò il
proprio sguardo verso Sawada, che lo osservava con espressione affettuosa.
“Ha
cucinato tutto lei, Juudaime?” chiese infine l'argenteo.
“Ci
puoi scommettere: con un po' di aiuto da parte di Haru, Bianchi e Kyoko-chan,
sono riuscito a imparare qualcosa. Spero di non avvelenare nessuno di voi,
però.” ridacchiò, massaggiandosi il collo: “Ovviamente non è tutto qui. Di là in
cucina ci so-”.
Ma Tsuna non riuscì
a finire di parlare perché il suo braccio destro venne letteralmente abbrancato
dall'altro “braccio destro”, che non sembrava intenzionato a lasciarlo andare
tanto presto, mentre mugolava qualche vaga parola di scusa, che il Cielo non
capì fino in fondo.
Sospirò, sentendo
una piccola fitta all'altezza del cuore per il senso di colpa: li aveva fatti
preoccupare, anche se per una buona causa, quando si era ripromesso che non
avrebbe mai più fatto nulla che portasse l'amarezza sui loro volti.
“SAWADA!
Cosa hai cucinato di estremamente delizioso!?”
Il Sole si accomodò
al proprio posto, giusto accanto a quello di Gokudera, e prese a osservare
attentamente tutti i piatti, mentre anche Lambo, attirato dal profumo, si
gettava in una attenta analisi delle salse impiegate, armato di un pezzo di
pane, soffice e ancora tiepido.
Tsunayoshi scoppiò
a ridere, alzandosi in piedi e portando Hayato con sé: “Sedetevi tutti, ragazzi.
Questa cena è tutta per voi, godetevela.”.
Pochi istanti dopo,
tutti si ritrovarono riuniti attorno al tavolo, intenti a servirsi generose
porzioni dei piatti che il Cielo aveva faticosamente preparato: in un
caleidoscopio di colori, profumi e portate, e sotto lo sguardo attento e
riservato di un ospite d'eccezione, che non si perdeva un singolo istante della
serata.
Già, perchè Giotto,
invisibile a tutti fuorchè a Tsuna, non si era allontanato di un passo e anzi,
sembrava essersi incollato al bracciolo dove si era accomodato.
Sotto i suoi occhi,
la cena trascorse tranquilla e fu solo quando, finalmente, anche le ultime
briciole di dolce furono spazzolate da un Lambo ritornato improvvisamente
bambino per pochi minuti - sospettava che nel passato avessero qualche piccolo
problema di carattere logistico nella figura del moccioso muccato di cinque anni
appena - che decise di alzarsi in piedi per portarsi alle spalle di Tsuna.
Il momento che
stava per accadere era forse il più bello, nella vita di un Boss della Famiglia,
una sorta di tradizione, e sapeva che l'emotività del suo discendente, pur
essendo il segno distintivo della sua umanità, poteva far danni in un frangente
del genere: era suo dovere supportarlo, per quanto poteva.
Così, quando il
venticinquenne tirò fuori il pacchetto che aveva celato tutta la sera sotto la
propria sedia, Giotto gli sfiorò le dita, rivolgendogli un sorriso pieno di
affetto.
Rincuorato, Tsuna
poggiò la scatola sul tavolo ormai sgombro dai piatti e si alzò in piedi: con
difficoltà, perchè le mani gli tremavano in una maniera incredibile, sciolse il
nastro che la legava, mostrando, deposti in un morbido giaciglio di cotone e
gommapiuma, sette orologi da taschino, tutte d'argento, con sopra inciso lo
stemma della Famiglia.
In silenzio, il
Cielo girò attorno al tavolo, consegnando ad ognuno di loro il proprio, poi,
prima di risedersi al proprio posto, disse loro di aprirlo.
Kokoro kara
arigatou ieru.
Il cuore di tutti
ebbe un brutto sobbalzo, mentre le lacrime minacciavano di straripare nel
leggere queste quattro parole incise nel coperchio, a memoria imperitura dei
sentimenti che il giovane Sawada provava per loro.
Smarriti, si guardarono prima negli occhi,
anche Hibari e Mukuro sembravano stupefatti, soprattutto la Nuvola, poi alzarono
lo sguardo verso Tsuna.
“So
che sono un po' fuori moda, e so anche che probabilmente mi darete del romantico
senza speranza. Ma Gio- volevo dire... Primo ha regalato ai suoi Guardiani degli
orologi simili per sottolineare l'eternità della loro amicizia e io ho pensato
di regalarveli per ringraziarvi dei momenti, scanditi dal ticchettio delle
lancette, che abbiamo vissuto e che vivremo ancora.”.
Imbarazzato, Tsuna abbassò lo sguardo,
tormentandosi le dita.
Ormai il dado era tratto.
Nel momento in cui tutti quanti si alzarono in
piedi per correre ad abbracciare il Cielo, Giotto, con un sorriso, svanì come se
non ci fosse mai stato, riflettendo su una cosa.
Non vedeva l'ora di raccontare a G. e agli
altri ciò che era successo.
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