Ciao!
Dopo una lunga pausa sono tornata su EFP. Per la prima volta dopo
mesi sono riuscita a scrivere qualcosa e mi fa piacere pubblicarlo.
Solo,
vi avviso: non è niente di allegro. Quindi buona
fortuna ai
coraggiosi che intendono leggere il mio racconto!
Il
giorno del Giudizio.
Una
goccia di sudore mi scivola lungo la fronte.
Muovo
lievemente il capo, stiro il collo, lo piego e tremo violentemente.
Guardo
con la coda dell'occhio alla mia destra.
Elena
tiene lo sguardo fisso al cielo.
Seduta
davanti a lei, Angela piange.
La
goccia si infrange sulla tavola di legno.
Che
macchina strana.
Un
sedile.
Un
braccio rotante con all'estremità una lama ricurva.
Delle
barre laterali e una tavola a mi bloccano.
Ai
piedi un cesto intrecciato, pronto ad accogliere la mia testa
mozzata.
Tutto
è di legno.
...
Siamo
in venti nella Sala del Giudizio. I più piccoli hanno
tredici anni.
Qualcuno
potrebbe definire tutto ciò crudeltà, ma
è il Sistema.
È
giusto così, sapevo cosa mi sarebbe potuto capitare quando
mi sono
iscritta al Liceo di Città.
Il
sovraffollamento mondiale ha preteso un'epoca di sacrifici.
Questo
è il Sacrificio annuo.
Solo
i più brillanti e i più devoti possono continuare
a studiare.
Chi
non lo è finisce qui.
L'espulsione
non è contemplata e del resto, se lo fosse, non sarebbe
altro che
una ancor più crudele condanna a morte.
È
così che ogni anno, in ottobre, venti studenti sono
prelevati dalle
loro dimore, dalle loro famiglie, e sono condotti alla Sala del
Giudizio.
Di
questi se ne salveranno solo quattro.
...
Io
non sono stata devota.
Ho
infranto il Codice rifiutandomi di uccidere un Randagio.
I
bambini orfani sono nulla per la società. Solo un peso.
Vagano per
le vie della metropoli, vagabondi senza futuro e speranza.
I
cittadini hanno l'obbligo di sopprimerli sul posto dell'avvistamento.
Io
stessa ne ho uccisi tanti! Ma questo... dovevo spaccargli il cranio
subito, senza indugio.
Non
ho potuto farlo.
Si
è introdotto in casa mia, nella mia cucina.
È
passato dalla finestra, l'avevo lasciata aperta per far entrare il
frizzante venticello di fine settembre.
Mi
sono spaventata. Era sporco, lercio, rannicchiato in una posa
selvaggia.
L'ho
preso per mano. Gliel'ho lavata. Ho lavato il suo viso, ho visto
affiorare dal sudiciume due bei occhioni marroni. Due pozzi
intelligenti, umani.
Capiva.
Non
sapeva parlare, ma capiva. E si fidava.
Chissà
qual'è il tuo nome... Io ti ho chiamato Tesoro.
Lorenzo
ed Elena mi hanno aiutata a prendermi cura di te.
Ma
qualcuno mi ha scoperta.
Io
ed Elena stavamo facendo merenda con il bambino quando mi sono
piombati in casa.
L'hanno
ucciso davanti ai miei occhi.
È
morto con ancora in bocca un pezzo di pane e marmellata.
Ci
hanno arrestate.
Ora
siamo qui. Pronte a morire.
Non
credo che sopravvivrò.
Ma
almeno la spia morirà con me.
Angela.
Non
tradirà più le amiche.
...
Ecco,
i professori hanno finito di parlare.
Tendo
il collo, voglio che il taglio sia netto.
Non
voglio soffrire.
L'orrore
mi soffoca.
O,
Signore.
Sto
per morire.
Un
sibilo acuto, dei tonfi.
Sono
a occhi aperti, eppure ho cessato di vedere.
Ecco.
Il
sangue sgorga dal collo di Angela.
La
testa recisa è nel cesto.
Non
sento più piangere.
I
due tredicenni sono morti.
Avevano
avuto un rapporto non protetto.
Hanno
messo in pericolo la Società.
“Meno
sette”.
La
voce della Coordinatrice segna l'esito della prima Calata.
Ne
mancano due.
Sono
ancora viva, così come Elena.
Respiro
profondamente.
Guadagno
cinque minuti.
Metto
a fuoco la tavola davanti a me. Vi è posato sopra un
fascicolo
azzurro.
Allungo
la mano, lo prendo, lo apro.
Leggo.
È
un salmo.
Leggo
voracemente.
Voglio
memorizzarne le parole! Non ho più tempo!
Non
ci riesco.
Non
riesco a pregare, a rivolgermi a Dio.
Guardo
Elena, le vorrei passare il foglio, ma le catene mi impediscono il
movimento.
Leggo.
Chiudo
gli occhi, li apro.
Piego
la testa.
Voglio
scappare.
La
luce di un attimo è di nuovo tenebra.
Un
sibilo, dei tonfi.
“Meno
quattro”.
Ci
sono cinque viventi di troppo in questa sala.
Prego,
ora sì che prego.
Il
buio mi acceca, la disperazione mi strappa il senno, mi lacera la
volontà.
Il
terrore mi strazia, mi sconvolge, come vento di uragano che si
impossessa della vela maestra.
Guardo
Elena.
Fissa
ancora il cielo.
La
nuca formicola.
Il
terzo sibilo.
Salve! Ancora
vivi? Se sì fatemelo sapere con una recensione, o potrei
essere
divorata dai sensi di colpa! ;)
NRB
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