I giorni
dell'abbandono
Special
Devo
reimparare il passo tranquillo di chi crede di sapere dove sta andando
e perché. Un sussulto di gioia, una fitta di dolore, un
piacere intenso, vene che pulsano sotto la pelle, non c'è
nient'altro di vero da raccontare.
Sento Edward
accigliarsi.
"Che libro
stupido" dice, facendo un sospiro e rigirandosi pigramente,
trascinandomi con sé. Mi scosta una ciocca di capelli dal
viso, sdraiandomi sul materasso e portandosi sopra di me. Le mie
proteste lo fanno sorridere. Mi stampa un bacio sulla fronte, uno di
quei baci appiccicosi che io odio. Non sono una persona particolarmente
espansiva, le effusioni non rientrano nella mia natura schiva e
introversa.
Mi passo una
mano sulla striscia di pelle in cui le sue labbra si sono posate,
schifata.
Edward ride.
"Vipera"
borbotta a mezza voce. Arriccio il naso, rigirandomi il libro fra le
mani e sventolandoglielo davanti agli occhi, che si socchiudono in
un'espressione enigmatica.
"Perché
non mi leggi qualcosa?" la mia sembra più una minaccia che
una richiesta. Sghignazza, i miei ordini lo fanno sempre ridere. La mia piccola dispotica,
mi chiama, e io m'infurio perché non è affatto
vero che sono dispotica. Solo, l'esperienza mi ha insegnato che gli
uomini vanno tenuti al guinzaglio, un po' come i cani.
Fa una
smorfia "Non mi piace leggere, lo sai"
"Non
è vero" lo accuso imbronciata "Non ti piace leggere i miei libri. Quando
si tratta dei tuoi amati saggi di economia ti entusiasmi come un
bambino il giorno di Natale"
"Sono un
commercialista" sottolinea l'ovvio, e poi: "A proposito di Natale,
mancano pochi giorni"
"Lo so"
"Beh" alza
le spalle, imbarazzato. Dolce, meraviglioso Edward, con le sue
insicurezze e i suoi dubbi, col suo desiderio di farmi felice...
...vorrei
tanto poterlo essere, davvero. Vorrei essere felice e dimenticare.
Dimenticare Jacob, il mio amore per lui, il suo abbandono, la rabbia,
il rancore, la disperazione. Vorrei dimenticare anche il fatto che
Edward ha una moglie che lo aspetta e che non tollererà a
lungo questa situazione. Quale moglie lo farebbe?
Se fossi la moglie di Edward...
mi sorprendo a pensare. Arrossisco, e i suoi occhi lampeggiano. Adora
quando le mie guance si colorano di rosso. Dice che sembro una bambina.
In effetti, in confronto a lui lo sono.
"Sei
vecchio" lo prendo in giro, tentando di cambiare argomento. Ma Edward
non cede. Si acciglia, mi conosce troppo bene, sa che non voglio fare
progetti. La mia vita era piena di progetti, prima che Jacob
se ne andasse. Avremmo dovuto sposarci, e io sarei stata una compagna
perfetta. Gli avrei dato dei figli e avrei lasciato il lavoro, come lui
voleva.
Renèe
ha sempre criticato il mio modo di vedere il matrimonio: sostiene che
le donne dovrebbero essere più fiere, più
indipendenti. Io sono troppo docile, troppo arrendevole...
"Bella.
Isabella"
Edward mi
prende il viso fra le mani. Lo bacia, le sue labbra sono calde, morbide
e profumate, sanno di vaniglia e tabacco e gelsomino, odorano del
fruscio di lenzuola di seta, di pane appena sfornato, di vita di tutti
i giorni.
"Sai che
dovresti smettere di fumare, vero?"
"E tu
dovresti smetterla di distrarmi con i tuoi commenti velenosi" esclama
irritato, ma poi si calma. Il lampo d'inquietudine che mi ha
attraversato lo sguardo dev'essere stato abbastanza eloquente.
D'altronde Edward mi ha sempre fatto un po' paura, con quel suo
atteggiamento dispotico e irritante, con l'aura di potere che sembra
circondarlo, la mascella volitiva che si tende quando è
contrariato.
"Scusa" dice
prendendo un respiro profondo "Non volevo..."
"Non
preoccuparti" lo tranquillizzo, ma lui scuote il capo.
"Sai che
stiamo tergiversando, vero?"
"Sì"
rido "Perché avevi promesso che mi avresti letto questo
libro" gli sventolo sotto il naso una copia de I giorni dell'abbandono,
un romanzo che ho pescato in una bancarella di Rotterdam Square. L'ho
pagato quattro dollari, il massimo che mi possa permettere con i pochi
spiccioli che mi sono avanzati. Sono sei mesi che non lavoro. Ora come
ora, non sento il bisogno di tornare in ufficio. Il solo pensiero mi fa
rabbrividire. Ho bisogno di ritrovare me stessa, di costruirmi una
dimensione mentale in cui Jacob non sia un tassello fondamentale del
puzzle. Il problema è che la presenza di Edward m' impedisce
di essere indipendente come vorrei. Non perché non apprezzi
il suo sostegno, ma perché presto anche lui dovrà
tornare alla sua vita, ai suoi affetti, alla sua troppo tollerante
moglie, al suo lavoro, e io non potrò essere tanto egoista
da chiedergli di restare.
Scuoto il
capo, Edward ride.
"E' un'ora
che ti parlo, Bella. Hai ascoltato almeno una parola di ciò
che ho detto?"
Avvampo.
Sospira, un
guizzo ironico gli attraversa gli occhi.
"A quanto
pare no" sbuffa "Bene, allora. Stavo dicendo che mancano pochi giorni a
Natale e non sei ancora voluta scendere a fare un po' di spese. Le
donne amano lo shopping. La mia migliore amica -non la conosci, te la
presenterò presto- è una specie di maniaca
compulsiva: compra tutto ciò che le capita a tiro,
preferirebbe farsi impiccare piuttosto che rinunciare a un paio di
Jimmy Choo. Allora, che ne dici?"
Il suo
sguardo è così speranzoso, le labbra atteggiate
in un sorriso d'intesa. Sbianco, e lui s'incupisce.
"Edward..."
"Devi
uscire, Bella. Stare chiusa in casa non ti fa bene. Credimi, lo so"
"Lo sai?"
Volta il
viso "Mia moglie..." pronunciare quelle parole sembra costargli una
fatica incredibile "Mia moglie soffre di depressione. Alterna momenti
di calma ad altri in cui si chiude in se stessa e..."
"Tua moglie"
ribatto amaramente "Sono queste le paroline magiche, Edward. Tua. Moglie" mi
scosto. Quando lo vedo protendere le braccia verso di me, cercando di
riacciuffarmi, mi lascio rotolare sul materasso e atterro agilmente
sulla polverosa moquette del pavimento. Beh, più o meno
agilmente. Mugugno, massaggiandomi il ginocchio dolorante, guardandolo
con atteggiamento di sfida.
"Vai da
Rosalie, io starò bene"
"Bella..."
"Bella di
qua, Bella di là" lo prendo in giro sghignazzando
compiaciuta "Edward, ho dieci anni in meno di te eppure capisco che non
è questo il tuo posto. Devi fare il tuo dovere di uomo, di
marito e di capo. Il tuo dovere di uomo consiste nell'essere leale nei
confronti di una promessa che hai stretto davanti agli occhi di Dio. Il
tuo dovere di marito lo farai tornando dalla tua Rosalie e prendendoti
cura di lei, invece che di una scapestrata segretaria che soffre di
attacchi isterici" sento l'amarezza riempirmi il petto, ma faccio finta
di nulla. Non è questo il momento di crollare. Mancano tre
giorni a Natale, e per allora Edward se ne sarà andato. Mi
sentirò soffocare dalla solitudine, ma almeno
potrò sfogare tutte le mie lacrime. Con un sospiro tremulo
continuo: "Il tuo dovere di capo consiste nel non intrattenere alcun
tipo di relazione con una dipendente"
"Stai
scherzando, vero?" la sua voce diventa ansiosa; poi, arrabbiata.
Trabocca d'ira, e ha assunto quella nota autoritaria che, quando
lavoravo per lui, mi faceva quasi scoppiare a piangere ogni volta che
m'impartiva un ordine. "Se pensi che ti lascerò sola proprio
a Natale..."
"Odio il
Natale, lo sai. Mia nonna è morta il giorno di Natale, e
io..."
"Queste
stronzate rifilale a C'è
posta per te, Isabella Swan" tuona infuriato "Sai bene
che..."
"Devi
tornare da Rosalie. Lei ha bisogno di te, Edward. Lo sai tu, lo so io,
lo sanno tutti"
"Perché
ti ostini a non vedere?" stringe i pugni "L'unica cosa che voglio
è stare con te"
Le sue
parole mi fanno barcollare. Ha commesso un grave errore dicendomi
quelle cose. Quando se ne accorge, si affretta ad aggiungere, concitato:
"Come amico,
naturalmente. Starò con te in qualsiasi modo tu voglia"
Un velo
d'imbarazzo scende su di noi. La luce nuda e cruda dei suoi occhi, quel
disperato bisogno che sembra nutrire nei miei confronti, una malsana
dipendenza che non sono capace di guarire. Non ne sono mai stata
capace, perché ne sono vittima anch'io.
"Tutto
questo mi spaventa, Edward. Tu mi spaventi" dico, e lui sussulta. Le
sue labbra si piegano in una smorfia indecifrabile.
Siamo sempre allo stesso punto, Edward e io. Lui mi rincorre, io cerco
di sfuggirgli. Quando crede di avermi acciuffata mi divincolo e lo
respingo, lo ferisco con i miei rifiuti, lo umilio con la mia
indifferenza.
"Tu hai
bisogno di me" ribatte "Te lo farò capire, Bella.
Arriverà il giorno in cui non farai altro che pregare per
avermi al tuo fianco"
Quella
minaccia si sarebbe rivelata concreta, ma io ancora non lo sapevo.
Una minaccia seguita da un lungo, interminabile silenzio. Da parte di
entrambi. Lui se n'è andato, è tornato da sua
moglie. Io sono tornata a dormire da sola, senza il torpore dei nostri
corpi abbracciati. Lui avrà baciato la sua bella Rosalie, le
avrà sussurrato che l'ama, avranno riso, avranno
fatto shopping natalizio e magari organizzato una festa di
Natale. Io ho passato il tempo guardando C'è posta per te,
ricordando con rimpianto le sue prese in giro, il lampo d'ironia che
gli attraversava gli occhi quando accendevo il televisore. Ho mangiato
carne in scatola comprata nel discount sulla tredicesima strada, ho
versato fiumi di lacrime amare, mi sono rosicchiata le unghie, ho
telefonato a mia madre, ho sfogliato le foto di me e Jacob in vacanza.
La vigilia di Natale è arrivata, non ho cucinato, non mi
sono truccata, ho affittato Lo
schiaccianoci e mi sono preparata una tazza di cioccolata
calda.
Penso a
Edward, lo immagino davanti al camino della sua grande casa di
campagna. Posso quasi vederlo raccogliere le mani di sua moglie fra le
sue, e sorrido. Un sorriso acquoso, inondato di lacrime. Prendo la mia
copia spiegazzata de I
giorni dell'abbandono, torno al punto in cui io e
Edward eravamo
arrivati .
Devo reimparare il passo tranquillo di chi crede di sapere dove sta
andando e perché. Un sussulto di gioia, una fitta di dolore,
un piacere intenso, vene che pulsano sotto la pelle, non c'è
nient'altro di vero da raccontare.
Sospiro. Sono così diversa da Olga, la protagonista del
libro. Lei non accetta compromessi, non più, non dopo tutto
quello che ha passato. Io sono il suo esatto opposto. Vendo i miei
sentimenti, li camuffo, a volte fingo di non provarne. Impersono un
ruolo che non mi appartiene. Non amo Edward, ma non riesco a lasciarlo
andare. Lo illudo, facendogli immaginare che un giorno
ricambierò il suo affetto. Accetto i suoi baci, le sue
carezze, le sue promesse. Le accolgo con gioia, perché la
consapevolezza di non essere sola mi conforta, m'impedisce di lasciarmi
inghiottire dal nulla, di confondermi fra le ombre. Ho fatto lo stesso
con Jacob: quante volte, pur di averlo al mio fianco, ho finto di
essere qualcuno che non ero? Ero disposta a tutto pur di tenerlo con
me, ma lui si è stancato delle mie bugie. E adesso non
c'è più.
Le mani
iniziano a tremarmi. Sento un attacco di panico incombere su di me. I
pensieri vorticano furiosi nella mia mente. Sto per implodere. Inizio a
strisciare sul pavimento, mi sento un verme, una creatura meschina,
indegna di esistere, di respirare. E' forse questo il motivo per cui
l'aria inizia a mancarmi? Non riesco a incamerare ossigeno. Il tempo
passa; ore, giorni o minuti, chi può davvero saperlo?
Non io, ma
Edward sì.
Sono le sue
mani che incontro quando cerco di sollevarmi. E' il suo sorriso che
vedo quando il velo di lacrime si asciuga. Sono i suoi occhi
preoccupati che lampeggiano nei miei quando alzo lo sguardo.
E' mezzanotte,
dicono i suoi occhi, la
mezzanotte di un Natale fantastico che sono venuto a passare con te. Ho
tante cose da dirti, amore mio. Tante cose da dimostrarti.
Dammi la mano e seguimi, non te ne pentirai.
Ammucchiati
sul pavimento, un piccolo cumulo di regali che prima non c'erano. E'
stato Edward a portarli. Immergo lo sguardo nel suo, ancora una volta.
Vieni con me,
continuano a urlare i suoi occhi. Caldi. Luminosi. Imploranti. Vieni con me, ti farò
scoprire la gioia di essere amata, amata davvero. In questa
meravigliosa notte di Natale.
Per una
volta ascolto il mio istinto. Prendo un respiro profondo, appoggio le
mani sulle sue e mi lascio trascinare. Venti minuti dopo, camminiamo
per le strade innevate di Seattle. Le dita intrecciate, i visi
sorridenti, insieme.
Avevo promesso che sarei tornata anche con questa raccolta, ed eccomi
qui. Il prossimo missing moment sarà il penultimo, credo, e
poi ne posterò un altro che concluderà
definitivamente la serie "I giorni dell'abbandono". Avrei dovuto
pubblicare questo m.m a Natale, ma le lettrici che mi seguono su
facebook mi hanno convinta a postarlo adesso. Consideratelo un regalo
anticipato. Chissà, magari ne scriverò un altro a
sfondo natalizio, ma non ne sono sicura. In ogni caso, spero che vi sia
piaciuto :):) Ringrazio, ovviamente, le sei persone che hanno
commentato lo scorso aggiornamento, e vi saluto sperando di
risentirci presto. Un bacio, Elisa.
Note: 1) Il
libro "I giorni dell'abbandono" come di certo saprete esiste davvero.
L'autrice è Elena Ferrante, ed è grazie a lei se
questa serie esiste, nonostante nel corso dei mesi mi sia discostata
molto dal progetto iniziale, che in principio coincideva con la trama
del suo libro.
2) La frase
scritta in grassetto è anch'essa, come il titolo, presa in
prestito dall'omonimo libro.
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