Every Rose Has Its Thorn

di Whatshername_
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Every rose has its thorn...

 

Ogni rosa ha la sua spina
Così come ogni notte ha la sua alba
Così come ogni cowboy canta la sua canzone triste
Ogni rosa ha la sua spina.

 
PROLOGO:
Era mattina presto ed ero sveglia ormai da un bel pezzo. Contro ogni buonsenso mi ero già vestita e mi trovavo in bagno, davanti allo specchio, mentre cercavo di sistemare quell’ammasso aggrovigliato che erano i miei capelli.
In giorni normali potevano anche essere belli, non passavo mai molto tempo a pettinarli e li lasciavo sempre sciolti e al naturale, ma quella mattina sembrava che una rondine vi avesse fatto un nido.
Sentii di passi salire le scale e qualche istante dopo comparve Dustin che si appoggiò allo stipite della porta del mio bagno.
-Sei sicura di voler andare?- mi chiese,fissandomi con le braccia conserte
Odiava l’idea di vedermi andare via, anche per poco tempo. Entrambi eravamo stati abbandonati dai nostri genitori e ci eravamo promessi e ripromessi che ci saremmo sempre stati l’uno per l’altra e viceversa.
Annuii malinconicamente, guardandolo negli occhi dal riflesso nello specchio.
-Sai che non vorrei, ma sai anche che è ciò che vuole mamma.- mormorai, cercando di non piangere
Dopotutto non me ne stavo andando per sempre. Sarei tornata una settimana più tardi e tutto sarebbe andato bene.
-Lo so. Ho sempre saputo che saresti stata tu quella che avrebbe reso felice la mamma. Io ero solo la pecora nera della famiglia.- disse, scompigliandosi i capelli neri.
Coprii la distanza fra noi e lo abbracciai, facendomi stritolare dalle sue lunghe braccia affusolate.
-Sai che non è così. Ti voleva bene... Ti vuole bene. Non ti ha mai visto come la pecora nera. Ha sempre accettato le tue scelte, anche se magari non erano quelle che le avrebbe fatto per te... E non te lo diceva spesso, ma era molto orgogliosa di te.-
Sentii la mia guancia inumidirsi appena e scacciai quella lacrima solitaria sfregando il volto sulla sua maglia morbida.
-Già... Era papà quello che non apprezzava mai nessuna delle mie scelte...- mormorò –Almeno tu sapevi che lei era orgogliosa di te. Non si dimenticava mai di dirtelo.-
Mi risvegliai dal ricordo della conversazione avvenuta con mio fratello quella mattina.
Avevo perso la cognizione del tempo ormai.
Quanto tempo era passato da quando avevo messo piede su quella trappola di metallo volante?
Forse tre, quattro ore...
Volare era una vera e propria tortura... Soprattutto se sei spiaccicata fra un uomo sulla cinquantina un po’ troppo sovrappeso che si addormenta sulla tua spalla e una vecchia signora che durante la prima ora di volo si scola tre bottigliette di vino rosso e alla terza ora di volo ti ha già chiesto circa 15 volte se si trovasse su una navetta aliena diretta verso una galassia sconosciuta.
Perché avevo scelto volontariamente di sottopormi ad una tortura simile?
Era una lunga storia e, più ci pensavo, più mi innervosivo... E con i compagni di volo che mi ritrovavo ad avere non era la scelta più sensata.
Avrei potuto scegliere di viaggiare in prima classe, ma perché viziarsi in questo modo?
Avrei potuto passare questo lunghissimo viaggio in una comoda poltrona spaziosa con compagni di volo e hostess sorridenti, ma no, avevo preferito spendere poco! Sono proprio un’idiota, certe volte!




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