Che cos'è
“Warm Enough”? Di certo, lo so, non è il
nuovo
capitolo di “Just Bones”, la cui virtuosa scadenza
mensile è felicemente
degenerata: ma dopo le mie ultime pubblicazioni sul cosmo di Star Trek,
riflessioni necessarie, commosse, ma spesso difficili, almeno per me,
ho
sentito il bisogno di riscoprire e risvegliare questo piccolo omaggio
al calore
dei legami autentici, ai nostri uomini di carta, e semplicemente al
piacere di
raccontare. Quindi, ecco che cos'è: un respiro limpido fra
trame dolorosamente
complesse, uno sbirciare furtivo nella quotidianità che sto
cercando di
plasmare con le mie parole; uno dei fuochi lievi e preziosi che
costellano i
sentieri dei grandi amori, e che nel buio sanno guidarci a casa.
Buona lettura, Ceci
Warm Enough
Spock aveva i piedi più
freddi dell'intero universo.
Bones se ne era accorto la prima
notte in cui avevano
semplicemente dormito insieme, quando ormai il convulso groviglio di
scoppi di
passione e scoppi di furia che aveva seguito la loro reciproca
dichiarazione
aveva trovato un equilibrio, e loro avevano cominciato a saggiare
qualche
abitudine casalinga da condividere. Il dottore stava disteso
sull'angusta,
rassicurante branda del suo alloggio, godendo del respiro pulito e
tiepido accanto
a lui, quando una lama di ghiaccio gli aveva improvvisamente sfiorato
il
polpaccio; il contatto l'aveva spaventato abbastanza da costringerlo a
reprimere malamente una delle appassionate imprecazioni Georgiane di
suo nonno.
Anche quando aveva appurato che non si trattava di un'oscura creatura
letale
sorta per dilaniarlo ma di innocue dita gelide, era rimasto
però piuttosto
sconcertato. La pelle di Spock, per sua stessa natura, irradiava un
calore
vibrante e asciutto come sabbia calda; spesso era lui che, dopo essere
uscito
dalle bianche stanze sterili dell'Infermeria o dalle sale operatorie,
rigenerava la propria energia e la propria speranza con un rapido tocco
di
quelle snelle mani tiepide. Al di là delle radici abissali e
complesse del loro
legame, quello era uno dei dettagli del Primo Ufficiale che a Leonard
piacevano
di più: perché Spock sapeva che il dottor McCoy
traeva la sua forza da tutto
ciò che era vita e uomini e calore, che fosse il pulsare
finalmente saldo di un
cuore sotto i suoi guanti da chirurgo o le risate scomposte e goffe di
due
guardiamarine nella Sala Ricreativa, e concedergli quel piccolo
conforto in
qualche carezza furtiva era diventato per entrambi un
piacere sottile e discreto. Per questo,
scoprire che il freddo penetrava almeno in un angolo del corpo del
Vulcaniano
lo aveva sconvolto abbastanza da svegliarlo con quella violenza.
Oltretutto,
l'imbarazzante sussulto che aveva accompagnato il suo stupore era stato
abbastanza vigoroso da strappare
al
sonno anche il suo compagno, dalle cui sussurrate, implacabili
richieste era
stato prontamente costretto a rivelare la causa di tutto quel
trambusto. Ed era
stato così che Bones era venuto a conoscenza di uno dei
più inconfessabili
segreti del Primo Ufficiale.
Venendo da una rovente, austera terra
di pietra bruna e
deserti arsi dal sole, il Vulcaniano aveva sempre, sia sull'Enterprise
che su
molti dei mondi che aveva conosciuto, sofferto l'assedio e le unghiate
del
gelo: era un problema che Leonard aveva intuito fin dai primi mesi
sull'Enterprise,
in particolare da quando aveva visto le mani dell'altro ridursi ad una
livida
sfumatura bluastra nelle sale del laboratorio, e di cui si era occupato
nonostante tutte le compassate rimostranze dell'interessato. Ma aveva
supposto
che la temperatura alterata dei suoi alloggi, gli accomodamenti del
sistema di
riscaldamento apportati all'intera nave, e la spessa tuta termica che
gli aveva
imperiosamente imposto di indossare sotto la divisa fossero sufficienti
a
garantire una
temperatura piacevole per
tutte le specie a bordo della nave. Quella sera, Spock gli
assicurò che nelle
attività quotidiane e durante le missioni il freddo che lo
aveva morso nei
primi tempi del suo incarico era mantenuto confortevolmente lontano; ma
durante
la notte tornava, scivolando anche sotto le sue pesanti coperte scure e
strisciando silenziosamente fino alla sua pelle: e se solitamente la
vestaglia
riusciva a proteggere buona parte del suo corpo e la quiete del suo
riposo, i
suoi piedi rimanevano sempre, ineluttabilmente esposti a quel tocco
crudele.
Quando dormivano infatti, come tutti gli esseri viventi, anche i
Vulcaniani
allentavano i nodi severi della loro educazione, e pulsioni ancestrali,
i
desideri antichi e spietati che avevano guidato i loro antenati,
risorgevano
alla superficie: e dunque in quelle ore solo la
fiera vampa ramata del
loro sole, o il calore vivo e presente di un altro corpo, potevano
davvero
proteggere dal gelo quel pallido popolo fiero: così il Primo
Ufficiale aveva
per anni atteso in silenzio nel letto, combattendo la morsa fredda e
aliena che
pesava sui suoi piedi e adoperando tutta la sua disciplina per
costringersi
comunque al sonno.
McCoy aveva ascoltato quella storia
attentamente, senza
interrompere mai il suo mormorio nudo e pacato, accompagnandolo tra le
palpebre
socchiuse con lo sguardo franco e accessibile che induceva tanti feriti
di
guerra a rivelargli le loro vite e i loro demoni. Poi aveva bofonchiato
qualche
commento inarticolato, era scivolato di nuovo tra le lenzuola, e aveva
avvolto
quelle lame di ghiaccio tra le sue dita tiepide. -Stupido goblin,
bastava
dirlo.- aveva mugolato alla fine, raggomitolandosi di nuovo al suo
fianco come
un torvo gatto assonnato. All'inizio Spock era rimasto rigido, incerto
su come
affrontare quel nuovo sviluppo; ma il calore dei piedi di Leonard,
anche se
spigolosi e inquieti come tutto il suo corpo, l'aveva avviluppato
gentilmente,
naturalmente, e presto abbandonarsi a quella gentilezza brutale era
diventato
facile. E per la prima volta da tempo, il Primo Ufficiale si era
addormentato
in un tepore rassicurante, e completo.
Così avevano preso
l'abitudine di dormire in quel modo: le
mani in movimento, spesso allacciate, la schiena arcuata contro il
petto
dell'altro, e i piedi intrecciati, le dita di Leonard pazientemente
strette
intorno a quelle di Spock, per tenerle al caldo. Fingendo di
lamentarsene, il
dottore borbottava, a pranzo davanti a Jim o quando si sfilava gli
stivali
seduto sul letto, di essere diventato la stufa personale di quel goblin
dal sangue
verde. Ma segretamente anche lui amava concedergli durante notte quel
piccolo
conforto contro il freddo, come lui di giorno gli donava un respiro del
calore
delle sue mani; e non gli era sfuggito l'impercettibile, insospettabile
sollievo che scioglieva le ossa del Primo Ufficiale quando le ruvide
piante
ossute di Bones cominciavano a scacciare lentamente il gelo.
Così si stringeva
ogni sera a lui, offrendo il suo aiuto con muta gentilezza, soddisfatto al tempo
stesso nel suo amore di
uomo e nel suo amore di medico.
Quanto a Spock, riteneva di non aver
mai dormito meglio
nella sua intera esistenza.
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