Fantasmi – parte 2
#26
“L’oscurità inghiotte la luce, e
piega l’animo impuro dell’uomo.
Brilla nell’era, così come ordina la
canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere
solitario. Una luce nell’oscurità.”
Le lancette dell’antico orologio appeso nella sala da pranzo
segnavano le 16 passate. Gonza aveva appena finito di riordinare lo sgabuzzino
che si trovava accanto all’ingresso principale, posò il
secchio con l’acqua sporca a terra ed accostò lo scopettone alla parete.
Anche Kouga
aveva finito di praticare i suoi soliti allenamenti giornalieri. Più che altro quelli di oggi gli erano serviti a schiarirsi un po’
le idee, affinché trovasse una soluzione legata al problema di quella casa
posseduta da un Orrore.
Purtroppo non aveva ottenuto il risultato sperato, e per
colpa di ciò anche il suo umore ne aveva risentito.
Entrò nella hall, subito dopo
attirò l’attenzione del fedele Kurahashi: - Gonza – esclamò
facendolo avvicinare.
- Dite pure signorino. – rispose gentilmente l’uomo.
- Sto per andare dal Cane da Guardia, assicurati durante la
mia assenza che Kaoru non lasci la casa.
Gonza sussultò, e con fare inquieto rispose: - A dire il
vero, la signorina Kaoru è uscita poco fa.
Kouga trattenne un moto di rabbia,
ma cercò di mantenere la calma. – Non ti ha detto dove andava?
Il maggiordomo scosse il capo. – E’ corsa via
all’improvviso, non ho fatto in tempo a chiederle dov’era diretta.
E pensando già al peggio, Zarba asserì
con schiettezza: - Ohi ohi, Kouga…
Sento odore di guai. – subito dopo aggiunse – A quanto pare,
è stata più furba di noi.
Ed aveva proprio ragione!
***
Si sistemò la cuffietta bianca sul capo, annodò con un bel
fiocco il grembiulino in vita, e poi corse subito a fare il suo dovere. Quello
per cui era stata assunta.
Tra una faccenda e l’altra, il cellulare che aveva lasciato
nella tasca della propria divisa, iniziò a squillare.
Si assicurò prima che non ci fosse nessuno nei paraggi, poi
rispose.
- Qui Kaoru, chi parla?
- Dove sei? – disse una voce irritata dal capo opposto.
La giovane sussultò. – Kouga… sei
tu? – fece, e avendo sentito quel tono poco amichevole, deglutì – Mi trovo… mi
trovo a casa di Asami. –
rispose balbettando.
- Bugiarda. Gonza ha chiamato la tua amica dieci minuti fa.
- Infatti sono arrivata proprio
adesso.
Per l’ennesima volta il giovane cercò di mantenere la calma.
Ma fece una grande fatica. – Ti avevo detto di non
farlo. Perché hai disobbedito?
Le mani di Kaoru iniziarono a
sudare. Cercò di prendere tempo, di tergiversare, anche se non sarebbe servito a nulla. – Fare cosa? Di che stai parlando?
- Smettila di scherzare! – tuonò imperterrito, era fuori di
sé. Il tono alterato della sua voce attirò l’attenzione di un anziano
vecchietto, claudicante e forse mezzo sordo, che si
trovava nei paraggi. Ma nonostante tutto lui proseguì
con la sua ramanzina – Lo sai bene che tutto questo è pericoloso. C’è in gioco la tua vita, te ne rendi conto?
- Starò attenta, qui non corro
nessun pericolo, sul serio.
- Esci immediatamente da lì. Sto per venirti a prendere.
- Non ci penso nemmeno. Ho già controllato diverse stanze,
finirò al più presto, dammi solo un altro po’ di tempo.
Quella risposta gli fece perdere completamente il controllo.
– Sei solo una stupida! – sbraitò, con i nervi a fior di pelle, ostentando un atteggiamento
poco garbato.
Colta alla sprovvista, Kaoru si sentì
avvampare. Presa da uno scatto incontrollabile di rabbia, poco prima di chiudergli
il telefono in faccia urlò con tutto lo sdegno possibile –
Questa stupida sta lavorando per te!
La comunicazione si interruppe
bruscamente, Kouga affrettò il passo, sembrava emanare
malevolenza dalle spalle tant’era adirato. Neppure Zarba ebbe il coraggio di aggiungere qualcosa.
Nell’enorme villa Miura, la più
anziana delle cameriere chiese a Kaoru di spegnere il
cellulare. Durante gli orari di lavoro, non era consentito nessun tipo di
distrazione.
A guardarla bene dall’interno, quella
residenza era davvero enorme. Sontuosi mobili arredavano con gusto le
numerose camere, eleganti lampadari pendevano dal soffitto, e con i loro
fronzoli di cristallo donavano ad ogni stanza una luce pura e trasparente.
La giovane artista con un canovaccio tra le mani sgattaiolò
furtivamente nel lungo corridoio, eludendo così il resto della servitù. Doveva
continuare la sua ricerca, e mancava poco ormai allo scadere delle sue ore di lavoro.
Attraversò l’andito ritrovandosi d’innanzi
ad una porta enorme. Entrò silenziosamente, e fu subito attorniata da bellezze
d’ogni tipo. Un grosso tappeto ricopriva il pavimento, quadri antichi e molto
pregiati rivestivano le pareti. Un enorme vaso trasbordava di profumatissimi
fiori, e poco distante intravide qualcuno che sedeva d’innanzi
ad un caminetto acceso.
La figura si voltò di poco, la vide
e sorrise amabilmente.
Si trattava di un’anziana signora che indossava un kimono di
pregiatissima seta azzurra.
- Non volevo disturbare, sono
nuova, e credo di aver confuso le stanze. – tentò di giustificarsi la giovane.
La donna scosse il capo, mentre continuava serenamente a
sorridere. – Questa casa è così grande, perdersi è
normale. Anche io da bambina lo facevo spesso. Come ti
chiami? – le chiese con garbo.
- Kaoru, signora. – rispose
timidamente.
- Kaoru… che bel nome! – sorrise
ancora, poi sfiorò con una mano uno dei tanti fiori che stavano in quel vaso.
- Adesso devo tornare al mio lavoro. – l’artista si avviò
verso l’uscio della porta, ma prima di lasciare la camera udì distintamente
dalla misteriosa donna queste parole:
- Presta attenzione al camino.
Lì per lì, quella frase le suonò strana. Avrebbe voluto
chiedere maggiori spiegazioni, ma purtroppo non le restava
molto tempo.
Si lasciò la stanza alle spalle, e proseguì la
perlustrazione di villa Miura.
Certo che quell’anziana signora aveva proprio un sorriso
gentile, solo a guardarla in viso si avvertiva un senso di squisita serenità, pensò mentre si avviava verso il basso, nel luogo più
profondo del palazzo, quello dove si trovava l’enorme seminterrato.
Stando alle parole di una giovane inserviente, quel luogo
tetro e umidiccio nascondeva oscure presenze. La notte si udivano strani rumori,
cigolii fastidiosi ed un incedere di passi. Non c’erano topi lì sotto, non
c’era nessuno, eppure si riusciva a percepire distintamente qualcosa o...
qualcuno. Disse che molti anni fa, un antenato della
famiglia Miura si tolse la vita proprio in quel
luogo.
Subito dopo aver fatto tali affermazioni la più vecchia
delle inservienti le aveva detto che non doveva
spaventare la nuova arrivata con storielle di dubbia provenienza. In pratica,
fandonie.
Ma a chi doveva credere Kaoru? Un senso di tensione in lei divenne più che
tangibile, e una volta arrivata d’innanzi a quella porta, non poté più tirarsi
indietro.
Posò una mano sul pomello arrugginito, lentamente iniziò a
girare finché il battente, sbloccandosi, si aprì.
La cantina era sì enorme, ma anche molto buia. Per
raggiungerla avrebbe dovuto percorrere una rampa di scale vecchie e cigolanti.
Prima di farlo cercò invano l’interruttore della luce. Per
fortuna che aveva portato con sé una piccola torcia tascabile.
La accese, ed iniziò la discesa.
L’odore di muffa e di umido le
attraversò le narici. Era un luogo gelido, desolato, privo di vita.
Chissà perché, ma in quel preciso istante le ritornò in
mente la faccenda legata ai fantasmi. Forse era dovuto
al fatto che quel seminterrato faceva veramente paura.
Iniziò a sentire freddo, avvertì un tremolio lieve alle
gambe, e quando giunse all’ultimo gradino, fece scorrere la torcia sulle pareti
intorno a sé.
C’erano solo cose vecchie e tante
cianfrusaglie. Restò un po’ delusa, a dire il vero. Si spettava di trovare
qualcos’altro. Qualcosa di infido e pericoloso come un
Orrore. Dopotutto, lei non aveva paura di trovarsi faccia a
faccia con la creatura, perché a detta di Zarba
doveva essere solo una sorta di nucleo informe ed innocuo, poi…
Uno scricchiolio improvviso la fece di colpo sobbalzare.
Si voltò molto lentamente con il cuore in gola e la fronte
gelida, e se avesse visto per davvero un fantasma?
Il tetro pensiero le sfiorò la mente. Raccolse coraggio, e
si girò di scatto puntando il fascio di luce della torcia davanti a sé.
- E’ solo un gatto. – appurò sollevata, tirando un sospiro di sollievo.
- Si chiama Ayu. – rispose una
voce in cima alle scale.
Kaoru trasalì ancora portandosi
una mano in petto. Intravide una sagoma minuta, forse una bambina, che
indossava un grazioso abito blu e bianco.
Fece per risalire le scale, ma la piccola scappò via. Corse a nascondersi dietro il drappo di una lunga tenda che copriva
uno dei tanti finestroni posti nell’andito.
L’artista le si avvicinò con molta
calma, poi sorrise.
- Io mi chiamo Kaoru, e tu? –
disse, per instaurare un dialogo.
- Atsuko - pigolò
timidamente, e con il capo si decise a far capolino dalla tenda.
- Piacere di conoscerti, Atsuko! –
esclamò sorridendo. – Sei la figlia dei padroni di
casa?
La piccola annuì, finché non si decise ad uscire del tutto
dal suo nascondiglio. Ayu, il gattino, la raggiunse.
Lo prese con sé e gli accostò la bocca all’orecchio. – Questa è Kaoru, Ayu. – disse, facendo le
dovute presentazioni. Il gattino dal pelo corto a chiazze bianche e nere emise
un miagolio mentre Kaoru gli
carezzava con dolcezza il capo. Sgattaiolò a terra poco dopo, e scomparve.
- Cosa ci facevi da queste parti, Atsuko? – le chiese la ragazza.
La piccola chinò a terra lo sguardo. – Avevo paura di
restare da sola in camera.
- Paura? E perché?
- Lì ci sono sempre strani rumori.
Kaoru ricollegò all’istante le
cose. Senza dubbio, quella doveva essere opera dell’Orrore. Si fletté sulle
ginocchia per potersi avvicinare meglio al viso della bambina. – Questo accade
solo in camera tua?
Atsuko scosse il capo. Le codine
ai lati della sua testa tintinnarono come due campanelle. – In tutta la casa.
- Ascoltami Atsuko,
hai mai notato qualcosa di strano prima d’ora, a parte i rumori? Qualcosa che si può vedere e non solo sentire, ad esempio.
La bimba si mise pensierosa, poi si
ricordò di un avvenimento successo l’altro giorno. – Ho visto una lucina. – raccontò, ma non fece in tempo ad aggiungere
dell’altro, perché dall’angolo dell’andito arrivò una ragazza vestita da
cameriera.
- Kaoru, vai subito in giardino.
C’è qualcuno cha ha chiesto di te.
- Di me? – replicò attonita la diretta
interessata, poi raggiunse l’esterno. Anche Atsuko l’aveva seguita, ma era rimasta più indietro.
Si guardò intorno, ma non vide nessuno semplicemente perché
la figura misteriosa che la stava aspettando si trovava dall’altra parte del
cancello.
L’indignazione le salì alle stelle non appena se ne accorse. Si avvicinò in un lampo con fare battagliero. –
Che ci fai qui?! - sbottò in preda alla rabbia.
Dal lato opposto della cancellata, Kouga
cercò di mantenere il controllo. Se anche lui avesse
perso la pazienza, sarebbe stata la fine. – Sono qui per riportarti a casa.
- E io ti ripeto che non voglio andarmene.
– rispose impuntandosi.
- Esci immediatamente da questo posto.
- Perché non provi a trascinarmi
con la forza? – gli ribatté l’artista con un tono impertinente, dopotutto,
sapeva che la cancellata glielo avrebbe impedito.
Il signorino spostò lo sguardo altrove. – Non mi hanno fatto
entrare.
- Logico… I Miura sono una famiglia riservata, non permettono a nessun
estraneo di invadere il loro territorio. – gettò un occhio all’ora,
le restava ormai poco tempo. – Forse sono riuscita a trovare l’Orrore, ma devo
sbrigarmi.
- Niente affatto. Tu non ti muoverai da qui. – rispose il
giovane, ma stavolta lo aveva fatto con un tono forte,
quasi di comando.
Ovviamente a Kaoru non piacque. Si impuntò le mani sui fianchi, e con uno sguardo di sfida
lo investì tenacemente. – Prova a fermarmi, allora! – si girò, ed andò via
lasciandolo lì, dietro quelle fredde sbarre.
- Maledizione! – imprecò lui a voce alta. Non solo era
arrabbiato, ma adesso doveva trovare anche un modo per recuperare Kaoru e poi annientare l’Orrore.
- Non ti rimane che fidarti di lei, Kouga.
– disse a quel punto Zarba, forse perché sapeva che Kaoru non avrebbe ceduto. Ma al giovane Cavaliere del Makai la scelta impostagli non
piacque affatto.
L’artista raggiunse la piccola Atsuko,
che nel frattempo si era seduta sui gradini esterni del palazzo.
- Atsuko – premise, avvicinandosi
a lei – puoi portarmi nel posto in cui hai visto
quella sfera luminosa? – ormai non restava più tempo. La piccola annuì, ma
prima ancora di raggiungere il misterioso luogo, Kaoru
si tolse l’ingombrante divisa da cameriera, che certamente non era molto
indicata, ed indossò i suoi abiti.
Le due si fermarono davanti alla porta di una delle tante
stanze situate a pian terreno.
- E’ qui? – domandò alla piccola, e quest’ultima
annuì. Prima di girare il pomello, guardò Atsuko
– Forse faresti meglio a tornare dai tuoi genitori. Potrebbe essere
pericoloso.
- Non voglio tornare indietro da sola. Ho paura. – le pigolò, aggrappandosi ad un lembo della sua maglia.
- Però stammi vicina, intesi?
La bimba annuì, dopodichè entrarono.
A dire il vero si trattava di una camera che rispetto alle
altre non era molto grande. Un tappeto rosso ricopriva il pavimento, un paio di
quadri appesi alle pareti, due poltrone ed un camino spento. Aveva un aspetto
assai semplice, privo di fronzoli.
La talentuosa pittrice si guardò
attentamente intorno nella speranza di intravedere il nucleo dell’Orrore.
Sembrava all’apparenza non esserci nulla, eppure era più che convinta che Atsuko le avesse detto la verità.
- Si vede solo quando c’è buio. –
disse ad un tratto proprio la piccola.
Di corsa Kaoru andò a coprire i
vetri di due finestre con le tende, e così la stanza si colorò di tinte cupe.
Fu in quell’attimo che la tanto agognata scintilla
saltò fuori. Era grande quanto una pallina da golf, e si trovava nell’incavo
spento e freddo del camino.
- Atsuko- disse,
senza staccare gli occhi di dosso alla sfera – corri verso il fondo
della stanza, e non muoverti da lì. – La bambina ubbidì, e corse via.
A quel punto restava una sola cosa da fare: Kaoru afferrò il cellulare ed avvertì subito Kouga.
- L’ho trovato! – esclamò entusiasta – Si trova… - la
comunicazione si interruppe di colpo.
Il ragazzo restò per un attimo interdetto,
poi ebbe un brutto presentimento.
Doveva entrare in quella casa.
- Ma cosa gli prende? Un attimo fa c’era campo, e ora non più. – sbottò l’artista, dando dei
colpetti con le dita al cellulare. – Proviamo ad aprire una finestra… - disse,
e si avvicinò ad una di esse. Provò a spalancarla
tirando più volte il battente, ma sembrava sigillata. Allora si avvicinò alla porta della stanza, di sicuro nel corridoio il
telefono avrebbe ripreso a funzionare. Agguantò il pomello e spinse. O perlomeno, provò a farlo. La porta era chiusa. Proprio
come le finestre. – Ma che scherzo è mai questo?! –
esclamò in preda alla confusione, non fece neppure in tempo a voltarsi, che il
camino come per magia si accese. Atsuko corse subito
in direzione di Kaoru. La strinse
forte, era spaventata.
Tutti gli altri camini della villa si scaldarono di colpo,
lasciando di stucco i presenti.
- Che cosa succede? – pigolò la piccola, stringendosi sempre di più a Kaoru.
- Non lo so, ma troveremo un modo per uscire di qui. – Iniziò a guardarsi intorno. Ogni possibile via di
fuga sembrava essersi sbarrata di colpo. E poi, un
altro pericolo iniziò ad incombere su di loro: il fuoco.
Fuoriuscì con veemenza dal camino, e raggiunse i pesanti
tendaggi della camera. Le fiamme iniziarono a divampare, a bruciare lungo tutta
la parete, finché non raggiunsero il tappeto. Lo stesso scenario si manifestò
in tutte le altre stanze. I dipendenti in preda al panico urlarono,
poi iniziarono a scappare da tutte le parti.
Kaoru prese una sedia e la lanciò
contro una finestra, ma il vetro non si ruppe. Inoltre il fumo generato dalle
fiamme iniziò a divorare l’aria.
La piccola Atsuko tossicchiò
sentendosi invadere da quel vapore asfissiante. Kaoru
si frugò nelle tasche dei pantaloni, prese un fazzoletto di stoffa ed ordinò
alla bimba di tenerlo davanti alla bocca. L’avrebbe aiutata a filtrare il fumo.
- Ascoltami bene – premise,
portandola vicino alla porta – sdraiati a terra, cerca di restare il più in
basso possibile e non muoverti.
La bimba si accovacciò tenendo il viso il più vicino
possibile al pavimento, dove l’aria non era del tutto malsana.
Nel frattempo riprovò più e più volte a rompere i vetri
della finestra, ma quel fumo con il passare del tempo
la stordiva sempre di più.
Iniziarono a bruciarle gli occhi, ma non poteva tenerli
chiusi, doveva fare qualcosa. Purtroppo più passava il tempo e più la
situazione cambiava.
In peggio.
***
Nel bel mezzo della strada di quel quartiere semi deserto, Kouga continuava a sentirsi inquieto. Cos’era successo a Kaoru? Perché la linea era caduta all’improvviso?
Era sul punto di scavalcare la cancellata, quando ad un
tratto, dal lato opposto della strada, i suoi occhi incrociarono quelli di una
persona che mai avrebbe pensato di incontrare proprio in quell’attimo.
Ikuo Shiota
lo fissò, Kouga fece
altrettanto, ma solo per poco. Non poteva perdere altro
tempo, doveva cercare Kaoru.
- C’è del fuoco. – disse ad un tratto Zarba.
I due umani si voltarono in direzione della villa, e fu subito panico.
Dalle finestre fuoriuscivano nuvole
copiose di fumo scuro, l’interno della casa si trovava completamente
avvolto dalle fiamme.
- Kouga, Kaoru
è in serio pericolo! – esclamò ad un tratto l’anello.
- Cosa?! – risposero in coro i due
ragazzi. Poi si guardarono reciprocamente, e senza pensarci neppure una volta,
scavalcarono la cancellata di ferro e corsero in direzione dell’enorme casa.
Il portone principale era bloccato, Kouga
provò a spalancarlo con una spallata, ma da solo non ci sarebbe
mai riuscito.
- Dobbiamo collaborare. – disse
all’improvviso Ikuo – Proviamo a colpirlo
insieme. – il giovane Shiota aveva ragione. L’altro annuì, dopodichè all’unisono lo colpirono. Si spalancò di
colpo, la gente intrappolata iniziò a scappare fuori da
ogni dove, urlava, era spaventata.
- Mia figlia Atsuko non è qui! –
si disperò una donna, madre della piccola. Fece per tornare indietro, ma il
marito la trattenne.
- Ci pensiamo noi. – la rassicurò Ikuo.
Neppure Kaoru era lì. Kouga provò a cercarla in mezzo a tutta quella folla, ma
invano.
- Riesci a portarmi da lei, Zarba?
Il Madougu annuì, e lo guidò verso
l’interno della casa.
- Come fai a sapere dove si trova? – chiese Ikuo gettando un’occhiata stranita a quell’anello.
- Sono in grado di percepire la sua aura.
- Si può sapere cosa diavolo sei?!
– il giovane ormai non ci stava capendo più nulla.
Zarba rispose nel più semplice dei
modi: - Un anello.
Shiota alzò gli occhi al cielo, e
mentre correva non poteva fare a meno di notare che il fuoco aveva logorato
ogni cosa.
- Tra poco crollerà il soffitto! – esclamò.
- Ci siamo, è qui! – Zarba aveva segnalato una camera.
La porta era chiusa, ma le fiamme non l’avevano ancora
intaccata.
Kouga non ebbe nessuna
esitazione, e colpendola con un calcio la spalancò di colpo.
Atsuko per fortuna stava bene, il
fumo non l’aveva stordita, ma Kaoru si trovava
esanime riversa al suolo.
Ikuo fece uscire di corsa la bambina dalla stanza, poi tornò dentro per sincerarsi
delle condizioni di Kaoru.
Kouga cercava di farla rinvenire
chiamandola più volte per nome, le sollevò il capo, la scosse con decisione,
finché non la sentì tossicchiare.
Riaprì gli occhi lentamente, ma era troppo debole per rimettersi in piedi e scappare.
La raccolse di corsa tra le braccia, la sollevò, poi guardò in
direzione di Ikuo.
- Portala fuori di qui. – disse, e quella richiesta a dire il vero lo spiazzò molto. Tuttavia la prese con sé
sorreggendola tra le braccia, e senza fare domande la portò via da quel posto.
Il figlio di Taiga doveva portare a termine il suo compito. E prima che il soffitto gli crollasse addosso.
- Eccola lì, è nel camino in mezzo alle fiamme. – gli fece
notare Zarba, riferito chiaramente alla sfera, in
altre parole al nucleo centrale dell’Orrore.
Sguainò la spada, e in men che non
si dica si trasformò in Garo.
L’armatura dorata lo avrebbe protetto dal
fuoco, così avanzò verso il camino, proprio in direzione del nemico, e
con un colpo preciso della Garoken tagliò il nucleo
in due, mettendo così fine al potere dell’Orrore.
Nel frattempo all’esterno erano giunti i soccorsi.
Ormai l’incendio aveva distrutto gran parte della villa, ma
le fiamme per fortuna erano state domate.
Atsuko corse a riabbracciare la
sua mamma, mentre Kaoru, ripresasi quasi del tutto,
iniziò a guardarsi intorno. Era stordita, ma cercava con insistenza una persona
soltanto.
- Scommetto che sta bene. – disse Ikuo,
avendo intuito che ella era molto preoccupata per Kouga. E infatti, lo videro sbucare
da un ingresso secondario. Come sempre, aveva avuto la meglio.
- Io devo andare. – il ragazzo si apprestò
a lasciare l’amica - Mi raccomando, cerca di riposare. Poi un giorno mi
spiegherai cosa ci facevi in questa casa infestata! –
scherzò infine, e in seguito si allontanò.
Kaoru lo guardò
andar via, poi voltandosi vide Kouga. Avrebbe
voluto dire qualcosa, ma lui la precedette: - Andiamo
via anche noi. – fece, e si rimise in strada.
Prima di seguirlo, tornò brevemente indietro. Mancava
qualcuno lì.
Si avvicinò ai genitori di Atsuko, poi chiese loro: - Scusate, quell’anziana signora
dov’è? Sta bene?
I due coniugi si guardarono reciprocamente, senza capire. –
Di quale anziana signori parli? Nella nostra famiglia ci siamo solo io, mia
moglie e mia figlia. – rispose il signor Miura.
- L’ho vista oggi, era seduta nel
salone, indossava un kimono di seta azzurra e… - non fece in tempo a finire la
frase. La mamma di Atsuko la
frenò.
- E’ impossibile, cara. Ti sarai sicuramente confusa. La
donna di cui parli è mia madre, ma è morta tanto tempo
fa.
Kaoru sussultò leggermente. Poi
all’improvviso le ritornò alla mente la frase che la donna le aveva detto poco prima di lasciare il salone. Ebbene,
quell’anziana signora le aveva chiesto di fare attenzione al camino. Aveva in
qualche modo voluto lanciarle un avvertimento.
Non disse nulla perché sapeva che sarebbe stato inutile. Non
l’avrebbero mai creduta, e così, salutando la piccola Atsuko,
raggiunse Kouga.
Per circa metà del tragitto non aprì bocca. Si sentiva
tremendamente, terribilmente in colpa per tutto ciò che era successo, per tutto
quello che aveva causato, per aver disobbedito alle sue regole. E ora ne stava pagando le conseguenze.
Tentò un primo approccio, e siccome camminava dietro di lui,
affrettò il passo per poterlo affiancare.
Tuttavia, l’unica cosa che riuscì a dire
fu un: - Mi dispiace.
Kouga si fermò di colpo. La
stradina era deserta, dei lampioni la illuminavano con
una luce bianca e accesa.
- Tutto qui? – disse, senza neppure girarsi verso di lei.
- Ho sbagliato, e avevi ragione tu.
– confessò mortificata.
- Con il tuo comportamento non solo hai messo a repentaglio
la tua vita, ma hai coinvolto anche quella di altre
persone. – Kouga stava usando un tono che poteva
sembrare a prima vista normale, ma Kaoru
in realtà sapeva benissimo che non era così.
- Hai ragione. Sono stata veramente una stupida.
- Ti avevo chiesto di non intrometterti, ma tu non mi hai dato ascolto.
- E’ vero, ho sbagliato.
- Gli Orrori sono esseri che vanno gestiti da persone
competenti, basta un minimo di distrazione o una leggerezza e la situazione può sfuggirti subito di mano. Ma tu questo lo sapevi già, te l’ho ripetuto tante volte.
Kaoru abbassò il capo. Si sentiva
veramente a disagio. – Ti do il permesso di chiamarmi
stupida, se vuoi. Perché lo sono davvero.
Kouga si girò appena verso di lei.
Le sue parole, il tono di quella voce aveva una freddezza spaventosa. – Mi
avevi promesso che non avresti più fatto una cosa del genere.
- Mi sono lasciata trasportare dalla voglia di aiutarti, ho
agito senza pensare alle conseguenze, ma l’ho fatto in buona fede. – cercò di
spiegare, ma non servì a nulla.
- Spero che tu rifletta seriamente su quanto accaduto, e
sulla gravità della cosa.
- Lo sto già facendo, e ti prometto che…
- E’ inutile che prometti qualcosa se poi non sei in grado
di mantenerla. – le rispose bruscamente, tagliandole così ogni possibile
replica. Si avviò per la strada, lasciandosi Kaoru
alle spalle.
Era davvero dispiaciuta. Quella frase le aveva gelato il cuore.
A questo punto non sapeva più se sarebbe riuscita a
rimettere le cose apposto.
Ciò che aveva fatto era imperdonabile. E
con molta probabilità, era convinta che Kouga non
l’avrebbe più perdonata.
Giunti a casa, Gonza li accolse come
sempre, sfilò il soprabito del giovane e poi lo rimise nel guardaroba.
Kaoru continuava a tenere lo
sguardo basso, era più muta del solito, ma il buon maggiordomo per educazione
non fece domande.
- E’ pronta la cena. – disse rivolgendosi ad entrambi, ma fu
solo Kouga a raggiungere la sala
- Non ho molta fame stasera. – dichiarò la
ragazza - Vorrei fare un bagno.
- Certamente signorina, vado subito a prepararvi la vasca. –
Gonza si avviò su per le scale, mentre Kaoru si
trattenne ancora nella hall. Magari sperava che Kouga, mosso a compassione sarebbe tornato lì a prenderla,
però tutto ciò non successe.
Salì la scalinata con la stessa espressione di quando era arrivata, raggiunse la toilette completamente
assorta in mille pensieri, Gonza le porse delle asciugamani pulite, dopodichè
andò via.
Non appena si immerse nella vasca,
il caldo vapore dell’acqua sembrò restituirle parte dell’energia che aveva
speso durante la faticosa giornata.
Quella sensazione di tepore era veramente confortante.
Si gettò con le mani una manciata
d’acqua calda sul capo, i capelli si impregnarono divenendo pesanti, le
scivolarono giù lungo il viso, e con le dita poi li ricacciò all’indietro.
Dopo aver raccolto nel palmo della mano un po’ di sapone, si
ripulì la faccia che portava ancora qualche segno di fuliggine sulle guance. Quando la schiuma ricadde nell’acqua creando una miriade di
bollicine, nel fissarle iniziò a pensare. Kaoru
avrebbe tanto desiderato in quel preciso istante diventare leggera e
trasparente come loro.
Non poteva perdonare sé stessa per
ciò che aveva combinato, e più ripensava all’accaduto, più un forte senso di
colpa la faceva stare male.
Se soltanto avesse dato ascolto a Kouga, forse tutto questo non sarebbe successo.
Iniziò a pensare che il ragazzo non volesse più vederla, e
più passava il tempo, più ci rifletteva, quel pensiero diventava sempre più
concreto.
Si asciugò per bene i capelli con il getto caldo del phon,
indossò un pigiama di colore rosa con un enorme orsacchiotto stampato sul davanti,
ed uscì dal bagno.
A questo punto era indecisa su dove andare e cosa fare. Già, perché di sicuro Kouga non avrebbe
più voluto dividere la metà del letto con una perfetta stupida.
Così, alla fine aveva preso la sua decisione. Tornò in
camera, aprì la porta quasi certa di trovare il ragazzo, ed entrò.
La camera era ancora vuota. Kouga
non era ancora arrivato. Tirò un sospiro di sollievo
perché a dirla tutta non se la sentiva di incontrarlo, e poi si avvicinò al
lato del letto.
Raccolse il suo cuscino, lo strinse a sé, e con l’aria
abbattuta ritornò nel corridoio.
Soprappensiero accostò l’anta e la
richiuse, ma non appena girò il capo, il suo sguardo si incrociò con
quello di Kouga, anch’egli diretto in camera.
Lei quasi sussultò, ma distolse subito l’attenzione per non
mostrare il proprio imbarazzo.
Quando il giovane le passò di
fianco, nel vederla camminare a rilento, con quel cuscino enorme che le copriva
quasi mezzo viso e la testa abbassata, non poté fare a meno di domandarle: -
Dove stai andando?
Kaoru sussultò per l’ennesima
volta, iniziò a voltarsi timidamente verso di lui ma
il coraggio di guardarlo negli occhi non lo trovò.
- Vado a dormire giù in salotto, sul divano.- rispose a
testa bassa.
- Perché?
- Non penso che tu voglia più dividere il letto con me.
- Ma la metà di quel letto
appartiene a te. – le fece notare il ragazzo.
- Sì, ma si trova pur sempre in camera tua, e dopo quello che ho causato… - si fermò, rimase interdetta perché
sapeva benissimo che continuare e finire la frase non sarebbe servito a nulla.
Tanto ne era più che certa: con i guai che gli aveva
procurato, adesso le spettava solamente un lungo e penoso esilio.
Il ragazzo non commentò, ma poco prima di entrare in camera
disse: - Non mi risulta di averti messo in punizione.
Kaoru sollevò di scatto il capo,
lo vide entrare e dopo qualche istante lo seguì.
- Significa che non sei arrabbiato con me?
- Al contrario. – rispose, poi si sfilò l’anello dal dito e
lo ripose nella sua teca di legno. – Sono molto arrabbiato.
La giovane artista reclinò ancora lo sguardo. – Capisco. –
mormorò con una voce mogia, demoralizzata. – Mi dispiace – ripeté,
forse per la centesima volta, ma a lei non importava – Mi dispiace davvero
tanto.
- Lo so.
- Sai anche che ho fatto una cosa imperdonabile? – chiese ancora, Kouga annuì. – E sai anche che sono una stupida, vero?
- So anche questo. – il signorino si voltò verso di lei, ma
stavolta aveva un’espressione meno severa. Poi si avvicinò e le tese una mano. Kaoru sembrò non capire. - Il cuscino. – disse
dapprima, indicando l’oggetto – Ti sei presa il mio cuscino.
Imbarazzata glielo restituì all’istante. – Non me ne ero accorta, scusami. – Fece per prendersi il suo, ma la
replica di Kouga la trattenne.
- Per me potresti anche lasciarlo lì.
- Significa che posso restare?
- Ti ripeto ancora una volta che non mi sembra di averti
messo in punizione.
- Però non abbiamo fatto pace.
- Ma di cosa parli? – Kouga iniziò a fissarla con aria stranita.
- Sì, quando due persone litigano e l’altra gli chiede
scusa, poi fanno la pace… una cosa così, insomma.
- Per me è la stessa cosa.
- Ma non mi hai ancora detto “ok, pace fatta”.
- Ok.
- Ok cosa?
- Ok. – ripeté Kouga,
e a quanto pare la questione stava iniziando a dargli
un certo fastidio.
Kaoru abbassò il capo, prese a
fissare il pavimento. – Sul serio – fece in un primo momento – mi dispiace tanto per quello che ho fatto. – le lacrime le
bagnarono le guance, con il dorso della mano e le movenze quasi simili a quelle
di una bambina si asciugò il viso. – Mi dispiace davvero tanto. – continuò a
ripetere tra singhiozzi, ed era così realmente dispiaciuta che non riusciva a fermarsi.
Avvicinandosi a lei, Kouga le posò
una mano sul capo.
– Lo so che ti dispiace, te lo si
legge in faccia. L’importante è che tu abbia riconosciuto il tuo errore.
Finì di asciugarsi il viso impiastricciato
dalle lacrime e con gli occhi ancora umidi lo guardò. – Ti prometto che
non cercherò mai più di intromettermi nel tuo lavoro.
- Voglio sperarci. – sembrò quasi scherzare, poi un senso di stanchezza prese in lui il sopravvento. – Sei
ancora intenzionata a dormire sul divano? – le chiese, giusto per avere una
conferma.
- Se tu mi dai il permesso, allora
resto qui.
Il giovane si avviò verso la metà del suo letto. – Se non mi
tiri un altro pugno, allora puoi restare.
- Riguardo alla storia di quel pugno e al fatto che la notte
parlo nel sonno – premise l’artista, poi iniziò a
fissarlo in modo acuto – hai preferito non parlarmene perché temevi che io pur
di non disturbarti avrei cambiato stanza? – A quella domanda lui non rispose,
ma Kaoru guardandolo insistette – E’
così?
- Niente affatto.
- Forse… hai paura di dormire da solo? – insinuò, ma Kouga preferì non commentare. D'altronde, cosa mai avrebbe
potuto dire? Che in realtà la presenza di Kaoru lo aiutava a riposare meglio? Che
vederla dormire accanto a sé lo faceva sentire finalmente una persona completa?
No, era per lui troppo imbarazzante affrontare determinati discorsi. Si infilò sotto le coperte, la ragazza lo raggiunse a ruota
sedendosi dall’altro lato, e avvicinando la bocca al suo orecchio gli sussurrò
– Magari hai paura dei fantasmi.
- Smettila. – ripose con accidia il giovane. Non gli andava
proprio di continuare una discussione che per lui era solo ridicola. - I
fantasmi non esistono.
- E invece ti sbagli. In questo
momento potrebbero trovarsi anche qui. – asserì, ostentando una certa
sicurezza. Era come se quell’argomento non le facesse minimamente paura. –
Magari si trovano sotto al letto, oppure nell’armadio,
chissà. O magari sono seduti a testa in giù sul
soffitto. - Kouga decise che doveva
farla smetterla. Simulò di alzarsi ed afferrare il cuscino, e Kaoru abboccò all’amo. - Che stai facendo?
- Vado a dormire sul divano. – fece per spostarsi, ma si
sentì afferrare di peso ad un braccio. – Cosa c’è
adesso?
- Prometto che starò zitta, ma non andare. – balbettò, e
sembrava avere quasi paura. Che fine aveva fatto il
suo coraggio?
- Hai paura dei fantasmi che ci sono qui? – disse lui, e con
quella domanda aveva colto nel segno.
Ovviamente lei negò, poi un pensiero prese
a gironzolarle in testa.
- In questa stanza non ci sono i fantasmi, vero? – voleva
essere rassicurata, ma a dare il via a quel giochino
un po’ infantile era stata lei.
- Chissà. – rispose vagamente il giovane, e si rimise a
letto.
- Significa sì?
- Chissà. – ribadì ancora Kouga lasciandola sulle spine, e Kaoru
si sentì vittima del suo stesso gioco.
Strisciò lentamente sotto le coperte, si portò il lenzuolo
fin sotto il naso, ogni minimo rumore le sembrava un suono strano, un lamento
che proveniva dritto dall’oltretomba. Pensando ai fantasmi seduti a testa ingiù
sul soffitto, le parve quasi di vederli, ma era solo frutto della sua immagine,
solo suggestione. Lentamente invase di soppiatto
l’altra metà del letto, quella in cui si trovava Kouga,
ma a lui non fece molto piacere ritrovarsela praticamente
avvinghiata al braccio.
Però a dirla tutta era così stanco che di mettersi a
discutere non ne aveva proprio voglia. Sospirò
sommessamente, e con Kaoru proprio lì accanto, chiuse
gli occhi e si addormentò.
O perlomeno, provò a farlo.
Fine episodio
I
VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:
Altro
aggiornamento settimanale riuscito, ma vi annuncio già da ora che il prossimo
capitolo potrebbe subire qualche ritardo. La causa è sempre legata al lavoro,
manca poco ormai, e poi andrò in ferie, per questo sto cercando di portare a
termine le commissioni entro la data prestabilita, ma per farlo dovrò
accantonare la fanfic. Quando
poi avrò finito riprenderò subito a correggere i capitoli già pronti e nel
periodo delle vacanze natalizie a scrivere gli ultimi. Non vedo l’ora!
Per Iloveworld: Faccio del mio meglio per aggiornare
ogni settimana perché ci tengo a terminare questa seconda serie prima
dell’altra, ovvero quella vera. E
se penso che prima aggiornavo anche dopo tre mesi mi viene da piangere…! Però sto recuperando!
Per
DANYDHALIA: Sono come tuo fratello, allora!! E devi sapere
che la sottoscritta è una grande appassionata di film
horror di origine asiatica, perciò non poteva mancare un capitolo così nella
storia. Anche se mi piacerebbe scriverne un altro (magari lo
farò per la terza serie) con un’atmosfera incentrata più nel soprannaturale.
Sarebbe fantastico!
Per
stelly89_s: Allora
diciamo ad Amemiya che dopo la seconda faccia la terza, la decima, ventesima, trentesima serie che
arriverà nell’anno 3000, ma noi ci saremo ugualmente!!!
Vi abbraccio forte forte e a presto!
Botan
ANTICIPAZIONI:
Chi sono gli eroi? E soprattutto, al
giorno d’oggi esistono ancora? Nacchan, un tenero
cagnolino abbandonato sul ciglio di una strada, sarà raccolto da Kaoru e portato nella residenza Saejima.
Ma il cucciolo
ha un proprietario, e mentre la ragazza cercherà di riportarlo a casa, si imbatterà in un Orrore che non ha completato la sua fase
evolutiva per il bene di una persona amata.
Prossimo episodio:
#27 Eroi