Dice che era un bell'uomo e veniva dal mare

di Gwen Chan
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Dice che era un bell'uomo e veniva dal mare

Anche ad anni di distanza, gli uomini del paese, soprattutto i vecchi sdentati, gli ex giovani del '45, non si stancarono mai di raccontare, a chiunque avesse avuto voglia di prestare loro orecchio, la fiaba dell'uomo venuto dal mare e di come avesse conquistato la ragazza più bella del villaggio, dopo che lei aveva rifiutato tutti loro, fior fiore di partiti.

I Vargas erano sempre stati una famiglia numerosa, che negli anni aveva intrecciato una fitta rete di conoscenze e amicizie, tali da renderli tra i più in vista nel borgo. Si mormorava che avessero contatti persino con l'America e che, senza andare così lontano, il figlio più giovane se ne fosse partito senza un soldo in tasca e avesse fatto fortuna al nord. Tutti molto patriottici vantavano reduci della Grande Guerra.
E, come tutte le famiglie numerose, anche i Vargas avevano i loro bravi contrasti interni. Il fatto poi che si fosse in tempo di guerra non andava a migliorare una situazione di per sé già sgangherata.
Dell'ultima generazione, di quattro tra fratelli e sorelle, a casa era rimasta solo la secondogenita, Chiara. I maschi si erano dileguati nei boschi, unendosi ai partigiani e solo sporadicamente le inviavano delle lettere; Alice, la piccolina, aveva gettato l'onta su tutti loro, oltre che sugli abitanti del paese, scappando con un soldato tedesco. Molti la consideravano come già morta e, se mai fosse tornata, chiunque l'avrebbe emarginata, da traditrice.
Chiara da parte sua né s’interessava a tresche clandestine né la sfiorava il pensiero di abbandonare la baracca per mettersi a giocare a fare il soldato. Libertà... I suoi fratelli, anche il giovane, quello incapace di uccidere una mosca, si riempivano la bocca di belle parole; ma in tanti discorsi pieni di passione non erano ancora riusciti a sedurla. I suoi pensieri erano legati alla terra, fatti di terra. Che serviva la libertà se nessuno coltivava più i campi, se non si potavano i frutteti e non si andava a pescare nei giorni propizi?

Le guerre finivano, gli invasori passavano. Ieri francesi, oggi tedeschi, domani americani. Chiara non se ne preoccupava; quel suolo di cui si era nutrita, in cui era stata allevata, un giorno, improvviso, senza avvisare, senza aiuto alcuno, si sarebbe scosso. Nel frattempo, lei si affidava al ciclo delle stagioni.
Del resto, il sole avrebbe continuato a bruciare i raccolti e le pietre, i fiumi a straripare quando meno ce se l'aspettava, il mare a inghiottire i loro uomini.
Ora dal mare erano arrivati gli americani. Per Chiara costituivano un'unica categoria, gli americani. Con i loro volti abbronzati e speranzosi, i loro sorrisi aperti e le loro maniere da ragazzotti, erano subito riconoscibili. Che poi si chiamassero John o Stuart, venissero dalla California o dall'Alaska, era un particolare trascurabile.
"Miss. Signorina, si faccia aiutare!" le gridò dietro uno mentre lei portava sotto braccia una fascina di legna, che aveva tutta l'aria di essere parecchio pesante. Questo qua aveva i capelli color sabbia, e un ciuffo gli cadeva sugli occhi di cielo. Si chiamava... Al, Alfred, qualcosa del genere. Parlava un italiano stentato e buffo, ma quantomeno comprensibile. Chiara scosse la testa.
"Macché. Torni alle sue faccende, che so arrangiarmi da sola!”
Ultimamente poi sembrava essersi fissato con lei, tanto che non perdeva occasione per avvicinarla, adducendo i pretesti più vari.
"Che voi siete sempre così solleciti a aiutar la gente?" domandò, sprezzante, mentre allungava il passo e sollevava una nuvola di polvere attorno ai polpacci scattanti. Alfred fece un largo sorriso.
"Tutti non so. Io sì, e sono un buon rappresentate della categoria.”
"Eh, la categoria. Vada piuttosto a dire che, se non vi muovete, l'Italia facciamo a tempo a liberarla da soli.”
Era giunta sull'uscio di casa; dal fondo della stradina il giovane le urlò dietro, portandosi le mani a coppa alle labbra.
"Magari. Ma sono i capi a decidere. E noi dobbiamo aspettare."
Le sembravano tutti bambini, gli americani. I ragazzi della sua età, non appena avevano cessato di puzzare di latte, erano già uomini fatti e finiti. Questi soldati, invece, erano ridicolmente giovani.
Sbuffò, dondolando le gambe sul muretto basso. Il calore le incollava ciocche di capelli al collo e sulla fronte.
"Un pacco di tua sorella!"
L'ex postino del paese - che al momento faceva il corriere su e giù per lo Stivale- non più nel fiore degli anni, ma ancora energico, si incespicò lungo la salita, con un fagotto sotto braccio.
"Non lo voglio. Datelo a altri. Che me ne faccio dei regali di quella sciocca?”
Accorgendosi però che l'altro esitava, allungò le mani in segno di accettazione. "O, dia qua. Qualcosa ne farò!"
Squarciò la pesante e unta carta da pacco. Il contenuto si rivelò essere una gonna di seta rossa, di buona fattura; accarezzò con piacere la stoffa. Scucire un abito così ben fatto era un peccato, ma non era per nulla paragonabile al fastidio che provava nel riceverli. Come se la sua fiducia fosse in vendita! E che fosse proprio sua sorella a tentare di comprarla, era imperdonabile.
A quali compromessi sei scesa? domandò al vento.
Era quasi buffo. Avrebbe potuto vantare un guardaroba da gran signora- mentre altre ragazze avrebbero elemosinato la preziosa seta dei paracadute- e invece ci sputava sopra.
Non era nemmeno certa se mai avrebbe avuto un degno vestito da sposa.
Quello di sua nonna, destinato a passare di figlia in nipote, sua madre se l'era portato nella tomba, buonanima.
Era morta di crepacuore la sua povera mamma; quando Alice aveva annunciato la sua decisione scellerata, appena usciti dalla messa domenicale, si era portata le mani al petto, si era accasciata e non si era più ripresa.

Chiara correva. Le scarpe buone, quelle di cuoio rosso, cozzavano contro i sassolini. "Alice, Alice!"
"Sei tu? Grazie al cielo! Tu mi capisci, vero?"
"Torniamo a casa. Ti ha fatto male il vino del prete. Non è successo nulla". La afferrò per un braccio. La sorella si divincolò.
"Lasciami. Io lo amo! Lasciami!"
Chiara le mollò un ceffone, di quelli che le riservava quando da bambina diventava capricciosa. Gli occhi della più giovane luccicarono di lacrime rabbiose.
"Ti odio! Non capisci nulla!"
Alice era volata via, con ancora addosso l'abito della festa, il volto che con tanta cura aveva truccato la mattina, rigato di lacrime e moccio.

La mattina, quando faceva bel tempo, Chiara scendeva alla spiaggia a mettere i panni a stendere al sole sulla rena umida e scura. Mentre aspettava che i grandi lenzuoli bianchi si asciugassero, fissava il mare, con le sue onde e i suoi segreti; che sapeva essere tanto generoso quanto terribile. Finché, una mattina, dal mare erano giunti gli americani. La donna aveva avvisato il parroco e in breve la notizia si era diffusa come un morbo. Gli americani! Erano arrivati gli americani!

Anche quel giorno Chiara portava sulla spalla una cesta di abiti lavati di fresco. Come erano lerci, i suoi fratelli, le rare volte che tornavano a casa. Così pieni di terra, di foglie e pidocchi- miriadi di pidocchi - che i loro vestiti quasi camminavano da soli. Li doveva strigliare per ore, con la spazzola dura, perché sotto gli strati di sporcizia tornasse a far capolino l'aspetto roseo dei due giovani.
Mani sconosciute le tolsero il peso dalle spalle. Si voltò stizzita per quell'aiuto improvviso e non richiesto. Da dietro i ciuffi color sabbia, Alfred sorrise.
"May I help you? Potere aiutare?"
Chiara Vargas si concesse un minuto per studiarlo con maggiore attenzione. Indossava una divisa kaki, con le maniche arrotolate intorno agli avambracci abbronzati, che aveva tutta l’aria di non vedere un pezzo di sapone da settimane. Sotto i pantaloni terminavano in un ampio risvolto attorno agli stivali impolverati. Il viso aperto emanava una salute non ancora intaccata dalla verità della guerra. Era la speranza in persona che camminava.
“Faccia attenzione!” si raccomandò. “Anche i suoi avrebbero bisogno di una lavata!”
“Quando tornare a casa, allora lavare. Un bagno caldo” ironizzò l’americano. “Hanno un buon profumo!” aggiunse, affondando la faccia nel mucchio umido.
“Per un bagno, venga anche da noi, che non c’è problema.”
“Don’t want to bother you. Non volere disturbare.”
“E va là. Basta che non si porta dietro tutto il reggimento.”
In spiaggia c’era vento, i vestiti si sarebbero asciugati in breve. Dalla cesta pescò un ampio lenzuolo, parte della dote di famiglia. Lo spiegò davanti ai piedi.
“Si renda utile, prenda quell’angolo. Sì quello là.”
A ben riflettere il ragazzo poteva essere più adatto ai lavori domestici che alla guerra. Certo che se imbracciava un fucile con la stessa abilità con cui la stava aiutando, allora non c’era motivo per cui preoccuparsi. Gli americani! Che cosa faceva, nella sua patria? Aveva famiglia? Fratelli? Sorelle? E dopo, se il destino avesse predetto per lui altra fine che la tomba?
“Faccia attenzione. C’è aria di burrasca!” lo avvertì, perché si accorse che, già semi spogliato, si era gettato tra i flutti. L’acqua scivolava sulla sua schiena asciutta, indugiando sui solchi dei muscoli; il braccio fendeva la superficie, in un tripudio di goccioline che catturavano la luce mattutina, e tornava a immergersi.

Chiara spargeva i capelli castani sul petto, il viso chinato sulla lettera. Alfred rabbrividiva all’aria.
“Bagno caldo. Questo non essere caldo!”
Che ci poteva fare se il soldato era terribilmente freddoloso? L’aveva personalmente messa a bollire in cucina, ne aveva testato di suo pugno la temperatura, prima di versarla nell’ampia tinozza di zinco nel cortile sul retro. Un’espressione che tanto ricordava la tenera esasperazione di una madre le balenò negli occhi scuri. Prese un asciugamano ruvido, abbandonò la missiva sul terreno e si diede di buona lena a strofinare il soldato. Era alto, più alto di lei. Lo fece chinare e gli sfregò i capelli.
Adesso sì che aveva un aspetto accettabile.
“Letter?”
“Cosa? Sì, lettera. Da mio fratello!”
La carta sotto i polpastrelli era dolorosamente ruvida, la scrittura appena leggibile. Parole, parole, solo parole. Non doveva preoccuparsi. Tutto stava andando per il meglio. Persino se si fossero trovati in mezzo al fuoco nemico non avrebbero cessato di assicurarle che tutto era a posto. Strinse la lettera al petto, in uno slancio di tenerezza- se ne concedeva poca- prima di nasconderla nella tasca sul seno. Ogni benedetta sera pregava Iddio di vegliare su di loro.
“Fanno di tutto per farmi stare tranquilla. Che saper scrivere, anche sgrammaticato, è una gran cosa. E anche leggere. Io so leggere, che crede! Anche se, be’, per una donna è strano! Mica serve saper leggere per cucinare o lavare i panni.”. Prese fiato. “Lei sa leggere?”
L'americano impiegò un minuto buono per rispondere; sfregava la fronte corrugata col dorso della mano. Forse non riusciva a esprimere i propri pensieri in parole in una lingua diversa da quella che aveva appreso in culla.
Se non fosse stato tragico, la donna avrebbe persino concesso spazio al riso.
"Io andare all'università. Harvard. Very famous, molto famosa nel mio paese. Se non crepo, tornare e finisco gli studi.”.
per la prima volta da quando gli alleati avevano impresso le loro orme sul suolo di Sicilia, Chiara riuscì a scorgere qualcosa in più oltre la facciata della divisa. Magari quest'uomo manco ci voleva venire a combattere per una terra straniera. Si era arruolato, come migliaia di altri ragazzi destinati ad abbandonare questa terra anzitempo, con le orecchie piene di esaltanti e false promesse. Aveva nostalgia di casa. Del fratello e dello zio inglese che li aveva cresciuti dopo la morte dei genitori, Chiara avrebbe saputo solo anni dopo.
Pensò alla sorella. Che la Vergine la proteggesse.

Gli americani alloggiavano in un casolare ai confini del villaggio. L'edificio risuonava sempre di un entusiastico chiacchiericcio in inglese, da cui Chiara veniva investita quando vi passava davanti nell'andare al cimitero; era amaramente ironico quanto fossero vicini al camposanto. Ogni tanto qualcuno partiva per il fronte, qualcun altro dava il cambio. Il soldato semplice Alfred era tra questi. La donna si ritrovò a pregare che la tomba la vedesse solo quando la sua fronte sarebbe stata solcata da rughe profonde, circondato da nipotini e ricco di esperienza.

Un bacio irriverente sulla tempia, all'attaccatura dei capelli. "Che fa?"
Se pensava, dopo qualche gentilezza, di aver il diritto di metterle le mani addosso, allora aveva proprio frainteso.
"Just a kiss. Domani partire."
In fondo era solo un ragazzone con una paura matta, nascosta dietro a una maschera, in cerca di un po' di affetto e coraggio. In patria aveva una bella ad aspettarlo? C'era una fidanzata pronta a recarsi all'altare?
"Ma solo uno eh!"
Labbra contro labbra, mani di uomo sui fianchi sottili. Baciava bene, l'americano.
"Dolce. È dolce!" mormorò. Chissà magari pensava che Chiara avesse in sé il sale del mare e la durezza della terra, non la dolcezza del sole e delle arance di Sicilia.
Il soldato se ne abbeverava, impregnando ogni poro di pelle per i momenti più cupi, quando dolcezza sarebbe stata solo un ricordo.

Sono partiti! Gli americani erano partiti. Quegli allegri soldati avevano alla fine abbandonato le vie tra le case bianche, le storie d'amore occasionali, i bambini allegri, golosi delle barrette di cioccolato che portavano i militari.
Lunga e lastricata di trappole, d’imboscate e cadaveri, era la strada per Roma.

Se Alfred fosse caduto in battaglia, se fosse tornato alla sua università, se avesse messo su famiglia o se la sua sola notte d'amore fosse stata quella che lei gli aveva concesso, Chiara non lo seppe mai, per quanto si fosse prodigata a cercare notizie.
Il figlio che le crebbe in grembo notte dopo notte, bambino capelli-di-sabbia e occhi-di-mare, fu il suo unico ricordo.

Note: la storia si ispira alla canzone "4 marzo 1943" di L.Dalla. quanto mi piace quella canzone! E l'embrione della fan fiction mi ronzava nella testa da almeno un anno.La lingua di Alfred è volutamente sgrammaticata.
Avrebbe dovuto essere a rating rosso, ma questa è un'altra storia.
Spero che lo spettro dell'OOC non sia troppo forte. è la prima volta che provo a muovere le genderswap, ma sono piuttosto soddisfatta.





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