cap 1
Non pensavo che avrei mai scritto una FF, invece, eccomi qui! :)
EEEEEE niente, che dire, ci provo, sperando che vi piaccia e che mi seguirete, il sostegno maggiore sarete voi.
E'
il primo capitolo e già devo ringraziare Ila per avermi dato la
spinta che mi serviva per pubblicare... ti adoro amora!
Ok, son già imbarazzata quindi vi lascio alla lettura!
Un bacio
Lory
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Pov Kris
“Baby I just don’t get it…do you enjoy being
hurt?...”
Quelle parole. Ero così ossessionata da quella canzone di
Mario che ormai l’avevo messa anche come sveglia…e quelle parole erano ormai le
uniche che sentivo, puntualmente il mio dito ogni mattina interrompeva la mia
“poesia” e mi riportava nel mondo reale, una delle tante grigie mattine di uno
dei miei tanti giorni qualunque, inutili e spenti ormai da tempo.
Mi alzai svogliata, fuori era ancora buio e faceva freddo, tipico
di Londra. Ma il lavoro, o per lo meno la speranza di trovarne uno affinchè il
mio periodo di scazzo misto a cazzeggio puro finisse, mi chiamava, perciò con
fare già stanco per essere solo le 7.30 mi trascinai in bagno e iniziai a
prepararmi, col mio solito pensiero fisso all’ennesimo vuoto che incombeva
nello schermo del mio cellulare: nessun messaggio, nessuna chiamata, sparito
nel nulla. Cazzo Kris, sono passati 10 mesi, non devi pensarci, quante volte ha sbagliato
lui, quanto dolore ti ha provocato senza curarsi di te? Quante volte lo hai
perdonato?
“Eppure la colpa è mia stavolta…”
“Pensi ancora a Ryan?” Mamma, col suo viso ancora scosso per
i miei pensieri, mi distrasse.
“Ma no mamy, riflettevo ad alta voce”
“Non farlo. Vedrai che è solo un momento, tornerai a
crederci”
Me lo ripeteva tutte le volte, eppure più sentivo quella
frase, più mi sentivo lontana dall’idea di provare ancora qualcosa del genere.
Ho sempre pensato che l’amore, quello vero, quello che ti blocca il sangue
nelle vene e che fa sì che ti annulli completamente per quella persona, possiamo provarlo solo una volta e la mia era già
arrivata, si era consumata ed era volta al termine.
Chiusi quasi con forza la porta del bagno e cercai di sciogliere
i nervi già tesi di prima mattina sotto l’acqua calda della doccia, non volevo
più uscirne ma, mio malgrado, mi asciugai in fretta e mi sistemai alla bell’e
meglio, jeans, felpa e Vans nuove, per
non far aspettare papà che mi aspettava già in macchina.
Mi sedetti di corsa al posto del passeggero e lasciai
partire il mio CD preferito:
“Quante emozioni sono
solo ormai un ricordo, che terrai stretto tra le mani..quanti gesti resteranno
ormai un ricordo, che non cancellerà il domani..”
A volte pensavo che qualcuno mi spiasse e scrivesse le
canzoni basandosi sulla mia vita, incredibile come mi ci vedevo in alcuni
versi.
E così un altro giorno noioso, alla ricerca di un lavoro in
un cazzo di tugurio pieno di computer e carte su carte, iniziava, preceduto dalla
solita colazione al bar con papà; era convinto che questo gesto, fatto da lui
inizialmente per tirarmi su il morale, che divenne routine, fosse per me una
cosa entusiasmante, ma non mi andava di smontargli quel pensiero carino nei
miei confronti con un bel
“papà, che cazzo me ne frega di dove faccio colazione, tanto
apatica ero e apatica resto!”. No, non era proprio il caso.
Entrammo nel bar, papà ordinò “il solito” mentre io mi
sedevo tirando fuori dalla mia borsa Eclipse; che culo poteva avere Bella?
Ormai i tipi come Edward si trovavano solo nei libri o nei multisala, in
qualche bel film, nella realtà invece io avevo visto solo merda, non c’era
termine più adatto.
“Era tuo il latte tiepido col cacao?” all’improvviso una
voce, calda, mi distrasse.
“Scusa?!?”
“Sei sorda? Ho chiesto se il latte era tuo”
“E a te che cazzo te ne frega?”
“Bei modi devo dire! Comunque, per la cronaca, te l’ho
chiesto perché tuo padre stava per portartelo al tavolo ma senza farlo apposta
gli sono inciampato addosso facendoglielo rovesciare sulla giacca e quindi oggi
salti la colazione, mi dispiace” disse con tono da stronzo, ma chi era sto
coglione?
“Per del latte caduto sulla sua giacca spiegami perché non potrei averne altro,
signor simpatia!”
“Ehm….perchè l’ultimo bicchiere l’ho finito io, per caso?” disse con la faccia
da schiaffi e un sorriso che mi tolse il fiato. No ma, era davvero simpatico,
giuro. Coglione.
“Ok, allora vorrà dire che mi porterai in un altro bar e me
la offrirai tu dato che oltre a farmela saltare e aver fatto sporcare la giacca
di mio padre, mi stai pure innervosendo!”
“Stai scherzando vero? Chi cazzo ti conosce, io ero solo venuto a scusarmi, ma
dati i tuoi modi da altezza reale te le sogni le scuse!” Dio che odio. Ma come si
permetteva sto deficiente? Ringraziando Dio eravamo in un luogo pubblico altrimenti
un bel pugno in piena faccia non glielo toglieva nessuno, come se fosse stata
una novità per me menare un ragazzo, certo!
“Bene, allora lasciami passare prima che ti alzi le mani
davanti a tutti, razza di sfacciato” feci per alzarmi e per uscire ed ero sulla
soglia della porta ma successe qualcosa, così in fretta che non feci in tempo
ad avere alcun tipo di reazione: mi fermò tenendomi per un braccio, si piazzò
davanti a me e con fare prepotente mi lasciò un velocissimo bacio a stampo, per
poi darsela a gambe mentre mi urlava “così non puoi dire che stamattina non hai
assaggiato qualcosa di delizioso”.
“MA IO TI AMMAZZO!!!BRUTTO VERME!” iniziai a correre per
raggiungerlo, incazzata nera e ancora sconvolta, e lui, stranamente, rallentò.
Mi stava aspettando.
“Hai ragione, non ti ho nemmeno lasciato il mio numero…”
prese la cartina di una Brooklyn che aveva in tasca e ci scrisse su il suo
numero di cellulare, me lo infilò in tasca e sorridendo compiaciuto alzò lo
sguardo mentre io restavo ancora immobile e, nonostante il respiro ancora
affannoso per la corsa, muta come una perfetta idiota, indecisa se spaccargli la faccia o piangere
per l’umiliazione.
“Non fare quella faccia, tanto so che mi chiamerai prima o
poi! Sono Robert comunque, il piacere è tutto mio vedo!” disse ridendo, e
continuando a ridere, si allontanò correndo per le vie di una Londra che
cominciava ad affollarsi di gente frettolosa e col timore di far tardi a lavoro.
Pov Rob
Correvo in mezzo alla folla, anche se non avevo una meta,
avevo davanti a me un altro noioso e grigio giorno londinese, eppure correvo e
sentivo energia arrivare da ogni parte del mio corpo; l’avevo trovata, era lei
me lo sentivo! Sapevo che era solo questione di trovarla e poi tutto l’amore
che avevo dentro sarebbe potuto esplodere! Evvai Rob cazzo, è perfetta! Certo,
aveva un bel caratterino la ragazza! Ma mi andava bene così, ormai era troppo
tardi per far considerazioni sui suoi modi. Era un colpo di fulmine, ci avevo
sempre creduto e TAAAC, era arrivato. Salii di corsa sulla metro prima che le
porte si chiudessero alle mie spalle e restai immobile, improvvisamente
consapevole di aver fatto una cazzata: “che testa di cazzo, l’hai baciata,
l’hai presa per il culo e non le hai manco chiesto come si chiama, bravo
genio!” furono le parole che mi rimbombarono nella mente. Il bello era che solo
lei aveva il mio numero e non viceversa, chissà se mi avrebbe mai chiamato. Si,
lo avrebbe fatto, me lo sentivo, o almeno, ci speravo.
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