c. 1 gelosia
LOST
IN YOU
Parte
prima
Si
era innamorato di lui, ma non l' aveva ancora detto a nessuno. Non lo
aveva detto neppure a sè stesso.
Gokudera
pensava che quella Sazuki fosse una stronza, una zoccola -
anche
se non ne aveva le prove- e una puttana -che poi era la stessa cosa-,
non
ci poteva fare niente, non la
sopportava e gli stava sulle sue beneamate palle. Ormai non c'era
speranza di
togliersela di torno, lo aveva capito da un bel pezzo. Quella stronza
era onnipresente nella vita dell' idiota del baseball,
probabilmente seguiva Yamamoto anche nel cesso. Tutti dicevano che era
alta e slanciata, che fosse
carina, che i suoi capelli erano morbidi e biondi come il grano e gli
occhi azzurri come il mare. Gokudera se fosse stato il grano o il mare
avrebbe fatto una gran rivoluzione, e non solo perchè
venivano puntualmente tirati in ballo per descrivere qualche
bel pezzo di ragazza o di
ragazzo, assolutamente, o almeno non solo per quello, no, il suo
problema più grosso sarebbe stato quello di essere usato per
elencare le grazie di quella spilungona, perchè
sì,
Sazuki era più alta di lui di ben due centimetri. Ma
mettendo da
parte che lui non era nè mare e nè grano -grazie
al
cielo- a lui la tizia sembrava, usando le sue testuali
parole, un
cesso. Aveva l' impressione che i
suoi capelli fossero ossigenati e gli occhi a mala pena
passabili, decisamente troppo scuri. Meglio i suoi: due splendidi e
sexyssimi occhi verdi. Tutti
dicevano che la pelle della stronza fosse bianca come il latte e
morbida
come la pelle di un bambino. Sì, come il culo di un bambino.
Pieno di cacca. Gokudera sghignazzò al pensiero e per poco
la
sigaretta
che aveva tra le labbra non gli cadde. 'Fanculo alla zoccola.
-Yo, Gokudera.
Ecco l' idiota con la stronza, pensò Gokudera non appena le
sue
orecchie captarono la voce del ragazzo dell' oggetto del suo amaro
divagare. La cozza si artigliava al
suo braccio con le unghie laccate di rosa. Il guardiano della tempesta
si passò una mano sul viso, gliele avrebbe volentieri
spezzate
una ad una quelle unghie e poi che
diavolo ci faceva lei sul terrazzo insieme a loro?
-Idiota, il terrazzo e off-limits, non lo sai?
-Gokudera-kun, non preoccuparti, non è di nostra
proprietà.
Gokudera guardò il Decimo. Oh, Decimo, come può
farmi questo?
pensava. Ma se il suo juudaime acconsentiva allora va bene, che la
strega
di Biancaneve mangiasse pure con loro. Magari si girava e poteva
avvelenarle il bento.
La strega si accucciò tra Tsuna e Yamamoto, non gli aveva
ancora
lasciato il
braccio, poi finalmente -per chissà quale grazia divina- si
decise a sfilarlo, guardò Yamamoto e cicalò:-
Guarda,
Takeshi-kun. Ti ho preparato un bel pranzetto con le mie manine.
Gokudera aveva l' insano desiderio di vomitare. Troppo miele, gli
sarebbe venuto il diabete.
E poi non lo sapeva che il padre di Yamamoto e persino l' idiota erano
in
grado di prepararsi da mangiare? Cielo, Yamamoto-san aveva un
ristorante!
Il dubbio sorse spontaneo: A che serviva lei?
Yamamoto sorrise prendendo il portapranzo a forma di cuore, il sorriso
diventava sempre più ampio, forse gli sarebbe venuta una
paralisi facciale ma nonostante ciò sembrava felice:- E'
bellissimo. E
sembra anche buono! Grazie Akari-chan.
"Akari, che diavolo di nome è?! Insulso, tch. E che cazzo
è quel chan?!"
Quando era arrivata l' ora di ginnastica, l' unica in cui l'
idiota eccellesse,
Gokudera si era guardato intorno sospirando di sollievo. La strega non
c' era.
Corse verso il suo juudaime, stavano facendo le squadre per giocare a
calcio e lui voleva essere con il suo amato boss, con loro c' era
anche Yamamoto. A un certo punto Takeshi intercettò la palla
al posto di Tsuna. Che gli saltava in mente? Era riuscito a fare goal e
avevano vinto
il primo tempo. Gokudera attraversò il campetto correndo in
direzione
dall'
idiota, lo afferrò per la maglietta e lo
strattonò
tirandoselo dietro, in
disparte lontano dal Decimo:- Che diavolo stai facendo?
-Che sto facendo?- chiese di rimando Yamamoto confuso
-Quella palla era del Decimo!
-Gokudera, Tsuna non sarebbe arrivato a prenderla- spiegò
-Non importa! Così gli togli la scena.
Yamamoto non capiva di che diavolo stesse parlando Gokudera.
Ma che
razza di discorso è?
Con le sue mani coprì i polsi dell' altro e
lo allontanò. Non era così che lo
avrebbe voluto vicino:-
Lasciami. Il calcio è un gioco di squadra, bisogna fare il
bene
della squadra quindi. Tutti dobbiamo collaborare, anche tu.
Gokudera lo guardò in cagnesco, barcollò all'
indietro, le mani
si strinsero e dovette trattenersi perchè sentiva di tremare
e di
voler spaccare quell' insulsa faccia da schiaffi:-Io non
collaborerò mai
con te- urlava- piuttosto mi tiro
fuori. Mi dai fastidio, stronzo. Non dovresti nemmeno essere un
guardiano dei Vongola, non sai fare niente tu, sei solo un idiota senza
cervello. Mi fa schifo starti anche vicino, anche respirare la tua aria!
Gli occhi di Takeshi erano diventati incredibilmente grandi,
incredibilmente
tristi. Aveva aperto la bocca per dire qualcosa anche se in
realtà era senza parole, si chiedeva da dove provenisse
tutta
quella furia,
cosa aveva fatto per meritarla. Glielo avrebbe volentieri domandato
anche
se
sapeva che
le sue parole sarebbero uscite come una supplica stentata. In teoria
lui non
aveva fatto niente di sbagliato e la sua colpa più grande
era
solo
quella di non riuscire a capire l' amico in quell' istante. Gli
faceva
male perchè credeva di essere bravo a capire Gokudera, era
una
delle poche cose che pensava di saper fare e ora scopriva di non
riuscirci più. Sapeva solo una
cosa,
sfumata, incerta, un poco appannata: sapeva che Gokudera aveva
qualcosa,
sapeva che
Gokudera
stava soffrendo altrimenti non si spiegava tutta quella sua
aggressività.
Ma lui non sapeva perchè.
E. peggio ancora, non sapeva nemmeno
che fare.
Faceva dannatamente male e quel suo innato ottimismo, il suo
tanto declamato buon umore riparatore andava a farsi fottere, buttato
via come se non fosse mai esistito, come se non avesse mai fatto parte
della sua natura. Non sapeva cosa fare, se lo ripetè a denti
stretti mentre più si sforzava per trovare una soluzione e
più la sua mente sembrava oscurarsi capricciosa, e quel
senso di
impotenza gli pizzicava ancora di più dispettoso il cuore
perchè si trattava di lui.
Allora si prendeva gli insulti e le sfuriate
sebbene fossero coltelli puntati allo stomaco.
-Non è vero- sussurrò alla fine, a voce bassa per
non apparire
isterico o stridulo o qualsiasi altra cosa- non è vero
Gokudera.
Ammettilo Hayato, avrebbe voluto dirlglielo Yamamoto, ammettilo che l'
aria che respiro è la stessa che vorresti respirare, quella
di
un bacio, che starmi vicino è la cosa che più ti
completa, che se quel vicino diventa un poco più lontano
allora
desidereresti annullare ogni distanza. Ammettilo. Perchè
è quello che provo io, avrebbe voluto aggiungere magari.
Yamamoto socchiuse le palpebre degli occhi scuri e ingoiò
amaro quella preghiera che
sapeva di fiele, arricciò le labbra in un modo un po'
infantile
e alla fine tese la mano, avrebbe anche parlato forse ma una voce lo
sorprese
facendolo girare verso il nuovo venuto. Era Akari, la sua
Akari
dalle
trecce perennemente arruffate e il fiocco allentanto sulla divisa,
avanzava veloce verso i due ragazzi, allargò le braccia e si
mise
davanti a Takeshi, fronteggiando Gokudera:- Non puoi parlargli
così, stronzo!
Lo proteggerà, oh se lo proteggerà, si diceva
Akari
facendo rimbombare quell' urlo di guerra dentro la
sua testa.
Gokudera aveva infilato le mani in tasca, indeciso se pescare una
sigaretta o
un candelotto-Fatti i cazzi tuoi- alla fine non prese nè l'
uno e
nè l' altro e decise di sorbirsi la paternale di quella
strega magari
disconnettendo tre quarti del proprio cervello.
-Sono cazzi miei. Sono cazzi miei perchè Takeshi-kun
è il
mio fidanzato... e... e gli voglio bene! Sei un ragazzino immaturo,
Gokudera. Sei un
egoista, un prepotente, viziato, odioso. Te lo sogni di essere come
Yamamoto. Non puoi parlargli così, non puoi umiliare chi
vuoi,
la gente non è uno zerbino che puoi pestare a tuo
piacimento,
hai capito?! Hai capito?!
Akari si avvicinava sempre di più puntando l' indice contro
il
ragazzo, qualcuno avrebbe dovuto insegnargli un po' di educazione,
anzi,
proprio il rispetto. Akari sentiva di aver perso il controllo, il che
non era poi tanto inusuale, non era mai riuscita a tenere per
sè
i suoi sentimenti o più in generale i suoi pensieri, li
doveva
sputare e basta per sentirsi un po' meglio. Odiava
Gokudera Hayato, se non fosse stato un amico di Yamamoto probabilmente
non
sarebbe stato così, magari avrebbe provato semplicemente
indifferenza,
ma quel
ragazzino era a stretto contatto con Takeshi, un contatto che non
le piaceva perchè l' italiano a suo avviso lo trattava
davvero male. Uno come Gokudera non se lo meritava proprio Yamamoto
Takeshi. Aveva domandato un sacco di volte al suo ragazzo
perchè
gli fosse
amico ma lui rispondeva sempre con una scrollata di spalle: "E'
Gokudera", come se questo solo fatto avrebbe potuto giustificare un'
amicizia -che parolone- così
insensata. E allora la domanda rimaneva: perchè diamine sono
amici? Non lo capiva Akari, non lo capiva proprio.
Yamamoto vedeva le mani di Akari pericolosamente vicine al naso di
Gokudera, le mise una mano sulla spalla:- Basta così-
affermò semplicemente mentre lei si voltava stupita, le
regalò un sorriso-
grazie, ma ora ce ne andiamo, ok?- era un sorriso malinconico e un po'
triste quello che comparve quando
fece scivolare la propria mano dalla spalla della ragazza fino alla sua
stringendola stretta.
-Ciao Gokudera- aveva detto prima di andar via.
Gokudera li guardava. Una cosa che non avrebbe mai immaginato
è che potesse fare davvero così male. "E' il mio
carattere. E' il mio carattere", urlava nella sua testa, "non ci posso
fare niente. E' così. Chi mi vuole mi prende
così", ma
poi pensò che forse nessuno lo avrebbe preso, che nessuno lo
avrebbe voluto,
soprattutto così. Si sedette sull' erba con un tonfo e
rimase
fermo a fissare le zolle di terra scoperta sotto di sè
per un tempo che parve infinito.
" Forse la strega ha ragione, forse ha capito Yamamoto meglio
di
me. In realtà io non mi sono mai sforzato di capirlo. Ecco
il
risultato, lei se lo è preso. Me lo ha portato via. Sazuki
1. Gokudera 0"
Questo pensiero fu come un pugno in faccia -quello che aveva
schivato prima forse- Gokudera rimase perplesso, le mani che
stavano andando a frugare nelle tasche restarono a mezz' aria e non
poteva fare a meno di domandarsi da dove diamine fosse
spuntato. Me lo ha portato via, che voleva dire questa frase? Yamamoto
non era di sua proprietà, non lo era mai stato, lo aveva
sempre odiato, sfidato, tenuto alla larga, almeno dal suo punto di
vista. Non gli era mai
importato niente
di lui. Niente. E allora perchè? Che voleva dire quella
frase?
Infilò finalmente la mano in una tasca, ne tirò
fuori il pacchetto di
sigarette, ne prese una e iniziò a respirare a fondo fumo e
nicotina,
nocotina e fumo. Veleno. Veleno che gli ammazzava la gola, i polmoni,
il
naso, il sangue, il cervello. Veleno che arrivava alla testa come una
medicina amara a cui tutti fcevaa schifo l' odore, il sapore, non a
lui, che lo faceva
sentire leggero. Gli occupava la testa e oscurava i pensieri.
A lui non piaceva Yamamoto. Non gli piacevano i ragazzi soprattutto.
Però perchè quando aveva creduto di amare Tsuna
non gli aveva
fatto schifo? Lo aveva accettato rassegnandosi ad un amore che sapeva
impossibile? Perchè tutti lo sapevano, Tsuna era cotto di
Kyoko.
Perchè era lealtà, è
lealtà. Ammirazione,
fede incondizionata, la fede di un guardiano nei confronti del boss.
Nel mondo della mafia funzionava così, così era
stato
educato, questo aveva desiderato, per questo era venuto in Giappone.
Non era amore. Per questo lo aveva accettato.
E Yamamoto, fottuto idiota, che diavolo era?
Si alzò. Troppo scomodo, si disse. La domanda, non il
terriccio. Troppo
scomodo. Spenta la sigaretta ne accense un' altra, il pacchetto si
era svuotato, lo annusò prima di accartocciarlo e buttarlo
malamente in un
cestino di passaggio.
***
Dopo quel
bacio tutto il suo mondo era cambiato.
La mattina dopo era tutto dannatamente, schifosamente bianco.
Dolcemente bianco. Malinconicamente bianco. Gokudera chiuse la finestra
contrariato e rientrò dentro, diede un occhiata veloce al
letto
sfatto, volendo avrebbe potuto rimettersi sotto le coperte e non andare
a
scuola.
Ma anche no.
Uscì dalla stanza e andò a farsi la doccia.
Yamamoto era caldo, aveva pensato mentre l' acqua gli scendeva sulla
pelle, dandosi poi un pugno sulla testa e scrollando le spalle per il
pensiero molesto.
Tornò immediatamente su territori più sicuri: il
Decimo non
poteva stare senza di lui. Ecco, già era un pensiero che
andava meglio.
Si mise il cappotto pesante e il
cappello, era uscito, aveva chiuo la porta, alla fine era ritornato
indietro. Prese anche la
sciarpa e si richiuse la porta alle spalle. Due passi, era arrivato al
cancello, la mano sulla maniglia, lo socchiuse appena,
tornò di
nuovo indietro. Si sarebbe messo anche i guanti.
"Sciarpa, guanti, cappello" controllò guardandosi veloce
allo specchio
e toccandosi in successione con l' indice prima la testa, il collo,
alzò infine le mani guantate davanti al suo riflesso. "Ok,
tutto a posto"
Sbuffò, faceva freddo e aveva sonno. La
notte aveva
faticato ad addormentarsi, in realtà andava sempre a letto
tardi
ma quella volta si era messo nel letto a fissare il soffitto, poi la
sveglia, l' armadio, i libri sulla
scrivania, il Vongola ring, di nuovo l' orologio e poi le sigarette sul
comodino, ne aveva presa una e l' aveva accesa.
Orologio-sigarette-vVongola ring,
orologio-sigarette-Vongola ring, fino a quando non aveva aspirato anche
l'
ultima boccata di fumo.
"Stronzo", pensò prima di spegnere la luce e fissare il
vuoto intorno a sè.
Ficcava i piedi nella neve e ad ogni passo si sentiva un idiota
conciato a quel modo, arrivò di fronte alla casa del boss,
fece
per suonare ma era scivolato, e non sulla neve, no, ma su quella che
riconobbe come una buccia di banana. Era strano ma non sentiva freddo
al
sedere, qualcosa lo aveva afferrato
per le braccia. Girandosi appurò che il qualcosa in
realtà era un qualcuno, era l'' ultima persona che avrebbe
desiderato vedere sulla faccia della terra. Si spostò come
se
fosse stato
bruciato dandogli uno spintone per mettere distanza tra loro.
Una voce più gelida della neve si insinuò nella
sua testa. La
prima voce del mattino, cazzo:- Dovevi lasciarlo cadere a terra
Takeshi-kun- Era Akari, grandissima scassapalle. Lo guardava dall' alto
in
basso con aria di sufficienza e le palpebre semiabbassate. Gokudera se
ne sbatteva e guardava a sua volta Yamamoto. Sembrava dispiaciuto, lo
vide sospirare
prima di dire:- Dì a Tsuna che siamo avanti,
perfavore.
La gallina gli prese la mano e se ne andarono così. Se
avessero
continuato rischiava di dover andare dal dentista, gli facevano schifo,
che si
fottessero. Soprattutto quella strega. Poi dovette ammettere che se
avessero continuato a quel modo probabilmente una visita dal dentista
sarebbe stata inutile. Ci voleva un cardiologo, ecco chi: qualcuno che
gli mettesse a posto il cuore. Magari che glielo sostituisse proprio
regalandogliene uno nuovo, possibilmente meno affetto da idiozia acuta
come quello che aveva al momento, magari poco incline a innamorarsi dei
coglioni del baseball e più in generale dei ragazzi. Anche
se
iniziava a pensare che il problema fosse solo Yamamoto. A lui non
piacevano i ragazzi, a lui piaceva quel
ragazzo.
-Jingle bell, jingle bell, jingle all the way...-
Dannate canzoni natalizie, dannate strade affollate di gente, appena
avesse visto un altro Babbo Natale che gli sbatteva in faccia la sua
schifosissima e rumorosissima campana lo avrebbe
ammazzato, giurò di farlo saltare in aria. Boom,
fuochi d'
artificio.
"Andiamo a fare spese tutti insieme!"Haru, stupida donna, lei e le
sue stupide idee. Se non fosse stato per il Decimo non si sarebbe
ritrovato a
dover sgomitare tra delle vecchiaccie grassocce e i loro marmocchi.
Alla fine ritornarono a casa che era quasi il tramonto, con le
borse piene di ninnoli inutili. Uno spreco.
-Guardate- Kyoko stava indicando qualocosa. Un albero di ciliegio
enorme. No,
Gokudera affilò meglio lo sguardo. Chiamate un
cardiochirurgo. Era qualcuno, una coppia- ci sono
Akari-chan e Yamamoto.
Haru si era messa a battere le mani come una scimmia, si
avvicinò a Tsuna con aria sognante:- Che bella
coppia Tsuna-san, anche noi un giorno saremo così felici.
Gokudera era rimasto imbambolato a fissarli. Che facevano? Pattinavano?
Lui non sapava
pattinare, ma la strega a quanto pare sì. Finalmente la
cozza
era caduta sul ghiaccio e Gokudera si consolò
pensando che
per lo meno stava per farsi una grossa risata
ai deanni del suo brutto muso. Poi però si iniziò
a domandarsi
perchè l' idiota l' aiutava a rialzarsi.
Lasciala lì!
Aveva iniziato a lisciarle i capelli e a sfreagarle la schiena con le
mani per riscaldarla chinandosi su di lei. Gokudera avrebbe voluto
saper
leggere il labbiale.
-Ora le dice ti amo- affermò Bianchi.
Akari, quella spilungona, si era fatta all' improvviso più
piccola, aveva strofinato la fronte contro il maglione di Takeshi
facendolo ridere. Che cazzo aveva da ridere?
Haru saltò per aria eccitata facendo prendere un colpo a
Gokudera
e stritolando Lambo che aveva preso ad agitarsi:-Ora la bacia, ora la
bacia-
-Mi sembra di guardare un bellissimo film romantico- infierì
Kyoko guardando Tsuna la cui temperatura corporea era improvvisamente
salita visto che Reborn per un attimo temette che le guance del suo
stupido allievo prendessero fuoco per davvero. E forse fu per questo
che gli buttò addosso un secchio d' acqua gelida pescata
chissà dove.
Yamamoto si era abbassato su di lei, sfiorandole il naso con il suo,
sorridevano come due idioti. Quando entrambi chiusero gli occhi e la
distanza di sicurezza si accorciava nuovamente a Gokudera
cadde la mascella e le buste
per terra, spalancò la bocca e anche la sigaretta fece un
capitombolo giù sulla neve. Il guardiano della tempesta mise
un
piede davanti all' altro, voleva correre, volare, fermare il tempo,
fermare il bacio di quella puttana. Avrebbe avanzato con la delicatezza
di un panzer pur di evitare quella catastrofe cosmica. Ma, il ma
è sempre in agguato, si sentì
afferrare il braccio, due
braccia, poi spinto a terra sotto una montagna umana.
-Stupide donne, lasciatemi! Lasciatemi- si muoveva come un anguilla
sotto
il peso di Kyoko, Haru, Bianchi e persino I-pin. Ma non lo sentivano
che era disperato? Che doveva fare? Mettersi a piangere come una
donnetta? Questo mai!- Lasciatemi!- urlò con tutta la forza
che
aveva,
raccogliendo tutta l' aria gelida che gli pizzicava i polmoni, lo
stomaco e la gola.
"Perchè il tempo non si puà fermare?"
Chiuse un occhio e strinse i denti, poi:-YAMAMOTO!
Aveva smesso di agitarsi e guardava con gli occhi spalancati l' idiota
che si era voltato verso di lui non appena aveva chiamato -gridato- il
suo nome.
Aveva davvero tanta voglia di piangere.
Non l' ha baciata, pensò sollevato. E allora
perchè Akari
aveva afferrato la faccia di Yamamoto e lo aveva fatto girare di nuovo
verso di sè? Perchè allora le sue labbra erano
spiaccicate contro quelle di Takeshi?
Alla fine l' aveva baciata sotto i suoi occhi mentre
lui era troppo impegnato a sbracciarsi su un pavimento di neve. Per
quanto ne avevano ancora? Gokudera iniziò a pensare che tra
poco avrebbero scoparo lì, sotto i
loro occhi, sulla neve.
-Fatemi alzare- intimò con voce ferma, distante. Raccolse le
borse che
gli erano cadute dando le spalle a tutti, a quelle voci
entusiaste
per quell' amore felice- Siete delle stupide
Era calato il silenzio, gelido come la neve su cui era stato sbattuto
pochi minuti prima.
-Testa a polpo- esclamò Ryohei che come al solito aveva
capito
poco o niente della situazione- perchè hai chiamato Yamamoto
in
maniera estremamente forte?
-E hai dato delle stupide a delle belle ragazze?- si aggiunse Haru
Gokudera vide che gli altri
lo guardavano in modo strano, in attesa di una sua risposta,
tossì appena, modulando la voce in un tono
neutro, più calmo- volevo dire che non sta bene
spiarli.
Kyoko annuì salvandolo dall' imbarazzo di rispondere anche
alla
domanda del guardiano del sole:- E' vero, siamo stati irrispettosi.
Meglio andar via.
Lasciò che gli altri lo superassero, Bianchi si era fermata
al suo fianco- Andiamo?- aveva chesto
Il fratello rispose con un altra domanda:- Poco fa hai detto che le
ha... detto ti amo. Come fai a saperlo?
Bianchi lo guardò un poco stupita, la testa inclinata
lievemente di
lato:- Non lo so infatti, l' ho solo supposto. Sembravano molto felici
e
un ti amo ci stava bene. Era una scena romantica.
L' aveva detto anche Haru, che erano felici, constatò il
guardiano. Si vedeva
così tanto la loro felicità? Da cosa lo capivano
gli
altri che quei due erano felici?
E alla fine della giornata stringendo una tazza di caffè
nero
affacciato alla finestra Gokudera pensava che la neve faceva proprio
schifo,
che se guardavi bene era sporca di asfalto, di smog e di
fango,
che
ce ne era troppa e quindi i treni e gli autobus sarebbero di
sicuro arrivati tardi,
che si rischiava di rimanere imbottigliati nel traffico dietro a lunghe
code perchè nessuno aveva voglia di uscire a piedi e morire
di
freddo, che bisognava
fare una fatica enorme per spalarla via, che fuori faceva
così
freddo che ci sarebbe stato bisogno di uscire con almeno due cappotti e
tre maglioni iniziando a muoversi di conseguenza come papere.
Decisamente la neve non era poi così bella. Che ci
trovava la gente? Dicono che sia romantica, lui tutto questo
romanticismo non riusciva proprio a vederlo.
Quel bacio in compenso se lo rivedeva di nuovo sotto agli occhi.
Avrebbe voluto
esserci lui lì, al posto di Sazuki. Si toccava le labbra, si
sfiorava
i capelli con la mano libera strigendoli forte per la rabbia e la
frustrazione, avrebbe voluto esserci
lui lì, si ripetè.
-Cazzo...- strinse i denti, un nodo gli si era formato in gola, sentiva
il naso
arrossarsi, si morse le labbra ma una lacrima silenziosa scense
ugualmente sulla sua guancia per quella sera e per la prima volta aveva
preso atto che forse
quell' idiota aveva cambiato il suo mondo più di
quanto pensasse.
***
Akari, la mia Akari
Yamamoto si infilò i guanti che Akari gli aveva
regalato
qualche
giorno prima, sfregò le mani per riscaldarsi, le
portò
alla bocca iniziando a soffiare pensando che fa dannatamente freddo
eppure
uscirà ugualmente, andrà al parco e
incontrerà
Akari. Cinema, cena, una passeggiata sulla neve e poi a casa sotto le
coperte. Takeshi divenne rosso al pensiero e si sfregò le
mani
con gli
occhi e chissà perchè non poteva fare a meno di
pensare all' improvviso a Gokudera domandandosi come stesse il famoso
smokin' bomb.
Quando arrivò, Akari non è ancora arrivata, la
vidi pochi minuti
dopo venire di corsa verso di lui, inciampando sulla neve e rialzandosi
come una bambina, le guance rosse, le trecce bionde sfatte come sempre,
forse più del solito.
Si era piegata sulle ginocchia col fiatone:-Scu... scusami per il
ritardo Takeshi-kun
Yamamoto fece spallucce:- Fa niente.
Era proprio carina Akari. Avevano frequentato la stessa scuola per anni
eppure si erano incontrati solo da poco, Takeshi pensava che era strano
visto
che Akari era anche il capitano della squadra femminile di
pallavolo dell' istituto. In realtà, fu costretto ad
ammettere che forse non si era mai accorto prima di quella
spilungona un po' goffa e sorridente perchè la sua testa era
sempre stata rivolta su altro e poi non bisognava scordarsi
della battaglia con i Varia e
poi del viaggio nel futuro... insomma un bel po' di grattacapi per un
povero adolescente. Yamamoto aveva conosciuto Suzuki Akari
più o
meno sei mesi prima nell' infermeria della scuola, non si era
sentito molto bene probabilmente per via di qualche influenza
stagionale. Dal letto accanto aveva sentito qualcuno
lamentarsi, aveva
fatto discretamente capolino dalla tenda che lo separava dal paziente
misterioso e aveva visto una
ragazza bionda con un occhio nocciola e uno azzurro e e le
gambe
che
sporgevano fuori dal lettino di qualche centimetro abbondante, rumorosa
e con la faccia rossa che si lamentava a gran voce del suo triste
destino, di quanto fosse sfortunata, di quanto le facesse male la
faccia. Yamamoto si era guardato intorno ma non aveva visto nessuno.
-Pa... parli da sola?- le aveva domandato esitante facendosi avanti
Alla ragazza per poco non veniva un colpo, aveva urlato ed era caduta
già dal lettino:- OMIODIOMAMMAMIACHEPAURA!
Yamamoto non credeva di fare tanta paura alla gente e allora aveva
pensato di essere gentile, come sempre, voleva rassicurarla, si era
abbassato in ginocchio e le aveva teso la mano.
Poteva giurare di aver visto la faccia di Akari diventare ancora
più rossa:- Yamamoto Takeshi!- aveva ululato semplicemente
prima
di strisciare contro il muro e poi sul letto alla ricerca ossessiva di
qualcosa.
Yamamoto la guardava senza capire un accidenti grattandosi il collo:-Ti
aiuto se vuoi, dimmi cosa cerchi
Akari si era girata verso di lui agitando la testa e le mani:- No no no
no no
E Yamamoto forse in quel momento ci aveva fatto caso davvero:- Hai gli
occhi di un colore diverso- aveva affermato candidamente con un sorriso
stampato sulle labbra.
Lei si era guardata la punta delle scarpe imbarazzata:-No... ecco...
è che... la verità è che ho perso la
lente a
contatto. I miei occhi sono scuri... ma mi piace l' azzurro.- aveva
concluso alzando il viso e sorridendo. Takeshi era scoppiato in una
risata divertita:- Anche a me piace l' azzurro- aveva detto indicando
sè stesso.
Da quel momento in poi si era ritrovato a parlare con Akari sempre
più spesso, di quella ragazza non poteva fare a meno
di apprezzare il sorriso e la
sincerità. Sembrava capirlo.
-Oggi le mie unghie sono blu- aveva esordito un giorno non appena lo
aveva visto mostrandogli orgogliosa la mano sinistra. Yamamoto aveva
sorriso, si sentiva incredibilmente bene, incredibilmente a suo agio,
tutte le preoccupazioni di quei mesi sembravano essere sparite con un
colpo di spugna. Akari e Gokudera però con suo sommo
rammarico non andavano per niente d' accordo,
ogni occasione era buona per punzecchiarsi e uno dei motivi per cui il
ragazzo probabilmente la malsopportava era di sicuro l' altezza. Akari
era decisamente più alta di Gokudera ed entrambi non
perdevano
occasione per lanciarsi reciproche frecciatine poco
delicate sulle rispettive altezze.
Non potevano essere più diversi, notò Yamamoto
non appena
li accostò per la prima volta. Forse, si disse, forse era
per
questo che Akari gli piaceva tanto. Era l' anti Gokudera e questo gli
permettava di scordarsi per un momento che il guardiano della temepsta
esisteva, c' era prepotentemente nella sua vita e ovviamente questa non
era colpa di Hayato, no, era colpa sua che di Gokudera aveva fatto il
suo sole. La cosa assurda è che lo aveva fatto
consapevolmente,
lo aveva visto e lo aveva riconosciuto in un certo senso, aveva
riconosciuto in lui l' altra metà della troppo decantata
mela, quella che poteva
riempire il buco che tutti ci portiamo nell' anima prima di trovare l'
amore. Non ci aveva riflettuto granchè, voleva essergli
amico,
poi voleva stargli vicino in una maniera che non riusciva a definire
bene, alla fine aveva capito di essersi ritrovato innamorato.
E Akari era la medicina, sembrava essere arrivata al momento giusto,
proprio quando il mondo gli era caduto sulle spalle e credeva di non
riuscire più a sopportare il dolore, la confusione. Non
è
facile scoprirsi innamorati di un ragazzo, soprattutto di uno come
Gokudera.
Era stata Akari a dichiararsi quasi quattro mesi prima. Era un
mercoledì e come ogni mercoledì loro andavano al
cinema a
vedere qualcosa, non importava di cosa si trattasse, qualcosa di
mercoledì dovevano vederla. Erano usciti dalla sala e
stavano
camminando verso casa attraverso il parco, Akari si era seduta su
una panchina invitandolo a fare lo stesso battendo la mano sul posto al
suo fianco. Aveva iniziato a guardare
verso il basso e a giocare nervosamente con una delle trecce
-stranamente in ordine- era tutta rossa e aveva balbettato, fatto giri
di parole prima di arrivare al punto:- Sai Yamamoto è da
molto
che ti osservo- Akari lo aveva guardato di sottecchi in attesa del
barlume di una reazione inesistente, in effetti non aveva ancora detto
nulla di compromettente così continuò- ti
osservo, ho
fatto il tifo per te praticamente da sempre, ho visto quasi tutti i
tuoi allenamenti. No, non sono una stolker- rise nervosamente- il fatto
è che tu mi piaci Yamamoto Takeshi, mi piaci tanto.
Yamamoto si era grattato nervosamente la nuca, aveva guardato il
tramonto e il laghetto placido davanti a loro, i suoi occhi sembravano
completamente immersi in pensieri troppo profondi per essere capiti,
per essere raggiunti o toccati, furono solo pochi secondi, forse un
minuto appena, pensò Akari, un minuto interminabile, ma
Yamamoto
non staccava gli occhi dal panorama che si stagliava davanti a loro
come se ci vedesse qualcosa che gli altri non potevano vedere,
abbassò appena la testa fissando le mani strette sulla
stoffa
dei pantaloni, sospirò e sorrrise alzando la testa verso di
lei.
Aveva deciso:- Anche tu mi piaci Akari.
E da quel momento Akari divenne la sua Akari. Akari con cui ridere,
Akari con cui scherzare, Akari con cui giocare a baseball o a pallavolo
o con cui correre, Akari con cui parlare di tutto e di niente, Akari
con cui stare in silenzio se non aveva voglia di parlare, Akari da
proteggere, Akari da appoggiare nei suoi folli progetti, Akari da
stringere, baciare,
toccare. Akari.
Akari a cui volere bene per non pensare e poi Akari a cui
volere bene perchè se lo meritava davvero.
***
Vedere il futuro a tutti
i costi.
Gokudera avevaa trascorso le due settimane, i tre giorni,
le due
ore, i tredici minuti e i ventinove secondi successivi allo sciagurato
evento a evitare l' idiota e la sua metà. Un tempo insomma
ragionevole per riprendersi psicologicamente dall' infausto incidente e
per ponderare sul da farsi. Alla fine aveva deciso di dichiararsi
al baseball freak. Dopo essere stato nel futuro e aver
appurato
che Yamamoto Takeshi non fosse sposato -e magari non avesse prole- con
quella strega spilungona -o con qualsiasi altra donna-. Se insomma nel
futuro di dieci anni dopo loro fossero stati insieme -o ne avessero per
lo meno avuto la benchè minima possilità- allora
avrebbe
triturato il suo orgoglio e avrebbe esposto con calma i suoi sentimenti
al guardiano della pioggia. L' idea gli era venuta mentre ritornava dal
combini vicino casa sua e una donna appostata fuori un tendone viola lo
aveva trascinato all' interno del suddetto per predire il suo futuro.
Lì per lì lo smokin' bomb aveva reagito
sbraitando
insulti a destra e a manca e minacciando di far saltare tutto quanto,
poi però si era proclamato disperato e aveva versato sul
tavolo
della donna tutte le sue indicibili pene d' amore oltre che una
consistente mancia. In realtà non aveva saputo niente di
nuovo:
la sua linea dell' amore faceva schifo e la persona che amava era
già impegnata. Una cosa però aveva saputo, la
donna gli
aveva detto di lottare per il suo amore se non voleva avere rimpianti.
Lui da solo probabilmente non ci sarebbe mai arrivato. La sera a casa
poi mentre Uri gli graffiava la faccia perchè il pesce non
era
di suo gradimento, osservando il gatto si era ricordato che se non
fosse
stato per il viaggio nel futuro lui in quel momento non avrebbe avuto
tra i piedi il felino, Tsuna non avrebbe avuto Natsu e compagnia bella.
Il futuro. Era stato un periodo decisamente ricco, un casino di
proporzioni cosmiche e fu in quel momento che gli tornò alla
mente una foto vista di sfuggita tra le scartoffie dello Yamamoto
più grande e su cui non aveva voluto indagare, la fotografia
a
cui si riferiva ritraeva lui e l' idiota di dieci anni dopo di fronte a
Palazzo Vecchio a Firenze. Erano solo Gokudera e Yamamoto, sorridenti e
in una delle più belle città del suo paese.
Gokudera
aveva sentito sin da subito puzza di bruciato.
Il giorno dopo si era recato a casa del suo Juudaime.
-Juudaime, chiedo il permesso di utilizzare il juuneen bazooka di
quella stupida mucca per recarmi nel futuro. Sarebbe ottimo se Giannini
potesse apportarvi qualche modifica in modo da farmi restare
più
di cinque minuti.
-Pe- perchè?- aveva domandato timoroso Tsuna.
Gokudera alla scomoda domanda arricciò le labbra e si
fissò i pollici.
Tsuna allora sorrise:- Va bene Gokudera-kun, non devi spiegarmi niente.
Mi fido di te.
Ora Gokudera si sentiva doppiamente felice, il suo amato boss gli aveva
detto che si fidava di lui:- Grazie Juudaime, grazie! Non la
deluderò mai, la sua fiducia è ben riposta!
Grazie.
-Più che altro- aveva aggiunto Tsuna dubbioso guardando
Lambo
giocare con una biglia colorata- bisognerà convincere Lambo
a
prestarti il bazooka.
Gokudera sorrise certo dei suoi mezzi (e quando faceva così
il povero Tsuna non prevedeva niente di buono):- Non c' è
problema
juudaime- Si diresse dal bimbo con passo felpato. Stabilì il
suo
tono di voce sulla frequenza dolce e carino mode-on:- Lambo-san...-
sorrise da un
orecchio all' altro mentre il bambino si voltava verso di lui prima
annoiato e poi terrorizzato. Lambo si spiaccicò contro la
scrivania mentre Gokudera scivolava sulla biglia del Bovino soffocando
a stento un' imprecazione degna da Oscar e il bambino lo indicava
terrorizzato e sull' orlo delle lacrime:- Che vuoi da Lambo-san,
Stupidera?! Lambo non ha fatto niente, non è stato Lambo a
rompere i tuoi cd!
L' ombra del guardiano della tempesta si erse minacciosa e furente fino
ad oscurare i timidi raggi del sole invernale:- Tu cosa?
-L-Lambo-san- il Bovino balbettava in preda al panico. E allora fece
ciò che faceva sempre: tirò fuorì il
bazooka dei
dieci anni, solo che quando gli occhi dello smokin' bomb si
illuminavano
in un misto di gioia e soddisfazione e le mani si tendevano verso l'
arma, Lambo la ricacciò dentro.
-Che diavolo stai facendo?!
-Lambo-san non ha paura di te Stupidera, ghyaahahaha- e gli fece una
pernacchia.
Gokudera si girò due secondi indeciso sul da farsi, si morse
la
mano per il nervoso, si voltò di nuovo verso il bambino e
ritornò di nuovo dolce, sorridente e coccoloso:- Lambo-chan,
guarda cosa ho qui? Tante caramelle. A te piacciono le caramelle vero?
Il bimbo annuì un po' dubbioso.
-Ne ho uno scatolo intero. Te le darò se tu mi dai il tuo
bazooka.
E Lambo allora assunse una tonalità bluastra, si
accucciò
torcendosi la coda vagando con lo sguardo imbarazzato per la stanza.
Fece insomma ciò che faceva sempre quando si parlava di
bazooka:
negò.
-Il boss non vuole che Lambo-san usi il bazooka quindi Lambo-san che
è un bravo bambino non lo usa.
Tsuna assistiva impotente -sconvolto- alla scena. Una cosa simile gli
era
già capitata in passato. Come prevedibile Gokudera perse la
pazienza e afferrò Lambo iniziando a scuoterlo come un
milk-shake:- Non l' hai mai usato eh? Lambo è un bravo
bambio?!
'Sti cazzi, pezzo di cretino! Sputa fuori quel fottutissimo bazooka,
dammelo!
Alla fine Gokudera ottenne l' agognato bazooka -e anche di far vomitare
Lambo per tutta la stanza costringendo Tsuna a ripulire e a dormire nel
salotto in attesa che il fetore passasse- e lo portò da
Giannini. Strano ma vero, l' arma funzionava ancora. Poteva stare nel
futuro non cinque minuti, bensì sette. La prima volta che lo
utilizzò si trovò nel bel mezzo di una missione
con i
proiettili che gli cadevano addosso come pioggia a catenelle e Yamamoto
che gli parava il culo buttandolo a terra dietro a un muretto mentre
gli chiedeva:- E tu che ci fai qui?
Neanche il tempo di chiedere:- Ma sei sposato?- che puff, era di nuovo
nella sua vecchia Namimori.
La seconda volta si era ritrovato nella sua spaziosa vasca da
bagno e quindi era assai probabilme che il suo sè stesso
più grande si trovasse nel giardino di casa Sawada
completamente nudo come un verme, sbuffando non fece nemmeno la fatica
di uscire fuori
perchè il cambio dei vestiti con altri asciutti gli avrebbe
fatto comunque sprecare il tempo a disposizione.
La terza volta si ritrovò nel bel mezzo di una riunione con
Tsuna e gli altri che lo tempestarono di domande sul perchè
si
trovasse lì, se nel passato era tutto a posto e robe varie.
Una
figura di cacca insomma. L' ennesima.
Quarta volta e altro tentativo, si era ritrovato in quello che
probabilmente era il suo ufficio, era corso fuori nel corridoio, aveva
cercato l' ufficio dell' idiota, aveva saputo da Ryohei che non c' era,
e allora aveva messo il proprio studio sotto sopra alla ricerca di un
indizio inesistente.
Alla quinta volta il suo sè stesso di dieci anni dopo doveva
essere piuttosto incazzato se aveva chiesto a Tsuna di consegnargli un
biglietto in cui gli chiedeva cortesemente di smetterla di scassargli
le palle con quelle improvvisate poco gradite e di fargli sapere in
qualche modo che diavolo voleva visto che aveva trovato l' ufficio nel
casino più totale e li stava ricoprendo entrambi di
merda con quel comportamento infantile.
L' ultima volta che era stato nel futuro si era limitato a lasciare un
biglietto sulla scrivania del sè stesso più
grande.
"Yamamoto è sposato? "
La risposta era stata una foto sulla scrivania della propria stanza.
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HARU DICE:
Eccomi con un nuovo lavoretto, giusto per non allontanarmi troppo dal
fandom, da EFP e soprattutto per mettere su carta -o pc- qualche
ideuccia discreta che giace solitaria -ma neanche tanto- nei meandri
del mio computer.
Mi scuso infinitamente se ho smesso di commentare le storie che
seguivo, se non lo faccio è perchè non ho il
tempo
materiale di leggerle, perdonatemi >.<
Se a qualcuno può interessare ho iniziato a lavorare su un
nuovo
capitolo di Break, ho iniziato a lavorare su un sacco di cose a dirla
tutta e tutte incompiute -.-, ma sorvoliamo. Parlando di questa ff
prevedo di svilupparla in due capitoli in tutto, quindi il prossimo
dovrebbe essere l' ultimo. Mi scuso per eventuali errori di distrazione
o nei tempi verbali, soprattutto per questi ultimi preciso che la ff
dal punto di vista dei verbi, tempi e persone, è stata
cambiata almeno tra volte integralmente perciò abbiate
pietà se qualcosa è rimasta indietro. I
pg forse sono leggermente OOC, non saprei ma mi piaceva immaginare
queste situazioni, per altro probabilmente poco probabili. Il titolo
della storia è quello di una canzone dei Three Days Grace (e
quando mai) su cui ovviamente non ho diritti. Detto
questo, spero che la storia vi piaccia un pochino e decidiate
di
lasciare una traccia del vostro passaggio. Grazie.
Haru.
DISCLAIMER: Katekyo
Hitman Reborn e i suoi personaggi non mi
appartengono ma sono degli aventi diritto.
La storia non
è
scritta a scopo di lucro.
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