Sugar
and spice, and everything nice, he wasn't made for only girls.
Sono Takanori
Matsumoto, dolce e piccante, tutto carino e agghindato, ma non
materiale per sole ragazze.
Avevo quattro anni,
quando tutto iniziò. Non ricordo di preciso il giorno, ma
questo non è poi così importante ai fini della
mia storia. Credo fosse un sabato, comunque, se proprio lo volete
sapere. Quella mattina, a casa, c'eravamo solo io e mio padre. Mia
madre era uscita a far compere, come credo ancora oggi sia solita fare.
Ha sempre avuto quella di andare dal fruttivendolo, alla pescheria,
eccetera eccetera al sabato mattina. Lo so perché
più volte è capitato che mi portasse con lei, un
po' come fossi un cagnolino. Non che mi ritenesse il suo bastardino da
compagnia, non sto dicendo quello. Ma le vecchiette e le altre donne in
generale ci fermavano sempre perché sembrava rischiassero
di schiattare a non esternare la loro
gioia nel vedere un bambino così bello e congratularsi con
mia madre - come fosse stato solo merito suo, poi.
In ogni caso,
quella volta non mi portò con sé. Ricordo che
vagavo indisturbato per casa nel mio pigiamino, felice di non dover
essere alla scuola materna. Odiavo quel posto, e ancor più
le persone che lo frequentavano. Le maestre mi trattavano come un
ritardato e gli altri bambini mi escludevano perché mi
ritenevano diverso. Non che me ne importasse qualcosa, erano solo un
branco di idioti, tutti quanti.
Mio padre si era
piazzato davanti alla televisione, mi pare ci fosse una partita di
baseball o qualcosa del genere, così non badava a me
più di tanto. Credo sia per questo che entrai di soppiatto
nella stanza dei miei, lui non voleva che ci andassi. Fu un rischio,
quello che corsi, perché se mi avesse scoperto si sarebbe
certamente arrabbiato, avrebbe urlato come un dannato eccetera
eccetera. Ma quella volta non mi beccò, se proprio ci tenete
a saperlo.
Una cosa che mi
aveva sempre affascinato era vedere mia madre mentre si truccava, la
mattina, prima di uscire. La osservavo attentamente, come rapito
dall'eleganza con la quale sembrava mettersi il rossetto e quel solito
filo di fard. È un po' un'arte, quella di truccarsi, non
è mica cosa da tutti. Ho sempre pensato che lei fosse la
migliore, in assoluto. Certo chiunque, a meno che non abbia un qualche
handicap o chessoìo, può afferrare un fottuto
pennellino e mettersi un po' di ombretto, ma mai nessuno lo
farà bene come lo faceva mia madre.
Comunque
mi misi a ficcanasare un po' in giro. Sono sempre stato maledettamente
curioso, io, devo ammetterlo. Aprii più o meno tutti i
cassetti, le varie scatoline e portagioie eccetera eccetera. Poi, come
spinto da non so cosa, iniziai a provare i vestiti e le scarpe coi
tacchi e sfilare per la stanza passando apposta davanti allo specchio.
Non avete idea di quanto mi piacesse quella fottuta
calzamaglia rosa
shoking.
Mi
sentivo un Dio, con tutto il rispetto. Sentii l'impulso irrefrenabile
di correre, prima in soggiorno e attirare l'attenzione di mio padre,
poi fuori di casa perciò che il mondo
intero
potesse vedermi; ma non lo feci, se proprio ci tenete.
Continuai
così per anni, alla fine. Poi dovetti smettere, ma fu una
vera e propria repressione, vi dico. Mio padre mi sbatté in
terapia, ritenendo che non fossi un vero uomo. Ma che
ne può sapere lui, non ha mai provato.
Ad ogni modo, ora
sono adulto e vaccinato, vivo per i fatti miei e ho un lavoro che mi fa
guadagnare quanto mi basta per spassarmela. Molte delle persone che
conosco, anche se alquanto superficialmente (colleghi di lavoro e via
dicendo), crede che per un periodo mi prostituissi. Devo aver ancora
scritto in fronte «puttana» da quella volta che al
liceo mi pestarono. È così che mio padre mi sgamò, se proprio volevate
saperlo.
Il mio ragazzo
crede che tutta questa storia dello pseudo travestito sia una farsa, un
modo per prendere per il culo la gente. Non che abbia tutti i torti a
pensarlo, sarebbe una cosa proprio da me, se ci tenete a saperlo.
Crede anche che sia un'esagerazione dovuta a quella volta che scoprii
che sul web giravano voci secondo le quali ero gay e mi incazzai a
morte, ma, sinceramente, di dare così a gratis un'ulteriore
motivazione per la quale pensarlo, non mi passa nemmeno per
l'anticamera del cervello. Avete ragione anche voi, a ribattere che
appena qualche momento fa ho affermato di stare con un uomo, ma
fidatevi se vi dico che Ryo Suzuki sa essere più donna di
me, in particolari occasioni.
E poi, se proprio devo dirlo, non è che abbia una bandiera
con su scritto «mi piace
conciarmi da donna» che sventolo a ogni
fottuta occasione, per cui davvero non capisco tutto questo accanimento
contro di me. Prendete il mio chitarrista, Kouyou. Lui è
certamente più femminile di quanto lo sia io. Eppure, a lui,
lo piazzano sempre a fare il macho incula piccoli vocalist indifesi. Mi
fa imbestialire ogni volta che ci penso, se proprio ci tenete che lo
dica. Ryo dice che sono troppo insicuro, che dovrei fregarmene
altamente e andare avanti per le mie. Ma in realtà gli fa un
sacco comodo, ogni volta mi offre un'opportunità di sfogo su
un piatto d'argento. O, dovrei dire, su un letto dalle lenzuola
leopardate con tanto di manette in tinta. È per questo che ho avuto
più uomini, nella mia vita, che donne. Non è che
non mi interessino, ve l'ho detto, è solo che non capiscono.
Sono Takanori Matsumoto, dolce e piccante, tutto
carino e agghindato, ma non materiale per sole ragazze.
DE's:
Non ho molto da
dire al riguardo, solo un paio di cose che, ohlallà!,
riuscirò a unire in un unico periodo. Questa fic nasce
quando, questa mattina, mi capita di ascoltare King For A Day dei Green
Day, sul quale testo è difatti basata, e mi viene in mente
di promuovere Ruki da puttana a drag queen. Nulla di serio, solo un
modo diverso per perdere un po' di tempo.
Ah, già
che ci sono. Non ritengo che mi sia venuta particolarmente bene, mi
aspettavo di fare di meglio, sinceramente, ma amen.
Mi eclisso,
see ya!
badspider.
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