Zayn
riusciva quasi a
sentire le voci di quei paparazzi che avevano invaso casa sua pochi
giorni
prima, che avevano quasi sfondato la porta per entrare. Si ricordava di
come
aveva chiuso una finestra terrorizzato, dopo aver visto uno di loro che
cercava
di scavalcare, e di come aveva controllato tutte le stanze abbassando
le
serrande e barricandosi dentro. Ricordava anche come aveva afferrato la
cornetta del telefono, tremando, e aveva composto il numero della
polizia, che
era arrivata solo dopo mezz’ora e aveva costretto i paparazzi
ad andare via; ma
lui non aveva aperto la porta nemmeno agli agenti, aveva troppa paura.
Assurdo come circa una settimana prima fosse uno dei ragazzi
più amati d’Inghilterra
e adesso era costretto a stare chiuso in casa per la troppa paura.
Aveva
controllato su internet, le foto erano in ogni sito, anche quelli che
non
riguardavano lui o la sua band: molte fan erano felici, altre
incredule, ma
sapeva che d’ora in avanti la sua vita sarebbe cambiata. E
non solo la sua. Non
sapeva cosa stesse facendo Liam, non sentiva nessuno da quel giorno:
era
ridicolo, lo sapeva, ma aveva paura anche di alzare la cornetta del
telefono.
Se solo quel giorno lui e Liam non fossero usciti insieme e, senza
pensarci,
non si fossero baciati in un parco apparentemente deserto, a
quest’ora tutto
sarebbe rimasto come prima e niente sarebbe stato svelato, almeno
finchè non si
fossero sentiti pronti entrambi.
La cosa orribile era che si sentiva incredibilmente solo e non sapeva
come fare
per rimediare. Gli mancavano i suoi compagni di band, gli mancava Liam.
Gli
mancava baciarlo, tenergli la mano, scompigliargli i capelli, prenderlo
in
giro. Gli mancava la sua voce profonda, il modo in cui gli diceva che
lo amava
e il modo in cui lo faceva sentire speciale mentre facevano
l’amore.
Gli altri tre componenti della band sapevano da tempo della loro
relazione, e
non poteva negare che quando li avevano informati erano rimasti
abbastanza
sorpresi. Ma poi la cosa era diventata assolutamente normale e
scherzavano tutti
insieme sull’argomento, molto spesso. Li conosceva bene,
sapeva che in quel
momento erano tutti preoccupati; probabilmente Niall era entrato nel
panico e
Louis era stato costretto a calmarlo, mentre Harry parlava al telefono
con Liam
della situazione. E Liam, chissà cosa stava facendo.
Un paio di giorni prima aveva anche tentato di accendere la tv, ma in
ogni
programma di gossip si parlava di loro due, quelle fottute foto erano
ovunque.
Nonostante la situazione non fosse delle migliori, Zayn non poteva non
pensare
che quelle foto però erano davvero belle: Liam gli teneva i
fianchi e lo stava
baciando, mentre le sue mani erano poggiate sui suoi avambracci. Se non
fossero
state oggetto di scalpore, a quest’ora ne avrebbe appesa di
sicuro una copia in
camera sua.
Si sentiva davvero male in quei giorni: il bisogno di sentire Liam si
stava
facendo sempre più disperato, ma la paura prevaleva su
tutto. Sapeva che era
stupido aver paura di un telefono, ma non gli era mai capitato di
essere invaso
dai paparazzi in quel modo, o che centinaia di persone cercassero di
entrare in
casa sua con la forza. Oltretutto era sicuro che nonostante la polizia
avesse
vietato ai giornalisti di avvicinarsi a casa sua, qualcuno di loro era
sempre
lì in agguato.
Si passò una mano sul viso: non si faceva la barba da una
settimana, e si
vedeva. Gli dava abbastanza fastidio, così si
alzò dal divano e si diresse in
bagno, contento di aver finalmente trovato qualcosa da fare.
Però, per la prima volta in vita sua, si ritrovò
a maledire quegli splendidi
rasoi di nuova generazione che rasavano in un momento,
perché dopo cinque
minuti si ritrovò di nuovo con le mani in mano a fissare il
suo riflesso
trasandato e incredibilmente triste allo specchio.
Com’erano arrivati a quel punto? Pensò che
probabilmente Liam l’aveva mandato a
quel paese più volte in quei giorni, e che se solo si fosse
fatto risentire
l’avrebbe subito lasciato. Non poteva biasimarlo, dopotutto:
che uomo è uno che
si fa spaventare in questo modo e che scappa dalla realtà
per un’intera
settimana? Si faceva schifo da solo, per la maggior parte del tempo. Ma
d’altra
parte ormai era passata una settimana, appunto, e un semplice
“scusa” non
avrebbe risolto la situazione.
In realtà non sapeva come aveva reagito Liam, ma
conoscendolo non si era di
certo chiuso in casa senza nessun tipo di contatto con
l’esterno. Forse aveva
parlato con i giornalisti, forse aveva rilasciato qualche
dichiarazione. Ma non
aveva idea di cosa avrebbe potuto dire in una situazione come quella,
soprattutto senza averne prima parlato con lui.
Era
già ora di cena e come
al solito non aveva fame, ma si impose di mangiare qualcosa o
probabilmente
sarebbe scomparso dalla faccia della Terra. Non era male come idea,
però.
Il telefono non poteva squillare, il cellulare nemmeno
perché era spento da
giorni, con la batteria ormai esaurita, il computer era
spento… nessuno avrebbe
potuto contattarlo finchè non fosse stato pronto ad uscire
dalla sua tana e a
mostrarsi in pubblico per quello che era a testa alta, senza vergogna e
senza
paura. Ma chissà quando sarebbe arrivato quel momento.
Ovviamente, però, c’era sempre qualcosa che non
teneva in conto: stava per
aprire il frigorifero quando il campanello suonò
insistentemente,
pietrificandolo sul posto. Non voleva aprire, non doveva aprire, non
poteva
aprire. I paparazzi non potevano entrare in casa sua, non poteva
permettergli
di rovinargli ulteriormente la vita.
Cercò di ignorarli, ma quelli cominciarono a battere
insistentemente sulla
porta, facendogli cadere dalle mani una ciotola che rovinò
per terra. Si poggiò
al lavello, non riuscendo a non piangere: avrebbe voluto essere
lasciato in
pace, avrebbe voluto che tutto fosse rimasto come prima. A
quest’ora sarebbe
stato con gli altri, probabilmente, a ridere e scherzare.
Andò alla porta, con il viso rigato dalle lacrime, e
aprì di botto. –
Lasciatemi in pace, porca puttana! – urlò, ma fu
travolto da un abbraccio
inaspettato.
Liam era lì, incredibilmente infreddolito, che lo stringeva
forte a sé.
Ricambiò l’abbraccio solo dopo qualche secondo,
bagnando il suo cappotto di
lacrime. Aveva anche notato qualche flash, come pensava i paparazzi
erano
appostati lì vicino, ma non ebbe il tempo di preoccuparsene,
perché Liam entrò
e si chiuse la porta alle spalle.
- Perché mi hai abbandonato così?
Quella frase gli spezzò il cuore: lui non l’aveva
abbandonato, lo amava. Non
avrebbe mai potuto farlo. – Non ti ho abbandonato.
- Ma sei sparito. È da una settimana che non ti sento
né ti vedo, stavo
diventando pazzo.
- Scusami, io… - abbassò lo sguardo, incapace di
guardarlo negli occhi. – Avevo
paura.
Liam gli prese le mani, accarezzandogli i dorsi con il dito.
– Di cosa hai
paura?
Quella domanda lo spiazzò: improvvisamente si accorse di non
saper rispondere.
Sì, aveva paura dei paparazzi, aveva paura dei flash, ma
concretamente non
sapeva neanche lui quale fosse il motivo. – Ho paura
di… non lo so, ho paura e
basta.
- Raccontami cosa è successo quel giorno.
Fece un respiro profondo. – Sono tornato a casa ed era pieno
di paparazzi, qua
davanti. Sono riuscito ad entrare, non so nemmeno come, ma molti hanno
tentato
di sfondare la porta, qualcuno anche di entrare dalle finestre aperte.
Ho avuto
paura, Liam. Ho avuto paura che fosse la fine di tutto, di me, di te,
della
band. Poi ho capito il motivo, e ho avuto ancora più paura.
– si morse il
labbro – Da te non sono venuti?
Annuì – Sì, ma li ho mandati via. Ho
detto che avrei rilasciato dichiarazioni
in futuro, ma non l’ho fatto, ovviamente.
Era così semplice. Come aveva fatto a non pensarci? Si
sentì davvero uno
stupido, un idiota che si era fatto prendere dal panico senza alcun
motivo.
Lasciò le mani di Liam e si sedette sul divano, con la testa
tra le mani. Era
solamente un deficiente, non si meritava di avere accanto una persona
del
genere.
Quello lo raggiunse e si sedette accanto a lui, poggiandogli una mano
sulla
spalla. – Amore, che succede?
- Succede che sono un coglione, ecco cosa. Potevo fare lo stesso,
potevo
comportarmi da persona razionale, da uomo, e cacciarli via come si
deve. E
invece no, mi sono rinchiuso qui per una settimana facendo del male a
tutti.
- Ognuno ha delle reazioni diverse, non fartene una colpa. Se
è questo che ti
preoccupa, io non sono arrabbiato, e nemmeno gli altri. Eravamo solo
preoccupati.
- Mi dispiace – sussurrò, mentre una lacrima
scendeva sulla sua guancia – Non
volevo farvi preoccupare.
Liam gli prese il viso con le mani – Non piangere, ti prego.
Mi spezzi il
cuore.
Zayn si avvicinò e lo baciò, sentendosi
incredibilmente bene: gli era mancato
in un modo pazzesco, e adesso che era di nuovo vicino a lui, che era
sicuro che
lo amasse ancora, adesso che le loro labbra erano di nuovo a contatto,
si
sentiva incredibilmente bene.
- Come facciamo adesso? – gli chiese, una volta che si furono
staccati.
- Non facciamo, mh? – sorrise. – Semplicemente
facciamo quello che facevamo
prima che si scoprisse, rispondiamo sinceramente alle domande e andiamo
avanti
con la nostra vita. Dopotutto non esiste una legge per la quale due
ragazzi gay
di una stessa band non possano innamorarsi, no?
- Quindi… tu mi ami ancora?
- Non ho mai smesso di amarti.
- Anche se sono scomparso per una settimana, se sono scappato via dalle
difficoltà e ti ho lasciato da solo?
Sorrise – Se mi avessi lasciato da solo, a
quest’ora non saresti qui a dirmelo.
Sapevo che in questa settimana mi pensavi e mi eri vicino con il cuore,
come io
facevo con te.
Zayn quasi non riusciva a guardarlo: era così meraviglioso
da farlo sentire
male. – Non ti merito, Liam. Tu non avresti mai fatto come
me, infatti non
l’hai fatto. Se io non fossi scomparso, tu mi saresti rimasto
vicino. E so che
ci hai provato, ma io non
te l’ho
permesso. E poi non dirmi che non sono un idiota.
- Non lo sei, smettila. Io non l’ho pensato nemmeno per un
momento, perché tu
devi farlo?
- Perché alla fine era così semplice…
era così semplice che io non ci sono
arrivato.
Liam scosse la testa e gli poggiò una mano sulla gamba.
– Adesso basta, okay? È
tutto passato, io sono qui con te. E non ti lascerò, a meno
che non sia tu a
chiedermelo.
- Non lo farei mai. Sei troppo importante, sei… sei tutta la
mia vita.
Sorrise, quel sorriso dolce che solo lui sapeva fare. – E tu
sei la mia. Se
pensassi che tu sia stupido, dovrei dire che la mia vita è
stupida. E io non
penso che lo sia.
Una lacrima scese dal suo occhio destro, una lacrima di commozione, di
felicità. – Ti amo.
- Anche io ti amo, amore mio.
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